Il Motu proprio Aperuit illis sulla Parola di Dio in rapporto al Sinodo

Basterebbe leggere il meraviglioso motu proprio di Papa Francesco sulla Parola di Dio, sulla Rivelazione, Aperuit illis, per trarre utili suggerimenti al fine di coprire le lacune dell'Instrumentum laboris del Sinodo amazzonico
Matteo Matzuzzi pubblica sul "Il Foglio" del 7 ottobre 2019 un'intervista al cardinale Gerhard Ludwig Muller e da quella del giornalista ho preso
Il porporato osserva "che alcuni vogliono usare e strumentalizzare questo Sinodo per promuovere una loro agenda finalizzata a dare il via libera all'ordinazione delle donne, a mettere in discussione il celibato sacerdotale e l'autorità ecclesiastica, vista come un mero potere politico". Il Sinodo dice, "avrà conseguenze sulla chiesa universale,
questo è chiaro. Se si ascoltano le voci di alcuni protagonisti di questa assemblea si comprende facilmente che l'agenda è tutta europea. Un'agenda in una chiesa in crisi: sempre più vuota, con la partecipazione domenicale ridotta ai minimi termini, i seminari e i monasteri vuoti, la catechesi nulla. In Baviera, trent'anni fa si dichiarava cattolico il sessante per cento della popolazione, oggi il trenta. La metà. Mi chiedo – dice il cardinale – se si vuole riformare la chiesa in Gesù Cristo con questa qualità spirituale".
Il problema di fondo è teologico perché in questi anni si è radicata in maniera inesorabile la convinzione che la chiesa sia un'organizzazione non governativa, "ed è strano – Muller - che coloro che mostrano e si professano come i vassalli del Papa siano i primi a non rispettarne le parole quando quest'ultimo ha parole forti contro il rischio di trasformare la chiesa in una ong. Faccio un esempio. Prendiamo il motu proprio della scorsa settimana, Aperuit illis, sulla Parola di Dio, sulla Rivelazione. E' un documento cattolico molto chiaro, direi classico. Perché non viene rispettato? Basterebbe leggerlo per trarre utili suggerimenti al fine di coprire le lacune dell'Instrumentum laboris del Sinodo amazzonico. Un documento che non parla della rivelazione, del verbo incarnato, della redenzione, della croce, della risurrezione, della vita eterna. Perché nel documento preparatorio non si parla della rivelazione? Una risposta a tale lacuna, probabilmente, la si trova nel pensiero del teologo Paolo Suess, tedesco di Colonia ma dal 1966 in Brasile. Suess, che nel 2007 fu tra i più veementi critici del discorso di Benedetto XVI ad Aparecida -definì "indifendibili" le parole del Papa a proposito del rapporto tra la fede e le popolazioni indigene – sostiene la necessità di sviluppare 'una nuova comprensione della rivelazione di Dio', 'storicizzando' tale concetto in modo che sia possibile ' scoprire la rivelazione divina tra questi popoli indigeni'. E per quanto riguarda il discrimine sottile che c'è tra proselitismo ed evangelizzazione, Suess chiariva: 'Non abbiamo il diritto di fare proselitismo, sminuire una religione piuttosto che un'altra o invogliare alle conversioni. Il popolo deve decidere quale sia la migliore religione per questo momento storico'". Al di là di tali punti di vista, Muller ribadisce la sua posizione: "Nessun termine del Credo è menzionato nel documento -che comunque, ha detto il segretario generale cardinale Lorenzio Baldisseri, non è un atto del magistero. Nel motu proprio "Aperuit illis", invece tutto è detto e scritto, ed è su questo che bisognerebbe fermarsi", osserva Muller. Su chi siano i "vassalli" che professano l'incrollabile fede nel Sommo Pontefice salvo poi disattenderne le direttive, vi sono pochi dubbi: i vescovi tedeschi, che nella loro quasi totalità hanno deciso la scorsa primavera di indire un Sinodo vincolante per la chiesa in Germania che si ripromette di affrontare i temi che evidenziava mons. Overbeck. Sinodo che ha ricevuto prima l'altolà del papa in persona a mezzo lettera, il 29 giugno scorso, e poi del prefetto della congregazione per i Vescovi, il cardinale canadese Marc Ouellet. Avvertimenti inutili, visto che la compagine guidata con pugno fermo dal cardinale Reinhard Marx ha confermato di volere andare avanti per la propria strada nonostante gli ultimatum romani, con tanto di statuti già approvati. Dopotutto, è la Conferenza episcopale il cui presidente, tra un Sinodo e l'altro sulla famiglia, disse che 'non sarà Roma darci quello che dobbiamo fare in Germania. IL dilemma è se si tratti della esplicita volontà di rompere, magari con uno scisma, evocato dal Pontefice e nei giorni scorsi dal cardinale Rainer Maria Woelki -, o piuttosto di alzare la posta per ottenere maggiore autonomia dottrinale, in linea con i propositi di Evangelium gaudium, il programma del pontificato di Francesco pubblicato nel novembre del 2013. "La chiesa tedesca – dice Muller -non vuole la rottura perché vuole essere parte della chiesa universale. I vescovi tedeschi rispettano il Pontefice, sanno che è molto conosciuto e considerato. Però vogliono sviluppare la chiesa cattolica secondo il loro pensiero. Vogliono quasi rifondare la chiesa cattolica". Superbia? "Pensano – Muller -che Cristo sia solo un uomo vissuto due mila anni fa, ritengono che non fosse un uomo moderno, sono convinti che non avesse nulla della loro dotta formazione. Nessun problema, dal loro punto di vista non si tratta di deprecare tale situazione, ci mancherebbe. Pensano però che sia necessario riempire queste lacune e mancanze, e -sempre seguendo il filo logico del pensiero che va per la maggiore in Germania – spetta a loro agire". Ambizione alta. "Il cardinale Marx in un'omelia ha domandator retoricamente: 'Se Cristo fosse qui oggi, direbbe ciò che disse duemila anni fa?'". Questione delicata. "Ma Cristo – Muller – non è una figura storica come Cesare. Gesù Cristo è il risorto, presente, celebra la messa tramite il suo rappresentante ordinato sacerdote. E' il soggetto della Chiesa e la sua Parola rimane e vale in eterno. Cristo è la pienezza della rivelazione, per cui non vi sarà un'altra rivelazione. Siamo noi che dobbiamo cercare di conoscerla di più e meglio, ma non possiamo di certo cambiarla relativizzando i dogmi. Cristo è insuperabile e irreversibile e questo oggi non pare essere molto chiaro a certe latitudini".
Matzuzzi osserva che il via libera a viri probati, cioè l'ordinazione di uomini sposati per far fronte al decremento inesorabile di sacerdoti significa mettere in discussione la rivelazione? Sulla questione c'è molta prudenza. Se una parte consistente della gerarchia, soprattutto latinoamericana ed europea, sostiene che non vi sono alternative, altri frenano. L'ha fatto in modo profondo il cardinale Oullet, autore di un altro libro Amici dello sposo. Per una visione rinnovata del celibato sacerdotale (Cantagalli) che presentando il libro ha detto di non essere contrario ai viri probati, bensì molto "scettico". Come scettico, a suo dire, "è uno sopra di me che però autorizza il dibattito". "Il celibato sacerdotale - dice il cardinale Muller – si può capire solo nel contesto della missione escatologica di Gesù, che ha creato un mondo nuovo. E' stata una nuova creazione. Con le categorie del secolarismo non si possono comprendere l'indissolubilità del matrimonio, così come il celibato e la verginità degli ordini religiosi. Né, con tali categorie, si possono risolvere problemi che hanno la loro origine esclusivamente nella crisi della fede nell'incontro personale con il Risorto che unisce nel matrimonio e dà la capacità oblativa di amare. Non si tratta di reclutare più gente per amministrare i sacramenti. E'necessaria una preparazione spirituale e teologica per cogliere la gioia di amare nella continenza, senza mai la sessualità e bisogna entrare nella spiritualità degli apostoli, non prestando ascolto alle agenzie laiche che consigliano molto e su molte cose per ragioni del tutto contrastanti con la missione della Chiesa. Serve spiritualità, non mondanizzazione". Il prefetto emerito della congregazione per la Dottrina della fede prende ad esempio la riforma della Curia romana, che dovrebbe trovare realizzazione tra non molto tempo dopo sei anni di lavoro e un titolo provvisorio, Praedicate evangelium. Il peccato originale della riforma, secondo lui, è proprio nell'idea di fondo: "La curia non è un apparato, un'azienda con tanti uffici. Tutti collaboratori della curia, dal primo cardinale all'ultimo usciere, lavorano spiritualmente al servizio del ministero papale. Ho detto spiritualmente, perché è questo che serve, la spiritualità. San Paolo ha detto 'Non conformatevi al mondo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio'. La chiesa non è l'Onu". Concetto, questo, ripetuto con altre parole anche dal cardinale Robert Sara, nel suo ultimo libro "Si fa sera e il giorno ormai volge al declino" (Cantagalli) "Ho assistito a molte riforme istituzionali. Si creano spesso commissioni e consigli di ogni tipo. Abbiamo riscontrato molti risultati? Non si corregge un pessimo libro sostituendone la rilegatura o la carta. Scriveva il cardinale Ratzinger in Introduzione al cristianesimo: 'I veri credenti non danno mai eccessivo peso alla loro opera per la riorganizzazione delle forme ecclesiali. Essi vivono di ciò che la Chiesa è sempre. E se si vuole sapere che cosa realmente sia la Chiesa, bisogna andare da loro. La Chiesa, infatti, non è per lo più là dove si organizza, si riforma, si dirige, bensì è presente in coloro che credono con semplicità, ricevendo in essa il dono della fede nella presenza e azione di Cristo che diviene per loro fonte di vita, di a verità e amore. Solo chi ha esperimentato come la Chiesa, al di là del mutare dei suoi servitori e delle sue forme, dia coraggio alle persone, offrendo loro una patria e una speranza, una patria che è speranza per l'anima e per il corpo, vale a dire una vita che conduce alla vita eterna, solo costui sa che cosa sia la Chiesa, in passato e anche oggi". E Sarah prosegue: "Mi rammarico del fatto che molti vescovi e molti sacerdoti trascurino la loro missione essenziale, che consiste nella propria santificazione e nell'annuncio del Vangelo di Gesù, per impegnarsi invece in questioni sociopolitiche come l'ambiente, le migrazioni o i senzatetto. Ma se trascurano l'evangelizzazione e la propria santificazione si agitano invano. La Chiesa non è una democrazia nella quale alla fine è la maggioranza a prendere le decisioni. La Chiesa è il popolo dei santi".
Una delle ragioni portate a sostegno del placent per i viri probati consiste nel fatto che decine di villaggi vedono un sacerdote solo una o due volte all'anno, potendo così comunicarsi solo in tali circostanze. Troppo poco, sostiene una corrente assai forte, bisogna provvedere. Il più convinto è mons. Erwin Krautler, vescovo austriaco prelato emerito di Xingu, diocesi dell'Amazzonia – territorialmente la più estesa del Brasile – che ha guidato dal 1981 al 2015, succedendo allo zio Erich Krautler, vicino alla teologia della liberazione -, è considerato uno dei veri animatori del Sinodo, tanto da essere stato incluso nel Consiglio pre- sinodale. Molte delle sue idee sono finite nell'Instrumentum laboris, e si tratta di idee cristalline: "Dobbiamo avanzare suggerimenti coraggiosi. Per esempio, possiamo pensare a persone, uomini e donne, leader di una comunità che siano incaricati – e a tal fine ordinati – per presiedere l'eucaristia domenicale". Nel suo libro Abbi coraggio, cambia ora il mondo e la Chiesa! , pubblicato nel 2016, va oltre perfino l'ipotesi di dare il via libera a viri probati:'Una possibilità ecclesiale comprovata sarebbe quella di permettere ad esperimentum,  in Amazzonia, che uomini e donne sposati che dirigono una comunità possano presiedere l'eucaristia'. ' Ma per me – Krauter -non è una soluzione che a farlo debbano essere solo i tanto citati viri probati, dal momento che ciò vorrebbe dire che solo gli uomini potrebbero assumere questo ministero pieno. Invece nello Xingu oggi due terzi delle comunità sono diretti da donne". E, in modo ancora più esplicito, Krauter osserva che già "ci sono molte donne che preparano la liturgia domenicale, esistono uomini giovani e vecchi che si impegnano volontariamente a Xingu, la comunità. Con la dovuta preparazione, tali persone potrebbero essere formate anche per presiedere l'eucaristia, non come sacerdoti di seconda classe, bensì come donne e uomini ordinati per la loro comunità al fine il presiedere il mysterium fidei, la celebrazione eucaristica. L'idea sarebbe averne due o tre per ogni comunità".
"Ma non esiste né può esistere un diritto al sacramento", commenta Muller. "Noi siamo creature di Dio e una creatura non può reclamare un diritto al suo Creatore. La vita e la grazia sono un dono. L'uomo ha il diritto di sposarsi, ma non può pretendere che una determinata donna lo sposi rivendicando un diritto specifico. Gesù ha eletto liberamente fra tutti i suoi discepoli dodici di essi, presentando così La sua autorità divina. Ha scelto quelli che ha voluto, è Dio che sceglie. Nessuno può entrare nel santuario senza essere chiamato. Ancora una volta prevale la mentalità secolarizzata che relativizza anche la memoria di Gesù: si pensa come gli uomini, non come Dio" vuole in perennità, aggiunge Muller. Mentalità secolarizzata senza più perennità nella Tradizione che con la Scrittura è fonte della Rivelazione e che è ben evidente, secondo il prefetto emerito di quello che fu il Sant'Uffizio, anche nella battaglia per la salvaguardia, con i suoi integralismi panteistici che sembrano non aver risparmiato neppure vasti settori ecclesiali. Le campagne di sensibilizzazione per la custodia del Creato finite per sposare le teorie più catastrofiche non scientifiche in campo climatico, dando voce e offrendo pulpiti anche a quanti da decenni sostengono che tutto sarebbe risolto se sul pianeta Terra ci fosse meno gente, operazione possibile con un chirurgico controllo delle nascite e con una sessualità senza fecondità.
Quattro anni fa, il gesuita James Schall (1928-2019), a lungo titolare della cattedra di Filosofia politica alla Georgetown University, commentando i paragrafi più green dell'enciclica Laudato Sì scrisse che da quel che si sente in giro pare di capire che "la vera missione umana sia quella di mantenerci in vita su questo pianeta il più a lungo possibile. Questo sforzo è il compito serissimo che l'umanità è chiamata a compiere. E tutti gli altri scopi, glia altri fini umani, diventano insignificanti. L'alternativa al Cielo diventa così la colonizzazione interstellare o il mantenere la terra incontaminata". Quanto alla posizione della chiesa sul riscaldamento globale, in un'intervista a Schall fu altrettanto netto: "La chiesa rischia di diventare ridicola se agisce al di fuori del proprio campo, confondendo la scienza, riformabile quanto ai principi, con quelli che sono i fatti. La questione più problematica è lo status scientifico della posizione del Papa sul riscaldamento terrestre. Nella migliore delle ipotesi si tratta di opinioni sostenute da qualche prova, ma Laudato Sì non menziona alcuna prova contraria". E' vero, tutti i papi hanno parlato di ambiente, di salvaguardia del creato. Non tutti però allo stesso modo. Benedetto XVI, nell'enciclica Caritas in veritate ha riproposto come obiettivo centrale lo sviluppo umano integrale, con al centro l'uomo creato a immagine e somiglianza di Dio nel rapporto Creatore trascendente e creatura. Oggi, anche tra parecchi partecipanti al Sinodo amazzonico, tra membri votanti e uditori, prevale il concetto di "sviluppo sostenibile", con le sue ovvie derive: dal controllo delle nascite alla condanna del mondo ricco sfruttatore, l'economia che uccide. Sono conciliabili le due teorie?  Il cardinale Muller cita di nuovo il motu proprio papale Aperuit illis: "Tutto deve cominciare con la Parola di Dio e questa ci dice che l'uomo è il culmine della creazione. Assodato ciò, come si fa a sostenere, come fa una certa ideologia ambientalista, che l'uomo è il nemico del pianeta e ha una colpa verso Dio? La chiesa è di Gesù Cristo e deve predicare il vangelo e dare la speranza per la vita eterna. Non può farsi protagonista di alcuna ideologia che sia quella gender o il neopaganesimo ambientalista. E'pericoloso se ciò accade. Torno sull'Instrumentum laboris preparato per il sinodo sull'Amazzonia. In un suo paragrafo si parla della 'madre Terra: ma questa è una espressione pagana. La terra viene da Dio e la nostra madre nella fede è la Chiesa. Noi siamo giustificati per la fede, la speranza e l'amore, non per l'attivismo ambientale. Certo la custodia del Creato è importante, dopotutto noi viviamo in un guardino voluto da Dio: Ma non è questo il punto dirimente, definitivo. Lo è il fatto che per noi Dio è più importante. San Tommaso dice che è l'uomo al centro della creazione. Gesù ha dato la sua vita per la salvezza degli uomini, non del pianeta". Anche per questo si resta disorientati quando si legge sull'Osservatore Romano il necrologio per il ghiacciaio Okjoull, morto "per colpa nostra". "Gesù si è fatto uomo", chiosa tranchant Muller, non cristallo di ghiaccio. Ma se tutto è così, evidente e lineare, perché la chiesa insiste su questi temi, con un impegno serio e una campagna di sensibilizzazione assai penetrante nella società? "Perché – Muller – si è persa la fiducia nell'intelligenza tradizionale della fede nel Vangelo e ci si vuole giustificare davanti al mondo secolarizzato, relativista. Ma noi siamo chiamati a giustificarci davanti a Dio, alla Verità. Per risolvere i problemi politici della società ci sono i parlamenti, i rappresentanti del popolo, gli esperti nei diversi campi e nelle più diverse materie. Naturalmente, la chiesa può dare il proprio contributo con una buona etica, con la dottrina sociale, con il magistero perenne, richiamando i principi antropologici. Dopotutto il Pontefice è il supremo interprete della legge morale. In questo senso anche la chiesa ha una grande responsabilità per assicurare la giustizia sociale nel mondo, per la sua promozione e sviluppo secondo i criteri di solidarietà. Ma la prima missione della Chiesa è predicare Cristo figlio di Dio. Gesù non ha detto a Pietro di occuparsi del governo dell'Impero romano, non entra in dialogo con Cesare. Si è tenuto a buona distanza. Pietro non era amico di Erode o di Pilato, ma ha sofferto il martirio. E' giusta la cooperazione con un legittimo governo, ma senza mai dimenticare che la missione di Pietro e in continuità dinamica dei suoi successori consiste nell'unire tutti i credenti nella fede in Cristo, che non ha raccomandato di occuparsi delle acque del Giordano o della vegetazione della Galilea", osserva il cardinale Muller. E il compito della chiesa "non è sempre quello di piantare alberi. Va bene come atto caritativo, ma non è con tale azione che ci si avvicina di più a Dio, purificando il cuore. Corriamo il rischio di strumentalizzare i sacramenti per promuovere un'ideologia".  E – Matzuzzi – se fosse il papa a raccomandare di piantare più alberi? "Il Papa ha la sua missione e c'è un magistero, ma non è che se dice che non gli piace il caffè dobbiamo bere tutti il tè".
La chiesa è sotto attacco ed è anche a questo che si dovrebbe pensare. Consideriamo la figura pastorale del sacerdote: "Sono stato – Muller – vescovo di una grande diocesi tedesca, Ratisbona, per dieci anni. Di preti ne ho conosciuto parecchi, ho parlato molto con loro. Faticano e tanti non si sentono rispettati, non solo all'interno della chiesa, ma soprattutto all'esterno, dove la propaganda è fortissima. Il dramma degli abusi sessuali è stato come un'onda impetuosa che ha lasciato macerie. Sono accusati di una colpa collettiva. Nessuno può dire che tutti i tedeschi hanno la colpa per le azioni di Adolf Hitler, ma se c'è un sacerdote che commette un crimine la colpa ricade su tutti. E' il concetto devastante di colpa collettiva. La stampa occidentale è anticattolica e cavalca questi fatti, magari non occupandosi poi molto di quanto accade altrove, in altri ambiti, visto che le statistiche ci dicono che tra coloro che sono responsabili di abusi i membri del clero rappresentano una minoranza molto piccola. Certo, come ha detto san Tommaso, i peccati del sacerdote imago Christi, valgono il doppio. Ma ciò non toglie che il sacerdote sia, oggi, il bersaglio prediletto del mondo". 

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