Domenica XXII
Dal Vangelo di questa domenica due atteggiamenti necessari per il vissuto di fede e di fraternità: umiltà e generosità disinteressata nella pedagogia di Gesù per il vissuto di fede, speranza, carità
Nel Vangelo di questa domenica (Lc 14,1.-14), incontriamo Gesù commensale nella casa di un capo dei farisei e anche in questa fatto memorizzato nei vangeli c'è sempre un annuncio profetico. Notando che gli invitati sceglievano i primi posti a tavola, Egli raccontò una parabola, ambientata in un banchetto nuziale ma valida anche per altre occasioni. "Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al
primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: "Cedigli il posto! … Invece, quando sei invitato, va a metterti all'ultimo posto" (Lc 14,8-10). Il Signore non intende dare una lezione sul galateo, né sulla gerarchia tra le diverse autorità. Egli insiste piuttosto su un punto decisivo nel vissuto di fede, di speranza, di carità, che è quello dell'umiltà poiché tutto nel proprio e altrui essere è dono del Donatore divino, perdono della misericordia del Padre: "chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato (Lc 14,11). Questa parabola, in un significato più profondo, fa emergere la verità dell'esserci di ogni uomo in rapporto a Dio. L'"ultimo posto" può infatti far prendere coscienza dell'umanità degradata dal peccato nel liberto arbitrio, condizione dalla quale solo l'incarnazione del Figlio Unigenito può risollevarla dalla conseguenza della morte. Per questo il Figlio del Padre nell'assumere un volto umano ha scelto liberamente l'ultimo posto nel mondo – la croce – e proprio con questa umiltà radicale ci ha redenti e costantemente sacramentalmente ci ricrea attualizzando nell'Eucaristia il sacrificio della Croce e ci aiuta nel nostro libero arbitrio per scelte di amore.
Al termine della parabola, Gesù suggerisce al capo dei farisei di invitare alla sua mensa non solo gli amici, i parenti o i ricchi vicini, ma le persone più povere ed emarginate, che non hanno modo di ricambiare (Lc 14,13-14), perché il dono sia gratuito come gratuito il dono di venire all'esistenza, ad essere ricreati nel perdono. La vera ricompensa che dura eternamente, infatti, alla fine è il compimento che darà Dio, che governa il mondo… Noi prestiamo il nostro servizio solo per quello che possiamo e finché Egli ce ne dà la forza di tentare e ritentare anche senza riuscire, lasciandoci riconciliare. Ancora una volta, dunque guardiamo alla presenza e azione sacramentale di Cristo come modello di umiltà e di gratuità: da Lui apprendiamo nell'ascolto della Parola di Dio e riceviamo nei sacramenti la pazienza nelle tentazioni, la mitezza nelle offese, l'obbedienza a Dio nel dolore, in attesa fiduciosa che Colui che ci ha invitato ci dica: "Amico, vieni più avanti!" (Lc 14,10); il vero bene che dà senso a tutto il vissuto facile e difficile, infatti, è stare vicino a Lui, subordinando tutti e tutto a Lui e quindi liberi, capaci di amare e di essere amati. San Luigi IX, re di Francia – la cui memoria l'abbiamo celebrata in questi giorni – ha messo in pratica pubblicamente ciò che è scritto nel Libro del Siracide: "Quanto più sei grande, tanto più fatti umile nel coglierti dono di Lui e troverai grazia davanti al Signore e ai fratelli" (3,18). Così egli scriveva nel suo "Testamento spirituale al figlio". "Se il Signore, con la tua cooperazione, ti darà qualche prosperità, non solo lo dovrai umilmente ringraziare, ma bada bene a non diventare peggiore per vanagloria o in qualunque altro modo come l'indifferenza verso i fratelli, bada cioè a non entrare in contrasto con Dio o offenderlo con i suoi stessi doni, vantandoti".
Liturgicamente ricordiamo anche il martirio di san Giovanni Battista, il più grande tra i profeti di Cristo, che ha saputo rinnegare sé stesso per fare spazio alla crescita del Salvatore e ha sofferto ed è morto per la verità. Chiediamo a lui e alla Vergine Maria di guidarci sulla via dell'umiltà, per diventare degni della ricompensa divina.
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