Chi vuol essere felice pronunci il nome di Maria

La festa del nome di Maria, come ricordano i significati di questo stesso nome, parla dell’incarnazione, dell’essere cristiani non solo come adesione interiore, ma anche come necessità di cambiare la società ed evangelizzare la cultura, del pianto che può mutarsi in gioia e della vita come battaglia

Aurelio Porfiri,

in “Bussola Quotidiana”, 12 settembre 2018


Un canto popolare mariano, forse ancora cantato in qualche paesino, diceva: “Maria, che dolce nome, tu sei per chi t’intende, beato chi ti rende, amore per amor. Ma un bel pensier mi dice, ch’io pur sarò felice, se avrò Maria sul labbro, se avrò Maria nel cuor”. Mi viene spesso in mente la bella melodia associata a queste parole, un vero esempio di
autentico canto popolare, non una scopiazzatura della musica leggera. Eppure anche le parole sono molto significative: per essere felice devo avere Maria sul labbro e nel cuore.
Per noi cattolici importante è l’annuncio: a cosa si riduce il cattolicesimo se diviene semplicemente una fede interiore, una fede in cui non siamo in grado di essere sale della terra? Certo se dobbiamo sottostare a tutti i diktat della cultura dominante dovremmo ridurci al silenzio, all’impossibilità di dare giudizi in una prospettiva cattolica. Si badi bene che chi giudica non è il singolo cattolico, certamente indegno per il peso del peccato; ma si giudica alla luce della dottrina perenne della Chiesa, in modo che quando stiamo giudicando, con la stessa misura stiamo giudicando anche noi stessi.
La festa del nome di Maria, riportata da San Pio X al 12 settembre, ci ricorda che questo nome significa per noi anche la potenza dell’annuncio, la capacità di essere cristiani non solo come adesione interiore, ma anche come voglia e necessità di cambiare la società ed evangelizzare la cultura. Don Alfredo Morselli offre alcune ipotesi sul significato del nome della Beata Vergine: per alcuni significa “stella del Mare” e per altri “amarezza”. Questi sono alcuni dei significati proposti. E hanno un grande valore, se pensiamo che Maria è per noi riferimento nella nostra vita terrena ma anche il suo ruolo nella redenzione ci rimanda con grande impeto a quel peccato che quella redenzione ha causato: una “felice colpa”, che pur se felice non cessa però di essere una colpa.
Vittorio Messori, nel suo “Ipotesi su Maria”, afferma: “Con le incursioni cui si procede in questi capitoli, vorrei mostrare ciò che ho sperimentato: senza la radice di carne che è il corpo di quella Donna, tutto il mistero dell’Incarnazione finisce col perdere l’indispensabile materialità per farsi evanescente spiritualismo, moralismo sermoneggiante o, peggio, pericolosa ideologia”. Ecco, Maria è quella “radice di carne” che ci richiama alla nostra umanità impastata di peccato, ma anche una umanità in cui si fa urgente la necessità dell’annuncio, quell’invocare che poi necessità anche il difendere, quindi ecco l’apologetica.
Maria ci ha dato il Redentore attraverso il parto. Ecco che mi ricorda un passaggio dal Commento al Salmo 150 di Sant’Agostino, dove parla della pedagogia del libri dei Salmi: “Non mi sembra infatti casuale che il salmo cinquantesimo parli della penitenza, il centesimo della misericordia e del giudizio, il centocinquantesimo della lode di Dio nei suoi santi. Questo infatti è l'ordine secondo il quale tendiamo alla vita eterna e beata: prima detestiamo i nostri peccati, poi viviamo rettamente, affinché, disapprovando la vita cattiva e praticando la vita buona, ci meritiamo la vita eterna”. Non sottostiamo a quello che il mondo sembra insegnarci, che possiamo essere fautori della nostra felicità, sempre giovani, sempre belli, sempre in salute. Solo il pianto può mutarsi in gioia. La vita è battaglia, un dramma spirituale che vede protagonisti il bene e il male. E noi oscilliamo come un pendolo tra l’uno e l’altro.
Ricordiamo che in mezzo alle tremende difficoltà in cui la Chiesa e la sua gerarchia si dibatte, c’è una speranza, che è quella affidata al popolo fedele, a coloro che malgrado le proprie indegnità personali non cessano di invocare e difendere e che si affidano sempre al materno amore della Beata Vergine in questo faticoso pellegrinaggio terreno.



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