Preghiera 84
“Gesù, che è passato beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era
con Lui, è stato ucciso ingiustamente crudelmente, ma Dio lo ha risuscitato
il terzo giorno: sepolcro vuoto e apparizioni fondano la fede degli apostoli e
la nostra fede di essere da Lui vivo, presente e operante sacramentalmente attraverso la Chiesa, risanati dallo stesso potere
Madonna della salute di Dossobuono 9 aprile 2018 ore 18,30 – 20, 30
133 – R) Cristo
risusciti in tutti i cuori. Cristo si celebri, Cristo si adori. Gloria al
Signor!
1.Cantate, o popoli,
del regno umano, Cristo sovrano! Cristo si celebri, Cristo si adori. Gloria al
Signor! R) Cristo…
2.Egli sarà con noi
nel grande giorno, al suo ritorno. Cristo si celebri, Cristo si adori. Gloria
al Signor! R) Cristo …
Pietro, entrato nella casa del
centurione pagano Cornelio, prende la parola ed evangelizza con questo annuncio
essenziale anche oggi: Gesù, che è passato beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché
Dio era con Lui, è stato ucciso ingiustamente,
crudelmente, ma Dio lo ha risuscitato il terzo giorno cioè senza giungere alla polverizzazione biologica del sepolcro, ed è apparso vivo con il suo corpo reale a molti promettendo di restarlo sacramentalmente nella sua Chiesa fino al compimento della storia: sepolcro vuoto e apparizioni fondano la fede degli apostoli nella risurrezione, nella presenza e continua azione di Cristo e la nostra fede nella sua azione liberatrice, sanatrice e consolatrice per noi qui convenuti questa sera per l’unzione sacramentale di liberazione, di guarigione, di consolazione. La risurrezione non è stata un semplice ritorno alla nostra vita terrena, come per Lazzaro; è invece la più grande “mutazione” mai accaduta nella storia, il ”salto” decisivo verso una dimensione di vita profondamente nuova che ce lo rende presente ed operante qui dinanzi a noi attraverso il segno di quella bianca particola solennemente esposta per liberarci dal potere del diavolo, l’ingresso in un ordine decisamente diverso dai trenta tre anni vissuti temporalmente, che riguarda anzitutto Gesù di Nazareth, ma con Lui anche ciascuno di noi avendo ricevuto già l’innesto nel Battesimo della sua vita veramente di vita da figli nel Figlio risorto, recuperandola dopo il peccato con la Confessione e alimentandola nell’amare con il suo amore con l’Eucarestia almeno della Domenica , e con ciascuno di noi tutta la famiglia umana, la storia e l’intero universo: per questo la risurrezione di Cristo è il centro dell’annuncio per la fede, la speranza affidabile, l’amore, dall’inizio e fino alla fine dei tempi, come pure questa sera per la liberazione, la guarigione, la consolazione. Si tratta di un grande mistero cioè oltre la vita temporale e spaziale, verso il quale dopo la colpa d’origine, siamo necessitati. Si tratta di un grande mistero, certamente, il mistero della nostra salvezza, che trova nella risurrezione del Verbo incarnato, del Figlio di Dio che ha assunto un volto umano nel grembo verginale di Maria, il suo compimento e insieme l’anticipazione e il pegno della nostra speranza affidabile, una meta così sicura e così grande, se ne siamo consapevoli e se viviamo le nostre scelte in attesa e subordinati moralmente ad essa, da giustificare la fatica del cammino e perfino il morire. Certo abbiamo bisogno anche di speranze più piccole che, giorno per giorno, ci mantengono in cammino e per le quali siamo qui convenuti questa sera. Ma senza la grande speranza di risorgere con un corpo senza più i condizionamenti biologici, esse non bastano. E non è che questo avvenga solo dopo la morte ma inizia in questa vita con l’innesto di Lui risorto in ciascuno di noi con il Battesimo e assimilandoci a Lui nell’amare fino al perdono con il suo amore. Gesù Cristo risorge dai morti perché tutto il suo essere è perfetta ed intima unione con Dio, che è l’amore più forte della morte. Egli era una cosa sola con La Vita indistruttibile e pertanto poteva donare la propria vita lasciandosi uccidere, ma non poteva soccombere definitivamente alla morte: in concreto nell’Ultima Cena egli ha anticipato e accettato per amore la propria morte in croce, trasformandola così nel dono di sé, quel dono che ci dà la vita, ci libera e ci salva. La sua risurrezione è stata dunque come un’esplosione di luce, un’esplosione dell’amore che scioglie le catene del peccato e della morte e con Lui ci rende vittoriosi su ogni azione del maligno. Essa ha inaugurato una nuova dimensione della vita e della realtà, dalla quale emerge un mondo nuovo che stiamo vivendo, un mondo che penetra continuamente nel nostro mondo continuamente tentato dal Maligno e progressivamente il Risorto lo attira a sé contro tutte le apparenze che sembrano smentirlo. Gesù risorto è pieno di potenza. La sua prima potenza però non si manifesta nel giudicare, nel riuscire immediatamente, ma nel concedere la remissione dei peccati, nel ricreare con la Confessione ciò che il male nel passato ha prodotto. Con la sua passione, che si attualizza in ogni Celebrazione eucaristica, egli ci ha ottenuto e ci ottiene il perdono di tutti i peccati, anche di quelli più gravi e ci libera da ogni male del passato, Lui solo può dal male del passato ricreandoci. Perciò la prima potenza di Cristo risorto, che si fa presente e agisce sacramentalmente, non è spettacolare, lo sarà al termine della storia con la sua potenza di giudicare. Con il Giudizio finale, perché è necessario che alla fine dei tempi tutti gli uomini, tutti i credenti qualunque sia la loro posizione nella Chiesa e nella società, vengano giudicati in base alla loro personale accoglienza o al loro rifiuto dell’infinita misericordia del Padre attraverso Cristo nello Spirito Santo.
crudelmente, ma Dio lo ha risuscitato il terzo giorno cioè senza giungere alla polverizzazione biologica del sepolcro, ed è apparso vivo con il suo corpo reale a molti promettendo di restarlo sacramentalmente nella sua Chiesa fino al compimento della storia: sepolcro vuoto e apparizioni fondano la fede degli apostoli nella risurrezione, nella presenza e continua azione di Cristo e la nostra fede nella sua azione liberatrice, sanatrice e consolatrice per noi qui convenuti questa sera per l’unzione sacramentale di liberazione, di guarigione, di consolazione. La risurrezione non è stata un semplice ritorno alla nostra vita terrena, come per Lazzaro; è invece la più grande “mutazione” mai accaduta nella storia, il ”salto” decisivo verso una dimensione di vita profondamente nuova che ce lo rende presente ed operante qui dinanzi a noi attraverso il segno di quella bianca particola solennemente esposta per liberarci dal potere del diavolo, l’ingresso in un ordine decisamente diverso dai trenta tre anni vissuti temporalmente, che riguarda anzitutto Gesù di Nazareth, ma con Lui anche ciascuno di noi avendo ricevuto già l’innesto nel Battesimo della sua vita veramente di vita da figli nel Figlio risorto, recuperandola dopo il peccato con la Confessione e alimentandola nell’amare con il suo amore con l’Eucarestia almeno della Domenica , e con ciascuno di noi tutta la famiglia umana, la storia e l’intero universo: per questo la risurrezione di Cristo è il centro dell’annuncio per la fede, la speranza affidabile, l’amore, dall’inizio e fino alla fine dei tempi, come pure questa sera per la liberazione, la guarigione, la consolazione. Si tratta di un grande mistero cioè oltre la vita temporale e spaziale, verso il quale dopo la colpa d’origine, siamo necessitati. Si tratta di un grande mistero, certamente, il mistero della nostra salvezza, che trova nella risurrezione del Verbo incarnato, del Figlio di Dio che ha assunto un volto umano nel grembo verginale di Maria, il suo compimento e insieme l’anticipazione e il pegno della nostra speranza affidabile, una meta così sicura e così grande, se ne siamo consapevoli e se viviamo le nostre scelte in attesa e subordinati moralmente ad essa, da giustificare la fatica del cammino e perfino il morire. Certo abbiamo bisogno anche di speranze più piccole che, giorno per giorno, ci mantengono in cammino e per le quali siamo qui convenuti questa sera. Ma senza la grande speranza di risorgere con un corpo senza più i condizionamenti biologici, esse non bastano. E non è che questo avvenga solo dopo la morte ma inizia in questa vita con l’innesto di Lui risorto in ciascuno di noi con il Battesimo e assimilandoci a Lui nell’amare fino al perdono con il suo amore. Gesù Cristo risorge dai morti perché tutto il suo essere è perfetta ed intima unione con Dio, che è l’amore più forte della morte. Egli era una cosa sola con La Vita indistruttibile e pertanto poteva donare la propria vita lasciandosi uccidere, ma non poteva soccombere definitivamente alla morte: in concreto nell’Ultima Cena egli ha anticipato e accettato per amore la propria morte in croce, trasformandola così nel dono di sé, quel dono che ci dà la vita, ci libera e ci salva. La sua risurrezione è stata dunque come un’esplosione di luce, un’esplosione dell’amore che scioglie le catene del peccato e della morte e con Lui ci rende vittoriosi su ogni azione del maligno. Essa ha inaugurato una nuova dimensione della vita e della realtà, dalla quale emerge un mondo nuovo che stiamo vivendo, un mondo che penetra continuamente nel nostro mondo continuamente tentato dal Maligno e progressivamente il Risorto lo attira a sé contro tutte le apparenze che sembrano smentirlo. Gesù risorto è pieno di potenza. La sua prima potenza però non si manifesta nel giudicare, nel riuscire immediatamente, ma nel concedere la remissione dei peccati, nel ricreare con la Confessione ciò che il male nel passato ha prodotto. Con la sua passione, che si attualizza in ogni Celebrazione eucaristica, egli ci ha ottenuto e ci ottiene il perdono di tutti i peccati, anche di quelli più gravi e ci libera da ogni male del passato, Lui solo può dal male del passato ricreandoci. Perciò la prima potenza di Cristo risorto, che si fa presente e agisce sacramentalmente, non è spettacolare, lo sarà al termine della storia con la sua potenza di giudicare. Con il Giudizio finale, perché è necessario che alla fine dei tempi tutti gli uomini, tutti i credenti qualunque sia la loro posizione nella Chiesa e nella società, vengano giudicati in base alla loro personale accoglienza o al loro rifiuto dell’infinita misericordia del Padre attraverso Cristo nello Spirito Santo.
234. 1. Nei cieli un grido risuonò: alleluia! Cristo Signore trionfò!
Alleluia! R) Alleluia, alleluia, alleluia!
2. Morte di croce egli patì, alleluia! Ora al suo cielo risalì,
alleluia! R) Alleluia…
3. Cristo ora è vivo in mezzo a noi, alleluia! Noi risorgiamo insieme a
lui, alleluia!
4. Tutta la terra lo acclamerà: alleluia! E tutto il cielo griderà:
alleluia! R) Allleuia
Questa chiarezza che noi oggi con
al Bibbia, la Tradizione, il Catechismo abbiamo è stato un processo progressivo
di apprendimento, che la Chiesa nascente ha percorso e che per il formarsi di
essa è stato costitutivo: la Bibbia nella
Tradizione sotto l’azione dello Spirito del risorto. In un primo momento, la fine
orribile di Gesù sulla croce era stato un fatto semplicemente irrazionale, che
metteva in questione tutto il suo annuncio e l’intera sua figura di Messia, di
presenza del Dio vivente. Il racconto circa i discepoli di Emmaus (Lc 24,13-35)
descrive il cammino fatto insieme, la conversazione nella comune ricerca, come
un processo in cui il buio delle anime pian piano si rischiara grazie all’accompagnamento
di Gesù risorto (v. 15). Si rende evidente che Mosè e i Profeti, che “tutte le
Scritture” avevano parlato degli eventi di questa passione di Gesù (v.26s):
l’”assurdità” si rivela ora nel suo profondo significato. Nell’avvenimento apparentemente
privo di senso si è in realtà schiuso il vero senso del cammino umano, del nostro,
del mio cammino segnato da colpe, da insuccessi, da malattie e soprattutto
dalla morte; il senso della passione di Gesù ha riportato la vittoria sulla potenza
della distruzione e del male.
Ciò che in un grande colloquio del Risorto con i
discepoli Emmaus è sintetizzato era nella Chiesa nascente un processo di ricerca
e di maturazione, di Tradizione ancora prima della Scrittura. Nella luce della
risurrezione, nella luce del dono di un nuovo camminare in comunione con il
Signore, si doveva imparare e leggere l’Antico Testamento in modo nuovo:
Nessuno, infatti, si era aspettato una fine in croce del Messia, del Dio
vivente con noi. O forse, fino a quel momento, erano solo state ignorate le
rispettive allusioni nella Sacra Scrittura? Non sono state le parole della
Scrittura a suscitare il racconto di fatti, ma i fatti in un primo tempo
incomprensibili hanno condotto ad una nuova comprensione della Scrittura.
La concordanza riscontrata tra
fatto e parole di Dio determina non solo la struttura dei racconti dell’evento
della passione (e dei Vangeli in generale), ma è costitutiva per la stessa fede
cristiana, per la nostra fede. Senza di essa non si può capire lo sviluppo
della Chiesa o tradizione, il cui messaggio ricevette e riceve tuttora la sua
credibilità e la sua rilevanza storica proprio da questo intreccio di senso e
storia, di Parola e Sacramento: dove questa connessione viene sciolta nella
sola conoscenza (gnosi) senza la sacramentalità, si dissolve la stessa
struttura di Parola e Sacramento della fede cristiana.
Nel racconto della passione è
intessuta una molteplicità di allusioni a testi veterotestamentari. Due di
essi, presenti nella liturgia del triduo pasquale, sono di importanza
fondamentale, perché abbracciano ed illuminano teologicamente, per così dire,
l’intero arco della passione di Gesù e della storia umana: sono il Salmo 22 ed Isaia 53. Gettiamo pertanto un rapido sguardo su questi due
testi, che sono fondamentali per l’unità tra parola della Scrittura (Antico
Testamento, Antica Storia di amore tra Dio e ogni uomo, tutta l’umanità) ed
evento di passione di Gesù e di Risurrezione, di Cristo (Nuovo Testamento,
Nuova e Definitiva storia di amore sempre più grande di ogni peccato).
Preghiamo insieme alcuni versetti
del Salmo 22:
Si fanno beffe quelli che mi vedono, storcono le labbra,
scuotono il capo: “Si rivolga al Signore; lui lo liberi, lo porti in salvo, se
davvero lo ama!”.
Un branco di cani mi circonda, mi accerchia
una banda di malfattori; hanno scavato le mie mani e i miei piedi, posso
contare tutte le mie ossa.
Si dividono le mie vesti, sulla mia tunica
gettano la sorte. Ma tu, Signore, non stare lontano, mia forza, vieni presto in
mio aiuto.
Annuncerò il tuo nome ai miei fratelli, ti
loderò in mezzo all’assemblea. Lodate il Signore, voi suoi fedeli, gli dia
gloria tutta la discendenza di Giacobbe, lo tema tutta la discendenza
d’Israele.
E’ il grande grido angosciato
rivolto dall’Israele sofferente al Dio che apparentemente tace, sembra non far
niente. La parola “gridare”, che soprattutto in Marco ha poi anche nel racconto
di Gesù in croce un’importanza centrale, caratterizza, per così dire il tono di
questo Salmo che abbiamo pregato davanti a Lui eucaristicamente presente
risorto. “Sei lontano dal mio grido”, vi si dice subito all’inizio. Nei
versetti 3 e 6 si parla ancora di questo gridare. Diventa udibile tutta la pena
sofferente, di Gesù, di tutta l’umanità di fronte al Dio apparentemente assente
dalla storia. Qui non basta più un semplice chiamare o gridare. Nell’estrema angoscia la preghiera
diventa necessariamente un grido.
I versetti 7-9 parlano dello
scherno che circonda l’orante, il piccolo resto fedele. Questo scherno diventa
una sfida a Dio e ancor maggiormente un dileggio del sofferente: “Si rivolga al
Signore; lui lo liberi, lo porti in salvo, se davvero lo ama!”. La sofferenza
indifesa viene interpretata come prova del fatto che Dio veramente non ama il
torturato, i martiri. Il versetto 19 parla del sorteggio delle vesti, come è
avvenuto di fatto sotto la croce. Oggi delle Chiese sconsacrate, vendute.
Ma poi il grido di angustia si
trasforma in una professione di fiducia. Anzi, viene anticipato e celebrato in
tre versetti un grande esaudimento, storicamente una rinascita della Chiesa.
Innanzitutto: “Da te la mia lode nella grande assemblea; scioglierò i miei voti
davanti a suoi fedeli” (v. 26). La Chiesa nascente sa di essere la grande
assemblea in cui si celebra l’esaudimento del grande implorante, il suo
salvamento - la risurrezione! Seguono
poi due altri elementi sorprendenti. La salvezza riguarda non soltanto
l’orante, ma diventa un “saziare i poveri” (v. 27). Ancora di più: “Torneranno
al Signore tutti i confini della terra; davanti a lui si prostreranno tutte le
famiglie dei popoli” (v. 28).
Come avrebbe potuto la Chiesa
nascente, pur piccolo gregge di fronte al mondo, non intuire in quei versetti,
da una parte, il ”saziare i poveri” mediante il misterioso banchetto nuovo,
donatele dal Signore nell’Eucarestia celebrata allora nelle famiglie? E come,
dall’altra, avrebbe potuto non vedervi l’evento insospettato che i popoli del
mondo, di fronte al rifiuto dell’Israele, si convertivano al Dio di Israele, al
Dio di Gesù Cristo – che cioè la Chiesa si formava attingendo da tutti i
popoli? L’Eucarestia, attualizzando in tutti i luoghi e in tutti i tempi quello
che è avvenuto sul Calvario, (la lode: v.26; il saziare d’amore: v. 27) e
l’universalismo della salvezza (v.28) appaiono come il grande esaudimento da
parte di Dio, che risponde al grido di Gesù e in continuità ai battezzati nel
risorto, nel suo corpo, nella Chiesa. E’ importante tener sempre presente il
vasto arco degli avvenimenti contenuti in questo Salmo per capire perché nel
racconto della croce abbia un ruolo così centrale.
E il secondo testo che leggiamo,
preghiamo, meditiamo insieme – Isaia 53:
Ecco, il mio servo avrà successo, sarà
onorato, esaltato e innalzato grandemente. Come molti si stupirono di lui –
tanto era sfigurato per essere d’uomo il suo aspetto e diversa la sua forma da
quella dei figli dell’uomo -, così si meraviglieranno di lui molte nazioni; i
re davanti a lui si chiuderanno la bocca, poiché vedranno un fatto mai a essi
raccontato e comprenderanno ciò che mai avevano udito. Chi avrebbe creduto al
nostro annuncio? A chi sarebbe stato manifestato il braccio del Signore?
E’ cresciuto come un virgulto davanti a lui
e come una radice in terra arida. Non ha apparenza né bellezza per attirare i
nostri sguardi, non splendore per poterci piacere. Disprezzato e reietto dagli
uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire, come uno davanti al quale ci
si copre la faccia; era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima.
Eppure egli si è caricato delle nostre
sofferenze, si è addossato i nostri dolori; e noi lo giudicavamo castigato,
percosso da Dio e umiliato. Egli è stato trafitto per le nostre colpe,
schiacciato per le nostre iniquità. Il castigo che ci dà salvezza si è
abbattuto su di lui; per le sue piaghe noi siamo stati guariti.
Noi tutti eravamo sperduti come un gregge,
ognuno di noi seguiva la sua strada; il Signore fece ricadere su di lui
l’iniquità di noi tutti. Maltrattato si lasciò umiliare e non aprì la sua
bocca; era come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi
tosatori, e non aprì la sua bocca.
Con oppressione e ingiusta sentenza fu tolto
di mezzo: chi si affligge per la sua posterità? Sì, fu eliminato dalla terra
dei viventi, per la colpa del mio popolo fu percosso a morte. Gli si diede sepoltura
con gli empi, con il ricco fu il suo tumulo, sebbene non avesse commesso
violenza né vi fosse inganno nella sua bocca.
Ma al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori.
Quando offrirà se stesso in sacrificio di riparazione, vedrà una discendenza, vivrà a lungo, si
compirà per mezzo suo la volontà del Signore. Dopo il suo intimo tormento vedrà
la luce e si sazierà della sua conoscenza; il giusto mio servo giustificherà
molti, egli si addosserà le loro iniquità.
Perciò io gli darò in premio le moltitudini,
dei potenti egli farà bottino, perché ha spogliato se stesso fino alla morte ed
è stato annoverato fra gli empi, mentre egli portava il peccato di molti e
intercedeva per i colpevoli.
La prima parola di Gesù sulla
croce, pronunciata quasi ancora durante l’atto della crocifissione, è la
richiesta di perdono per coloro che lo trattano così ed è un vero atteggiamento
regale, di Regno di Dio in terra, di vittoria sul Diavolo che divide, su Satana
che spinge all’odio: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che si fanno”
(Lc 23,34). Ciò che il Signore ha predicato nel discorso della montagna lo
compie qui personalmente. Egli non conosce alcun odio. Non grida vendetta.
Implora il perdono per quanti lo mettono in croce e motiva questa richiesta:
“Non sanno quello che fanno”. Assimilandoci a Lui, il Maligno non può nulla.
Questa parola riguardo
all’ignoranza ritorna poi nel primo discorso di evangelizzazione di san Pietro
negli Atti degli Apostoli. Egli
ricorda alla folla riunitasi dopo la guarigione dello storpio nel portico di
Salomone innanzitutto: “Voi avete rinnegato il Santo e il Giusto e avete
chiesto che vi fosse graziato un assassino. Avete ucciso l’autore della vita,
ma Dio l’ha risuscitato dai morti” (3,14). Dopo la verità di questo ricordo
doloroso che ha già fatto parte della sua predica di Pentecoste e trafitto il
cuore della gente (2,37), egli continua: “Ora, fratelli, io so che voi avete
agito per ignoranza, come pure i vostri capi” (3,17) : urge un bell’esame di
coscienza per non diventare succubi del demoniaco serpente antico che oscura la
coscienza.
Vengono crocifissi insieme con
Gesù due combattenti della resistenza
violenta ai romani, gli zeloti squalificati come “briganti”. In Gesù, però, il
genere i delitto è diverso. Pilato sa bene che Gesù non aveva in mente una cosa
di questo genere, e così nell’iscrizione per la croce “Gesù il Nazareno, il re
dei Giudei” (Gv 19,19). Fino a quel momento Gesù aveva evitato il titolo di
Messia o di re, ovvero l’aveva subito connesso con la sua passione (Mc 8,27-31)
per impedire interpretazioni errate. Ora il titolo di re può apparire davanti a
tutti. Nelle tre grandi lingue di allora Gesù viene pubblicamente proclamato
re. Ma il suo regno non è un al di là immaginario, posto in un futuro che non
arriva mai; il suo regno è presente là dove Egli è amato e dove il suo amore ci
raggiunge. E con la Croce, attualizzata in ogni celebrazione eucaristica, è
accaduto e accade il Regno di Dio, la vittoria su Satana. L’apostolo Paolo ci
insegna (Ef 3,18) che l’amore si è rivelato in quattro dimensioni:
·
La
larghezza …non esclude nessuno
·
La
lunghezza …nessuna difficoltà lo vince
·
L’altezza
…riportare ogni uomo ad essere in Cristo figlio nel Figlio e quindi uguali,
liberi, fratelli
·
La
profondità …condivide fino in fondo le miserie di ogni uomo e di tutta
l’umanità
Ricordati, o Vergine Maria, Madonna della
salute, che non si è mai udito che alcuno sia ricorso al tuo patrocinio, abbia
implorato il tuo aiuto, chiesto la tua protezione, e sia stato abbandonato.
Sorretto da tale confidenza ricorro a te, madre, Vergine delle vergini, e mi
umilio davanti a te, peccatore pentito. Madre del Verbo di Dio, il tuo bambino
Gesù, il tuo Cristo risorto, accetta le mie preghiere e propizia esaudiscimi.
Amen
Benedizione eucaristica
Benedizione dell’acqua esorcizzata
Unzione sacramentale
Celebrazione eucaristica
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