La continuità con Benedetto XVI
Il magistero di Benedetto XVI è in continuità davanti a tutti nella sua
chiarezza
Di Stefano Fontana in
BussolaQuotidiana 23-03-2018
In primo luogo l’impostazione della sua teologia e del suo insegnamento sulla
Verità del Cristo-Logos, sull’incontro provvidenziale del cristianesimo col
pensiero greco e quindi sulla conferma dell'importanza della metafisica e sul
suo rilancio in teologia, conformemente anche alla Fides et ratio di Giovanni Paolo II.
Si tratta una direttrice che taglia fuori molta parte della
teologia progressista di ieri e di oggi, che invece ha ormai da molto tempo abbandonato
la metafisica, optando per il
paradigma ermeneutico. Alla conoscenza
dell’essere ha sostituito l’interpretazione dell’esistenza. Questa linea di
Benedetto XVI è molto scomoda anche perché impone il recupero della Sapienza
creatrice e, quindi, della difesa del Creato secondo modalità non ideologiche,
nonché l’assunzione piena della legge morale naturale e del diritto naturale.
Cose che fanno accapponare la pelle a cardinali, vescovi e teologi ligi seguaci
dei segni dei tempi.
Sul primo dei due punti, Benedetto XVI ha impegnato la Chiesa nella
difesa del Creato non solo nella versione riduzionista dell’ONU e del
movimentismo ecologista e popolare, ma nel senso dell’ecologia umana e sociale.
Anche l’uomo e la società sono frutto della Sapienza creatrice e possiedono
quindi un ordine. La vita, il matrimonio e la famiglia vanno difesi per questo.
Anche altri lo fanno, si dirà. Sì, ma solo la Chiesa è in grado di tutelare
fino in fondo il diritto naturale, riconoscendogli la sua autonomia, come
Benedetto XVI spiegò al Parlamento tedesco, ma nello stesso tempo candidandosi
a sua prima protettrice perché solo essa è capace di collegare il creato al
Creatore, ponendolo così in sicurezza. La teologia della creazione è molto in
disuso nelle scuole teologiche di oggi, viene considerata troppo fissista e
metafisica, e proprio per questo è un discorso “scomodo”.
Quanto alla legge morale naturale, sono innumerevoli gli
insegnamenti di Benedetto XVI sul tema, che è alla base degli insegnamenti
della Humanae vitae di
Paolo VI, della Familiaris concortio,
Evangelium vitae e Veritatis splendor di Giovanni
Paolo II. E’ difficile sostenere nella Chiesa novità in campo morale senza
mettere in questione il concetto stesso di legge morale naturale e la teologia
morale che lo assume in sé nel rapporto con la legge nuova. E’ evidente che
anche questo è un insegnamento scomodo. Ne deriva immediatamente la
scomodissima dottrina dei “principi non negoziabili”, insegnata da Benedetto,
contestata fin da subito dalla teologia progressista ed oggi definitivamente
messa da parte.
La corretta impostazione del rapporto di purificazione tra la ragione e la fede, che è
stato senz’altro uno degli argomenti centrali nell’insegnamento di Benedetto
XVI, era anche finalizzato a superare i molti errori dell’epoca postconciliare
e a riconsiderare nella sua autentica realtà il Concilio stesso, restituendolo
alla Chiesa dopo che molti teologi ne avevano permesso la strumentalizzazione
da parte del mondo. Ciò perché rimetteva a posto il rapporto tra dottrina e
pastorale, richiedeva implicitamente di rivedere la cosiddetta “svolta
pastorale” e ricominciava ad insegnare che la verità precede la prassi. Non va
dimenticato che il corretto rapporto tra fede e ragione è di importanza
fondamentale affinché l’esegesi biblica possa andare oltre il metodo storico
critico che Benedetto XVI rimise al suo posto.
Forse il punto più acuto della “scomodità” di Benedetto XVI è stato la pubblicazione del motu proprio “Summorum pontificum” con il quale
si ripristinava il vetus ordo
nella celebrazione della Santa Messa, considerandolo una forma straordinaria
dell’unico rito della Chiesa cattolica. Erano note le numerose critiche del
cardinale Ratzinger all’origine e alla evoluzione della riforma liturgica
postconciliare e le profonde riflessioni liturgiche del teologo Ratzinger. Così
quel motu proprio voleva
fare delle liturgia nuovamente un punto di rinnovamento generale della Chiesa
nella fedeltà alla tradizione. Si è trattato senz’altro della disposizione più
osteggiata di tutto il suo pontificato.
Benedetto XVI impostò il rapporto tra la Chiesa e il mondo senza cedimenti al secolarismo o
alla confusione tra sacro e profano. Lavorò per ripristinare la centralità di
Dio anche nella costruzione della società degli uomini, “Quaerere Deum” era la cosa più
importante da cui sarebbero scaturiti anche benefici umani, le cose ultime
illuminano anche le cose penultime. Egli insegnò con chiarezza l’impossibilità
della neutralità rispetto a Dio e che un mondo senza Dio è un mondo contro Dio.
Aiutò quindi a comprendere correttamente la secolarizzazione e la laicità.
Questi insegnamenti contrastavano con le molte interpretazioni del Vaticano II
come pariteticità tra il mondo e la Chiesa o con molte correnti teologiche
contemporanee che tendono a ridurre la Chiesa a mondo.
Il pontificato di Benedetto XVI rimane “incompiuto”, ma ciò non significa che non
sia stato chiaro e coerente nel combattere la gnosi anche dentro la Chiesa.
Certamente un pontificato impossibile da strattonare senza taroccamenti.
Commenti
Posta un commento