San Giovanni Paolo II i giovani
Quale il posto della gioventù nel mondo presente
Discorso di Giovanni Paolo II ai giovani di tutto il mondo, sabato 14
aprile 1984
Carissimi giovani!
1. Innanzitutto un saluto e un ringraziamento a ciascuno e
a ciascuna di voi per la puntualità di una presenza che, nei
giorni conclusivi del Giubileo straordinario della Redenzione, costituisce per
Roma, e non soltanto per Roma, un’indicazione di speranza, di fiducia, di
spirituale energia. Dirò meglio: costituisce e vale una “testimonianza”! Saluto
poi le personalità politiche italiane guidate dal
presidente del Consiglio dei
ministri e gli ambasciatori che hanno voluto essere oggi con noi come pure i
cardinali e i vescovi presenti. La loro partecipazione a questo incontro
sottolinea l’apprezzamento con cui da ogni parte si guarda a voi, giovani,
protagonisti della società di domani.
Quale meraviglioso spettacolo costituisce, nello scenario
di questa piazza, la vostra odierna assemblea! Chi ha detto che la gioventù di
oggi ha perso il senso dei valori? È proprio vero che su di essa non si può
contare? Ebbene, io dico che già l’esperienza di questi giorni - grandiosa e
consolante esperienza di compattezza, di fraternità e di coraggio nell’aperta
professione della fede - è di per sé una risposta a siffatte domande ed una
smentita a quei dubbi!
Per questo ho sentito il bisogno di incontrarmi ancora con
voi quasi per continuare il dialogo avviato e prepararci altresì - voi e io -
al momento più alto e solenne che vivremo domani, nel giorno sacro in cui si
apre la “memoria” della passione redentrice di Cristo. Saranno le palme e le
fronde, che insieme agiteremo domani, come il simbolo eloquente di quella fede
che vi ha condotto fino a Roma: fede che uscirà confermata e irrobustita dai
contatti di questa singolare “esperienza giubilare” e dal rinnovato suo
confronto con la vita e con i problemi che da essa emergono.
2. Da un tale augurio desumo l’argomento del mio
discorso. Problema reale della vita è, infatti, quello di
verificare, innanzitutto, quale sia il posto della gioventù nel mondo presente.
Ma io preferisco, anziché parlare in astratto, rivolgermi direttamente a voi e
dialogare con voi: parlerò, dunque, del vostro posto, e dirò subito
che esso è garantito, vi è “riservato”, è vostro di diritto per
la semplice ed elementare ragione del ricambio generazionale. Dove oggi sono
gli adulti, o gli anziani, lì sarete un giorno voi stessi e,
per di più, in un avvenire che l’inarrestabile sviluppo tecnologico e la
legislazione sociale rendono più vicino di quanto non si creda. È
un’affermazione quasi banale il dire che l’avvenire è dei giovani, anche se è
altrettanto scontato che essi non potranno costruire tale avvenire senza
assumere l’eredità delle generazioni precedenti, senza “onorare il padre e la
madre” (cf. Dt 5, 16), che hanno loro trasmesso il dono della
vita con i valori e gli ideali ad essi più cari.
Ma la domanda si fa più sottile e insidiosa, allorquando da
un traguardo sia pure non lontano, o sempre meno lontano (“avrete un giorno il
posto che vi è dovuto”) si passa all’attualità: qual è il posto che avete ora
in quanto giovani? Qui, infatti, può sorgere qualche dubbio dinanzi
all’evidenza di certi fatti: come negare, ad esempio, che a volte il mondo
degli adulti tende a escludere i più giovani? Come negare che ci sono nel mondo
moderno tante minacce e pericoli che i giovani avvertono con maggiore lucidità
e immediatezza, e quasi d’istinto? Di fronte a tali minacce come sfuggire
all’interrogativo cruciale dei giorni nostri circa il senso generale
del vivere odierno: dove sta andando il mondo? e dove arriverà il progresso
tecnico-scientifico con gli innegabili pericoli ch’esso comporta? e come
escludere la follia onnitravolgente di uno scontro nucleare?
Voi vi sentite minacciati da una società che non avete scelto,
una società che non avete costruito voi, ma della quale tuttavia fate parte con
responsabilità crescenti. Questa società sembra presa da follia quando mobilita
tutte le proprie energie, per spingersi verso ciò che ne costituisce la
distruzione. Il progresso scientifico e tecnologico ha reso l’uomo
apparentemente padrone del mondo materiale. L’esperienza mostra, purtroppo, che
non si tratta di un dominio scientifico neutro, come alcuni hanno pensato.
L’uomo moderno, infatti, è tentato di considerare ogni cosa come un oggetto
manipolabile e ha finito spesso per porre tra gli oggetti manipolabili anche se
stesso. Questa è la grande minaccia dell’epoca nostra!
Sta a voi, cari giovani, con quella attenta ponderazione
che può benissimo congiungersi col vostro naturale entusiasmo, offrire un
personale contributo al superamento di situazioni insoddisfacenti, traendo
ispirazione dalla vostra fede e forza dal vostro dinamismo. Voi lo potete fare
mantenendo aperto il dialogo con gli adulti e parlando loro con franchezza,
libera da ogni acrimonia: noi - direte a loro - riconosciamo e traiamo
vantaggio da ciò che ci offrite; noi non vi addebitiamo i frutti e i comfort
del progresso; noi non neghiamo i vostri meriti; ma vi chiediamo di poter
essere al vostro fianco nell’eliminare certe storture, nel superare le
perduranti ingiustizie. Noi vogliamo che il progresso sia positivo, e non
micidiale; che sia di tutti e per tutti, non solo per alcuni; che serva alla
causa della pace, e non alla guerra; che promuova verso l’alto l’autenticità
dell’“humanitas”, e non abbassi né degradi - giammai - la divina
scintilla nell’uomo. Alcuni di noi si sentono ignorati ed emarginati; non
accettiamo soluzioni, che siano tramite e fattore di decadenza; noi vogliamo
offrirvi la forza della nostra speranza! La carica vitale, che è in noi ed è
dono di Dio, è disponibile per una utilizzazione che sia sempre in favore
dell’uomo, e mai contro l’uomo.
3. Tocchiamo qui il nucleo del problema: voi stessi dovete
sentirvi responsabilmente associati agli adulti, promuovendo
insieme con essi uno sforzo congiunto per l’eliminazione del male, dei troppi
mali e collaborando all’instaurazione dei veri valori all’interno dell’odierna
società. Proprio qui, nello sforzo concorde di tutti, il problema stesso può
trovare soluzione: anziché fare dotte discussioni circa il rapporto tra
le diverse generazioni, urge oggi un’azione tanto più coordinata e
solidale, quanto maggiori si son fatti i pericoli per tutti. Allora
accanto ai doveri degli uni si dispongono i doveri degli altri, e con i doveri
i rispettivi diritti.
E che cosa spetta a voi, cari giovani? Io
direi, secondo quanto ho sopra accennato, che a voi spetta una sorta di
funzione profetica: voi potete svolgere un’azione di denuncia contro i mali di
oggi parlando innanzitutto contro quella diffusa “cultura di morte” che, almeno
in certi contesti etnico-sociali (per fortuna, non dappertutto), si rivela come
un pericoloso piano inclinato di scivolamento e di rovina. Ecco, reagire a
siffatta cultura è un vostro diritto-dovere: voi dovete sempre apprezzare e
sforzarvi di far apprezzare la vita, rifiutando quelle sistematiche violazioni
che cominciano con la soppressione del nascituro, si sviluppano con le violenze
innumeri delle guerre, arrivano all’esclusione degli inabili e dei vecchi, per
approdare alla soluzione finale dell’eutanasia. Spetta a voi, per l’innata
sensibilità che avete per i valori annunciati da Cristo, per la vostra allergia
ai compromessi, adoperarvi, insieme con i più anziani di voi che a tali compromessi
non si sono rassegnati, perché siano superate le persistenti ingiustizie e
tutte le loro proteiformi manifestazioni, le quali, al pari dei mali
suaccennati, hanno la loro radice nel cuore dell’uomo.
Tutto ciò, per altro, non avrebbe senso, se non sapeste
affrontare anche una coraggiosa autodenuncia individuando i
limiti di quanto c’è di eccessivo in certe richieste, rinunciando alla
tentazione, a volte istintiva e sempre irrazionale, della totale contestazione
e dell’eversione cieca. Spetta a voi verificare se un qualche bacillo di quella
“cultura di morte” (la droga, ad esempio, il ricorso al terrore, l’erotismo, le
molteplici forme del vizio) non si annidi anche dentro di voi e stia li a
inquinare e a distruggere la vostra giovinezza, a distruggere quello splendido
progetto dell’uomo che è in ognuno di voi.
Nuovamente ve lo ripeto, carissimi giovani: non cedete alla
“cultura di morte”. Scegliete la vita. Schieratevi con quanti non accettano di
declassare il loro corpo al rango di oggetto. Rispettate il vostro corpo. Esso
fa parte della vostra condizione umana: è tempio dello Spirito Santo. Vi
appartiene perché vi è donato da Dio. Non vi è donato come un oggetto di cui
possiate usare e abusare. Fa parte della vostra persona come espressione di voi
stessi, come un linguaggio col quale entrare in comunicazione con gli altri in
un dialogo di verità, di rispetto, di amore. Nel vostro corpo voi potete
esprimere la parte più segreta della vostra anima, il senso più personale della
vostra vita: la vostra libertà, la vostra vocazione. “Glorificate Dio nel
vostro corpo!” (1 Cor 6, 20).
4. E glorificatelo nella vostra vita. Carissimi giovani,
non dimenticate: la vostra denuncia nei confronti delle contraddizioni del
mondo degli adulti sarà tanto più efficace e credibile, quanto più saprete dare
a voi stessi per primi l’esempio d’una volontà temprata al
retto e all’onesto, di un’iniziativa matura, di una coerente fedeltà alle linee
positive della vita e ai consistenti valori che si chiamano religiosità,
libertà giustizia, laboriosità, correttezza, collaborazione, pace.
Non basta denunciare: occorre impegnarsi in prima persona,
insieme con tutte le persone di buona volontà, nella costruzione di un mondo
che sia veramente a misura d’uomo, anzi a misura di figli di Dio. Con speranza
ogni giorno rinnovata, voi dovete battervi, a fianco di chi questa lotta ha
intrapreso prima di voi, per riparare il male, consolare gli afflitti, offrire
la parola della speranza che può convertire i cuori e indurre a benedire invece
che a maledire, ad amare invece che a odiare. Voi sarete, in questo modo,
testimoni della luce di Cristo in un mondo nel quale le tenebre del male
continuano a insidiare pericolosamente i cuori umani.
Il vostro coraggio e la vostra forza saranno tanto più grandi
quanto più comprenderete che, in questo combattimento fra la luce e le tenebre,
non spetta a noi determinare quali debbano esserne gli sviluppi e, ancora meno,
quale la conclusione. A noi spetta soltanto di fare in esso la nostra parte con
lealtà e coerenza contando sulla forza del Cristo risorto, fino a quando il
Padre, che guida la storia verso il suo trascendente destino, non riterrà che
la pienezza dei tempi sia giunta.
5. Se saprete guardare al mondo con gli occhi nuovi, che la
fede vi dona, allora voi saprete andare incontro ad esso con le mani tese in un
gesto d’amore. Voi saprete scoprire in esso, in mezzo a tanta miseria e a tanta
ingiustizia, presenze insospettate di bontà, affascinanti prospettive di
bellezza, fondati motivi di speranza in un domani migliore. Se voi lascerete
che la parola di Dio entri nel vostro cuore e lo rinnovi, comprenderete che non
è necessario rifiutare tutto ciò che gli adulti, e in particolare i vostri
genitori, vi hanno trasmesso. Occorre soltanto vagliare ogni cosa con saggezza,
per scartare ciò che è caduco e conservare ciò che è valido e duraturo. Voi
scoprirete, anzi, quale riconoscenza dovete a quelli che vi hanno preceduto,
perché anch’essi hanno sperato, lottato, sofferto. E tutto questo hanno fatto
per voi. Questa è infatti la verità: le giovani generazioni di ieri, quelle dei
vostri genitori e dei vostri nonni, hanno affrontato fatiche, dolori, rinunce
per voi, nella speranza che a voi fossero risparmiate le prove che si sono
abbattute su di loro. Forse non sono riusciti a trasmettervi la parte migliore
di sé. Ma, se aprirete gli occhi, voi scoprirete l’amore che ha ispirato i loro
tentativi e giungerete a riconoscere nel passato una forza più che un peso, più
che un condizionamento una proposta e una possibilità.
Se saprete rispondere alla chiamata di Dio, voi scoprirete
- e molti di voi certo l’hanno già fatto - scoprirete, dico, cose anche più
sorprendenti: scoprirete che la vera giovinezza è quella che dona Dio stesso.
Non quella dell’età, registrata all’anagrafe, ma quella che zampilla in un
cuore rinnovato da Dio. Scoprirete che il più giovane può mettersi a fianco di
chi è più anziano di lui ed aprire un dialogo donando e ricevendo qualcosa con
reciproco arricchimento e gioia sempre nuova. Scoprirete che il più povero, il
più colpito nel proprio corpo, il più sprovveduto umanamente e socialmente, può
essere veramente il primo nel regno dei cieli, può essere colui o colei della
cui mediazione Dio si serve per portare la salvezza nel mondo.
Scoprirete che un malato, un morente può unire la sua vita
a quella di Cristo e contribuire a ribaltare il corso delle cose tanto quanto
il più forte e il più sapiente. Voi scoprirete dove sta la vera forza che può
trasformare il mondo.
6. La vera forza sta in Cristo, il Redentore del mondo!
Questo è il punto centrale di tutto il discorso. E questo è il momento per
porre la domanda cruciale: questo Gesù che fu giovane come voi, che visse
esemplarmente in una famiglia e conobbe a fondo il mondo degli uomini, chi
è per voi? È solo un uomo, un grande uomo, un riformatore sociale? È
solo un profeta mal compreso tra i suoi (cf. Gv 1, 11) e
contraddetto ai suoi tempi (cf. Lc 2, 34) e perciò messo a
morte? o non è piuttosto il “Figlio dell’uomo”, cioè l’uomo per eccellenza, che
nella realtà della carne assume e riassume le vicissitudini e le tribolazioni
degli uomini suoi fratelli, e insieme, come “Figlio di Dio”, tutte le riscatta
e redime? Io so che Cristo uomo e Dio è per voi il punto
supremo di riferimento. Io lo so!
Nei prodromi della passione che la liturgia pasquale sta
ormai ritessendo, sentiamo echeggiare proprio nel Vangelo odierno, tra le righe
di una cinica trama, l’arcana parola di Caifa che pensava di sacrificare
l’innocente, “perché non perisse la nazione intera. Questo però - osserva
l’evangelista psicologo - non lo disse da se stesso, ma . . . profetizzò che
Gesù doveva morire per la nazione, e non per la nazione soltanto, ma anche
per riunire insieme i figli di Dio, che erano dispersi” (Gv 11,
50-52).
Questa profezia, cari giovani, si è adempiuta. Cristo è
morto per gli uomini, per gli uomini di tutte le generazioni che si succedono
sulla faccia della terra. Cristo è morto e con la sua morte ha riunito,
affratellandoli, i figli di Dio. La redenzione umana è opera sua; l’unità degli
uomini è opera sua; e l’una e l’altra hanno un valore universale e durano per
sempre, perché alimentate dall’inesausta virtù della sua risurrezione.
Essenziale è, dunque, credere in Cristo uomo e Dio;
in Cristo morto e risorto; in Cristo redentore e
ricapitolatore di tutta l’umanità. Se viva e incrollabile sarà la
vostra adesione a lui, vi riuscirà più facile risolvere i problemi - piccoli e
grandi - che si presentano nella vostra vita sia come individui, sia come
rappresentanti della nuova generazione. In ogni circostanza della vita non
dimenticate mai che Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito
per noi (cf. Gv 3, 16). Cercate nella vostra fede le ragioni
di sperare e il modo di reagire che è proprio dei discepoli di Cristo.
Ritemprate, dunque, la vostra fede; ravvivatela se è
debole! Aprite le porte a Cristo! Aprite i vostri cuori a
Cristo, accoglietelo come compagno e guida del vostro cammino.
Nel suo nome sarete in grado di preparare un più sereno,
più umano avvenire per voi e per i vostri fratelli. Sta a voi, soprattutto a
voi, consacrare a lui il terzo millennio, che già si profila sull’orizzonte
umano.
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