Mons. Negri e Amoris Laetitia
Precisazioni
in merito ad alcuni recenti articoli
apparsi sui giornali e sui media in queste ultime settimane.
Per l'importanza dell'argomento e a causa di gravi
equivoci generati dalle interpretazioni a proposito di una intervista concessa
da monsignor Luigi Negri a un quotidiano, pubblichiamo le precisazioni fatteci
pervenire dalla segreteria dell'arcivescovo emerito di Ferrara-Comacchio.
L’arcivescovo emerito di Ferrara-Comacchio Mons Luigi Negri, riafferma la
sua adesione alla “Professione di verità” sul matrimonio, proposta dai
Vescovi Tomash Peta, Jan
Pawel Lenga, Athanasius Schneider. Precisa che tale
dichiarazione non è stata formulata in attacco ad alcuno, men che meno contro
il Santo Padre Francesco, bensì intende affermare con chiarezza la fede cattolica
circa alcune verità sulle quali la contemporaneità è profondamente segnata
dalla confusione e dall’ambiguità.
Sua Eccellenza accoglie, con il dovuto ossequio, l’esortazione apostolica
di Papa Francesco Amoris Laetitia, che ha opportunamente invitato ad una
rinnovata attenzione verso ogni singola persona e soprattutto verso coloro che
si trovano in situazioni familiari di difficoltà e di lontananza dalle norme
morali e canoniche. Ritiene che quanto contenuto in essa, circa tale
incoraggiamento alla sollecitudine pastorale, vada inteso secondo le regole
dell’ermeneutica teologica, in conformità con tutti i documenti del Magistero
autentico e permanente della Chiesa.
Monsignor Negri precisa che le sue affermazioni circa la necessità di un
“discernimento caso per caso” in merito all’accesso al Sacramento
dell’Eucaristia di quelle persone che sono dette “divorziati risposati” non
possono che essere interpretate (come già definito stabilmente da Familiaris
Consortio n° 84 e Sacramentum Caritatis n° 29) o riferendole al
discernimento di quei casi in cui i “divorziati risposati” già vivono
astenendosi dai rapporti propriamente coniugali; o all’accompagnamento di
quanti, al fine di poter ricevere con frutto il Sacramento della
Riconciliazione e così poi poter accedere al Sacramento dell’Eucaristia, si
rendano disponibili ad un cammino penitenziale o di purificazione che li porti
previamente a vivere in piena continenza; avendo sempre cura di evitare lo
scandalo pubblico dei fedeli.
Ad ulteriore chiarimento si riportano di seguito le disposizioni fornite
dalla Congregazione della Dottrina della Fede il 22 ottobre 2014 a firma
dell’allora segretario Mons Luis Ladaria Ferrer S.J. e che contengono le
specifiche direttive circa tale discernimento ed accompagnamento, contro ogni
forma di automatismo:
«Non possiamo escludere a priori i fedeli divorziati risposati da un
cammino penitenziale che porti alla riconciliazione sacramentale con Dio e
quindi alla comunione eucaristica. Il Papa Giovanni Paolo II nella sua Esortazione
Apostolica Familiaris Consortio (n°84) ha considerato questa possibilità
e ne ha precisato le condizioni: “La riconciliazione nel sacramento della
penitenza - che aprirebbe la strada al sacramento eucaristico - può essere
accordata solo a quelli che, pentiti di aver violato il segno dell'Alleanza e
della fedeltà a Cristo, sono sinceramente disposti a una forma di vita non più
in contraddizione con l'indissolubilità del matrimonio. Ciò comporta, in
concreto, che quando l'uomo e la donna, per seri motivi - quali, ad esempio,
l'educazione dei figli - non possono soddisfare l'obbligo della separazione,
“assumono l'impegno di vivere in piena continenza, cioè di astenersi dagli atti
propri dei coniugi”. (cfr. anche Benedetto XVI, Sacramentum caritatis,
n°29).
Il cammino penitenziale da intraprendere deve considerare i seguenti
elementi: 1) verificare la validità del matrimonio religioso nel rispetto
della verità, evitando di dare l'impressione di una forma di “divorzio
cattolico”; 2) vedere eventualmente se le persone, con l'aiuto della grazia,
possono separarsi dai loro nuovi partner e riconciliarsi con quelli da cui si
sono separati; 3) invitare le persone divorziate risposate, che per gravi
motivi (per esempio i bambini) non possono separarsi dai loro congiunti, a
vivere come “fratello e sorella”.
In ogni caso l'assoluzione può essere concessa solo se c'è la certezza di
una vera contrizione, vale a dire “il dolore interiore e la riprovazione
del peccato che è stato commesso, con la risoluzione di non peccare più” (cfr.
Concilio di Trento, Dottrina sul sacramento della Penitenza, c.4). In
questa linea non si può assolvere validamente un divorziato risposato che non
prenda la ferma risoluzione di “non peccare più” e quindi si astenga dagli atti
propri dei coniugi e facendo, in questo senso, tutto quello che è in suo
potere.”»
Per questo, si precisa infine che tutte le supposizioni contrarie a quanto
ivi contenuto sono frutto di interpretazioni personali e non condivise con
l’arcivescovo.
Ufficio Stampa di S.E.R. Mons Luigi Negri
Arcivescovo Emerito di Ferrara-Comacchio
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