Il Natale non è un mito
Tardi ti ho amato, o Bellezza tanto nuova e tanto antica, Gesù Cristo figlio della Regina dell’amore
Traggo da un intervento di Carlo Caffarra pubblicato su Il Foglio dell’8 dicembre
Fate il presepe
Il presepio è rappresentazione della nascita del Salvatore, della Persona del Figlio di Dio che ha assunto un volto umano come noi, e anche di come fu accolto, o rifiutato. E’ quindi rappresentazione del primo incontro degli uomini con Cristo, e in quel primo incontro nella storia subito si vide chi
Lo accoglieva e lo riconosceva come colui che rivela chi è Dio e chi è ogni uomo che Dio ama, e lo adorava orientando come Colui che realizza la propria vita, e chi Lo rifiutava e anche Lo combatteva. Le semplici figure dei presepi, fin da san Francesco, da sempre annunciano la verità storica della consapevolezza del Dio con noi e mettono in guardia contro il sempre ricorrente rischio dell’indifferenza, di non accoglierlo soccombendo alla tentazione di diventare schiavi di beni relativi come fossero tutto. Ma fare il presepio è già la dichiarazione di fede di chi crede nel Dio con noi bambino e quindi un annuncio, una evangelizzazione: cogliendo la verità del proprio e altrui essere come suo dono far posto a Gesù Bambino che oggi risorto e asceso al cielo incontriamo nella confessione e comunione natalizia e vediamo farsi presente nei luoghi dove quotidianamente si vive e far posto a Lui nei volti che incontriamo, a chi facciamo gli auguri e soprattutto nei poveri che a Natale aiutiamo. Queste le radici cristiane del nostro vissuto italiano, europeo, occidentale, della nostra cultura che ha diritto anche dello spazio pubblico come tutte le fedi.
Oblio della tradizione, della nostra cultura
Immaginiamo che in una scuola si voglia celebrare il Natale alla luce della nostra cultura come di altre, quindi pienamente conforme alla natura della scuola. Può essere che ci sia qualche insegnante nelle scuole che … per rispetto a qualche bambino musulmano presente in aula parli e presenti il Natale come festa del solstizio, con l’inevitabile presenza di Babbo Natale, e gli immancabili sermoni sulla pace e sulla solidarietà. Si trasforma cioè una narrazione storica entrata culturalmente, artisticamente nella storia italiana in un “mito” che offre lo spunto per esortazioni moralistiche. Si compie illegittimamente nella scuola pubblica un’operazione ideologica, che viene imposta plagiando gli alunni con un’operazione ideologica, sradicandoli dalla tradizione in cui vivono o provenendo da altre culture … L’oblio della tradizione culturale o la sua trascuratezza ci fa ripartire dal niente, costringendo a costruzioni ideologiche dettate dal momento o ingannando chi viene da altre culture.
Senza nulla imporre ma rivelando culturalmente a tutti che il cristianesimo è incontrare Gesù che morto, risorto, asceso al cielo si fa continuamente sacramentalmente presente e operante attraverso il suo corpo cioè la Chiesa
Vogliamo vedere Gesù (Gv 12,21). Il cristianesimo …prima di essere una dottrina da apprendere e una regola da osservare, è l’avvenimento di un incontro: l’incontro della nostra persona colla persona di Cristo nel noi della Chiesa. E’ liberamente lasciare che la sua presenza occupi sempre più la nostra intelligenza, la nostra coscienza, la nostra libertà e quindi il nostro amore, fino al punto di poter dire con san Paolo: per me vivere è Cristo, moralmente lasciarmi assimilare a Lui (Fil 1,21). E dove poter vedere sacramentalmente, incontrare oggi il Gesù di allora nato in una stalla 2017 anni fa, dove poterlo ascoltare? Tra i suoi, nella Chiesa: E’ in essa e per mezzo di essa che Gesù continua a rendersi sacramentalmente visibile oggi e a farsi incontrare dagli uomini dando la possibilità di amare fino al perdono, come lui ama, perdona. E la Chiesa si rende concretamente presente, vicina nelle parrocchie, nei movimenti e associazioni da essa riconosciute. Far conoscere questo è notizia, è cultura, pienamente legittima, come tutte le culture, nella scuola pubblica. Perché nella Chiesa e per mezzo della Chiesa si può incontrare Gesù? Perché nella Chiesa si può sperimentare realmente la sua forza rigeneratrice dell’umanità mediante la sua azione nel sacramento della Confessione anche a Natale. Perché si può entrare in una pienezza indicibile di comunione con Cristo e tra fratelli mediante l’Eucaristia. E’ l’Eucaristia il luogo e il momento in cui soprattutto incontrare Cristo, far crescere la solidarietà sociale, la politica come amore al bene comune. E’ proprio questo incontro eucaristico almeno domenicale che si può risolvere pienamente, alla luce della fede cattolica, il problema della vita. L’uomo infatti “rimane per se stesso un essere incomprensibile, la sua vita (pensando di dover maturare il coraggio di finire nel nulla) è priva di senso, se non gli viene rivelato l’amore, se non si incontra con l’amore, se non lo esperimenta e non lo fa proprio, se non vi partecipa vivamente” (Redemptor hominis 10,) con la speranza che duri sempre. E’ precisamente nell’incontro eucaristico con Cristo che tu ti incontri con un volto con l’amore, lo fai tuo, un bene per te, vi partecipi vivamente e fedelmente: l’amore di Cristo; l’amore con cui Gesù ha amato, come la memoria evangelica di ricorda, con cui Cristo risorto nella Chiesa ti ama oggi, come ama tutti e tutto. E’ in questo che ritroviamo la grandezza, la dignità propria come individui in atteggiamento di dono cioè persone.
Due esperienze per capire cosa significa seguire Cristo, lasciarsi assimilare a Lui nell’amore, nel farsi dono cioè da individui persone
Prima esperienza che matura da individui tendenti ad assolutizzare il proprio io ad aprirsi come persone per farsi dono quando è piacevole e anche attraverso la sofferenza, le prove: l’arrivo del primo figlio a una coppia sposata. Cosa succede quando ad una coppia nasce il primo bambino? E’ sostanzialmente l’ingresso e l’instaurarsi di una nuova presenza dentro la loro vita. E’ arrivata una nuova persona cioè un nuovo essere dono unico e irripetibile del Donatore divino! Di conseguenza la vita dei due sposi non può più essere come prima: ormai devono “fare i conti” con lui. Abitudini che forse duravano da anni, da innamorati dovranno cambiare. Il lavoro acquista un nuovo senso: lavorano soprattutto per lui, per assicurare il suo futuro senza pretendere nulla. Potremmo dire che la loro giornata e anche la notte vengono vissute in larga misura alla luce della presenza del bambino, crescendo come persone in relazione al suo “tu” in rapporto al “Tu” divino. Seconda esperienza: un giovane si innamora di una ragazza e viceversa. Che cosa succede nella vita del giovane/della giovane? Ancora una volta: una persona entra da innamorata con inaspettata potenza nella vita. C’è come un “urto” che relativizza tutti i rapporti, anche le amicizie più profonde: i latini parlavano di “passio”, di passione. E’ un avvenimento che accade e che ti colpisce: ne sei “preso”, ne sei “presa” a volte non immediatamente in modo reciproco. E quando avviene reciprocamente avviene in modo tale che tutte le energie – intelligenza e libertà –ne sono coinvolte, perché la persona intuisce che le si apre davanti una nuova possibilità di esistenza. E’ una presenza carica di attrattiva che la spinge a una risposta. Queste due esperienze così umane ci possono aiutare a capire cosa significa cogliere che Cristo è innamorato di te per innamorarci di Lui in modo da rimanere liberi cioè capaci anche da innamorati, da sposi, da genitori, da professionisti di amare e di essere amati senza idolatrare niente e nessuno.
Incontrare Cristo non è una questione principalmente per il significato morale
Qualcuno potrebbe pensare: seguire Cristo significa tentare e ritentare, anche spesso senza riuscire, di vivere come Lui ci ha insegnato a vivere. Significa cambiare la propria vita in senso morale. E pensiamo alla vita immorale e sgregolata di una persona che decide di …rientrare nell’ordine della legge morale. Pensare la sequela di Cristo in questi termini di tentare e ritentare, come tensione, non è sbagliato. Anzi, come vedremo, questo modo di pensarla ne coglie un aspetto imprescindibile. Ma non è questo il nucleo centrale, il perché: è stato Kant a sostituire la religione, la fede con l’assoluto della morale laica della legge avviando storicamente un moralismo laico terribile. Per convincervene leggiamo con attenzione due pagine bibliche: Lc 19,1-10, l’incontro di Gesù con Zaccheo; e Fil 3,7-14. Si constata un fatto singolare. E’ vero che Zaccheo cambia la sua vita dal punto di vista morale: decide non solo di non rubare più, ma restituisce il mal tolto con una misura superiore a quella richiesta dalla legge. Ma se guardiamo alla storia di Paolo, le cose non stanno proprio in questi termini. Egli prima dell’avvenimento decisivo (Quello appunto che egli descrive in Fil 3,7-14), non teneva – a differenza di Zaccheo – condotte moralmente riprovevoli. Anzi, egli dice di se stesso che era irreprensibile quanto alla giustizia che deriva dall’osservanza della Legge (Fil 3,6b). Dunque: si può essere malfattori e ladri, come Zaccheo, e non essere ancora alla sequela di Cristo, e questo è abbastanza facile da capire. Si può essere persone oneste e molto giuste, come Paolo, e non essere ancora alla sequela di Cristo, e questo in una mentalità moralistica è abbastanza difficile da capire. E non è neppure sempre vero che i secondi siano più vicini al Vangelo cioè al Dio con noi dei primi: Paolo moralmente ineccepibile perseguitava la Chiesa cioè Cristo. Gesù una volta disse a chi era o si riteneva giusto: i pubblicani e le prostitute vi precederanno nel Regno di Dio cioè nell’amare Dio e il prossimo come Dio ama (Mt 21,31). Partire dalla assolutizzazione della considerazione morale dell’esistenza non è la partenza migliore per capire la sequela di Cristo: molto ha amato perché molto le è stato perdonato. E allora cosa significa seguire Cristo?
Incontrare Cristo non significa cambiare il modo di interpretare il reale
Qualcuno a questa domanda potrebbe essere tentato di rispondere: cambiare il proprio modo di pensare, di valutare le cose, cioè, e di interpretare la realtà. Ancora una volta – Caffarra – devo dire che sicuramente non esiste vera sequela senza questo cambiamento nel modo di pensare e di vivere, senza convertirsi. Ma ancora una volta non è questo il nucleo centrale. Abbiamo anche al riguardo un esempio nella storia della Chiesa. La conversione di Agostino, come è noto a tutti, fu lunga ed assai faticosa. Egli dovette superare due enormi difficoltà (assai attuali!): la difficoltà di una visione materialista; la difficoltà di una visione fatalista. Egli pensava che esistessero solo realtà materiali; egli pensava, da manicheo quale era, che l’uomo quando agiva male non fosse libero. Egli superò questi due formidabili errori soprattutto attraverso la lettura di libri neo-platonici. Fu la sua conversione? Non proprio. Essa può accadere quando incontra la Chiesa cioè Cristo attraverso Ambrogio che, scrive egli stesso, lo “accolse come un padre e gradì il mio pellegrinaggio proprio come un vescovo” (Confessioni V, 13,23). Ed allora cosa significa seguire Cristo? Che cosa succede a Zaccheo di così diverso dalla sua vita ordinaria? Incontrò Cristo che chiamandolo per nome chiese di entrare in casa sua. Che cosa è successo a Paolo di così straordinario che cominciò da quel momento a considerare una perdita tutto ciò che fino a quel momento poteva essere per lui un guadagno, un vanto? Abbiamo due testi che in maniera molto suggestiva ce lo dicono. Il primo dice: E Dio disse: rifulga la luce dalle tenebre, rifulse nei nostri cuori, per far risplendere la conoscenza della gloria divina che rifulge sul volto di Cristo (2 Cor 4,6). L’altro testo dice: Ma quando colui che mi scelse fin dal seno di mia madre e mi chiamò con la sua grazia si compiacque di rivelare a me suo figlio perché lo annunciassi in mezzo ai pagani …(Gal 1,15-16). Ha avuto un incontro con Cristo nel quale egli, Paolo, ha visto la Presenza: la presenza stessa di Dio, colla gloria del suo amore. Il profeta (Is 9,1) aveva preannunziato: il popolo che camminava nelle tenebre vide una gran luce: su coloro che abitavano in terra tenebrosa, una luce rifulse. Nella vita di Paolo questa parola si è compiuta: una luce si è accesa nella sua esistenza perché ha incontrato Cristo; ha visto in Lui la presenza stessa di Dio che si prende cura dell’uomo, concretamente di ogni uomo che ama fino al perdono.
Incontro che coinvolge le radici della mia esistenza
Per capire meglio che cosa significhi qui la parola “incontro”, è necessario tener presente che quando esso accade veramente, solo le radici stesse della nostre esistenza ad essere coinvolte. E quali sono le radici della nostra vita? Che cosa nutre il nostro quotidiano esistere? Che cosa ci fa lavorare, ci fa studiare, ci fa prendere marito/moglie, abbracciare una vita totalmente verginale, ci fa desiderare e pensare? Come ha visto Agostino, è il desiderio di beatitudine, di pienezza di essere. Le nostre scelte sono sempre in vista di un bene particolare; ma alla fine ciascuna di esse si inscrive e si radica nel desiderio di un bene che sia tale da dare piena soddisfazione alla nostra fame e sete di beatitudine, al nostro sconfinato desiderio di verità, di bontà, di bellezza. Solo una cultura disumana e superficiale come in larga misura è la nostra poteva tentare di estenuare nell’uomo questo suo desiderio, insegnandogli che è possibile ben navigare anche se si naviga sempre a vista senza avere nessun porto a cui dirigersi; che è possibile ben camminare anche senza sapere dove andare o peggio alimentando il coraggio di finire nel nulla.
L’incontro con Cristo pesca in questa profondità dell’essere: Cristo è “sentito” come la risposta vera e totale al proprio desiderio illimitato di beatitudine: “Mio Signore e mio tutto”, pregava san Francesco. Zaccheo ha capito che non nel denaro, ottenuto con tutti i mezzi, era la risposta al suo desiderio, ma la risposta era Lui, lo stare a tavola con Lui. Paolo ha capito che la glorificazione di Dio non consisteva in primo luogo nello sforzo morale dell’uomo, ma che tutta la felicità ormai era nel conoscere Lui, nell’essere con Lui. Pietro ha capito che non sarebbe più riuscito ad andare da nessun’altra parte, poiché sapeva che solo Lui aveva parole di vita veramente vita, di vita eterna.
L’incontro con Cristo è un fatto che ha tutti i connotati propri dei fatti che accadono in questo mondo, in un tempo preciso ed in un luogo determinato; mentre Zaccheo, piccolo di statura è su una pianta per vedere anche lui Gesù di cui tutti ne parlano, mentre Andrea e Pietro stavano pescando, mentre una donna samaritana va ad attingere acqua al pozzo con la prospettiva di incontrare uomini, e così via. Ma nello stesso tempo è un fatto che è imprevedibile [Zaccheo mai si sarebbe aspettato!], incalcolabile [proprio nel momento in cui Paolo andava ad imprigionare i cristiani!], non programmato [la samaritana faceva ciò tutti i giorni], ma così corrispondente alle attese più profonde della persona da farle esclamare: “Tardi ti ho amato, o Bellezza tanto nuova e tanto antica!”.
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