Avvento II
Il Signore, che è la novità perenne, è venuto, viene e verrà sempre in mezzo a questa umanità decaduta per rinnovarla dall’interno
Da una settimana stiamo vivendo il tempo liturgico dell’Avvento: tempo fino al 16 dicembre che ci educa all’apertura del futuro di Dio, dal 17 tempo di preparazione alla confessione e alle comunioni di Natale, quando Lui, il Signore con noi dell’Incarnazione, che è la novità storica assoluta, è venuto e continua a venire sacramentalmente per
abitare in mezzo a questa umanità decaduta per rinnovarla dall’interno. Nella liturgia dell’Avvento risuona un messaggio di speranza affidabile, in virtù della quale noi possiamo affrontare il nostro presente: il presente, anche un presente faticoso, può essere vissuto ed accettato se conduce verso una meta e se di questa meta noi possiamo essere sicuri, se questo meta è così grande da giustificare la fatica del cammino. L’alternativa ad essa del secolarismo chiede di ravvivare il coraggio di finire nel nulla, non certo una meta che ci può aiutare e impegnarci nel progresso. La fede ci invita ad alzare lo sguardo all’orizzonte ultimo, riconoscendo nel presente i segni del Dio-con-noi dell’Incarnazione continua nella Chiesa e attraverso la Chiesa per tutti e per tutto.
In questa seconda Domenica di Avvento la Parola di Dio assume gli accenti commoventi del cosi detto Secondo Isaia, che agli Israeliti, provati da decenni di amaro esilio in Babilonia, annunciò finalmente una liberazione qui nel tempo in attesa della liberazione definitiva: “Consolate, consolate il mio popolo – dice il profeta facendo risuonare Dio che parla -. Parlate al cuore di Gerusalemme e ditele che la sua tribolazione è compiuta” (Is 40,1-2). Questo vuole fare il Signore in Avvento: parlare al cuore del suo Popolo, e, per suo tramite, all’umanità intera segnata in continuità da limiti e oggi da rischi di distruzione atomica, per annunciare la salvezza. Anche oggi si leva la voce della Chiesa, unica prospettiva alternativa al finire nel nulla, ideologia che non aiuta certo nemmeno all’impegno di progresso temporale: “Nel deserto preparate la via del Signore” (Is 40,3). Per milioni di popolazioni sfinite dalla miseria e dalla fame di fronte a miliardi che nuotano nello sperpero, per le schiere di profughi, per quanti patiscono gravi e sistematiche violazioni dei loro diritti, la Chiesa si pone come sentinella sul monte alto di fede per ricordare che ci sarà una giustizia cioè avevo fame e mi avete dato da mangiare, non mi avete dato da mangiare: “Ecco il vostro Dio! Ecco il Signore Dio viene con potenza” (Is 40,11) e ricompensa e fa giustizia!
Questo annuncio profetico si è realizzato in Gesù Cristo, realizzazione per tutti! Egli, con la sua predicazione e poi con la sua morte ignominiosa e risurrezione, ha portato a compimento le antiche promesse, rivelando una prospettiva così grande e sicura. Ha inaugurato un esodo, una liberazione non più solo terrena, storica, e come tale provvisoria, limitata, ma radicale e definitiva da cui nessuno può sfuggire poiché “dalla morte nullo omo po’ scappare”: il passaggio dal regno del male al regno di Dio, dal dominio del peccato e della morte cioè del nulla a quello dell’amore e della vita veramente vita, con ogni bene senza più alcun male. Pertanto, la speranza cristiana affidabile va oltre la legittima e doverosa attesa di una liberazione sociale, culturale e politica, perché ciò che Gesù ha iniziato è una umanità nuova, che viene “da Dio”, ma al tempo stesso germoglia in questa terra, nella misura in cui essa si lascia fecondare dallo Spirito del Signore. Si tratta perciò di entrare pienamente nella logica della fede: credere nel Dio che fin dal Natale ha assunto un volto umano amandoci sino alla fine nel suo disegno di salvezza, nel suo regno già presente dove Egli è amato e dove il suo amore ci raggiunge dall’incontro con la sua presenza sacramentale. La giustizia e la pace, infatti, sono dono di Dio, ma richiedono uomini e donne che lo accolgano consapevolmente e responsabilmente e divengano “terra buona”, pronta ad accogliere il buon seme della sua Parola e della sua Presenza.
Primizia di questa nuova umanità è Gesù, Figlio di Dio e figlio di Maria Immacolata. Lei, la Vergine Madre, è la “via” che Dio stesso si è preparata per venire nel mondo e rimanere come Dio con noi. Con tutta la sua umiltà, Maria, concepita senza peccato, cammina alla testa del nuovo Israele nell’esodo, nella uscita da ogni esilio, da ogni oppressione, da ogni schiavitù morale e materiale, verso “i nuovi cieli e la terra nuova, nei quali abita la giustizia” (2 Pt 3,13). Alla sua materna intercessione affidiamo l’attesa di pace e di salvezza degli uomini del nostro tempo, di noi stessi.
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