Attività esorcistica negli Atti degli Apostoli
Luca fa memoria dell’attività esorcistica nel Vangelo di Gesù e nel
Vangelo di Cristo cioè della Chiesa, fin dalle sue origini cioè gli Atti degli
Apostoli
Traggo da Passi degli
Atti degli Apostoli d’interesse esorcistico di p. Flavio Cavallini in Quaderni
A.I.E 10 pp.24- 64
Il Figlio di Dio ha assunto un
volto umano per liberarci dal dominio di Satana come il Vangelo di Gesù ci
memorizza e Risorto attraverso il suo corpo che è la Chiesa continua la
presenza dell’Incarnazione come gli Atti degli Apostoli o Vangelo della Chiesa
ci annunciano.
Il tormento dei corpi, pur
essendo una realtà sconvolgente e drammatica, non è l’attività primaria
dell’azione demoniaca. L’attività più subdola, deleteria e devastante è altra.
Le possessioni, che oltretutto sono rare, le vessazioni, le ossessioni, i
malefici sono la punta di un immenso iceberg. E’ della massa sommersa
dell’iceberg nella storia che dobbiamo
preoccuparci più che della punta emergente sempre cangiante e distraente. Non
va sottovalutata l’opera demoniaca che è contrastare a tutti i livelli – sino
alla fine dei tempi – l’attuazione del regno di Dio cioè la carità, avendo come
oggetto soprattutto l’uomo. Ma quello che emerge dal Vangelo della Chiesa è un
sano ottimismo fondato sulla fede “Io ho vinto il principe di questo mondo”,
“le porte degli inferi non prevarranno”, “io sarò con voi sempre”. Non vuol
dire che ogni uomo venga sottratto alle sue responsabilità o rischi del libero
arbitrio, ben sapendo che il peccato è una libera scelta umana di fronte
all’infinito amore di Dio fino al perdono e non opera del demonio: “è dal cuore di ogni
uomo che escono pensieri maligni”. La preghiera di liberazione pone nella
condizione di scegliere.
Questi i racconti d’interesse
esorcistico degli Atti degli Apostoli:
-
5,12-16:
attività taumaturgica ed esorcistica degli apostoli a Gerusalemme – Giudea
-
8, 4:8:
Attività taumaturgica ed esorcistica di Filippo in Samaria.
-
8,9 – 13.18-24:
Confronto tra Pietro e Simone il mago in Samaria
-
13, 6-12:
Confronto tra Paolo e Elimas il mago a Pafo
-
16,16-18:
Incontro di Paolo con la schiava posseduta a Filippi
-
19,
11-12: Attività taumaturgica ed esorcistica di Paolo a Efeso
-
19,13-19:
Confronto tra Paolo, gli esorcisti giudei e la magia ad Efeso
Luca nel Vangelo di Gesù e della
Chiesa evidenzia lo stretto rapporto di continuità sussistente tra la missione
storica del Verbo incarnato e l’evangelizzazione cioè la continuità
dell’incarnazione da risorto che la Chiesa apostolica eredita direttamente da Lui.
L’Incarnazione non è solo il ministero del Figlio che ha assunto un volto umano
fino alla morte e risurrezione. Ma dall’ascensione in questa luce gli Atti
degli Apostoli sono un Vangelo continuo della presenza e dell’azione
sacramentale del Risorto. In apertura degli Atti è la contemporaneità
ecclesiale continua dello stesso Cristo Risorto ad esplicitarlo come sua
consegna prima di salire al Padre per essere presente e operante in continuità
sacramentale (At 1,8):
“riceverete la forza dello Spirito Santo che scenderà su di voi, e di
me, (della mia presenza e azione) sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la
Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra” fino a Roma.
Analogamente all’Annunciazione
nel grembo verginale di Maria, Luca memorizza la trama narrativa degli Atti,
facendone la testimonianza dell’irresistibile espandersi della Parola del
Signore, del Verbo del Padre dal cuore dell’Israele storico fino all’abbraccio
escatologico di tutti i popoli quando il Maligno non avrà più nulla da operare e Dio sarà tutto in tutti. Di conseguenza
questo il piano narrativo:
1,1-11 Promessa di Gesù
“… avrete forza dallo Spirito santo che scenderà su di voi e sarete
testimoni” della mia continua presenza
e azione sacramentale nella e attraverso il mio corpo da Risorto cioè la Chiesa
(1-8)
1,12-5,42 Discesa dello
Spirito e testimonianza a Gerusalemme
“A Gerusalemme” (1,8).
6, 1-12,24 Diffusione della
Parola, del Verbo del Padre fuori di Gerusalemme (Giudea – Samaria) fino ad
Antiochia
“in tutta la Giudea e la Samaria” (1,8).
13,1-19,20 Diffusione della
Parola, del Verbo del Padre, della presenza sacramentale, ecclesiale del
Risorto da Antiochia
“e fino agli estremi confini della terra” (1,8).
19,21-28,31 Viaggio verso
Gerusalemme, da Gerusalemme a Roma
Nel suo modo organizzato di
procedere, sembra che Luca come annunciato in At 1,8, si sia preoccupato di
caratterizzare ciascuna delle tappe di avanzamento missionario, riportando un significativo episodio riguardante lo
scontro tra le forze oscure del male, per lo più rappresentate dalla magia, e
l’avanzamento della Parola di Dio, del Verbo del Padre, della presenza e azione
sacramentale del Risorto nella e attraverso la Chiesa.
I sommari, in tutto somiglianti a
quelli che nel terzo Vangelo (Luca) riguardano Gesù, hanno come interesse
centrale l’evangelizzazione presentata in tre elementi intrinsecamente
connessi: predicazione della Parola,
guarigione dalle malattie, liberazione
dal demonio. In questo gli apostoli non fanno altro che continuare, sotto
l’azione dello Spirito Santo, la medesima missione dell’incarnazione nella Chiesa e attraverso la Chiesa per tutti
e per tutto.
I racconti puntualizzano il fatto che ogni avanzamento missionario
comporta inevitabilmente un confronto con
le forze diaboliche rappresentate dalla magia, dalle persone dedite alle
pratiche occulte, dalla possessione demoniaca.
I racconti hanno come protagonisti Pietro e Paolo, cioè le due figure
centrali delle due fasi missionarie illustrate dagli Atti. I campioni
dell’evangelizzazione, quindi, sono presentati anche come i due più grandi esorcisti della chiesa apostolica.
Attività taumaturgica ed
esorcistica degli apostoli in Gerusalemme e Giudea (5,12-16)
“Molti segni e prodigi avvenivano fra il popolo per opera degli
apostoli. Tutti erano soliti stare insieme nel portico di Salomone; nessuno
degli altri osava associarsi a loro, ma il popolo li esaltava. Sempre più,
però, venivano aggiunti credenti al Signore, una moltitudine di uomini e di
donne, tanto che portavano gli ammalati persino nelle piazze, ponendoli su
lettucci e barelle, perché, quando Pietro passava, almeno la sua ombra coprisse
qualcuno di loro. Anche la folla delle città vicine a Gerusalemme accorreva,
portando malati e persone tormentate da spiriti impuri, e tutti venivano
guariti, liberati”.
Questo sommario ci trasmette i
tratti fondamentali della vita della primitiva comunità di Gerusalemme sottolineando l’attività
taumaturgico-esorcistica attribuita agli apostoli in generale e a Pietro in
particolare. Inoltre, Luca si preoccupa di annotare una circostanza molto
interessante e cioè che malati e vessati da spiriti impuri provengano anche dai
dintorni della Città Santa, vale a dire dai villaggi della Giudea. Questo
fatto, oltre che a stabilire un parallelo della continuità dell’Incarnazione nella
Chiesa con l’attività di Gesù, permette di riconoscere il tema dell’esorcismo collocandolo opportunamente nella prima tappa
del programma di evangelizzazione degli Atti.
Attività taumaturgica ed esorcistica di Filippo in Samaria (8, 4-8)
“Filippo, sceso in una città della Samaria, predicava loro il Cristo
(la presenza sacramentale del Risorto). E le folle, unanimi, prestavano
attenzione alle parole di Filippo, sentendolo parlare e vedendo i segni che
egli compiva. Infatti da molti indemoniati uscivano spiriti impuri, emettendo
alte grida, e molti paralitici e storpi furono guariti. E vi fu grande gioia in
quella città”.
L’interesse di questo sommario riguarda
prevalentemente il tema della diffusione della Parola di Dio, del Verbo del
Padre, della presenza sacramentale, ecclesiale del Risorto, questa volta ad
opera del diacono Filippo, attraverso il quale Cristo agisce. La menzione della
Samaria, infatti, ci proietta nella seconda fase dell’espansione della Parola
di Dio. In questo caso specifico la menzione dell’attività esorcistica precede
la menzione di quella taumaturgica.
Come sempre i segni di
liberazione e di guarigione accompagnano l’annuncio evangelico convalidandolo.
E’ quindi chiaro che l’annuncio della Parola, la liberazione e la guarigione
sono tre operazioni che esprimono l’unica opera della redenzione; e tutto ruota
attorno alla Parola (nel significato pieno), che genera la fede. La parola
converte, la Parola libera, la Parola guarisce. Al risuonare potente della
predicazione che opera ciò che annuncia, infatti, fanno da contrappunto le ben
note grida stentoree con cui gli spiriti immondi rendono nota la loro presenza.
Confronto tra Pietro e Simone il mago in Samaria (8,9-13.18-24)
“Vi era da tempo in città un tale di nome Simone, che praticava la
magia e faceva strabiliare gli abitanti della Samaria, spacciandosi per un
grande personaggio”.
Fino a quando l’attività
evangelizzatrice rimane tra le mura della Città Santa ed entro i confini della
Giudea, gli interventi esorcistici degli apostoli riguardano esplicitamente
persone vessate dagli spiriti impuri (5,6). Però, nel momento in cui l’annuncio
evangelico irrompe in Samaria le cose cambiano. Qui la situazione era
deteriorata dall’eredità di uno scisma politico – religioso, consumatosi da
secoli nei confronti della Giudea e della sua capitale, Gerusalemme mancando
l’autorità del Sinedrio che impediva queste pratiche in assoluto contrasto con
la Torah (Deut 18,10-14). Infatti, in quello che anticamente era territorio del
regno di Israele, dove da sempre era prosperata in modo irriducibile la piaga
del sincretismo religioso, si rivela ben presente la realtà delle pratiche
magiche, avallate da una mentalità paganeggiante.
Senza ulteriori indugi viene
fatto entrare in scena un certo Simone qualificato da Luca come mago, più che
un occultista dei grandi poteri, sembra pensare a un abile ciarlatano, che con
trucchi ad effetto ha saputo guadagnarsi la credulità popolare. Luca, comunque,
seguendo il modo di vedere della comunità cristiana, lo considera uno stregone
e un impostore.
Non va nemmeno trascurata la
possibilità che la qualifica di mago sottintenda
quella di gnostico. Tuttavia questa
eventualità può essere accolta solo in senso lato per definire quell’insieme
ancora non organizzato di dottrine proto-gnostiche le cui tracce sono
rilevabili già nel I secolo: è possibile che Luca voglia stigmatizzare con questo
racconto tendenze gnostiche nascenti. Ricordiamo che la gnosi è una forma di
ideologia religiosa che pretende di offrire una liberazione spirituale per
mezzo di una ‘conoscenza segreta’ trasmessa attraverso una iniziazione. In
questo caso Simone potrebbe essere stato il capo di una setta religioso –
filosofica messa in crisi dalla predicazione di Filippo. Di questo personaggio
si dice ancora che non era originario del luogo, fatto che contribuisce a
creargli intorno una certa aura di mistero: in ogni caso il nome di Simone lo
propone come un Giudeo che probabilmente sceglie di stare tra i Samaritani per
praticare liberamente le arti magiche. In seguito gli Atti ce ne daranno altri
esempi.
In ogni caso Simone millanta una
grandezza indice di uno smodato desiderio di porsi al di sopra dei comuni
esseri mortali. E’ evidente che mediante la pratica magica, Simone ha potuto
procurarsi fama e rispetto, assecondando una brama di dominio sugli altri,
tipica di chi segue le vie dell’esoterismo. Mago è appunto colui che mediante
riti, parole e materie pretende di esercitare il controllo del mondo naturale
ed extranaturale, sottoponendolo alla propria volontà.
“A lui prestavano attenzione tutti, piccoli e grandi, e dicevano:
“Costui è la potenza di Dio, quella che è chiamata Grande” . Gli prestavano attenzione, perché per molto tempo
li aveva stupiti con le sue magie”.
Luca insiste sul tema della forza
insita nella fama creata ad arte e delle disponibilità della gente a farsi
soggiogare. Simone agli occhi del popolo pretende di elevarsi al rango divino
in quanto detentore di un potere soprannaturale chiamato Grande: la folla gli riconosce un fluido divino che lo pone tra gli
esseri dotati di poteri soprannaturali. Così facendo egli arriva al punto
di arrogarsi non solo l’esercizio di una prerogativa divina, ma addirittura di
considerarsene la fonte: Simone era convinto di essere l’incarnazione del Dio
sommo, il dio taumaturgo apparso sulla terra alla maniera dell’uomo divino.
“Ma quando cominciarono a credere a Filippo, che annunciava il vangelo
del regno di Dio, Dio che ci ama e ci dà la possibilità di amare con il suo
amore” e del nome di Gesù Cristo, uomini e donne si facevano battezzare. Anche
lo stesso Simone credette e, dopo che fu battezzato, stava sempre attaccato a
Filippo. Rimaneva stupito nel vedere i segni e i grandi prodigi che
avvenivano”.
Ruolo e poteri di Simone vengono
drasticamente annullati dall’arrivo di Filippo. Quest’ultimo, annunciando il Vangelo,
agisce per davvero con la potenza divina ma nel nome e attraverso la presenza
di Gesù Cristo in lui.
Luca riferisce, inoltre, che
Simone “credette” e “fu battezzato”. Questo
binomio fede – sacramento ci fa
supporre una sua sincera adesione a Cristo e non semplicemente un avvicinamento
strategico a Filippo per carpirne i segreti. Tuttavia anche nella novità
dell’innesto battesimale restano i polloni bastardi, qualcosa del vecchio Simone
sopravvive e torna a farsi sentire in presenza dei portenti operati dal diacono
evangelizzatore.
“Simone, vedendo che lo Spirito veniva dato con l’imposizione delle
mani degli apostoli, offrì loro [a Pietro e Giovanni] del denaro dicendo: “Date
anche a me questo potere perché, a chiunque io imponga le mani, egli riceva lo
Spirito Santo”.
Il racconto lucano prosegue con
la venuta di Pietro e Giovanni inviati dalla chiesa madre di Gerusalemme per
confermare la missione di Filippo tra i samaritani. Pietro riveste il ruolo di
protagonista (come dice san Leone Magno Gesù ha dato personalmente a Pietro
quello che ha dato collettivamente ai dodici), mentre Giovanni rimane silenzioso
sullo sfondo. Di fronte alle manifestazioni dello Spirito Santo comunicato con
l’imposizione delle mani, Simone cade vittima dell’antica brama di poteri
superiori, nel suo vecchio modo diabolico di operare in quella Samaria mezzo –
ebrea e mezzo pagana in cui il sincretismo favorisce un amalgama tra potere
spirituale e potere del denaro come oggi all’Onu delle religioni.
“Ma Pietro gli rispose: “Possa andare in rovina, tu e il tuo denaro,
perché hai pensato di comprare con i soldi il dono di Dio”.
Le parole che Pietro rivolge a
Simone suonano come una pesante maledizione all’azione diabolica in un uomo. Va
notata la forma del verbo (ein), frequente
nelle invettive profetiche. In questo modo si chiarisce che, in ogni caso, il
vero obiettivo è quello non solo della liberazione ma dell’ammonizione e
correzione. La conversione, infatti, può sempre cambiare l’esito liberatorio
del giudizio e il castigo prospettato, come appare chiaro nel seguito (8,22).
L’offerta di denaro da parte di Simone
rivela che la sua antica attività esoterica era stata redditizia, come in
genere accade a chi pratica le arti occulte. Infatti, l’arricchimento come
dimostrazione ed esercizio di potere è uno dei corollari della volontà
diabolica di dominio insita nella pratica della magia. Ben più grave, però, è
la ferma convinzione dell’ex mago che in ogni caso il potere del denaro possa
soddisfare la sua volontà male orientata soccombente alla tentazione.
“Non hai nulla da spartire né da guadagnare in questa cosa, perché il
tuo cuore non è retto davanti a Dio. Convertiti dunque da questa tua iniquità e
prega il Signore che ti sia perdonata l’intenzione del tuo cuore. Ti vedo
infatti pieno di fiele amaro e preso nei lacci dell’iniquità”.
“La pretesa di Simone di trasformare lo Spirito di Dio in una merce di
cui si può disporre viene smascherata come tentazione diabolica e Simone è
consegnato a questa sfera”.
In questo senso la seconda parte
dell’invettiva assume le caratteristiche di una formula di scomunica biblica. Pietro,
con grande autorità, stimmatizza la situazione, facendo emergere ciò che si
cela di diabolico nelle pieghe dell’anima dell’ex –mago. Nutrito di cultura
esoterica, satanica, il cuore di
Simone, cioè la sede intima della volontà e delle intenzioni, è distolta
dall’adorazione dell’unico Dio per accarezzare un’appena velata pretesa di
soppiantarlo. Questo sforzo innaturale, preternaturale, diabolico, costituisce
per Simone, e per quanti si incamminano sulla strada dell’occultismo, causa di
amara insoddisfazione. L’ex mago, infatti, rischia di trascorrere un’esistenza
avvelenata dalla perenne frustrazione causata dall’impossibilità di travalicare
i limiti della condizione creaturale. Come uniche vie di uscita a lui non
rimangono che la conversione e un pentimento, questa volta senza riserve, che lo
liberino e lo portino al perdono, vera manifestazione ricreatrice del potere
divino.
“Rispose allora Simone: “Pregate voi per me il Signore, perché non mi
accada nulla di ciò che avete detto”.
Le forti parole liberatorie di
Pietro ottengono l’effetto sperato. Simone rinuncia alle sue pretese di potere
superiore e si affida all’intercessione degli apostoli per ottenere il perdono,
la liberazione completa dalla seduzione del potere occulto, infatti, non si può
ottenere se non a prezzo di una totale rinuncia, di un cambiamento di mentalità
e di vita.
Concludendo:
Possiamo affermare, in sintesi,
che l’episodio del confronto tra l’apostolo Pietro con il massimo del mandato
anche esorcistico e Simone, ci presenta una situazione missionaria d’impatto
tra predicazione cristiana e magia. In definitiva, nel trasmettere questo
episodio, la maggiore preoccupazione di Luca è quella di segnalare uno dei più
gravi pericoli con cui l’evangelizzazione deve sempre misurarsi: nel momento in
cui il Vangelo osa uscire da Gerusalemme, la storia di Simone conduce l’autore
ad abbordare il tema della concorrenza religiosa che affronta il cristianesimo,
in particolare il rischio che rappresenta per esso il sincretismo religioso per
cui tutte le religioni sono uguali; egli coglie l’occasione per porre la
distinzione fra la verità del carisma evangelico e manipolazione del sacro.
Inoltre, dal punto di vista pastorale
il racconto apre gli occhi su una situazione sempre ma, oggi in particolare viva
con l’Onu delle religioni, attuale e cioè il rischio che una cultura magico –
superstiziosa possa sopravvivere anche nei battezzati non sufficientemente
preparati da una catechesi adeguata. Questo fatto è riscontrabile soprattutto
quando l’identità cristiana non è sufficientemente radicata mediante un
accompagnamento spirituale personalizzato. Il ruolo di Pietro come guida
autorevole anche su quella dei dodici è determinante. Esso, infatti, deve
svelare le immaturità e stimmatizzare gli inganni della falsa coscienza, di
cui il tentatore come serpente antico sa
servirsi con grande abilità. In questo caso la meta liberatoria è quella di
portare la persona a una separazione senza compromessi e nostalgie da ogni
legame con le pratiche passate. Consapevolezza questa che può essere
esplicitata con grande efficacia mediante la preparazione al rinnovo delle
promesse battesimali, incentrandole puntualmente sulle rinunce da rinnovare continuamente.
Confronto tra Paolo e Elimas il mago di Pafo (13,6-12)
“Attraversata tutta l’isola fino a Pafo, vi trovarono un tale, mago e
falso profeta giudeo, di nome Bar-Jesus, al seguito del proconsole Sergio
Paolo, uomo saggio, che aveva fatto chiamare a sé Barnaba e Saulo e desiderava
ascoltare la Parola di Dio”.
A Cipro, non appena l’annuncio
del Vangelo esce dalla sinagoga per entrare in una casa romana, subito si
profila un ulteriore confronto tra i portatori della Parola di Dio e un
operatore dell’occulto. Ma vediamo con ordine chi sono i personaggi che Luca
mette in campo:
-
Sergio
Paolo, governatore romano di Cipro, presentato come “saggio” probabilmente
per la sua predisposizione alla ricerca
del sapere, cosa che lo porta ad ascoltare voci diverse. Appartenere ad una
illustre famiglia romana, prefigura gli innumerevoli cittadini dell’impero che
costituiranno per la Parola di Dio una buona terra.
-
Bar –
Jesus un giudeo il cui nome aramaico significa: Figlio di Gesù. Al nome si accompagnano gli epiteti di mago, cioè uomo dediti ai saperi e alle arti
occulte e quello meno lusinghiero di falso
profeta, probabilmente nel senso che il suo parlare e agire si trova sotto
l’influsso di una spirito menzognero, del Maligno. Questo mago è il primo di
una lunga serie di avversari giudei che Saulo troverà sul suo cammino dovunque
annuncerà la Parola. Nel versetto seguente fa la sua comparsa, poi, anche
quello che sembra essere un vero e proprio nome d’arte: Elimas che, come spiega lo stesso Luca, significa Mago. Luca lo mette in contrapposizione
tanto con il saggio Sergio Paolo, quanto con Paolo apostolo, che al versetto 9
parlerà sotto l’azione dello Spirito Santo, quindi come vero profeta.
-
Barnaba e
Saulo-Paolo, missionari della chiesa di Antiochia. Durante
l’evangelizzazione di Cipro ricevono l’invito del proconsole desideroso di
ascoltarli. Sarà proprio la disputa al cospetto del magistrato romano a offrire
a Saulo l’occasione per dare prova del suo carisma. Grazie a questa circostanza
Luca segnala il passaggio dalla predicazione prevalentemente ad hebreos, all’annuncio ad gentes. Questo cambiamento è reso più
evidente che d’ora in avanti il missionario di Tarso non sarà più chiamato con
il nome ebraico di Saulo, ma sempre e
soltanto con quello latino di Paolo. Inoltre,
vien modificato anche il binomio apostolico Barnaba
– Saulo, che d’ora in poi sarà Paolo – Barnaba. Insomma la missione prende
decisamente la sua direzione definitiva in senso universale.
“Ma Elimas, il mago, -
ciò infatti significa il suo nome – faceva loro opposizione cercando di
distogliere il proconsole dalla fede”.
Elimas, anziché difendere una propria particolare dottrina,
in realtà sembra preoccupato principalmente di perdere la sua influenza sul
magistrato romano. Ai suoi occhi Barnaba e Paolo si rivelano come pericolosi
concorrenti che mettono a repentaglio il suo prestigio. Dunque, se da un lato
l’intento dei due missionari è quello di portare a Sergio Paolo la Parola di
Dio, dall’altro, invece, lo scopo di Elimas è quello di distogliere il
proconsole dalla fede per tenerlo attaccato a sé.
“Allora Saulo, detto
anche Paolo, colmato di Spirito Santo, fissò gli occhi su di lui e disse: “Uomo
pieno di frode e di ogni malizia, figlio del diavolo, nemico di ogni giustizia,
quando cesserai di sconvolgere le vie diritte del Signore?”.
Da adesso in avanti l’iniziativa è sempre di Paolo, la cui
parola e azione sono mossi direttamente dallo Spirito Santo. Elimas, che
essendo mago sa bene come gli occhi esercitino il più alto potere di
soggezione, è costretto suo malgrado a subire la forza dello sguardo di Paolo,
animato dalla luce della verità.
Con dire profetico Paolo, lancia senza esitazione il suo
atto di accusa contro Elimas. Gl’inganni con cui questi ha costruito la sua
fama, la malizia di cui sono intrise le sue intenzioni, la perniciosità di cui
sono pervase le sue azioni sono segni inequivocabili della totale
inconciliabilità del suo operare con la volontà di Dio. Elimas si trova,
perciò, nel campo opposto, cioè in quello diabolico. Colui che paradossalmente
porta il nome di Bar-Iesus, cioè Figlio di Gesù, viene impietosamente
smascherato da Paolo come Figlio del
Diavolo.
“Ed ecco, dunque, la
mano del Signore è sopra di te: sarai cieco e per un certo tempo non vedrai il
sole”. Di colpo piombarono su di lui oscurità e tenebra, e brancolando cercava
chi lo guidasse per mano. Quando vide l’accaduto, il proconsole credette,
colpito dall’insegnamento del Signore”.
Il castigo divino, che nel caso di Simone era stato
solamente minacciato, questa volta si realizza puntualmente in forma di
miracolo di punizione. Al mago, che pretendeva di avere una visione superiore, viene tolta anche la
vista di questo mondo. Colui che si proponeva di guidare Sergio Paolo
sull’occulta via della gnosi, ora deve essere preso per mano per non rischiare
di inciampare. Tuttavia, la nota sulla temporalità del castigo ne rivela anche
in questo caso la natura medicinale. Forse non è fuori luogo pensare che Paolo,
memore della temporanea cecità fisica in cui era caduto al momento della conversione,
ora auguri a Elimas quanto a lui era accaduto a lui sulla via di Damasco, cioè
il passaggio dalla tenebra dell’orgoglio alla luce del Risorto.
Alla fine chi ci vede bene, libero dall’azione del Maligno,
è proprio il proconsole Sergio Paolo, illuminato dalla fede nella presenza e nell’azione
del Signore Gesù.
Concludendo:
In primo luogo va segnalato un dato paradossale, perenne:
sia Paolo che Elimas, rispettivamente campioni dell’evangelizzazione e delle
forze oscure che vi si oppongono, sono entrambi giudei. Nel presente racconto,
però, Luca non si limita ad evidenziare il consueto nesso tra la magia, i suoi
cultori e il sincretismo giudaico-pagano. L’apostrofe di Paolo contro Elimas
(13,10) va ben oltre e contiene una decisa quanto preziosa affermazione: chi sceglie la via della magia,
dell’occulto, stipula una vera e propria affiliazione diabolica, con tutte le
conseguenze che questo comporta.
Un altro aspetto rilevante per la prassi esorcistica è il fatto
che mentre si condanna senz’appello la pratica magica, nel contempo viene
espressa una finalità correttiva nei confronti della persona del mago. Infatti
il pieno successo non consiste solo nello smascherare e condannare i seguaci
delle arti magico-diaboliche, ma quando si aggiunge l’intenzione pastorale e
spirituale di intercedere per la loro conversione e salvezza. Allora la
sconfitta del diavolo è totale.
Guardando all’economia narrativa degli Atti, poi, è degno di
nota il fatto che Luca voglia marcare il decisivo passaggio della predicazione
evangelica nell’orizzonte giudaico a quello ellenistico-romano, scegliendo
proprio un episodio di confronto tra Paolo e un mago. Luca, proseguendo nel suo
itinerario geografico – teologico, ci avverte che quanto più ci si allontana da
Gerusalemme, tanto più ci si immerge in un mondo pagano sottoposto al dominio
delle forze diaboliche. Gli episodi che seguono non fanno che confermare una
sorte di ‘crescendo’ in questa direzione.
Incontro di Paolo con
la schiava posseduta a Filippi (16,16-18)
Dopo molte peripezie, Paolo e i suoi compagni per la prima
volta proclamano il Vangelo nella colonia romana di Filippi, dunque suo suolo
europeo.
“Mentre andavano alla
preghiera, venne verso di noi una schiava che aveva uno spirito di divinazione:
costei, facendo l’indovina, procurava molto guadagno ai suoi padroni”.
Dopo aver parlato della prima favorevole accoglienza della
Parola di Dio da parte di alcune donne già simpatizzanti per il giudaismo, Luca
non tarda a introdurre un nuovo episodio di confronto tra evangelizzazione e
mondo esoterico. Questa volta entra in campo una figura femminile, una ragazza
che, dal momento che si fa riferimento ai suoi padroni, comprendiamo trattarsi
di una schiava. Ciò che rende particolare la giovane donna è il fatto che essa
ha in sé uno spirito che le dà attitudini preternaturali, alla lettera uno spirito pitone.
La questione, dunque, si profila come ben diversa da quella
dei due maghi precedentemente incontrati. Mentre questi vengono dipinti come
consapevoli di essere strumenti del maligno cioè impostori, la schiava di
Filippi non finge cioè è posseduta.
La presentazione di Luca, infine, mette in rilievo la
situazione di sfruttamento in cui versa la ragazza, che come schiava è
semplicemente strumento di guadagno per i suoi proprietari.
“Ella si mise a
seguire Paolo e noi, gridando: “Questi uomini sono servi del Dio Altissimo e vi
annunciano la via della salvezza”.
La menzione delle grida della giovane donna probabilmente
chiarisce anche la modalità della sua comunicazione estatica, caratterizzata da
locuzioni profetiche, talvolta sconnesse, come avveniva alle sacerdotesse di
Apollo, anziché da visioni. E’ evidente che si tratta di un’alienata. Luca dice
che è posseduta da uno ‘spirito pitone’, con riferimento al serpente che
custodiva l’oracolo di Delfi, di cui era sacerdotessa la Pizia. Il
comportamento molesto della ragazza invasata non si presenta molto diversamente
da quello che i demoni mostrano nei confronti di Gesù. Nel momento in cui egli
si pone come il liberatore dell’uomo e del mondo, sono gli stessi demoni a
dover rivelare la sua identità divina. Negli Atti accade una cosa del tutto
analoga. Lo spirito pitone presente e
che possiede la ragazza rivela la vera identità di Paolo e dei suoi compagni
pubblicamente dichiarati servitori e annunziatori della parola divina che
libera. E il versetto seguente nella modalità dell’esorcismo imperativo (ti
ordino di uscire da lei) chiarisce la natura demoniaca.
“Così fece per molti
giorni, finché Paolo, mal sopportando la cosa, si rivolse allo spirito e disse:
“In nome di Gesù Cristo ti ordino di uscire da lei”. E all’istante lo spirito
uscì”.
Il ripetersi di questo
indesiderato oracolare risulta imbarazzante per Paolo e i suoi compagni.
Probabilmente essi temono che questa incresciosa pubblicità metta la
predicazione cristiana nella equivoca luce del portentoso pagano. In questo
modo Luca ci permette di comprendere la sostanziale differenza tra la profezia
dell’oracolo e quella dell’apostolo. La ragazza, infatti, si
presenta come un’alienata, doppiamente asservita, dentro e fuori, dallo spirito
e dai suoi padroni. Paolo, al contrario, è un uomo che volontariamente ha
accettato di farsi servo della Parola, senza nulla perdere della sua dignità
umana cioè cosciente e libera. Il Signore ci abilita alla testimonianza non
alla propaganda: la testimonianza viene dallo Spirito santo cioè dall’amore; la
propaganda, dal maligno. Accettare il servizio della schiava equivale negare la
novità della salvezza quindi accettare che l’annuncio di Paolo entri nella
miscela delle religioni.
La reazione di Paolo, questa
volta sì, è il pronunciamento di un vero
e proprio ordine formale con tutti i carismi dell’esorcismo imperativo,
solenne:
a)
Paolo proclama il nome di Gesù Cristo, in
relazione alla cui potestà egli parla e agisce
b)
Paolo pronuncia in prima persona un imperativo
diretto contro lo spirito impuro
c)
Paolo esprime l’intenzione di far uscire lo
spirito impuro dal corpo della giovane schiava
d)
Lo spirito è costretto a obbedire.
“Ma i padroni di lei,
vedendo che era svanita la speranza del loro guadagno, presero Paolo e Sila e
li trascinarono nella piazza principale davanti i capi della città”.
L’esorcismo solenne, imperativo che libera la giovane
schiava dallo spirito pitone e dall’incresciosa facoltà di divinare, tuttavia
non libera i suoi padroni dalla ben più persistente brama idolatrica di
guadagno, fonte di altri guai per Paolo e compagni.
Concludendo:
Proponendoci questo breve, ma significativo racconto, Luca intende
escludere dall’orizzonte cristiano, non solo il già più volte rilevato pericolo
di sincretismo, ma ogni ricorso alla mantica,
praticata in innumerevoli forme nel mondo pagano, alcune delle quali
istituzionalizzate ai più alti livelli. Si pensi al ruolo e all’influenza
esercitati nel mondo greco-romano dall’oracolo di Apollo nei templi di Delfi e
di Didima, e delle varie Sibille non solo nelle questioni private, ma negli
affari di stato.
Il fatto che la giovane donna letteralmente non venga detta
posseduta dallo spirito, ma che lo possiede, forse potrebbe dire qualche
cosa di più sull’origine delle sue speciali facoltà. Si potrebbe, infatti,
ipotizzare una situazione di medianità nella possessione, forse ereditaria e
comunque non voluta.
L’incontro di Paolo con questa giovane schiava dalle speciali
attitudini divinatorie, infine, mette in luce il legame tra facoltà stessa e lo
spirito demoniaco che la rende possibile. L’intervento di Paolo, non è quindi
diretto contro la giovane donna, dal momento che essa stessa non è
assolutamente responsabile dei fenomeni che si verificano per suo tramite, ma è
contro lo spirito che la fa agire al di fuori della normalità. Per questo
pronuncia un vero e proprio esorcismo formale, che è anche l’unico a comparire
negli Atti degli Apostoli quasi a dirci che la possessione, pur possibile, è
rara.
Attività
taumaturgica ed esorcistica di Paolo ad Efeso (19,11-12)
“Ma intanto operava
prodigi non comuni per mano di Paolo, al punto che mettevano sopra i malati
fazzoletti o grembiuli che erano stati a contatto con lui e le malattie
cessavano e gli spiriti cattivi fuggivano”
Questo breve sommario funge da antefatto del nuovo racconto
che vede l’opera evangelizzatrice di Paolo messa a confronto con l’attività
degli esorcisti Giudei di Efeso. L’accento viene subito posto non solo sulla forza
sanatrice e liberatrice trasmessa direttamente dalla persona di Paolo, ma
persino da ciò che era stato a contatto con il suo corpo. Con questi dettagli,
probabilmente, Luca vuole stabilire un vero e proprio parallelo con Pietro
(5,15-16), cioè con la figura apostolica, che domina la prima fase della missione
evangelizzatrice.
Interessante la menzione della modalità con cui avvengono
le guarigioni e liberazioni. Luca precisa che esse avvengono attraverso le mani di Paolo, parole
usate precedentemente per descrivere l’operare degli apostoli a Gerusalemme
(5,12). L’espressione, forse, va valutata non semplicemente di valore
strumentale, ma esplicitazione del ben noto rito dell’imposizione delle mani
con valore epilettico. Accettando questa seconda interpretazione, risulta ancora
più chiaro il fatto che non è Paolo a essere la sede di qualche potere
straordinario, ma più semplicemente e coerentemente che Paolo sta svolgendo un
ministero mutuato dalla prassi apostolica. Infatti, la potenza
taumaturgico-liberatrice non può che appartenere a Dio, il quale agisce attraverso
l’apostolo in un contesto di preghiera.
Confronto tra Paolo,
gli esorcisti giudei e la magia di Efeso (19,13-19)
A Efeso, capoluogo multietnico della provincia d’Asia,
Paolo consacra più di due anni di intensa attività apostolica. Anche questa
metropoli, sede del famosissimo tempio di Artemide
Efesina, dea della fecondità, vede Paolo protagonista di un vero e proprio
scontro tra predicazione della Parola e sincretismo magico di marca giudaica.
“Alcuni Giudei, che
erano esorcisti itineranti, provarono anch’essi a invocare il nome del Signore
Gesù sopra quanti avevano spiriti cattivi, dicendo: “Vi scongiuro per quel Gesù
che Paolo predica!”.
Nel racconto ancora una volta troviamo sulla scena alcuni
compatrioti di Paolo, presentati come esorcisti
itineranti, a conferma del fatto che nel mondo ellenistico – romano i
giudei si sono particolarmente distinti nelle arti magiche. Infatti, è evidente
che Luca sta usando il termine esorcista nel
senso etimologico, cioè di operatore di
scongiuri, applicabile a una ben vasta categoria di personaggi pronti a scongiurare gli spiriti per scacciarli,
e, perché no, anche a scongiurarli per
farli venire, a seconda delle richieste. Nel caso, poi, che volessimo esplicitare
l’appellativo itineranti, con quello
più verosimile di girovaghi, probabilmente
avremmo una quadro più veritiero della situazione. Esorcisti giudei non erano
certo una rarità nel I secolo e Giustino ce lo conferma nel II secolo.
Il sommario introduttivo
giustifica ampiamente la fama goduta da Paolo in città e il fatto che
anche questi “schiaccia diavoli” lo
abbiano sentito usare l’imperativo esorcistico: “nel nome di Cristo”. Perciò, visti i successi dell’apostolo, anch’essi non esitano a
imitarlo e a potenziare le loro formule di scongiuro con quel nuovo nome capace
di soggiogare gli spiriti cattivi. Appare chiaro, comunque, che l’orizzonte in
cui essi si collocano è quello della magia, dal momento che mostrano di fare
affidamento sulla forza automatica di parole e nomi ritualmente ripetuti.
Quello che manca del tutto in essi, invece, è l’atto di fede nella presenza e
nella parola in Gesù Cristo salvatore, liberatore, che costituisce la sostanza
dell’efficacia della parola annunciata da Paolo tanto per evangelizzare, quanto
per esorcizzare. La potenza del Nome di
Gesù non può essere usata in un modo qualsiasi. Ci vogliono dei testimoni che
si siano lasciati pervadere dalla Parola di grazia fin nel proprio corpo. Separando
il corpo dalla parola si cade inevitabilmente nella magia. Ciò avviene quando
la realtà santa della creazione degenera in formalismo rituale.
“Così facevano i
sette figli di un certo Sceva, uno dei capi dei sacerdoti, giudeo”.
Dalla pletora dei Giudei esorcisti che prosperavano nelle
affollate piazze di Efeso, Luca sposta l’attenzione su un gruppo molto particolare
di sette fratelli, che tentano di far uso
del nome di Gesù perché tra le
tecniche della magia era di norma l’uso di invocare il nome segreto di qualche
divinità o personaggio misterioso associato alla formula di scongiuro. Essi
vengono presentati come appartenenti a una famiglia sommo-sacerdotale, quindi
molto in vista, in relazione con la magia, nella categoria dei personaggi
dediti a fare scongiuri tanto per “togliere” i malefici, quanto per
“attaccarli”. Se così fosse, dovrebbe trattarsi di uno dei rami dei sadokiti di
Gerusalemme, aristocrazia sacerdotale a capo del Tempio dai tempi di Salomone
(metà IX a.C.) fino alla sua distruzione definitiva (70 d.C.). Megalomania e
alone di mistero, però, sono ingredienti di cui amano circondarsi gli operatori
dell’occulto di sempre, come si riscontra anche in Simon Mago e in Elimas. La
specificazione aggiunge un sapore davvero paradossale alla vicenda, dal momento
che i sadducei (cui spettava anche la presidenza del Grande Sinedrio di
Gerusalemme, supremo tribunale giudaico), erano noti per le loro posizioni
rigoriste circa l’interpretazione e l’applicazione della Legge mosaica, già di
per sé intransigente nei confronti di ogni pratica connessa alla magia.
“Ma lo spirito
cattivo rispose loro: “Conosco Gesù e so chi è Paolo, ma voi chi siete?”. E
l’uomo che aveva lo spirito cattivo si scagliò su di loro, ebbe il sopravvento
su tutti e li trattò con tale violenza che essi fuggirono da quella casa nudi e
coperti di ferite”.
Abili nell’ingannare il popolo credulone, i figli di Sceva
non possono trarre in inganno con nomi e formule lo spirito cattivo che
intendevano scacciare. Il nome di Gesù, accompagnato da quello di Paolo, sulla
loro bocca suona solo come una copertura di facciata, insufficiente a proteggerli
dalla rappresaglia demoniaca. A causa
della dissociazione tra fra la Parola che gli esorcisti pronunciano e la realtà
della loro vita, l’esorcismo pronunciato nel nome del Signore Gesù degenera in
formula magica, separata dalle sue radici concrete nell’evento della presenza
sacramentale del Risorto tra i suoi cioè nella sua Chiesa. Di conseguenza lo
spirito cattivo non ha difficoltà a mettere a nudo l’impostura del loro potere
mettendo in evidenza nel loro stesso corpo che, non essendosi consegnati alla
presenza sacramentale del Signore Gesù per la loro salvezza, sono sottomessi alla
signoria degli spiriti cattivi per la loro punizione. La scena, infine,
assume carattere tragicomico nella gloriosa descrizione dei cacciatori che si
trasformano in lepri.
“Il fatto fu risaputo
da tutti i giudei e i greci che abitavano a Efeso e tutti furono presi da
timore, e il nome del Signore Gesù veniva glorificato”.
La notizia delle conseguenze dell’abuso del nome del
Signore da parte dei rinomati figli di Sceva in un baleno si diffonde in tutta
Efeso, tanto all’interno della comunità giudaica che nell’ambiente pagano. Grazie
a questo increscioso fallimento giudei ed ellenisti riconoscono in ciò che è
accaduto sotto i loro occhi l’intervento divino, il dito di Dio,
testimoniandolo apertamente.
“Molti di quelli che
avevano abbracciato la fede venivano a confessare in pubblico le loro pratiche di magia e un numero considerevole
di persone, che avevano esercitato arti magiche, portavano i propri libri e li
bruciavano davanti a tutti. Ne fu calcolato il valore complessivo e si trovò che
era di cinquantamila monete d’argento”.
Tra i provvidenziali effetti dell’insuccesso dei figli di
Sceva, Luca dà particolare enfasi alla reazione tra coloro che egli definisce credenti, ovvero cristiani battezzati
che avevano conservato, anche dopo il battesimo, i polloni bastardi della
magia. Sorprendentemente constatiamo che anche quest’ultimi, pur avendo accolto
l’annuncio evangelico di Paolo, non si erano affatto staccati dalle tanto
radicate pratiche magiche. Per questi neofiti provenienti dal mondo giudaico,
quanto da quello ellenistico in sostanza si ripete ciò che già abbiamo
riscontrato nel caso di Simone mago. All’accoglienza del nome della presenza sacramentale
del Signore Gesù non aveva fatto seguito un totale rifiuto della forma di culto
pagano rappresentata dalla magia. Questo ulteriore e indispensabile passo si
realizza solamente ora con gesti concreti che realizzano un vero distacco
affettivo da tutto ciò che appartiene all’occultismo. In particolare Luca si
sofferma sulla consegna dei costosi volumi manoscritti contenenti la gnosi
esoterica con i suoi formulari magici. Era tale la fama di Efeso come centro
della magia, che i papiri o rotoli di pergamena con le formule magiche si
chiamavano ephesia grammata (scritti efesini che i maghi prescrivono di
recitare e invocare sugli indemoniati) anche se in gran parte erano composti in
Egitto. Le fiamme, che divorano i rotoli alla vista di tutti, sono il monito
finale che non ci può essere alcun compromesso o nostalgia per ciò che
appartiene a quel mondo demoniaco a cui la magia finisce per esporre in modo
dannoso.
Concludendo
Non è difficile comprendere come anche in questo caso
l’intento principale di Luca sia quello di richiamare l’attenzione
sull’insidioso pericolo del sincretismo religioso-magico, che dopo aver
afflitto i giudei, potrebbe ora costituire un mortale pericolo anche per i
cristiani di allora e di oggi con l’Onu delle religioni.
Un altro punto ribadito con forza, inoltre, è che il potere
di esorcizzare si basa esclusivamente sull’autorità ecclesiale del nome di Gesù
trasmessa dagli Apostoli. Essa, quindi, va impiegata in spirito di
ministerialità ecclesiale e non certo come frutto di un sapere ermetico di cui
disporre a proprio arbitrio. Il fatto fa pensare ai tentativi di mescolare pratiche medianiche con esorcismi;
nessuno, anche sacerdote, può fare l’esorcista senza il mandato del vescovo o
contro la disciplina della chiesa. Infatti, nell’esercizio dell’esorcistato non
deve mai mancare, anche oggi, il continuo riferimento al mandato gerarchico e
alla forma liturgica che lo disciplina. Il farne una questione di “carisma personale”
espone chiunque alla tentazione di sentirsi detentore di un potere. Quando
questo dovesse accadere, il preteso esorcista con o senza mandato rischia
nemmeno di accorgersene di essere già passato dalla parte di chi intendeva
combattere.
Infine, il riferimento al consistente valore monetario di
ciò che è andato in fumo e cenere, se ce ne fosse bisogno, dichiara ancora una
volta che le arti magiche e il loro indotto, da che mondo è mondo, hanno sempre
costituito un grosso affare.
Conclusione
La lettura commentata delle pericopi degli Atti degli
Apostoli ci ha portato a concludere che una testimonianza di carattere
esplicitamente esorcistico si può riscontrare certamente nei tre sommari (5, 12-16; 8, 4-8; 19, 11-12).
Pur nella loro forma piuttosto standardizzata debitrice di quelli presenti nel
Vangelo di Gesù di Luca, queste brevi unità letterarie contribuiscono non poco
nel Vangelo della Chiesa degli Atti ad ancorare il tema dell’esorcismo
all’orizzonte più ampio dell’evangelizzazione.
Tra i racconti proposti, un solo episodio, quello della Pitonessa (16,16-18), riporta un vero e
proprio esorcismo compiuto da Paolo. Per gli altri tre racconti
(8,9-13.18-24; 13,6-12; 19,13-19) confermano la qualifica più generica di
pericopi di interesse esorcistico. Infatti, esse, pur non riportando veri
esorcismi, s’interessano ampiamente al contesto sociale, culturale e religioso
che costituisce l’humus naturale in cui l’esoterismo cresce e
prolifica. Infatti, Luca con grande lucidità coglie tanto i legami tra magia e
mondo demoniaco, quanto le distorsioni spirituali presenti in chi si dedica
alle arti magiche, problematiche con cui assai spesso deve confrontarsi chi
esercita il ministero esorcistico.
Inoltre, accostando il tema della magia a quello del
sincretismo, Luca intende richiamare l’attenzione dei pastori sulla capacità
tutta ‘gnostica’ dell’esoterismo di adattarsi ad ogni forma religiosa,
distorcendola dal di dentro e svuotandola della sua anima, cioè della fiduciosa
consegna della persona alla volontà di Dio.
Infine, le pericopi degli Atti esaminate fanno emergere che
la cultura e pratica magica sono sempre e comunque un ostacolo di natura
diabolica alla predicazione della Parola di Dio. Questo è un fatto non
trascurabile di cui tener conto, oggi come ieri, in ogni processo di
evangelizzazione. Ne fa fede la cura con cui Luca ha distribuito i sommari e
racconti di interesse esorcistico all’interno delle parti principali in cui si
articola la struttura narrativa degli Atti degli Apostoli, del Vangelo della
Chiesa.
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