Veglia Pasquale
In questa santa notte di Pasqua la Chiesa ci offre un cibo abbondante,
prima dalla Scrittura e poi dall’Eucarestia rinnovando le promesse battesimali
Tutta una serie di letture – a partire dal racconto della
creazione fino a una splendida profezia di Ezechiele – scandisce il tempo di
questa veglia pasquale. Come epistola ci viene proposto un brano della Lettera
ai Romani sul battesimo e Paolo ci spiega che la risurrezione viene già comunicata per mezzo del battesimo
in attesa del di più nel
giorno natalizio
al cielo: per avere parte già alla risurrezione di Gesù, bisogna farsi
battezzare. Risorto dice agli Apostoli: “Andate e ammaestrate tutte le nazioni,
battezzandole nel none del Padre e del
Figlio e dello Spirito Santo” (Mt 28,19). Paolo mostra bene la stretta
relazione che c’è tra il mistero pasquale e il battesimo cristiano. Quando
riceviamo il battesimo, partecipiamo anzitutto alla morte di Cristo. Infatti,
la via che ci libera dalla morte verso la risurrezione passa attraverso la
passione e la morte di Cristo. Paolo ricorda ai cristiani di Roma: “Per mezzo
del battesimo siamo sepolti insieme a lui nella morte”. Al tempo di Paolo il
battesimo avveniva per immersione: colui che si faceva battezzare, s’immergeva
completamente nell’acqua rinunciando a fare di questa vita, di questo già, il
tutto. In questo modo veniva simboleggiata la partecipazione alla morte di
Cristo, per poter partecipare poi anche al di più della risurrezione, alla vita
veramente vita con l’al di là anche del corpo. Afferma Paolo: “Siamo stati
sepolti insieme a lui nella morte,
perché come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre,
così anche noi possiamo camminare in una vita nuova”. La risurrezione di Cristo
è un fatto avvenuto nella storia, di cui gli Apostoli sono stati testimoni e
non certo creatori. Nello stesso tempo essa non è affatto un semplice ritorno
alla nostra vita terrena; è invece la più grande “mutazione” mai accaduta, il
“salto” decisivo verso una dimensione di vita profondamente nuova, l’ingresso
in un ordine decisamente diverso, che riguarda anzitutto Gesù di Nazareth, ma
con Lui anche noi, anche me, tutta la famiglia umana, la storia e l’intero
universo: per questo la risurrezione di Cristo è al centro della predicazione e
della testimonianza cristiana, e fino alla fine die tempi. Si tratta di un
grande mistero, certamente, il mistero della nostra salvezza fin dalla
creazione, che trova nella risurrezione del Verbo incarnato il suo compimento e
insieme l’anticipazione e il pegno della nostra speranza. Ma la cifra di questo
mistero è l’amore e soltanto nella logica dell’amore esso può essere accostato
e in qualche modo compreso: Gesù risorge dai morti perché tutto il suo essere è
perfetta ed intima unione con Dio, che è l’amore davvero più forte della morte.
Egli era una cosa sola con la Vita indistruttibile e pertanto poteva donare,
Dio con un volto umano, la propria vita lasciandosi uccidere, ma non poteva
soccombere definitivamente nella morte: in concreto nell’Ultima Cena, come
abbiamo celebrato giovedì, egli ha anticipato e accettato per amore la propria
morte in croce, trasformandola così nel dono eucaristico di sé, quel dono che
ci dà la vita, ci libera e ci salva. La sua risurrezione è stata dunque come
un’esplosione dell’amore che scioglie le catene del peccato, del Maligno e
della morte. Essa ha inaugurato una nuova dimensione della vita e della realtà,
dalla quale emerge un mondo nuovo, che penetra continuamente nel nostro mondo,
lo trasforma e lo attira a sé con Maria già assunta in cielo anche con il suo
corpo, icona di speranza e di consolazione.
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