III Domenica di Pasqua
La conversione continua attraverso gli incontri con Gesù Risorto fanno passare dalla tristezza alla gioia; dall’oscurità alla luce della fede; e soprattutto all’amore fraterno e alla comunità ecclesiale per tutti
Il Vangelo di questa domenica – la terza di Pasqua – è il celebre racconto detto dei discepoli di Emmaus (Lc 24, 13-35). Vi si arra di due seguaci di Cristo i quali, nel giorno dopo il sabato, cioè il terzo dalla sua morte, tristi e abbattuti lasciarono Gerusalemme diretti ad un villaggio poco distante chiamato, appunto Emmaus. Lungo la strada si affiancò ad
essi Gesù risorto non certo con la visibilità del corpo trasfigurato dalla risurrezione ma attraverso la sacramentalità cioè di un segno visibile di un volto umano e quindi loro immediatamente non lo riconobbero. Sentendoli sconfortati, egli spiegò, sulla base delle Scritture, che il Messia con tutto il suo essere di perfetta e intima unione con Dio che è l’amore davvero più forte della morte, una cosa sola con la Vita indistruttibile, poteva pertanto donare la propria vita lasciandosi uccidere, ma senza soccombere definitivamente alla morte. Entrato poi con loro in casa, sedette a mensa e come aveva fatto nell’Ultima Cena anticipando e accettando la propria morte in croce, trasformandola così nel dono di sé, benedisse il pane e lo spezzò rendendo sacramentalmente presente in quel momento, senza spargimento di sangue, quello che era avvenuto il venerdì sul calvario, e a quel punto essi lo riconobbero cogliendo il dono che da vita, libera e salva. Ma lui sparì dalla loro vista, lasciandoli pieni di meraviglia dinnanzi a quel pane spezzato, nuovo segno della sua presenza dato a noi anche in ogni celebrazione eucaristica domenicale. E il più importante segno del suo continuo rendere presente il sacrificio della croce dopo la risurrezione è la Celebrazione eucaristica almeno di ogni Domenica in ogni tempo e luogo con la possibilità di incontrarlo fraternamente insieme per cui siamo trasformati in Lui, viviamo in Lui e di Lui, come tralci alla vite. E’ un’esplosione di luce, un’esplosione di quell’amore che scioglie le catene del peccato e della morte con una nuova dimensione della vita e della realtà, dalla quale emergono segni di un mondo nuovo che permea continuamente questo nostro povero mondo, lo trasforma e lo attira a sé. Chi è Dio amore non ce lo dice l’intelligenza pur cogliendo la sua esistenza dalle cose create, ma la Rivelazione storica nel Dio che possiede un volto umano, che ci ha amato sino alla fine, l’umanità e ogni persona.
La località di Emmaus non è stata identificata con certezza. Vi sono diverse ipotesi, e questo non è privo di una suggestione, perché ci lascia pensare che Emmaus rappresenti in realtà ogni luogo in cui almeno ogni Domenica conveniamo per incontra Lui Crocefisso risorto: la strada che vi conduce è il cammino settimanale di ogni cristiano, anzi, il desiderio anche senza esserne ancora coscienti di ogni uomo. Sulle nostre strade Gesù risorto, dopo l’Ascensione, si fa compagno di viaggio, per riaccendere nei nostri cuori il calore d’amore della fede e della speranza e spezzare il pane della vita veramente vita. Nel colloquio dei discepoli con l’ignoto viandante colpisce l’espressione che l’evangelista Luca pone sulle labbra di uno di loro: “Noi speravamo…”(24,21). Questo verbo al passato dice tutto: abbiamo creduto che fosse Lui il liberatore dal dominio dei Romani, abbiamo seguito, abbiamo sperato di ricevere in questa vita tutto senza attendere il di più attraverso la morte nonostante Lui ce lo ricordasse…, ma ormai tutto è finito. Anche Gesù di Nazareth, che si era dimostrato profeta potente in opere e parole, ha fallito, e noi siamo rimasti delusi. Questo dramma dei discepoli di Emmaus appare come uno specchio della situazione di molti cristiani del nostro tempo riducendo tutto al già di questa vita: sembra che la speranza della fede nell’al di più della vita veramente vita oltre la morte sia dimenticata. La stessa fede in Lui è diventata più difficile, anche perché viviamo in un mondo che si presenta come opera nostra, nel quale per così dire, Dio non compare più direttamente, sembra divenuto superfluo ed estraneo. Ma questa strada per Emmaus, sulla quale camminiamo bisognosi di essere amati e di amare, può divenire via di purificazione e maturazione del nostro credere in Dio. Anche oggi ci è data la possibilità di entrare in colloquio con Gesù, ascoltando come i discepoli di Emmaus la sua parola e amando con il suo amore. Anche oggi Egli nella Celebrazione eucaristica spezza il pane per noi e dà se stesso come nostro Pane. E così il continuo incontro con Cristo, che è possibile anche oggi, ci converte continuamente donandoci una fede più profonda, temprata, per così dire, attraverso il fuoco d’amore dell’evento pasquale; una fede robusta perché si nutre non di idee umane, ma della Parola di Dio e della sua presenza reale nell’Eucarestia che ci fa amare come Lui tutti, a cominciare dai più poveri.
Questo stupendo testo evangelico contiene già la struttura della Santa Messa: nella prima parte l’ascolto della Parola attraverso le Scritture; nella seconda la liturgia eucaristica e la comunione con Cristo presente nel Sacramento del suo Corpo e del suo Sangue. Nutrendosi a questa duplice mensa, la Chiesa si edifica incessantemente e si rinnova di giorno in giorno nella fede, nella speranza e soprattutto nella carità che unica non verrà meno nel di più dell’al di là. Per intercessione della Regina di questo amore, preghiamo affinché ogni cristiano ed ogni comunità, rivivendo l’esperienza dei discepoli di Emmaus, riscopra di amore di ogni incontro trasformante con il Signore risorto che anticipa in un già l’al di più dell’al di là.
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