Al centro la questione liturgica
“Scismi, sacrilegi e poca fede scuotono la Messa”: Sarah rimette al
centro la questione liturgica
Di Lorenzo Bertocchi
in La nuova Bussola Quotidiana del 2 aprile 2017
Dal 29 marzo al 1° aprile si è
tenuto a Herzogenrath, in Germania, il 18° incontro liturgico di Colonia sul
tema del decimo anniversario del Motu proprio Summorumpontificum
di Benedetto XVI. Nel 2007 con questo motu proprio l'attuale
papa emerito riportava in piena luce il cosiddetto vetus ordo, la liturgia celebrata secondo il rito romano precedente la
riforma post conciliare. Il prefetto della Congregazione per il Culto divino,
il guineiano cardinale Robert Sarah, non potendo essere presente all'incontro
ha inviato un messaggio che certamente farà parlare di sé (QUI l'originale in francese).
RECIPROCO ARRICHIMENTO TRA I
DUE RITI
Il cardinale ha ricordato la
Lettera ai vescovi che ha accompagnato il motu proprio di papa Benedetto XVI. In quel
testo si precisava che la decisione di far coesistere le due forme del rito
romano non aveva solo lo scopo di soddisfare i desideri di gruppi di fedeli
legati alle forme liturgiche precedenti il Concilio Vaticano II, «ma anche di
permettere l'arricchimento reciproco delle due forme dello stesso rito romano,
vale a dire non soltanto la loro coesistenza pacifica, ma la possibilità di
perfezionarsi evidenziando i migliori elementi che li caratterizzano».
Laddove il motu proprio è stato
accolto, dice Sarah, «si è potuta notare una ripercussione e una evoluzione
spirituale positiva nel modo di vivere le celebrazioni eucaristiche secondo la
forma ordinaria [del rito], in particolare la riscoperta degli atteggiamenti di
adorazione verso il Santo Sacramento (...), e anche un maggior raccoglimento
caratterizzato dal silenzio sacro che deve sottolineare i momenti importanti
del Santo Sacrificio della messa, per permettere ai preti e ai fedeli di
interiorizzare il mistero della fede che viene celebrato». D'altra parte
occorre «superare un certo “rubricismo” troppo formale spiegando i riti del
Messale tridentino a quelli che non li conoscono ancora, o li conoscono in un
modo parziale».
UNA RIFORMA IN ROTTURA
La liturgia «deve sempre
riformarsi per essere più fedele alla sua essenza mistica. Ma per molto tempo,
questa “riforma” che ha sostituito il vero “restauro” voluto dal concilio
Vaticano II, è stata realizzata con uno spirito superficiale e sulla base di un
solo criterio: sopprimere a tutti i costi un patrimonio percepito come
totalmente negativo e sorpassato, al fine di creare un abisso tra il prima e il
dopo concilio. Ora si tratta di riprendere la Costituzione sulla santa Liturgia
[Sacrosantum concilium] e di
leggerla onestamente, senza tradirne il senso, per vedere che il vero obiettivo
del Vaticano II non era quello di intraprendere una riforma che potesse
divenire l'occasione di rottura con la Tradizione, ma al contrario, di
ritrovare e di confermare la Tradizione nel suo significato più profondo».
LA CRISI DELLA CHIESA E LA
CRISI LITURGICA
Ricordando la famosa
indicazione espressa in diverse occasioni già dall'allora cardinale Joseph
Ratzinger, il prefetto ha sottolineato che «la crisi che scuote la chiesa da
circa una cinquantina d'anni, soprattutto dopo il concilio Vaticano II, è
legato alla crisi della liturgia, e quindi dal mancato rispetto, la
desacralizzazione e la riduzione alla dimensione orizzontale degli elementi
essenziali del culto divino».
Anche se il Concilio ha voluto
promuovere una maggior partecipazione
attiva del popolo di Dio, «noi non possiamo chiudere gli occhi sul disastro, la
devastazione e lo scisma che i promotori moderni di una liturgia viva hanno
provocato rimodellando la liturgia della Chiesa secondo le loro idee. Essi
hanno dimenticato che l'atto liturgico è, non soltanto una preghiera, ma anche
e sopratutto un mistero nel quale si realizza per noi qualche cosa che noi non
possiamo comprendere pienamente, ma che noi dobbiamo accettare e ricevere nella
fede, nell'amore, nell'obbedienza e nel silenzio adoratore. E questo è il vero
senso della partecipazione attiva dei fedeli».
LA LITURGIA COME SACRIFICIO E
GLORIFICAZIONE DI DIO
C'è una «grave crisi di fede»,
secondo Sarah, che dobbiamo riconoscere «non solo a livello dei fedeli, ma
anche e sopratutto presso numerosi preti e vescovi, che ci ha messo
nell'incapacità di comprendere la liturgia eucaristica come un sacrificio, come
atto identico, compiuto una volta per tutte da Gesù Cristo, e che rende
presente il Sacrificio della Croce in una maniera non cruenta, ovunque nella
Chiesa, attraverso tutti i tempi, luoghi, popoli e nazioni. Si ha spesso la
tendenza sacrilega di ridurre la Santa messa a un semplice pasto conviviale,
alla celebrazione di una festa profana e a una autocelebrazione della comunità,
o peggio ancora, a un mostruoso intrattenimento contro l'angoscia di una vita
che non ha più senso, o contro la paura di incontrare Dio faccia a faccia,
perché il suo sguardo svela e ci obbliga a guardare in verità la nostra
interiorità».
Molti «ignorano che la finalità di tutte le celebrazioni è la gloria e l'adorazione di Dio, la
salute e la santificazione degli uomini, poiché, nella liturgia, “Dio è
perfettamente glorificato e gli uomini santificati (Sacrosantum concilium n°
7). Questo è l'insegnamento del Concilio, una maggioranza dei fedeli, preti e
vescovi compresi, lo ignorano».
L'ADORAZIONE DI DIO E NON
DELL'UOMO
«Come ha spesso sottolineato
Benedetto XVI», ha scritto il cardinale, «alla radice della liturgia si trova
l'adorazione, e quindi Dio. Pertanto, bisogna riconoscere che la grave e
profonda crisi che, dopo il Concilio, influenza e continua a influenzare la
liturgia e la stessa Chiesa, è dovuta al fatto che il suo centro non è più Dio
e la sua adorazione, ma gli uomini e la loro pretesa capacità di “fare” qualche
cosa per occuparsi durante la celebrazione eucaristica.
Anche oggi, un numero
importante di ecclesiastici sotto-stimano la grave crisi
che attraversa la Chiesa: relativismo nell'insegnamento dottrinale, morale e
disciplinare, gravi abusi, desacralizzazione e banalizzazione della santa
liturgia, visione puramente sociale e orizzontale della missione della Chiesa.
Molti credono e affermano in modo alto e forte che il concilio Vaticano II ha
suscitato una vera primavera nella Chiesa. Tuttavia, un numero crescente di di
ecclesiastici stanno prendendo in considerazione questa “primavera” come un
rifiuto, una rinuncia del patrimonio secolare, a anche come una rimessa in
causa radicale del passato della Chiesa e della sua Tradizione. Si accusa
l'Europa politica di abbandonare o di negare le sue radici cristiane. Ma la
prima ad avere abbandonato le sue radici e il suo passato cristiano, è
incontestabilmente la Chiesa cattolica postconciliare».
LA TRADUZIONE DEL MESSALE
A proposito di un argomento
attuale, vista la commissione recentemente istituita e che sta lavorando
proprio su questo tema, il cardinale ha specificato che «certe Conferenze
episcopali rifiutano anche di tradurre fedelmente il testo originale
latino del Messale romano. Alcuni reclamano che ogni chiesa locale possa tradurre il
messale romano, non secondo il patrimonio sacro della Chiesa e in base ai
metodi e i principi indicati da Liturgiam authenticam, ma secondo le fantasie, le
ideologie e le espressioni culturali suscettibili di essere, dicono, comprese e
accettate dal popolo. Ma il popolo desidera essere iniziato al linguaggio sacro
di Dio. Il Vangelo e la Rivelazione, anch'essi, sono “reinterpretati”,
“contestualizzati” e adattati alla cultura occidentale decadente. (…) Molti
rifiutano di guardare in faccia all'opera di autodistruzione della Chiesa con
le sue stesse mani, attraverso la demolizione pianificata dei suoi fondamenti
dottrinali, liturgici, morali e pastorali».
IL FUTURO DI SUMMORUM
PONTIFICUM
Al termine del suo lungo e
articolato messaggio il prefetto del Culto divino ha indicato quella che «da
lungo tempo» è una convinzione che lo abita. «La liturgia romana riconciliata
nelle sue due forme, che è essa stessa frutto di uno sviluppo, (…), può
lanciare il processo decisivo del “movimento liturgico” che tanti sacerdoti e
fedeli attendono da tempo. Da dove cominciare? Io mi permetto di proporre tre
piste che ho riassumo in queste tre lettere: SAF, silenzio, adorazione,
formazione. (…) Il silenzio, senza il quale non possiamo incontrare Dio, (…)
l'adorazione (…) e la formazione liturgica a partire da un annuncio della fede
o catechesi avente come riferimento il Catechismo della Chiesa Cattolica, ciò
che ci protegge da eventuali elucubrazioni più o meno convincenti di alcuni
teologi ammalati di “novità”. (…) Io vi chiedo di applicare Summorum pontificum con grande cura; non come una misura negativa e retrograda,
rivolta al passato, o come qualcosa che costruisce dei muri e crea dei ghetti,
ma come un importante e vero contributo all'attualità e al futuro della vita
liturgica della Chiesa».
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