3 gennaio 2017
“Ecco l'agnello di Dio che toglie i peccati del mondo”
“Gesù è apparso per togliere i peccati”, abbiamo sentito nella prima lettera di Giovanni ed è un’eco del Vangelo, in cui Giovanni Battiste dice: “Ecco l’Agnello di Dio, che toglie i peccati del mondo”. E’ il messaggio natalizio in questo inizio d’anno 2016 o 2023.
Nella lettera di Giovanni emerge l’esigenza fondamentale della vita cristiana di rifiutare il peccato. Ma prima di questa
esigenza c’è un dono di Dio, una promessa di Dio: l’esigenza viene come conseguenza di questo dono di Dio, conseguenza di questo dono: “Quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio e lo siamo realmente”. Ecco perché non possiamo venire a patti con il peccato, possiamo conservarci puri dal peccato, lottare contro il peccato, contro il male: perché Dio ci ha amati, Dio ci ha trasformati, ci ha già trasformati, battezzati dallo Spirito Santo e continuamente ci perdona finché il peccato ritorna.
E oltre a questo dono di fede c’è la speranza di un meraviglioso sviluppo: “Noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato”. Dice Giovanni. “Quando il Figlio si sarà manifestato, noi saremo simili a Lui, perché lo così lo vedremo come egli è”. Ci è dunque promessa una felicità straordinaria, di cui noi abbiamo ora un pallidissima idea. Ma questa felicità promessa ci sprona a tentare e ritentare, ci dà forza lungo il difficile cammino non solo per le sofferenze del corpo ma anche per le debolezze, la peccaminosità della volontà. E’ per questa speranza che uno in Cristo si rende puro. L’esigenza di Dio del senza peccati come Cristo che toglie i peccati del mondo per farci puri viene dunque in un secondo tempo, tra il dono, il perdono di Dio, già bellissimo, ma non ancora perfetto, e la promessa di un dono ancora più meraviglioso, di una felicità completa, nella comunione con il Padre attraverso il Figlio nello Spirito Santo come avviene in ogni confessione.
Lo scenario che contempliamo davanti al nostro presepio in amoroso silenzio ci presenta un evento che è, allo stesso tempo, storico ed eterno.. E’ un’icona di fede di ciò che avvenne realmente, il 25 dicembre dell’anno 753, o 748, come alcuni sostengono, dalla fondazione di Roma, in un preciso luogo storico, una grotta di Betlemme, in Palestina. Su questo fondamento storico si appoggia la nostra fede, che è l’assenso razionale che prestiamo alle parole evangeliche dell’infanzia di Gesù in Luca, Matteo, Giovanni. A queste parole, divinamente ispirate, la Sacra Tradizione della Chiesa ha aggiunto altri elementi interpretativi, liturgici che concorrono ad offrirci il quadro completo di quanto avvenne a Betlemme tra il 25 dicembre e l’Epifania che celebreremo venerdì.
Davanti a noi nel Presepio non è solo la Sacra Famiglia ma la nuda terra della Grotta si estende al firmamento stellato. Tutta la natura inanimata rende gloria al suo Creatore con la sua sola presenza. Il bue, l’asinello e le pecore rappresentano il mondo animale che dà gloria al Signore attraverso la sottomissione all’uomo, re del creato. I Pastori e i Re Magi offrono l’immagine di una società gerarchicamente ordinata che converge nell’adorare Gesù.
I Cori Angelici, anch’essi gerarchicamente ordinati, adorano e riveriscono il loro Signore. Con il bagliore che irradiano e il tripudio dei loro canti, gli Angeli secondo la Volontà divina offrono una perfetta adorazione del Mistero dell’Incarnazione, di un’unione mistica trasformante con l’uomo-Dio che diviene visibile. Gesù Cristo regna sulla mangiatoia, che è il suo trono di amore.
Gesù sa ciò che noi non sappiamo, può ciò che noi non possiamo, ci muove ad offrirgli quella risposta al suo amore che tentiamo e ritentiamo molte volte senza riuscire. Amiamo Gesù aiutati, come san Francesco dall’icona del Presepio e amiamo il Presepio in Lui e difendere il Presepio è difendere la Civiltà cristiana di cui il Presepio è modello.
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