Per l’interpretazione e l’attuazione di Amoris Laetitia
Amoris Laetitia: per l’interpretazione e l’attuazione
Un Vademecum del cardinale Antonelli per i confessori che
vogliono restare fedeli alla dottrina di sempre.
1. L’amore fondamento del
matrimonio e della famiglia
Oggi è evidente una gravissima
crisi del matrimonio e della famiglia: matrimoni religiosi in diminuzione,
forte aumento di matrimoni civili e più ancora di convivenze, alta percentuale
di divorzi, preoccupante denatalità, emergenza educativa.
Il matrimonio non ha il
sostegno della società: cultura dell’individualismo e della provvisorietà,
ordinamento
giuridico insensibile e penalizzante, gravosi condizionamenti
economici come la disoccupazione giovanile, la precarietà occupazionale, il
difficile accesso all’abitazione, l’organizzazione del lavoro refrattaria alle
esigenze della famiglia.
In questa situazione, Amoris
Laetitia vede l’autentico amore umano e cristiano come l’unica forza
capace di salvare il matrimonio e la famiglia. Esso va posto al centro della
famiglia (cf. AL 67), come ha già suggerito il Concilio Vaticano II (cf. GS
48-49) e come ribadisce efficacemente Papa Francesco stesso che gli dà il
massimo risalto in tutta l’esortazione apostolica, specialmente nei capitoli IV
e V.
Seguendo l’inno alla carità di
S. Paolo (cf. 1Cor 13, 4-7), il Papa passa in rassegna alcune caratteristiche
del vero amore, le spiega e le applica al vissuto familiare (cf. Al 90-119).
Afferma che l’amore coniugale è autentico, se apprezza l’altro per se stesso e
vuole il suo bene (cf. AL 127). E’ dunque oblativo e spirituale; ma include
anche l’affetto, la tenerezza, l’intimità, la passione, il desiderio erotico,
il piacere dato e ricevuto (cf. AL 120; 123), l’apertura alla procreazione ed
educazione dei figli (cf. AL 80-85). E’ un’amicizia totalizzante (cf. AL
125); come tale prefigura e anticipa l’unione mistica con Dio e costituisce una
particolare via di santificazione, una specifica vocazione (cf. AL 72; 74; 142;
316).
Il rapporto di coppia è un
cammino permanente (cf. AL 325), che conosce la bellezza e la gioia di essere
amati e di amare, ma anche difetti e peccati, difficoltà e sofferenze. Va
considerato, con realismo e fiducia, come un crescere e realizzarsi
insieme progressivamente (cf. AL 37), a piccoli passi, con esercizio pratico,
paziente e perseverante (cf. AL 266-267). “L’amore è artigianale” (AL 221),
come l’educazione dei figli (cf. AL 16; 271; 273).
Tutti sono chiamati ad essere
umili e a impegnarsi per crescere verso una maggiore perfezione (cf. AL 325).
L’appello è rivolto non solo alle cosiddette coppie irregolari (Il Papa
preferisce chiamarle “situazioni di fragilità e imperfezione” AL 296), ma anche
alle coppie regolari. Nessuna coppia, nessuna famiglia è perfetta. Tutte
sono bisognose della grazia di Dio; tutte sono amate da lui e hanno valore per
lui; a tutte la Chiesa offre l’accompagnamento pastorale per il loro cammino.
Accompagnare non significa imporre obblighi in modo autoritario, ma
educare alla libertà responsabile. “Siamo chiamati a formare le coscienze, non
a pretendere di sostituirle” (AL 37). Le persone devono essere aiutate a
maturare le proprie convinzioni e i propri atteggiamenti, a scoprire da se
stessi la verità, i valori e le norme morali, in cui si concretizza l’amore
filiale verso Dio e fraterno verso gli altri (cf. AL 264). A questo scopo
concorrono molteplici elementi: esperienze, consigli pratici, riflessioni
razionali, motivazioni di fede (cf. ad es. AL 128; 133; 137; 139). L’accompagnamento pastorale deve farsi carico
di tutti, ma con attenzioni diverse. Particolarmente paziente e
misericordioso deve essere con coloro che si trovano in situazione di grave
disordine oggettivo. Essi sono da trattare come poveri, deboli, sofferenti,
feriti della vita. Tuttavia la priorità pastorale, indicata da Amoris Laetitia
per il tempo presente, è prevenire il più possibile le ferite, le divisioni, i
fallimenti dei matrimoni. “Oggi, più importante di una pastorale dei fallimenti
è lo sforzo pastorale per consolidare i matrimoni e così prevenire le rotture”
(AL 307; cf. Ivi, 211).
Occorre sviluppare con fiducia
e perseveranza una pastorale organica della famiglia, che comprenda la
preparazione remota e la preparazione prossima al matrimonio e, dopo il
matrimonio, la formazione dei coniugi, specialmente delle giovani coppie (cf. AL
200; 202; 207; 208; 227; 229; 230). Più fruttuosi delle convocazioni
assembleari e delle riunioni affollate sono la vicinanza personalizzata e gli
incontri di famiglia, di piccolo gruppo, di piccola comunità. A tale scopo
bisogna promuovere il protagonismo delle famiglie stesse e la loro
responsabilità missionaria (“famiglie in uscita”), valorizzando tra l’altro la
cooperazione di movimenti e associazioni ecclesiali.
La novità di Amoris Laetitia, a parte il capitolo ottavo, mi sembra che stia
specialmente nella grande attenzione rivolta alla comune esperienza umana, al
vissuto esistenziale, religioso, spirituale, con analisi e osservazioni
dettagliate, molti consigli pratici, indicazioni concrete per le persone e per
la pastorale. L’intento prevalentemente pedagogico suggerisce un linguaggio
discorsivo, vivace, coinvolgente, rivolto a tutti e per tutti facile da leggere
e da intendere, senza eccessive preoccupazioni per la precisione teologica e
scientifica. Il documento può essere utilizzato fruttuosamente dai laici per la
loro formazione personale e dagli operatori pastorali per la catechesi.
Costituisce, esso stesso, un valido esempio di accompagnamento ecclesiale.
2. Coerente sviluppo
dottrinale
Riferendosi ai due sinodi sulla
famiglia, Papa Francesco dice: “L’insieme degli interventi dei Padri, che ho
ascoltato con costante attenzione, mi è parso un prezioso poliedro,
costituito da molte legittime preoccupazioni e da domande oneste e sincere” (AL
4). L’immagine geometrica del poliedro evoca suggestivamente la molteplicità
dei punti di vista e anche il carattere prospettico della verità che ora vorrei
sottolineare.
La verità è sempre parziale
e sempre definitiva. E’ sempre
parziale in quanto mediante i concetti è interpretazione della realtà nei suoi
particolari aspetti intelligibili. E’ sempre definitiva in quanto mediante i
giudizi enunciativi è rivelazione dell’essere. “Ogni verità, anche parziale, se
è realmente verità, si presenta come universale. Ciò che è vero deve essere
vero per tutti e per sempre” (S. Giovanni Paolo II, Fides et Ratio, 27;
cf. anche 84; 87; 95). “(La verità) si conosce nella storia, ma supera la
storia stessa” (Ivi, 95).
Questo discorso vale
generalmente per ogni verità; ma si applica, a maggior ragione, alla dottrina
della fede insegnata infallibilmente dalla Chiesa. Lo sviluppo deve essere
coerente. Ammette l’integrazione di nuove prospettive, non la negazione del
senso precedente; nuove formulazioni e precisazioni, non contraddizioni.
Avviene secondo l’ermeneutica della riforma nella continuità. Tale criterio
interpretativo deve di solito essere seguito anche per gli insegnamenti non
definitivi. Pertanto Amoris Laetitia va letta alla luce del Magistero
precedente e viceversa il Magistero precedente va riletto alla luce di Amoris
Laetitia, elaborando eventualmente una sintesi nuova e coerente.
3. La dottrina morale
Amoris Laetitia conferma la dottrina tradizionale: il matrimonio cristiano è indissolubile (cf. AL 86;
123-124; 291-292); l’indissolubilità, più che un giogo, è un dono da apprezzare
e da coltivare (cf. AL 62); il divorzio è un male e preoccupa per la sua larga
diffusione (cf. AL 246; 291); la nuova unione dei divorziati e ogni convivenza
sessuale diversa dal matrimonio è un grave disordine morale (cf. AL 297-298;
301; 305). (Cf. anche, a proposito della ‘teoria del gender’, la severa
denuncia fatta dal Papa a Tbilisi in Georgia il 1° ottobre 2016 “della guerra
mondiale contro il matrimonio” e “della colonizzazione ideologica”).
Purtroppo Amoris Laetitia tace
sulle norme generali negative, che vietano di fare il male. Esse obbligano
in ogni situazione, senza alcuna eccezione che si possa considerare
oggettivamente lecita, come insegna molto autorevolmente, nel solco della
tradizione cattolica, l’enciclica Veritatis Splendor di San Giovanni Paolo II:
“I precetti negativi della legge naturale sono universalmente validi: essi
obbligano tutti e ciascuno, sempre e in ogni circostanza … vietano una
determinata azione sempre e per sempre, senza eccezioni” (VS 52; cf. 78-82 e
anche CCC 1750-1761; 2072). Non è mai lecito trasgredirli, neppure per una
buona intenzione e una lodevole finalità (Cf. VS 80 e anche CCC 1753). Il
motivo è che gli atti, da essi proibiti, sono disordinati intrinsecamente, in
se stessi, per il loro stesso contenuto. Tali, ad esempio, sono: la bestemmia,
l’apostasia, l’uccisione diretta di una persona innocente, l’aborto, la
tortura, l’appropriazione indebita dei beni altrui, la calunnia, la menzogna,
l’adulterio, i disordini sessuali, tra i quali ovviamente anche le unioni dei
divorziati risposati e di altre coppie conviventi. Il silenzio di Amoris
Laetitia, sul tema delle norme negative può agevolare l’errata
interpretazione, secondo cui in certi casi queste unioni sarebbero
oggettivamente lecite, come un bene analogo al matrimonio, anche se incompleto.
Amoris Laetitia esclude la gradualità della legge e la doppia morale (cf. AL 295; 300); concorda perciò
in questo con Veritatis Splendor che ammonisce: “Sarebbe un errore gravissimo
concludere che la norma insegnata dalla Chiesa è in se stessa solo un ideale
che deve poi essere adattato, proporzionato, graduato alle, si dice, concrete
possibilità dell’uomo” (VS 103; cf. 104); riconosce che, con l’aiuto della
grazia, l’osservanza dei comandamenti è realmente possibile (cf. AL 295; 297;
303), rimanendo sostanzialmente in accordo con la dottrina del Concilio di
Trento (cf. DH 1568) e di San Giovanni Paolo II (cf. VS 65-70; 102-103). A
volte però si riscontra in essa qualche ambiguità di linguaggio, giustificabile
con il tono discorsivo e l’esigenza comunicativa: ad esempio, si attribuisce
alle seconde unioni dei divorziati e ad altre convivenze sessuali la qualifica
di bene imperfetto e momentaneamente possibile (cf. AL 76; 78; 296; 303; 308),
mentre con un linguaggio teologico più preciso dovrebbero essere considerate un
male morale, al quale sono congiunti alcuni beni (cf. AL 308), “elementi
costruttivi” (cf. AL 292), valori corrispondenti a quelli del matrimonio (cf.
AL 292), come l’amicizia, l’aiuto reciproco, la dedizione ai figli.
Alla luce di Amoris Laetitia
e soprattutto dell’insegnamento di San Giovanni Paolo II in Familiaris
Consortio e Veritatis Splendor, le nuove unioni dei divorziati e le
altre convivenze sessuali non devono mai essere approvate come
oggettivamente lecite (cf. AL 291; 297; 303; 305). Però le persone, che si
trovano in tali situazioni disordinate, devono essere aiutate a integrarsi nella
concreta vita ecclesiale, progressivamente e in modi diversi, proponendo a
ognuna il bene possibile a lei (cf. AL 308), cercando di evitare lo scandalo
(cf. AL 297; 299), incoraggiando i passi orientati nella giusta direzione (cf.
AL 305), come la preghiera personale, familiare e comunitaria, l’ascolto della
Parola, la frequenza assidua alla Santa Messa, il responsabile impegno
educativo verso i figli, le opere di misericordia verso il prossimo, il
volontariato, i servizi ecclesiali (anche negli organismi di partecipazione),
in modo da incontrare il Signore e la sua misericordia “per altre vie”, diverse
dai sacramenti (cf. San Giovanni Paolo II, Reconciliatio et Poenitentia 34).
4. La responsabilità
personale soggettiva
Certamente Amoris Laetitia non
dimentica la legge morale oggettiva; tuttavia pone in primo piano ed esplicita
ampiamente la prospettiva della coscienza e della responsabilità
personale, raccomandando tra l’altro di tenerla in maggiore considerazione
nella prassi pastorale (cf. AL 303). Il documento precisa correttamente che
l’osservanza delle norme, se attuata senza amore, potrebbe essere insufficiente
davanti a Dio (cf. AL 304) e viceversa la vita in grazia di Dio potrebbe
realizzarsi anche in una situazione oggettiva di disordine morale, quando i
condizionamenti attenuano o annullano la colpevolezza soggettiva (cf. AL 305).
Altro dunque è il grave disordine oggettivo e altro è il peccato mortale
personale, che comporta la piena avvertenza e il deliberato consenso.
Amoris Laetitia conferma la cosiddetta legge della gradualità (cf.
AL 295), già formulata da San Giovanni Paolo II: “(l’uomo) conosce, ama e realizza
il bene morale secondo tappe di crescita” (Familiaris Consortio 34). Tale legge
implica che a volte la coscienza può essere erronea senza cessare di essere
retta; può agire in contrasto con la norma morale senza essere colpevole o
senza esserlo pienamente. La persona potrebbe ignorare la norma generale (ad
esempio, il rapporto sessuale è sempre illecito fuori del matrimonio); potrebbe
non percepire il valore contenuto nella norma, in modo da poter scegliere il
bene ed evitare il male liberamente per convinzione interiore (ad esempio,
potrebbe non comprendere che il rapporto sessuale è proprio del matrimonio e
solo in esso ha valore e dignità umana, come espressione del dono reciproco
totale e del comune dono ai figli); potrebbe infine ritenere erroneamente che
l’osservanza della norma, nella sua particolare situazione, sia impossibile,
diventando anzi occasione di altre colpe (ad esempio, la continenza sessuale,
se il convivente non fosse d’accordo, potrebbe diventare occasione di rapporti
sessuali con altre persone e provocare l’interruzione della coabitazione con
grave danno per la cura e l’educazione dei figli).
Ho detto che l’osservanza della
norma morale potrebbe dalla persona essere ritenuta impossibile erroneamente,
perché in realtà, con l’aiuto della grazia di Dio, è sempre possibile osservare
i comandamenti, anche quello di essere casti secondo la propria condizione di
vita. Il magistero della Chiesa lo insegna impegnando la sua autorità al più
alto grado. “Dio non comanda ciò che è impossibile, ma nel comandare ti esorta
a fare quello che puoi, e a chiedere ciò che non puoi, e ti aiuta perché tu
possa” (Concilio di Trento, DH 1536). “Se qualcuno dice che anche per l’uomo
giustificato e costituito in grazia i comandamenti di Dio sono impossibili da
osservare: sia anatema” (Concilio di Trento, DH 1568). “L’osservanza della
legge di Dio, in determinate situazioni, può essere difficile, difficilissima:
non è mai, però, impossibile. E’ questo un insegnamento costante della
tradizione della Chiesa” (San Giovanni Paolo II, Veritatis Splendor, 102). Per
chi prega, coltiva un intenso rapporto personale con il Signore Gesù Cristo e
invoca, con umiltà e fiducia, l’aiuto della sua grazia, diventa possibile
osservare i comandamenti e, se è un divorziato risposato, gli diventa possibile osservare la
continenza sessuale. Secondo una celebre metafora, utilizzata più volte da San
Giovanni Paolo II, la vita cristiana è difficile come la scalata di una
montagna, ma il credente non deve rinunciare a salire, deve invece mettersi in
cammino sollecitamente e cercare con coraggio di procedere verso la vetta.
Infatti la gradualità della legge non significa che la legge obbligherà in un
futuro più o meno lontano. “Non possono guardare alla legge solo come a un puro
ideale da raggiungere in futuro, ma debbono considerarla come un comando di
Cristo Signore a superare con impegno le difficoltà. Perciò la cosiddetta legge
della gradualità, o cammino graduale, non può identificarsi con la gradualità
della legge, come se ci fossero vari gradi e varie forme di precetto nella
legge divina per uomini e situazioni diverse” (San Giovanni Paolo II,
Familiaris Consortio, 34). Perciò non ci si deve stabilizzare nella situazione
contrastante con la legge; non ci si deve adagiare ai piedi della montagna.
D’altra parte i pastori nell’insegnare la dottrina non devono abbassare la
montagna e nell’accompagnare personalmente il singolo fedele devono aiutarlo a
salire con il proprio passo, secondo le sue forze, mettendosi da subito in
cammino, pronto a rialzarsi dopo ogni eventuale caduta, deciso a proseguire con
l’aiuto di Dio.
5. Accompagnamento pastorale
Amoris Laetitia chiede che nella predicazione e nella catechesi i
sacerdoti e gli altri operatori pastorali propongano la concezione cristiana
del matrimonio nella sua integralità (cf. AL 303; 307). D’altra parte
raccomanda di non aggravare ulteriormente la situazione delle persone già
oppresse dalla sofferenza e dalla miseria, colpevolizzando la loro coscienza
(cf. Al 49). A riguardo si può ricordare che a volte bisogna tollerare un
male minore per evitare un male maggiore e che il Sacerdote, nella
confessione e nell’accompagnamento personalizzato, può lecitamente, con il suo
silenzio, lasciare il penitente nell’ignoranza, qualora lo ritenga, almeno per
il momento, incapace di emendarsi di qualche grave disordine oggettivo (ad
esempio, la contraccezione o la convivenza sessuale irregolare). Egli con il
suo silenzio non approva il male; non coopera con esso; evita solo di
aggravarlo, preoccupandosi che il peccato materiale non si trasformi in peccato
formale. Il dialogo interpersonale non ha le stesse esigenze di completezza che
ha l’insegnamento pubblico.
Il Sacerdote però non deve
continuare a tacere neppure davanti al singolo cristiano, se questi, mentre
vive in una situazione pubblicamente conosciuta di grave disordine morale,
intende accedere alla comunione eucaristica, sacramento dell’unità ecclesiale,
spirituale e visibile, che esige sintonia nella professione di fede e coerenza
oggettiva nella forma di vita. “Il giudizio sullo stato di grazia, ovviamente,
spetta soltanto all’interessato, trattandosi di una valutazione di coscienza.
Nei casi però di un comportamento esterno gravemente, manifestamente e
stabilmente contrario alla norma morale, la Chiesa, nella sua cura pastorale
per il buon ordine comunitario e per il rispetto del sacramento, non può non
sentirsi chiamata in causa” (San Giovanni Paolo II, Ecclesia de Eucaristia,
37). La contraddizione oggettiva e palese crea scandalo e coinvolge la
responsabilità della comunità ecclesiale e, specialmente, dei pastori. Il
sacerdote, se è a conoscenza della situazione irregolare, deve ammonire la
persona interessata, con rispetto e amore, perché non tenga conto solo del suo
giudizio di coscienza; deve rinviare l’ammissione di essa alla comunione
eucaristica fino a quando non avrà fatto discernimento “col sacerdote in foro
interno” (AL 298; cf. 300) e non avrà compiuto, sotto la guida di lui un
cammino ecclesiale appropriato (cf. AL 294; 300; 305; 308). Dato che le norme generali negative
obbligano sempre, senza alcuna eccezione, il cristiano in situazione irregolare
è tenuto davanti a Dio a fare il possibile per uscire dal disordine
oggettivo e armonizzare il suo comportamento con la norma. Può darsi che la sua
coscienza, erronea in buona fede, non se ne renda conto; ma il sacerdote, che
lo accompagna, deve guidarlo con carità e prudenza a discernere e a compiere la
volontà di Dio nei suoi confronti, fino ad assumere una forma di vita coerente con
il vangelo. I passi, che in questo cammino potrebbero trovare spazio, sono i
seguenti: a) verificare la validità del precedente matrimonio e ottenere
eventualmente la sentenza di nullità, avvalendosi delle facilitazioni
procedurali introdotte da Papa Francesco in data 15 agosto 2015 nei due Motu
Proprio Mitis Judex Dominus Jesus e Mitis et Misericords Jesus; b) celebrare
il matrimonio religioso o sanare in radice il matrimonio civile; c) interrompere
la coabitazione, se non ci sono impedimenti; d) praticare la continenza
sessuale, se altre soluzioni non sono possibili (cf. San Giovanni Paolo II,
Familiaris Consortio, 84); e) in caso di errore temporaneamente invincibile
e perciò di rifiuto circa la continenza sessuale, ritenuta nel proprio caso
impossibile o assurda e senza valore, valutare la possibile rettitudine
della coscienza alla luce della personalità e del vissuto complessivo
(preghiera, amore del prossimo, partecipazione alla vita della Chiesa e
rispetto per la sua dottrina, umiltà e obbedienza davanti a Dio); esigere che
la persona si impegni almeno a pregare e a crescere spiritualmente, allo scopo
di conoscere correttamente e compiere fedelmente la volontà di Dio nei propri
confronti, come si manifesterà; f) infine si può concedere l’assoluzione
sacramentale e la comunione eucaristica, avendo cura di mantenere la
riservatezza e di evitare lo scandalo (cf. AL 299); g) il sacerdote ha
bisogno di carità e sapienza, per testimoniare la misericordia di Dio che a
tutti e sempre offre il perdono e nello stesso tempo per discernere se il
perdono viene realmente accolto dal penitente con la necessaria conversione
(Non sembra però che il cristiano, finché rimane in una situazione
oggettivamente disordinata, possa rivendicare il diritto ai sacramenti, appellandosi
alle sue disposizioni interiori e al suo giudizio di coscienza. Nel capitolo
VIII Amoris Laetitia non sembra voler dare comandi, ma solo consigli).
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