Antonio Socci sottolinea due importanti decisioni politiche che possono avere conseguenze culturali

Dal Blog di Antonio Socci, 24 Ottobre 2016.
La decisione di Matteo Renzi di bloccare nuove sanzioni della Ue alla Russia ha spiazzato tutti ed è una mossa coraggiosa che potrà avere conseguenze importanti. Difficile dire se c’è dietro una strategia, una visione anche geopolitica oppure se è frutto di istinto, di improvvisazione tattica.

Il premier ha disorientato certi suoi fan “ultra-atlantisti” di casa nostra e ha irritato May, Merkel e Hollande che invece spingevano in direzione di nuove (e controproducenti) sanzioni, seguendo la politica aggressiva verso la Russia del duo Obama/Clinton.

Matteo ha sorpreso anche perché era di ritorno proprio dal viaggio negli Stati Uniti, dove era stato accolto con grandi onori ed era stata declamata ai quattro venti la coincidenza di
vedute tra lui e Obama. Eppure, il giorno dopo, ha bloccato le nuove sanzioni alla Russia pur sapendo che la priorità dell’attuale presidente americano è proprio la “guerra” a Putin.

QUALE SPIEGAZIONE?

Obama usa questa escalation di tensione (anche militare) per sbarrare la strada della presidenza a Trump. Ma lo scontro fra Washington e Mosca è duro anzitutto perché riguarda i futuri equilibri del mondo, perciò è difÕcile capire la “svolta” di Renzi.

E’ impensabile che abbia ricevuto un “via libera” da Obama. E’ pur vero che egli ormai sta per andarsene dalla Casa Bianca, tuttavia la candidata che lui appoggia, già suo Segretario di Stato, Hillary Clinton, è molto più aggressiva di lui con la Russia ed è data, dai media, come vincente. Perciò sembra anche impensabile che Renzi voglia inimicarsi la prossima inquilina della Casa Bianca.

La decisione del premier italiano si spiega anzitutto con la sacrosanta volontà di difendere i nostri interessi nazionali dal momento che quelle sanzioni alla Russia hanno danneggiato enormemente la nostra economia. Al recente Forum Eurasiatico di Verona si è parlato di contratti delle aziende italiane per 32 miliardi di euro che sono bloccati dalle sanzioni già esistenti. Dunque Renzi ha voluto scongiurare ulteriori danni alla nostra economia.

Ma è improbabile che questa sia l’unica motivazione. Infatti il danno commerciale non era bastato a opporsi quando le sanzioni furono varate. Dunque come si spiega questa mossa che rischia di far apparire il premier italiano come un alleato che gioca una sua partita e non si sottomette all’impero?

Oltretutto Renzi sa bene che già Berlusconi entrò nelle antipatie della Casa Bianca per la sua amicizia con Putin (ed ha anche pagato per questo). In realtà non c’è – da parte di Renzi – un particolare “feeling” personale con Putin. Tuttavia c’è oggi un cambio di passo che va in direzione del dialogo e della cooperazione anziché verso quei tamburi di guerra che il duo Obama/Clinton fanno risuonare sempre più spericolatamente.

Ma è immaginabile che Renzi abbia voluto mettere a rischio il rapporto privilegiato che ha con Obama e che sicuramente avrebbe con la Clinton? No. Però lo scenario potrebbe essere un altro.

L’IMPREVISTO

Renzi, che per il suo ruolo deve avere antenne internazionali molto sensibili, può aver avuto sentore che la vittoria della Clinton non sia affatto scontata e – anzi – che sia fortemente dubbia, in barba allo strombazzamento propagandistico dei media.

Insomma può prevalere Trump ed è noto che lui considera la Russia di Putin non come un nemico, ma come un interlocutore: la prospettiva di una sua vittoria – che rovescerebbe la politica estera americana, aprendo una stagione di dialogo e cooperazione Est-Ovest – sarebbe una manna per l’Italia che ha con la Russia grandi interessi economici.

Non sarà che Renzi ha subodorato la possibilità della vittoria di Trump (oggi avversata dell’establishment Usa) e – più svelto di tutti – si sta posizionando per primo nel dialogo con Mosca e nel cambiamento di scenario?

Peraltro il premier italiano ha accompagnato questa svolta con un’altra presa di posizione: ha infatti (giustamente) attaccato l’Unesco per aver cancellato d’un colpo l’identità ebraica di Gerusalemme. E’ una mossa, questa di Renzi, che conferma e rassicura sullo schieramento occidentale dell’Italia. Ma che induce a non confondere l’occidente con l’attuale presidente americano.

Il governo israeliano, per esempio, è sempre stato (giustamente) freddo verso Obama, che – peraltro – ha combinato disastri eccezionali in tutta l’area mediterranea e medio orientale.

PRODI E BERLUSCONI

La “svolta” di Renzi avviene inoltre in un momento di debolezza degli Usa che vedono franare il loro progetto (pericolosissimo) di un mondo unipolare, perdendo terreno sia nell’area medio orientale (Siria, Egitto, Turchia), che in Asia (esemplare il caso delle Filippine).

Un uomo assai esperto di questioni internazionali come Romano Prodi, in una intervista al “Giorno”, da ex presidente della Commissione europea, è stato molto critico sull’attuale linea ultra-americana della Ue: “non abbiamo capito la storia, e cioè che nel mondo globalizzato l’Europa ha bisogno della Russia e la Russia ha bisogno dell’Europa”.

Ha poi stroncato la decisione di “mandare i soldati Nato a fare esercitazioni al confine con la Russia e aprire all’ingresso di Paesi come l’Ucraina e la Georgia nella Nato” perché “quelle sono storicamente delle zone-cuscinetto che sono sempre servite a evitare guai e incidenti”.

Infine ha messo in guardia dall’escalation bellica: “stiamo assistendo a una sorta di via libera ai militari, pericoloso perché può innescare incidenti e derive militari la cui portata potrebbe essere difficile da contenere”.

La posizione di Prodi coincide, in queste materie, con quella di Berlusconi.

IL PESO DELLA CHIESA

E refrattaria al mondo unipolare (cioè all’Impero) è anche la Chiesa Cattolica che – per la propria “libertas” – preferisce un mondo multipolare, fondato sul dialogo e la cooperazione fra i popoli.

Non a caso sia Benedetto XVI che papa Francesco (almeno all’inizio, nel 2013) – in controtendenza rispetto all’“ordine obamiano” – hanno fatto a Putin importanti aperture di credito.

Papa Francesco, nel settembre del 2013, promosse un’iniziativa (sia di preghiera che diplomatica) per scongiurare l’intervento americano in Siria che avrebbe potuto far esplodere le polveri di un terzo conflitto mondiale.

Il Papa, in quell’occasione, scrisse una lettera a Putin in quanto presidente del G20 che si riuniva a San Pietroburgo. Il Pontefice, tramite lui, invitava a “trovare una soluzione che evitasse l’inutile massacro a cui stiamo assistendo”.

Così Putin mediò, ottenne la rinuncia all’arsenale chimico da parte di Assad e scongiurò l’intervento armato Usa, voluto dal “Nobel per la pace” Obama.

In novembre poi Putin fu ricevuto in Vaticano dal papa e in quella storica visita si riscontrò sintonia sulla pace in Medio Oriente, la difesa dei cristiani perseguitati e sulla protezione della vita.

Poi c’è stato lo storico incontro fra il Papa e il Patriarca russo Kirill, all’Avana e anche in questo caso – come scrisse Andrea Tornielli – “l’assist a Papa Francesco è arrivato da due pezzi da novanta dello scacchiere internazionale: Vladimir Putin e Raùl Castro”.

Infine hanno fatto scalpore le parole chiare pronunciate da Benedetto XVI nel suo recente libro “Ultime conversazioni”, dove, parlando di Putin, dice: “(Con Putin) abbiamo parlato in tedesco, lo conosce perfettamente. Non abbiamo fatto discorsi profondi, ma credo che
egli – un uomo di potere – sia toccato dalla necessità della fede. E’ un realista. Vede che la Russia soffre per la distruzione della morale. Anche come patriota, come persona che vuole riportarla al ruolo di grande potenza, capisce che la distruzione del cristianesimo minaccia di distruggerla. Si rende conto che l’uomo ha bisogno di Dio e ne è di certo intimamente toccato. Anche adesso, quando ha consegnato a papa Francesco l’icona, ha fatto prima il segno della croce e l’ha baciata”.

Ed ecco invece cosa dice di Obama: “E’ un grande politico naturalmente, che sa come si ottiene il successo. Ha determinate idee che non possiamo condividere“.

Più chiaro di così…

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