Domenica XV C
“E chi è mio prossimo?” (Lc 10,29) Sta a noi farci “prossimo” di chiunque abbia bisogno di aiuto
Il Vangelo di questa domenica si apre con una domanda che un dottore della Legge pone a Gesù: “Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?” (Lc 10,25). Sapendolo esperto nelle Sacre Scritture, il Signore invita quell’uomo a dare lui stesso la risposta, che infatti egli formula
perfettamente, citando i due comandamenti principali: amare Dio con tutto il cuore, tutta la mente e tutte le forze, e amare il prossimo come se stessi. Allora il dottore della legge, quasi per giustificarsi della domanda, chiede: “E chi è mio prossimo?” (Lc 10,29). Questa volta, Gesù risponde con la celebre parabola, oggi la più sentita, del “buon Samaritano” (Lc 10,30-37), per indicare chi sta a noi farci “prossimo” di chiunque abbia bisogno di aiuto. Il Samaritano, infatti, si fa carico della condizione di uno sconosciuto, che i briganti hanno lasciato mezzo morto lungo la strada; mentre un sacerdote e un levita erano passati oltre, forse pensando che a contatto con il sangue, in base ad un precetto, si sarebbero contaminati. La parabola, pertanto, deve indurci a trasformare la nostra mentalità secondo la logica di Cristo, che è logica della carità al primo posto come nell’umanesimo cristiano: Dio è amore, e rendergli culto significa servire i fratelli con amore sincero e generoso contemplando in ciascuno di loro la presenza di Cristo e il criterio del suo giudizio: avevo fame…, ero ferito…ero in difficoltà….
perfettamente, citando i due comandamenti principali: amare Dio con tutto il cuore, tutta la mente e tutte le forze, e amare il prossimo come se stessi. Allora il dottore della legge, quasi per giustificarsi della domanda, chiede: “E chi è mio prossimo?” (Lc 10,29). Questa volta, Gesù risponde con la celebre parabola, oggi la più sentita, del “buon Samaritano” (Lc 10,30-37), per indicare chi sta a noi farci “prossimo” di chiunque abbia bisogno di aiuto. Il Samaritano, infatti, si fa carico della condizione di uno sconosciuto, che i briganti hanno lasciato mezzo morto lungo la strada; mentre un sacerdote e un levita erano passati oltre, forse pensando che a contatto con il sangue, in base ad un precetto, si sarebbero contaminati. La parabola, pertanto, deve indurci a trasformare la nostra mentalità secondo la logica di Cristo, che è logica della carità al primo posto come nell’umanesimo cristiano: Dio è amore, e rendergli culto significa servire i fratelli con amore sincero e generoso contemplando in ciascuno di loro la presenza di Cristo e il criterio del suo giudizio: avevo fame…, ero ferito…ero in difficoltà….
Questo racconto evangelico offre il “criterio di misura”, cioè “l’universalità dell’amore che si volge verso il bisognoso incontrato “per caso” (Lc 10,31), chiunque egli sia” (Enc. Deus caritas est, 25). Accanto a questa regola universale, vi è anche un’esigenza specificamente ecclesiale che concretamente viviamo in parrocchia, in una comunità: che “nella Chiesa stessa, in quanto famiglia, in quanto parrocchia, comunità, nessun membro soffra perché nel bisogno” (ibid.) Il programma del cristiano, appreso dall’insegnamento di Gesù, è “un cuore che vede” dove c’è bisogno di amore, e agisce in modo conseguente” (ivi, 31), mai indifferente.
Carissimi, desidero anche ricordare che domani la Chiesa fa memoria di san Benedetto da Norcia padre e legislatore del monachesimo occidentale, vero samaritano dell’Europa. Egli, come narra san Gregorio Magno, “fu un uomo di vita santa …di nome e di grazia, di verità e di amore”. “Scrisse una Regola per i monaci…specchio di un magistero incarnato nella sua persona: infatti il santo non poté nel modo assoluto insegnare diversamente da come visse”. Papa Paolo VI proclamò san Benedetto Patrono d’Europa il 24 ottobre del 1964, riconoscendone l’opera svolta per la formazione della civiltà europea, occidentale, oggi particolarmente in crisi di fraternità, di solidarietà, di verità, di amore.
Affidiamo alla Vergine Maria il nostro cammino di fede e, in particolare in questo tempo di vacanze, affinché i nostri cuori non perdano mai di vista chi ci diventa prossimo, ogni fratello nel bisogno che incontriamo, sapendo che in lui incontriamo Cristo preparandoci al suo giudizio.
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