I piaceri mondani non danno gioia e pace duratura

La testimonianza di Carlo Lwanga e compagni martiri per non aver voluto cedere alle brame omosessuali del sovrano

Papa Francesco in Uganda ha celebrato  nella Messa e ricordato davanti ai giovani  i martiri cattolici e anglicani trucidati fra il 1885 e il 1887 dal re Mwanga per non aver rinnegato la fede cristiana e - nel caso di San Carlo Lwanga e dei suoi compagni, canonizzati cinquantuno anni fa durante il Concilio Vaticano II dal beato Paolo VI – per non aver
voluto cedere alle brame omosessuali del sovrano. Nel martirologio romano si legge san Carlo lwanga e i dodici compagni martiri, di età compresa tra i quattordici e i trent’anni, appartenenti alla corte regia dei giovani nobili o alla guardia del corpo del re Mwanga, neofiti o fervidi seguaci della fede cattolica, essendoci rifiutati di accondiscendere alle turpi richieste del re, sul colle di Narmugongo in Uganda furono alcuni trafitti con la spada, altri arsi vivi”. Il loro martirio avvenne nel 1886 nell’allora regno indipendente del Buganda, da poco evangelizzato dai Padri Bianchi. “Non ci si appropria di questa eredità”, ha detto Papa Francesco “con un ricordo di circostanza o conservandola in museo come fosse un gioiello prezioso. La onoriamo veramente, e onoriamo tutti i Santi, quando piuttosto proviamo la loro testimonianza a Cristo nelle nostre case e ai nostri vicini, sui posti di lavoro e nella società civile, sia che rimaniamo nelle nostre case, sia che ci rechiamo fino al più remoto angolo del mondo”.
Carlo Lwanga e i dodici compagni furono beatificati il 6 giugno 1920 da Benedetto XV e canonizzati l’8 ottobre da Paolo VI in pieno Concilio Vaticano II. Sul luogo del loro martirio fu eretto un santuario, inaugurati da Paolo VI durante la sua visita in Uganda nel 1969. E un altro, visitato da Papa Francesco con una sosta in preghiera silenziosa, ne fu costruito da poco distante dalla Chiesa anglicana, che ebbe anch’essa i suoi martiri, in quegli anni di eccidio di giovani convertiti al cristianesimo in un ecumenismo del sangue, e anche all’Islam.
Nel rito cattolico romano, la memoria  liturgica di san Carlo Lwanga e dei dodici martiri è fissata il 3 giugno e in coincidenza il 3 giugno 2003 la Congregazione per la Dottrina della fede, con la firma dell’allora Cardinale Joseph Ratzinger, ha emesso uno dei documenti sulla posizione della Chiesa nei confronti degli omosessuali e della legalizzazione delle loro unioni.
In questo documento si legge: “La Chiesa insegna che il rispetto verso le persone omosessuali non può portare in nessun modo all’approvazione del comportamento omosessuale oppure al riconoscimento legale delle unioni omosessuali”. E Papa Francesco, senza giudicare le persone, ha denunciato ripetutamente “le nuove colonizzazioni ideologiche che cercano di distruggere la famiglia”, colonizzazioni da lui identificate soprattutto nella “teoria del gender”,  a proposito del quale ha detto: “Io mi domando se la cosi detta teoria del “gender” non sia anche espressione di una frustrazione e di una rassegnazione, che mira a cancellare la differenza sessuale perché non sa più confrontarsi con essa. Sì, rischiamo di fare un passo indietro. La  rimozione della differenza, è il problema, non la soluzione”.
In particolare, Papa Francesco ha denunciato più volte che questa “colonizzazione ideologica” ò esercitata soprattutto contro le nazioni africane, subordinando gli aiuti finanziari all’introduzione di leggi che istituiscano il “matrimonio” fra persone dello stesso sesso. Una denuncia espressa anche nel documento finale del Sinodo dei vescovi dello scorso ottobre.
Papa Francesco è chiaro nel denunciare questi comportamenti non conformi all’annuncio cristiano dottrinale attento, però pastoralmente a non definire e squalificare le persone che hanno questi comportamenti: “chi sono io per giudicare?” le persone dal comportamento omosessuale, pur giudicando il comportamento.
Pubblichiamo l’Omelia della messa e il discorso ai giovani.   
«Riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra» (At 1,8).
Dall’età apostolica fino ai nostri giorni, è sorto un grande numero di testimoni a proclamare Gesù e a manifestare la potenza dello Spirito Santo. Oggi, ricordiamo con gratitudine il sacrificio dei Martiri ugandesi, la cui testimonianza d’amore per Cristo e la sua Chiesa ha giustamente raggiunto “gli estremi confini della terra”. Ricordiamo anche i martiri anglicani, la cui morte per Cristo dà testimonianza all’ecumenismo del sangue. Tutti questi testimoni hanno coltivato il dono dello Spirito Santo nella propria vita ed hanno dato liberamente testimonianza della loro fede in Gesù Cristo, anche a costo della vita, e molti in così giovane età.
Anche noi abbiamo ricevuto il dono dello Spirito, per diventare figli e figlie di Dio, ma anche per dare testimonianza a Gesù e farlo conoscere e amare in ogni luogo. Abbiamo ricevuto lo Spirito quando siamo rinati nel Battesimo, e quando siamo stati rafforzati con i suoi doni nella Confermazione. Ogni giorno siamo chiamati ad approfondire la presenza dello Spirito Santo nella nostra vita, a “ravvivare” il dono del suo amore divino in modo da essere a nostra volta fonte di saggezza e di forza per gli altri.
Il dono dello Spirito Santo è un dono che è dato per essere condiviso. Ci unisce gli uni agli altri come credenti e membra vive del Corpo mistico di Cristo. Non riceviamo il dono dello Spirito soltanto per noi stessi, ma per edificarci gli uni gli altri nella fede, nella speranza e nell’amore. Penso ai santi Joseph Mkasa e Charles Lwanga, che, dopo essere stati istruiti nella fede dagli altri, hanno voluto trasmettere il dono che avevano ricevuto. Essi lo fecero in tempi pericolosi. Non solo la loro vita fu minacciata ma lo fu anche la vita dei ragazzi più giovani affidati alle loro cure. Poiché essi avevano coltivato la propria fede e avevano accresciuto l’amore per Dio, non ebbero timore di portare Cristo agli altri, persino a costo della vita. La loro fede divenne testimonianza; oggi, venerati come martiri, il loro esempio continua ad ispirare tante persone nel mondo. Essi continuano a proclamare Gesù Cristo e la potenza della Croce.
Se, come i martiri, noi quotidianamente ravviviamo il dono dello Spirito che abita nei nostri cuori, allora certamente diventeremo quei discepoli missionari che Cristo ci chiama ad essere. Per le nostre famiglie e i nostri amici certamente, ma anche per coloro che non conosciamo, specialmente per quelli che potrebbero essere poco benevoli e persino ostili nei nostri confronti. Questa apertura verso gli altri incomincia nella famiglia, nelle nostre case, dove si impara la carità e il perdono, e dove nell’amore dei nostri genitori si impara a conoscere la misericordia e l’amore di Dio. Tale apertura si esprime anche nella cura verso gli anziani e i poveri, le vedove e gli orfani.
La testimonianza dei martiri mostra a tutti coloro che hanno ascoltato la loro storia, allora e oggi, che i piaceri mondani e il potere terreno non danno gioia e pace durature. Piuttosto, la fedeltà a Dio, l’onestà e l’integrità della vita e la genuina preoccupazione per il bene degli altri ci portano quella pace che il mondo non può offrire. Ciò non diminuisce la nostra cura per questo mondo, come se guardassimo soltanto alla vita futura. Al contrario, offre uno scopo alla vita in questo mondo e ci aiuta a raggiungere i bisognosi, a cooperare con gli altri per il bene comune e a costruire una società più giusta, che promuova la dignità umana, senza escludere nessuno, che difenda la vita, dono di Dio, e protegga le meraviglie della natura, il creato, la nostra casa comune.
Cari fratelli e sorelle, questa è l’eredità che avete ricevuto dai Martiri ugandesi: vite contrassegnate dalla potenza dello Spirito Santo, vite che testimoniano anche ora il potere trasformante del Vangelo di Gesù Cristo. Non ci si appropria di questa eredità con un ricordo di circostanza o conservandola in un museo come fosse un gioiello prezioso. La onoriamo veramente, e onoriamo tutti i Santi, quando piuttosto portiamo la loro testimonianza a Cristo nelle nostre case e ai nostri vicini, sui posti di lavoro e nella società civile, sia che rimaniamo nelle nostre case, sia che ci rechiamo fino al più remoto angolo del mondo.
Possano i Martiri ugandesi, insieme con Maria, Madre della Chiesa, intercedere per noi, e possa lo Spirito Santo accendere in noi il fuoco dell’amore divino!
Discorso ai giovani
Buon pomeriggio! Buon pomeriggio! Grazie per la vostra presenza.
Parlerò nella mia madre lingua.
(in spagnolo)
Ho ascoltato con molto dolore nel cuore la testimonianza di Winnie e di Emmanuel. Mentre ascoltavo mi sono fatto una domanda: una esperienza negativa può servire a qualcosa nella vita? Sì! Tanto Emmanuel quanto Winnie hanno vissuto esperienze negative. Winnie pensava che non ci fosse futuro per lei; che la vita per lei fosse un muro che le stava davanti. Ma Gesù le ha fatto capire che nella vita si può fare un grande miracolo: trasformare una parete in un orizzonte, un orizzonte che mi apra il futuro. Davanti ad una esperienza negativa - e molti, molti di quelli che siamo qui abbiamo avuto esperienze negative – c’è sempre la possibilità di aprire un orizzonte, di aprirlo con la forza di Gesù. Oggi Winnie ha trasformato la sua depressione, la sua amarezza in speranza. E questa non è magia: questa è opera di Gesù! Perché Gesù è il Signore. Gesù può tutto. E Gesù ha sofferto l’esperienza più negativa della storia: è stato insultato, è stato rifiutato ed è stato assassinato. E Gesù, per la potenza di Dio, è risorto. Egli può fare in ognuno di noi la stessa cosa, con ogni esperienza negativa. Perché Gesù è il Signore.
Io immagino, e tutti insieme possiamo immaginare la sofferenza di Emmanuel, quando vedeva che i suoi compagni venivano torturati, quando vedeva che i suoi compagni venivano assassinati. Ma Emmanuel è stato coraggioso. Si è fatto coraggio, perché sapeva che il giorno in cui fosse fuggito, se lo avessero preso lo avrebbero ucciso. Lui ha rischiato, ha avuto fiducia in Gesù ed è scappato. Ed oggi lo abbiamo qui, dopo 14 anni, diplomato in scienze amministrative. Sempre si può! La nostra vita è come un seme: per vivere occorre morire; e morire a volte fisicamente, come è successo ai compagni di Emmanuel. Morire come sono morti Carlo Lwanga e i martiri dell’Uganda. Ma attraverso questa morte c’è una vita, una vita per tutti. Se io trasformo il negativo in positivo, sono un trionfatore. Però questo si può fare solamente con la grazia di Gesù. Siete sicuri di questo?... Non sento niente…. Siete sicuri di questo? [giovani: Sì!] Siete disposti a trasformare nella vita tutte le cose negative in cose positive? [giovani: Sì!] Siete disposti trasformare l’odio in amore? [giovani: Sì!] Siete disposti a trasformare la guerra in pace? [giovani: Sì] Siate consapevoli che siete un popolo di martiri. Nelle vostre vene scorre il sangue dei martiri! E per questo avete la fede e la vita che adesso avete [giovani: Sì!] E questa fede e questa vita è così bella, che si chiama la “perla dell’Africa”.
Sembra che il microfono non funzionava bene. Qualche volta, anche noi, non funzioniamo bene… Sì o no? E quando non funzioniamo bene da chi dobbiamo andare a chiedere che ci aiuti? Non vi sento… Più forte… [giovani: Gesù!] Da Gesù! Gesù può cambiarti la vita. Gesù può buttare giù i muri che hai davanti a te. Gesù può far sì che la tua vita sia un servizio per gli altri.
Qualcuno di voi potrebbe chiedermi: “E per questo, c’è una bacchetta magica?”. Se voi credete che Gesù vi cambia la vita, chiedetegli aiuto. E questo si chiama pregare. Avete capito bene? Pregare! Vi chiedo: voi pregate? [giovani: Sì!] Davvero? [Sì!] Pregate Gesù, perché Lui è il Salvatore. Non smettete mai di pregare! La preghiera è l’arma più forte che ha un giovane. Gesù ci ama. Vi chiedo: “Gesù ama alcuni sì e altri no? [No!] Gesù ama tutti? [Sì!] Gesù vuole aiutare tutti? [Sì!] Allora aprite la porta del vostro cuore e lasciatelo entrare. Lasciar entrare Gesù nella mia vita. E quando Gesù entra nella tua vita, ti aiuta a lottare, a lottare contro tutti i problemi dei quali ha parlato Winnie, a lottare contro la depressione, a lottare contro l’Aids e a chiedere aiuto per superare queste situazioni, ma sempre lottare. Lottare con il mio desiderio e lottare con la mia preghiera. Siete disposti a combattere? Siete disposti a desiderare il meglio per voi? [Sì!] Siete disposti a pregare, a chiedere a Gesù che vi aiuti nella lotta? [Sì!]
E una terza cosa che vi voglio dire. Tutti noi siamo nella Chiesa, apparteniamo alla Chiesa. Giusto? [Sì!] E la Chiesa ha una Madre. Come si chiama? [Maria!] Non ho capito… [Maria!] Pregare la Madre! Quando un bambino cade, si fa male, si mette a piangere e va a cercare la mamma. Quando noi abbiamo un problema, la cosa migliore che possiamo fare è andare dove c’è nostra Madre. E pregare Maria, nostra Madre. Siete d’accordo? [Sì!] E voi, pregate la Madonna, la nostra Madre? [Sì!] E voi qui [rivolgendosi a un gruppo di giovani], voi pregate Gesù e la Madonna? [Sì!]
Tre cose. La prima: superare le difficoltà. La seconda: trasformare il negativo in positivo. La terza: preghiera. Preghiera a Gesù che può tutto. Gesù, che entra nel nostro cuore e ci cambia la vita. Gesù che è venuto per salvarmi e che ha dato la sua vita per me. Pregate Gesù, perché Lui è l’unico Signore. E siccome nella Chiesa non siamo orfani e abbiamo una Madre, pregate la nostra Madre. E come si chiama la nostra Madre? [Maria!] Più forte! [Maria!]
Vi ringrazio molto per avermi ascoltato. Vi ringrazio perché volete cambiare il negativo in positivo. Perché volete combattere il male, con Gesù al fianco. Soprattutto vi ringrazio perché avete voglia di non smettere mai di pregare. E ora vi invito a pregare insieme la Madre nostra, affinché ci protegga. Siamo d’accordo? [Sì!]  Tutti insieme? [Sì!]
(in inglese)
Ave Maria…
[Benedizione]
E, per favore, un’ultima richiesta: pregate per me. Pregate per me! Ne ho bisogno. Non vi dimenticate. Arrivederci!

Discorso preparato dal Santo Padre
Santo Padre: Omukama Mulungi! [Dio è buono!]
I giovani:  Obudde Bwoona! [Ora e sempre]
Cari giovani amici,
sono felice di essere qui e di condividere questi momenti con voi. Desidero salutare i fratelli Vescovi e le Autorità civili presenti. Ringrazio il Vescovo Paul Ssemogerere per le sue parole di benvenuto. Le testimonianze di Winnie ed Emmanuel rafforzano la mia impressione che la Chiesa in Uganda è ricca di giovani che desiderano un futuro migliore. Oggi, se mi permettete, vorrei confermarvi nella fede, incoraggiarvi nell’amore e in modo speciale rafforzarvi nella speranza.
La speranza cristiana non è semplice ottimismo; è molto di più. Affonda le sue radici nella vita nuova, che abbiamo ricevuto in Gesù Cristo. San Paolo dice che la speranza non ci delude, perché nel Battesimo l’amore di Dio è stato versato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo (cfr Rm 5,5). La speranza ci rende capaci di confidare nelle promesse di Cristo, nella forza del suo perdono, della sua amicizia, del suo amore, che apre le porte a una vita nuova. Proprio quando vi imbattete in un problema, in un insuccesso, quando subite una battuta d’arresto, ancorate il vostro cuore in questo amore, perché esso ha il potere di cambiare la morte in vita e di scacciare ogni male.
Così oggi pomeriggio vorrei invitarvi, prima di tutto, a pregare perché questo dono si accresca in voi e possiate ricevere la grazia di diventare messaggeri di speranza. Ci sono tante persone attorno a noi che provano profonda inquietudine e persino disperazione. Gesù dissolve queste nubi, se glielo permettiamo.
Mi piacerebbe anche condividere con voi qualche pensiero a proposito di alcuni ostacoli che potreste incontrare sulla via della speranza. Tutti voi desiderate un futuro migliore, un posto di lavoro, salute e benessere, ed è cosa buona. Per il bene del popolo e della Chiesa desiderate condividere con gli altri i vostri doni, le aspirazioni e l’entusiasmo, ed è cosa molto buona. Ma a volte, quando vedete la povertà, quando riscontrate la mancanza di opportunità, quando sperimentate degli insuccessi nella vita, può sorgere e crescere un senso di disperazione. Potete essere tentati di perdere la speranza.
Vi è mai capitato di vedere un bambino che per la strada si deve fermare di fronte a una pozzanghera che gli sta davanti e che non è in grado di saltare o di aggirare? Può provare a farlo, ma poi cade e si bagna. Allora, dopo vari tentativi, chiama in aiuto il papà, che lo prende per mano e lo fa passare rapidamente dall’altra parte. Noi siamo come quel bambino. La vita ci riserva molte pozzanghere. Ma non dobbiamo superare tutti i problemi e gli ostacoli con le nostre sole forze. Dio è lì per afferrare la nostra mano, se solo lo invochiamo.
Quello che intendo dire è che tutti noi, anche il Papa, dovremmo assomigliare a quel bambino! Perché solo quando siamo piccoli e umili non abbiamo paura di chiamare in aiuto nostro Padre. Se avete sperimentato questo soccorso, sapete di che cosa sto parlando. Abbiamo bisogno di imparare a riporre la nostra speranza in Lui, consapevoli che è sempre lì presente, per noi. Ci infonde fiducia e coraggio. Ma – e questo è importante – sarebbe un errore non condividere questa bella esperienza con gli altri. Sbaglieremmo se non diventassimo messaggeri di speranza per gli altri.
Una “pozzanghera” particolare può intimorire i giovani che desiderano crescere nell’amicizia con Cristo. È la paura di fallire nell’impegno preso ad amare, soprattutto in quel grande e sublime ideale che è il matrimonio cristiano. Si può aver paura di non riuscire ad essere una buona moglie e una buona madre, un buon marito e un buon padre. Se si continua a guardare la pozzanghera, si possono persino vedere le proprie debolezze e paure riflettersi su di sé. Per favore, non arrendetevi di fronte ad esse! A volte queste paure provengono dal diavolo, che non vuole che siate felici. No! Invocate l’aiuto di Dio, apriteGli il cuore ed Egli vi solleverà, prendendovi tra le sue braccia, e vi mostrerà come amare. Chiedo in particolare alle giovani coppie di nutrire la fiducia che Dio vuole benedire il vostro amore e le vostre vite con la sua grazia, nel sacramento del Matrimonio. Al cuore del matrimonio cristiano c’è il dono dell’amore di Dio, non l’organizzazione di feste sontuose che spesso oscurano il profondo significato spirituale di una gioiosa celebrazione con familiari e amici.
Infine, una “pozzanghera” che tutti dobbiamo affrontare è il timore di essere differenti, di andare contro-corrente in una società che ci spinge costantemente ad abbracciare modelli di benessere e di consumo estranei ai valori profondi della cultura africana. Pensate: che cosa direbbero i Martiri dell’Uganda a proposito del cattivo uso dei moderni mezzi di comunicazione, dove i giovani sono esposti a immagini e visioni distorte della sessualità, che degradano la dignità umana portando alla tristezza e al vuoto interiore? Quale sarebbe la reazione dei Martiri ugandesi di fronte alla crescita di avidità e di corruzione nella società? Di sicuro vi chiederebbero di essere dei modelli di vita cristiana, fiduciosi che l’amore a Cristo, la fedeltà al Vangelo e il saggio utilizzo dei doni che Dio vi ha dato possano soltanto arricchire, purificare ed elevare la vita di questo Paese. Essi continuano a mostrarvi la strada. Non abbiate paura di lasciare che la luce della fede risplenda nelle vostre famiglie, nelle scuole e nei luoghi di lavoro. Non abbiate paura di entrare umilmente in dialogo con altri, che possono vedere le cose in modo diverso.
Cari giovani amici, guardando i vostri volti sono pieno di speranza: speranza per voi, per il vostro Paese e per la Chiesa. Vi chiedo di pregare perché la speranza che avete ricevuto dallo Spirito Santo continui a ispirare i vostri sforzi di crescere in sapienza, generosità e bontà. Non dimenticatevi di essere messaggeri di questa speranza! E non dimenticate che Dio vi aiuterà ad attraversare qualsiasi “pozzanghera” incontriate lungo il cammino!
Abbiate speranza in Cristo ed Egli vi renderà capaci di trovare la felicità vera. E se vi risulta difficile pregare e sperare, non abbiate paura di rivolgervi a Maria, perché è nostra Madre, la Madre della speranza. Infine, per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Dio vi benedica!



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