Lettera Associazione Internazionale Esorcisti
IL NUOVO RITUALE DEGLI ESORCISMI NON NEGA LA REALTÀ DEL MALEFICIO E NON PROIBISCE IL RICORSO AGLI ESORCISMI PER LIBERARE CHI NE È VITTIMA
A cura dell’Associazione Internazionale Esorcisti
Che cos’è il maleficio
Tra la cause che possono favorire un
influsso straordinario del demonio su una persona può esserci il “maleficio”.
Il termine deriva dalla parola latina malum facere (= fare del male). Per
maleficio s’intende «l’azione del demonio di nuocere fisicamente o moralmente a
una persona o ai suoi beni, per via preternaturale, attraverso un essere umano
che si pre- sta a collaborare con lui».
Rientrano, tra costoro, a pieno titolo,
maghi, stregoni, satanisti ecc. Il maleficio non è una credulità popolare, ma è
una realtà le cui dinami- che, oltrepassando i limiti della natura umana,
sconfinano nel mondo demoniaco. L'operatore malèfico assume una forte funzione
strumen- tale nelle mani del demonio, il quale si serve di persone che si
prestano ai suoi sinistri disegni, per provocare sulla vittima designata, uno
straordinario e diretto influsso, caratterizzato dalla comparsa di feno- meni
effettivamente inspiegabili in termini puramente naturali. Dun- que, non è
l’operatore malefico che usa il demonio, ma è il demonio stesso che si serve di
lui. L’operatore malefico non ha, infatti, il potere, attraverso un rituale o
una formula, di provocare determinati effetti preternaturali: è piuttosto il
demonio che li può produrre.
Non ripugna, alla ragione, la
possibilità che, attraverso un maleficio, si produca un influsso straordinario
da parte del demonio, sia sotto forma di possessione diabolica, sia in termini
di infestazione locale, di osses- sione o di vessazione diabolica. San Tommaso
D'Aquino, ne parla nella Somma Teologica, Suppl., q.58 a.2: «Alcuni affermano
che il maleficio esiste solo nella credulità della gente, che attribuisce al
maleficio effetti naturali le cui cause sono occulte. Ma questo è contro
l'insegnamento dei Santi Padri, i quali scrivono che i demoni hanno potere sui
corpi e sull'immaginazione dell'uomo, secondo la permissione di Dio. Ecco per-
ché i fattucchieri con il loro aiuto possono fare dei malefici... noi credia-
mo che ci sono angeli caduti dal cielo, i demoni, i quali per la sottilità
della loro natura possono molte cose che noi non possiamo. E quelli che li
inducono a fare queste cose sono chiamati "fattucchieri"». Nella
«Summa contra gentiles» (lib. III, cap. 105), San Tommaso aggiunge: «Se i maghi
riescono talvolta a produrre determinati effetti, questi deri- vano da
quell’essere intelligente cui il mago indirizza le parole. Le arti magiche
devono la loro efficacia non ad un agente naturale, bensì ai demoni che rendono
efficaci le opere della magia». In pratica San Tom- maso affermava che se gli effetti
ottenuti dalle pratiche occulte, non possono spiegarsi con le cause usate,
queste ultime rappresentano se- gni convenzionali di cui si servono i demoni
per compiere ciò che la causalità naturale non è in grado di realizzare.
L’espressione fattucchie- ri deriva dalla parola fattura, perché l’operatore
malefico agisce in coo- perazione con il demonio per mezzo di oggetti
opportunamente prepa- rati e confezionati a questo scopo, con dei riti che si
tramandano da se- coli.
Il maleficio nei testi liturgici della
Chiesa
La Chiesa parla esplicitamente del
maleficio sia nel testo liturgico degli esorcismi in vigore dal 1614: «De
exorcizandis obsessis a dæmonio» (Ri- tuale Romanum) la cui ultima edizione è
del 1952, sia nel testo liturgico «De exorcismis et supplicationibus quibusdam»
(«Rito degli esorcismi e preghiere per circostanze particolari) pubblicato nel
1999 in prima edi- zione e in seconda edizione emendata nel 2004.
Il testo liturgico degli esorcismi della
Chiesa in vigore dal 1614: «De exorcizandis obsessis a dæmonio» (Rituale
Romanum, ed. 1952)2 lo cita
2 Si noti bene che a seguito
dell’Istruzione sull’applicazione della Lettera Apostolica, Motu Proprio,
Summorum Pontificum di S.S. Benedetto XVI, pubblicata dalla Pontificia
Commissione Ecclesia Dei il 30 aprile 2011, in riferimento alla norma del n. 28
e fermo quando riporta le norme da osservare con chi viene esorcizzato, alla
norma n. 8 e alla norma n. 20.
Norma n. 8: “Alcuni dichiarano di aver
ricevuto un maleficio, dichiarano anche da chi è stato fatto e in che modo vada
distrutto. Si faccia attenzione che per questo non ci si rivolga a maghi, o a
indovini o ad altri, anziché ricorrere ai ministri della Chiesa; che non si
ricorra a nessuna forma di superstizione o ad altri mezzi illeciti”.
Norma n. 20: “Durante l'esorcismo, usi
di preferenza le parole della S. Scrittura, anziché quelle proprie o di altri.
E imponga al demonio di dire se è entrato in quel corpo in seguito a magia, o a
segni malefici, o a cose maleficiate che il posseduto ha mangiato; in questo
caso le vomiti; se invece ci si è serviti di cose esterne alla persona, dica
dove sono e, dopo averle trovate, si brucino. Si avverta il posseduto di
rivelare all'esorcista le tentazioni cui viene soggetto”.
Il Catechismo della Chiesa Cattolica, al
n.° 2117, valutando le pratiche di magia e di stregoneria da un punto di vista
morale, esprime chiaramen- te l’essenza del maleficio, pur non citandolo con
questo termine, quan- do afferma testualmente: «Tali pratiche sono ancor più da
condannare, quando si accompagnano a una intenzione di nuocere o quando in esse
si ricorre all’intervento dei demoni».
Il maleficio rientra tra gli interventi
straordinari del demonio che pos- sono causare fenomeni di infestazione,
vessazione, ossessione o pos- sessione diabolica: tutte realtà sulle quali gli
esorcisti sono autorizzati a intervenire attraverso il loro ministero.
restando quanto disposto nel n. 31 di
questo testo, il sacerdote esorcista può libera- mente utilizzare sia il rito
dell’esorcismo contenuto nel Rituale Romanum, Titulus XII «De exorcizandis
obsessis a dæmonio» (ed. 1952), sia il testo «De exorcismis et supplicationibus
quibusdam» («Rito degli esorcismi e preghiere per circosanze partico- lari)
approvato il 1° ottobre 1998 dal Sommo Pontefice Giovanni Paolo II e pubblicato
nel 1999].

Una dichiarazione più recente e molto
autorevole sul maleficio, è quella della Conferenza Episcopale Toscana la quale
nel 1994, emise una nota pastorale che riscosse grande successo, al punto che
si diffuse anche fuori Italia e fu tradotta in molte lingue, dal titolo: «A
proposito di ma- gia e di demonologia». Tale nota è stata nuovamente pubblicata
nel 2014, inserita nel documento sulle indicazioni pastorali e norme dei Ve-
scovi della Toscana dal titolo: «Esorcismi e preghiere di guarigione». Ri-
ferendosi alla varie forme dell’occultismo, nel documento si afferma
esplicitamente, nel caso di maleficio, che «non si può escludere, in pra- tiche
di questo genere, una qualche partecipazione del gesto malefico al mondo demoniaco,
e viceversa».
Anche nel nuovo rituale degli esorcismi,
alla norma n.° 15, dei Præno- tanda si parla del maleficio, tuttavia
l’espressione ab illa credulitate che fu usata in tale norma, nella prima
edizione del rituale, suscitò delle perplessità:
«Recte distinguas casus impetus
diabolici ab illa credulitate, qua qui- dam, etiam fideles, putant se esse
obiectum maleficii, malæ sortis vel maledictionis, quæ sint ab aliis allata
super ipsos vel eorum propinquos vel bona eorum. Adiutorium spiritale eis non
deneget, exorcismus au- tem ne adhibeat» (Edizione 1999).
«L’esorcista sappia distinguere bene i
casi di aggressione diabolica da quelli derivanti da una certa credulità che
spinge alcuni, anche tra i fe- deli, a ritenersi oggetto di malefici, sortilegi
o maledizioni fatti ricadere da altri su di loro o sui loro parenti o sui loro
beni. Non neghi loro l’aiuto spirituale, ma eviti assolutamente di ricorrere
all’esorcismo». (Edizione 1999).
Molti esorcisti, verificano chiaramente
che alcuni fenomeni di infesta- zione, vessazione, ossessione o possessione
diabolica hanno alla loro origine un maleficio. Il termine ab illa credulitate
(una certa credulità) usato in questa prima edizione del nuovo rituale degli
esorcismi, aveva pertanto provocato per molti di loro grandi perplessità. Tale
espressione infatti poteva lasciare intendere che il rituale affermava che i
malefi- ci sono una credulità popolare, senza alcun fondamento di verità e sen-
za riscontri nella fede e nella teologia e che l’esorcista non doveva asso-
lutamente intervenire amministrando al fedele il rito dell’esorcismo perché in
questo modo avrebbe avvalorato quello che era solo frutto della sua
immaginazione. In realtà il rituale non intendeva affermare che il maleficio è
frutto, in ogni caso, della credulità popolare, ma sem- plicemente invitava
l’esorcista a distinguere una persona realmente vit- tima di un maleficio, da
quei casi in cui invece la persona crede erro- neamente di essere vittima di un
maleficio, che in realtà non gli è stato fatto.
Considerato però il forte dubbio
interpretativo che aveva provocato, l’espressione ab illa credulitate fu
pertanto modificata nella nuova edi- zione del rituale degli esorcismi del
2004, con l’espressione a falsa opi- nione (da quella falsa opinione):
«Recte distinguas casus impetus
diabolici a falsa opinione, qua quidam, etiam fideles, putant se esse obiectum
maleficii, malæ sortis vel male- dictionis, quæ sint ab aliis allata super
ipsos vel eorum propinquos vel bona eorum. Adiutorium spiritale eis non
deneget, exorcismus autem ne adhibeat». (Edizione 2004).
«L’esorcista sappia distinguere bene i
casi di aggressione diabolica da quelli derivanti da quella falsa opinione, che
spinge alcuni, anche tra i fedeli, a ritenersi oggetto di malefici, sortilegi o
maledizioni fatti ricade- re da altri su di loro o sui loro parenti o sui loro
beni. Non neghi loro l’aiuto spirituale, ma eviti assolutamente di ricorrere
all’esorcismo». (Edizione 2004).
Tale modifica sottolinea maggiormente la
distinzione che l’esorcista de- ve saper fare dei casi di attacco diabolico
straordinario che possono es- sere prodotti da un reale maleficio, da quelli in
cui il fedele ritiene erro- neamente di essere vittima di maleficio. È quindi
da escludere l’intervento dell’esorcismo in caso di opinione sbagliata di una
persona,

cioè quando l’esorcista dopo accurato
discernimento accerta che essa attribuisce la causa dei suoi mali a un
maleficio che in realtà non gli è stato fatto, «ma nel caso in cui un fedele,
dopo la disamina dei segni ri- sultasse posseduto e ciò come conseguenza di un
maleficio, l’esorcista può, con buona coscienza intraprendere un esorcismo»3.
Nel caso, invece, il fedele ritiene
erroneamente di essere vittima di un maleficio, la norma n.° 15 dei Prænotanda
prosegue offrendo le se- guenti indicazioni:
«....aliquas vero aptas orationes
proferre potest, cum ipsisi et pro isisi, ita ut pacem Dei inveniant. Item
adiutorium spirituale non recusandum est credentibus, quos Malignis non tangit
(cf. 1 Io 5, 18), sed ab eo ten- tati male habentur, cum fidelitatem Domino
Iesu et Evangelio servare volunt. Quod fieri potest quoque a presbytero, qui
non sit exorcista, et etiam a diacono, aptis adhitis precibus et
supplicationibus».
«.....può fare con loro e per loro,
alcune preghiere adatte, in modo che ritrovino la pace di Dio. L’aiuto
spirituale non si deve negare neppure ai fedeli che, pur non toccati dal
Maligno (cf 1 Gv 5, 18), soffrono tuttavia per le sue tentazioni, decisi a
restare fedeli al Signore Gesù e al Vangelo. Ciò può essere fatto anche da un
sacerdote non esorcista, o anche da un diacono, utilizzando preghiere e
suppliche appropriate».
3 Gabriele Nanni, Il dito di Dio e il
potere di Satana, Libreria Editrice Vaticana, 2004, pag. 246.

Aspetti psicologici del problema
pastorale del maleficio
Il «maleficio» è per noi esorcisti uno
degli argomenti più delicati, per- ché facilmente si presta al pericolo
d’ingenerare psicosi.
Non bisogna favorire la mentalità
secondo cui ogni difficoltà o evento negativo della nostra vita sia da
attribuire a qualcuno che ha messo in atto un maleficio contro di noi. Tale
attribuzione diventerebbe un co- modo alibi per non assumersi le proprie
responsabilità. Come evitare di indurre nei fedeli tale atteggiamento?
Insegnando loro che il primo e autentico male per l’uomo è il peccato e che
salvaguardare e accrescere lo stato di grazia, cioè la propria comunione con
Dio, per mezzo di una vita di fede, di preghiera e di sacramenti, è la vittoria
contro l’azione ordinaria del demonio, ed è insieme la migliore prevenzione
contro la sua azione straordinaria, nella quale rientrano appunto i malefici.
In sintesi, per evitare false paure,
dobbiamo considerare che «spesso i malefici non raggiungono il loro scopo per
vari motivi: perché Dio non lo permette; perché la persona colpita è ben
protetta da una vita di pre- ghiera e di unione con Dio; perché molti
fattucchieri sono inabili, quan- do non sono dei semplici imbroglioni; perché
il demonio stesso “menti- tore fin dal principio”, come lo bolla il Vangelo,
inganna i suoi stessi se- guaci. Sarebbe un gravissimo errore vivere con il
timore di ricevere ma- lefici. Mai la Bibbia ci dice di temere il demonio. Ci
dice di resistergli, certi che lui fuggirà da noi (Gc 4,7); ci dice di rimanere
vigilanti contro i suoi assalti, stando saldi nella fede (1Pt 5,9).
Abbiamo la grazia di Cristo, che ha
sconfitto Satana con la sua Croce; abbiamo l’intercessione di Maria Santissima,
nemica di Satana fin dall’inizio dell’umanità; abbiamo l’aiuto degli Angeli e
dei Santi. Soprat- tutto abbiamo il sigillo della Trinità, che ci è stato
impresso nel Battesimo. Se viviamo in comunione con Dio, è il demonio con tutto
l’inferno a tremare di fronte a noi. A meno che non siamo noi ad aprirgli la
porta»4.
La maggior parte degli operatori
dell’occultismo sono imbroglioni. Solo una minima parte di essi sono in grado
di mettere in atto malefici che producono reali effetti, tuttavia anche in
questi casi, salvo rare eccezio- ni permesse da Dio, tali effetti trovano un
oggettivo ostacolo nella in- tensità di vita cristiana della persona contro la
quale è diretto: più vali- da è la difesa spirituale che incontra, più si
annullano i perversi proposi- ti che l’operatore malefico aveva cercato di
impetrare con i suoi riti. E se anche, in rare situazioni, gli effetti nocivi
attecchiscono su una per- sona che è in grazia di Dio, in genere i danni
prodotti sono assai limitati.
Cosa possiamo dire riguardo quella
minima percentuale di malefici che sembrano invece sortire totalmente il loro
effetto?
Come e perché, talvolta, un maleficio
possa, per così dire, funzionare, rimane fondamentalmente un mistero da
attribuire a un’insondabile permissione divina. Dobbiamo comunque essere certi
che anche il male conseguente a un maleficio, se Dio lo permette, è sempre in
vista di un bene maggiore. San Paolo ci ricorda che «tutto concorre al bene di
co- loro che amano Dio» (Rm 8, 28). Offrire a Dio ciò che ci fa soffrire signi-
fica volgere il male in bene. Infatti «per un momentaneo e leggero peso di sofferenza
Dio prepara per noi uno smisurato ed eterno grado di glo- ria» (2 Cor 4, 17) e
«completiamo quel che nella nostra carne manca al- la passione di Cristo in
favore della Chiesa» (cfr Col 1,24).
Non bisogna inoltre dimenticare che da
parte di Dio, permettere, non è lavarsi le mani, ma è un tollerare a
“malincuore”. Egli non abbandona la sua creatura che è nella prova: in qualche
modo soffre con essa e nel medesimo tempo la sostiene e la conforta con la sua
grazia.
4 G. Amorth, Un esorcista racconta,
Edizioni Dehoniane Bologna, 2001, 18a edizione, pp. 163-164.
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