Domenica XXVI

Due atteggiamenti richiamati nella celebrazione eucaristica di oggi: flessibili quando è possibile e  lo richiede la carità, intransigenti quando è necessario


Il Vangelo ci ha fatto rivivere l’intransigenza del giovane Giovanni: “Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demoni nel tuo nome e glielo abbiamo vietato, perché non era dei nostri”. “Non glielo proibite…Chi non è contro di noi, è per noi”. Gesù anche oggi ci invita ad essere, in alcuni aspetti della vita, flessibili, accoglienti, non intransigenti. Vuole che non si proibisca il bene che si può fare, anche se certe circostanze non sembrano del tutto regolari. Per
l’esorcismo solenne, imperativo occorre essere sacerdoti e avere il mandato del Vescovo, non può essere un fedele laico o un sacerdote senza il mandato del Vescovo. Questo mandato, dopo tredici anni, io l’ho terminato il 25 luglio e come confessore, come tutti i sacerdoti, posso fare la preghiera di liberazione invocativa, come lo possono fare i genitori, anche i fedeli laici. Anche per la preghiera di liberazione comunitaria occorre il mandato del Vescovo e io invito lunedì 5 ottobre alla Madonna della Salute di Dossobuono, come ogni primo lunedì del mese al posto del secondo martedì che facevamo qui. 
Anche Mosè, nella prima lettura, di fronte all’intransigenza del giovane Giosuè di fronte a due uomini non appartenenti ai settanta e che si mettono a profetizzare cioè a far risuonare non la propria parole ma quella di Dio: “Mosè, signor mio, Impediscili”. Mosè invece si mostra accogliente. Non è geloso; perciò risponde a Giosuè: “Sei tu geloso per me?”. E aggiunse: “Fossero tutti profeti nel popolo del Signore e volesse il Signore dare loro il suo spirito”. Così respinge il sentimento di gelosia, di amore possessivo in ogni ministero. I doni del Signore non devono essere occasione di sentimenti di gelosia, di invidia, di pretesa ma atteggiamenti di apertura. Però per la celebrazione dell’Eucaristia e della Confessione occorre chi ha ricevuto il sacramento dell’Ordine e oggi, giornata del Seminario, non possiamo non sentirci coinvolti per le vocazioni sacerdotali, per il Seminario che le prepara, per le esigenze anche economiche. Sabato tre ottobre a Pennabilli, nella Diocesi di san Marino-Montefeltro viene ordinato sacerdote don Pier Luigi Bondioni alle 16: è il trentesimo che in questi 55 anni  ho accompagnato al sacerdozio. Una grazia tanto grande. Ma tutti abbiamo bisogno di aiutare le vocazioni dal momento che senza sacerdoti manchiamo degli elementi essenziali come l’Eucarestia almeno della Domenica e la Confessione.
Gesù ci dà un insegnamento sui casi in cui si deve essere intransigenti. Si tratta dei casi di scandalo, di inciampo soprattutto di fronte ai bambini.  “Scandalo” significa appunto indurre qualcuno, soprattutto debole, al male. “Chi scandalizza uno di questi piccoli che credono, sarebbe meglio per lui che gli passassero al collo una mola da asino e lo buttassero al mare”. Gesù difende chi è più esposto cioè i bambini con estremo vigore e non solo loro.
Poi prende in considerazione altri casi; “Se la tua mano ti scandalizza (cioè è occasione di peccato grave), tagliala: è meglio per te entrare nella vita, monco, che con due mani andare nel fuoco inestinguibile, all’inferno…”. Ovviamente Gesù usa qui un linguaggio simbolico, presentando esempi concreti di mano, piede e occhio. In realtà non sono le mani, il piede e l’occhio che inducono l’uomo al male, bensì le sue intenzioni cattive, il soccombere nella tentazione del Maligno. Gesù ci vuol far capire che, quando le circostanze portano al peccato mortale occorre la disponibilità a rinunce di piacere, di possesso, di potere, occorre soprattutto pregare per non soccombere. La Regina Bianca di Castiglia diceva a suo figlio, il futuro san Luigi IX, re di Francia: “Preferirei vederti morto ai miei piedi, piuttosto che tu commettessi un peccato mortale”. Una madre che dice queste cose al figlio mostra di aver capito la gravità del peccato mortale anche per questa vita, e sa che la morte dell’anima è peggio di quella del corpo.
Nella seconda lettura anche Giacomo usa parole molto forti non contro i ricchi, ma contro i ricchi che sfruttano i lavoratori: “Ecco, il salario da voi defraudato…”.
Chiediamo al Signore nell’Eucarestia che celebriamo di darci la forza di essere veramente intransigenti quando è necessario e di essere invece flessibili quando è possibile  e la carità lo richiede.

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