Difendete la famiglia, qui si gioca il futuro
L’impegno della Chiesa per la libertà religiosa, che non è solo libertà di culto, ma diritto delle religioni a essere parte integrante della società e della cultura, e per la famiglia, senza la quale la società si corrompe e la stessa Chiesa non esisterebbe
Papa Francesco, seguendo il Vangelo, non è andato verso la periferia partendo dal centro, ma osservando la realtà in tutti gli ambiti è partito dalla periferia, dall’esperienza concreta di tutte le povertà. Legittimi i due percorsi che si integrano, testimoniando un fortissimo senso del popolo, un carisma straordinario di coinvolgimento con tutta quanta la realtà. Occorre però vigilare per non cadere negli schieramenti
ideologici assolutizzando un metodo teologico contro l’altro ma ascoltarsi reciprocamente senza strumentalizzare Papa Francesco e “pensando” molto.
A New York il Papa aveva visitato nella serata del 25 settembre la scuola “Nostra Signora degli Angeli” a Harlem ricordando il sogno di Martin Luther King: “Sognò che tanti bambini, tante persone avrebbero avuto uguaglianza di opportunità. Sognò che tanti bambini come voi, afro-americani, avrebbero avuto accesso all’educazione. Sognò che tanti uomini e donne, come voi, potessero andare a testa alta, con la dignità di chi può guadagnarsi da vivere. E’ bello avere dei sogni ed è bello poter lottare per i sogni. Non dimenticatelo…dove ci sono sogni, dove c’è gioia, lì c’è sempre Gesù. Sempre, invece, chi è quello che semina tristezza, che semina sfiducia, che semina invidia, che semina i cattivi desideri? Come si chiama? IL diavolo. Il diavolo semina sempre tristezza, perché non vuole che siamo felici, non vuole che sogniamo”.
Salutando a New York con la Messa al Madison Square Garden, “luogo emblematico di questa città” il Papa è tornato su un tema che lo appassiona: come “con contemplare la presenza viva di Dio”, del Dio che possiede un volto umano e che ci ha amato sino alla fine, presente risorto nel suo corpo che è la Chiesa per tutti e per tutto, nelle grandi città, nelle megalopoli che “ci ricordano la ricchezza nascosta nel nostro mondo: la varietà di culture, tradizioni e storie. La varietà di lingue, di vestiti, di cibi. Le grandi città diventano poli che sembrano presentare la pluralità dei modi che noi esseri umani abbiamo trovato di rispondere al senso della vita nelle circostanze in cui ci troviamo”. Ma è anche vero che “le grandi città nascondono il volto di tanti che sembrano non avere cittadinanza o essere cittadini di seconda categoria. Nelle grandi città, nel rumore del traffico, nel ‘ritmo dei cambiamenti’, rimangono coperte le voci di tanti volti che non hanno ‘diritto’ alla cittadinanza, non hanno diritto a far parte della città – gli stranieri, i loro figli (e non solo) che non ottengono la scolarizzazione, le persone prive di assistenza medica, i senza tetto, gli anziani soli confinati ai bordi delle nostre strade, nei nostri marciapiedi in un anonimato assordante. Ed entrano a far parte di un paesaggio urbano che lentamente diventa naturale davanti ai nostri occhi e specialmente nel nostro cuore”. “Non dobbiamo abituarci al male, e dobbiamo liberarci dalle “connessioni” vuote, dalle analisi astratte o dal bisogno di sensazioni forti”. Dobbiamo invece saper “guardare in mezzo allo ‘smog’ la presenza di Dio che continua a camminare nelle nostre città. Perché Dio è nella città”. Ma come incontrare il mistero cioè come incontrare l’invisibile risorto in questa visibilità complessa? Papa Francesco si è riferito a quattro caratteristiche del Messia preannunciato dal profeta Isaia: “Consigliere mirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della Pace”. “Anzitutto, consigliere. Gesù consiglia sempre ai suoi discepoli di andare, di uscire. Li spinge ad andare incontro agli altri, dove realmente sono e non dove ci piacerebbe che fossero. Andate, una, due volte, andate senza paura, andate senza repulsione, andate ad annunciare questa gioia che è per tutto il popolo”. Poi “Dio potente”. “In Gesù Dio si è fatto Emmanuel, il Dio con noi, il Dio che cammina al nostro fianco, che si è mescolato con le nostre cose, con i nostri “legami”, come amava dire Santa Teresa di Gesù. In Gesù Dio si rivela pure come “Padre per sempre. Nulla e nessuno potrà separarci dal suo Amore” E come “Principe della pace. Andare verso gli altri per condividere la buona notizia che Dio è nostro Padre. Che cammina al nostro fianco, ci libera dall’anonimato, da una vita senza volti, una vita vuota, e ci conduce alla scuola dell’incontro. Ci libera dalla guerra della competizione, dall’autoreferenzialità, per aprirci al cammino della pace”.
A Filadelfia il Papa ha iniziato la sua visita dalla Cattedrale dei Santi Pietro e Paolo, dove ha incontrato i sacerdoti, le religiose e i religiosi. La Chiesa Cattolica in Pennsylvania ha eretto splendide mura, ha detto Papa Francesco, ma “mi piace pensare, tuttavia, che la storia della Chiesa in questa città e in questo Stato è in realtà una storia che non comprende solo la costruzione di mura, ma anche il loro abbattimento” E’ la storia “di generazioni e generazioni di cattolici impegnati che sono andati verso le periferie e hanno costruito comunità per il culto, per l’educazione, per la carità e il servizio della società in generale”. Un’eredità che passa anche per “centinaia di scuole”. Papa Francesco ha ricordato un aneddoto relativo a una santa di Filadelfia, Caterina Drexel. “Quando parlò al Papa Leone XIII delle necessità delle missioni, il Papa – era un Papa molto saggio – le domandò intenzionalmente: “E tu? Che cosa farai?”. Quelle parole cambiarono la vita di Caterina, perché le ricordavano che in fondo ogni cristiano, uomo o donna, in virtù del Battesimo, ha ricevuto una missione”. Ognuno di noi deve rispondere personalmente, senza pensare di poter delegare ad altri. Questo “E tu?” di Leone XIII ha due dimensioni. In primo luogo, le parole “sono state rivolte ad una persona giovane, a una giovane donna con alti ideali, e le hanno cambiato la vita”. Tanti giovani hanno gli stessi ideali e aspirano a cose grandi. Il Papa chiede si sacerdoti: “noi, li mettiamo alla prova? Diamo loro spazio e li aiutiamo a realizzare il loro compito? Troviamo il modo di condividere il loro entusiasmo e i loro doni con le nostre comunità, soprattutto nella pratica delle opere di misericordia e nell’attenzione agli altri? Condividiamo la nostra gioia e il nostro entusiasmo nel servizio del Signore?” Un prete non entusiasta spegne l’entusiasmo dei fedeli. In secondo luogo, “queste parole dell’anziano Papa sono state rivolte ad una donna laica”. Francesco ricorda che “il futuro della Chiesa, in una società che cambia rapidamente, esige già fin d’ora una partecipazione dei laici molto più attiva” Il Pontefice parla ai sacerdoti, e li invita a superare il clericalismo. Attenzione, però, ricorda il Pontefice a vescovi e sacerdoti, “questo non significa rinunciare all’autorità spirituale che ci è stata conferita; piuttosto significa discernere e valorizzare sapientemente i molteplici doni che lo Spirito Santo effonde sulla Chiesa. In modo particolare, significa stimare l’immenso contributo che le donne, laiche e religiose, hanno dato e continuano a dare nella vita delle nostre comunità”.
Infine, il Papa, ricorda che è venuto a Filadelfia per l’Incontro Mondiale delle famiglie e chiede ai sacerdoti “in modo speciale di riflettere sul nostro servizio alle famiglie, alle coppie che si preparano al matrimonio, e ai nostri giovani”. “E tu?”. Il Signore lo chiede alle parrocchie: fate abbastanza per le famiglie? Lo chiede alle famiglie. E a tutti addita l’esempio di chi ha dato la risposta perfetta: la Vergine Maria.
Domenica 27 settembre 2015 il Papa ha concluso a Filadelfia il suo viaggio negli Stati Uniti. Prima della Messa che ha concluso davanti a un milione di persone l’Incontro mondiale delle famiglie, Papa Francesco aveva visitato sabato 26 lo storico Indipendence Mail, celebrando la libertà religiosa, e ha iniziato con una veglia di preghiera il suo dialogo con il popolo delle famiglie. Poi, domenica, gli incontri con i vescovi e con i detenuti dell’Istituto di correzione Curran-Frombold. Nella città della rivoluzione americana il Papa ha riaffermato con parole particolarmente forti l’impegno della Chiesa per la libertà religiosa, che non è solo libertà di culto ma diritto delle religioni a essere parte integrante della società e della cultura, e per la famiglia, senza la quale – ha detto la società si corrompe e la stessa Chiesa non esisterebbe.
All’Independence Mail dove “le libertà che definiscono questo Paese sono state proclamate per la prima volta”, Papa Francesco ha ricordato “le grandi lotte che hanno portato all’abolizione della schiavitù, all’estensione del diritto di voto, alla crescita del movimento dei lavoratori, ed allo sforzo progressivo per eliminare ogni forma di razzismo e di pregiudizio diretti contro le ondate successive di nuovi americani”. Fare memoria del passato è importante. “Un popolo che ricorda non ripete gli errori del passato; al contrario, guarda fiducioso le sfide del presente e del futuro. La memoria salva l’anima di un popolo da tutto ciò o da tutti coloro che potrebbero tentare di dominarla o di utilizzarla per i loro interessi”. Gli Stati Uniti hanno messo al centro della loro Costituzione, ha ricordato il Papa, “il diritto alla libertà religiosa” come “diritto fondamentale”. I padri fondatori della nazione americana sapevano che la libertà religiosa è più della semplice libertà di culto. “La libertà religiosa implica certamente il diritto di adorare Dio, individualmente e comunitariamente, come la propria coscienza lo detta. Ma la libertà religiosa, per sua natura trascende i luoghi di culto, come pure la sfera degli individui e delle famiglie. Perché il fatto religioso, la dimensione religiosa, non è una subcultura, è parte della cultura di qualunque popolo e qualunque nazione”. La libertà religiosa richiama “la dimensione trascendente dell’esistenza umana e la nostra irriducibile libertà di fronte ad ogni pretesa di qualsiasi potere assoluto”. La storia mostra le “atrocità perpetrate dai sistemi che pretendevano di costruire questo o quel ‘paradiso terrestre’ dominando i popoli, asservendoli a principi apparentemente indiscutibili e negando loro qualsiasi tipo di diritto”, a partire dalla libertà di religione. Se cade la libertà religiosa, ha detto Papa Francesco, non c’è più difesa contro quella “uniformità che l’egoismo del forte, il conformismo del debole, o l’ideologia dell’utopista potrebbero creare di imporci”. La voce del Papa si è levata per denunciare “un mondo dove le diverse forme di tirannia moderna cercano di sopprimere la libertà religiosa, o cercano di ridurla a una subcultura senza diritto di espressione nella sfera pubblica, o ancora cercano di utilizzare la religione come pretesto per l’odio e la brutalità”. Dietro alla negazione della libertà religiosa si nasconde la “globalizzazione del paradigma tecnocratico” che “mira consapevolmente a un’uniformità unidimensionale”. Papa Francesco ha ricordato l’impegno per la libertà religiosa dei “Quaccheri” che hanno fondato Filadelfia e delle altre comunità che hanno contribuito alla formazione degli Stati Uniti. Oggi i loro ideali sono minacciati da una certa idea della globalizzazione. “La globalizzazione non è cattiva. Anzi, la tendenza a globalizzare è buona, ci unisce. Ciò che può essere negativo è il modo di realizzarla. Se una globalizzazione pretende di rendere tutti uguali, come se fosse una sfera, questa globalizzazione distrugge la peculiarità di ciascuna persona o di ciascun popolo. Se una globalizzazione cerca di unire tutti, ma rispettando ogni persona, la sua ricchezza, la sua peculiarità, rispettando ogni popolo, con la sua ricchezza, la sua peculiarità, questa globalizzazione è buona e ci fa crescere tutti”.
Al popolo delle famiglie, nella veglia di preghiera, il Papa ha detto che “una società cresce forte, cresce buona, cresce bella e cresce vera se si edifica sulla base della famiglia”. La Trinità stessa è una famiglia. La creazione ha affidato la Terra a una famiglia. “Tutto l’amore che Dio ha in sé, tutta la bellezza che Dio ha in sé, tutta la verità che Dio ha in sé, al consegna alla famiglia”. La narrazione del Paradiso Terrestre ci mostra anche “l’astuzia del demonio”, che vuole distruggere il disegno di Dio sulla famiglia. “Tra queste due posizioni camminiamo noi oggi. Sta a noi scegliere, sta a noi decidere la strada da seguire”. Anche Gesù “è entrato nel mondo in una famiglia. E ha potuto farlo perché quella famiglia era una famiglia che aveva il cuore aperto all’amore, aveva la porta aperta”. A Filadelfia, ha detto il Pontefice, “siamo alla festa delle famiglie. La famiglia ha la carta di cittadinanza divina. E’ chiaro? La carta di cittadinanza che ha la famiglia l’ha data Dio perché nel suo seno crescessero sempre più la verità, l’amore e la bellezza”. Certo, nelle famiglie ci sono difficoltà, c’è la croce. “Ma nelle famiglie, dopo la croce, c’è anche la risurrezione, perché il figlio di Dio ci ha aperto questa via. Per questo la famiglia è – scusate il termine – una fabbrica di speranza, di speranza di vita e di risurrezione”. Il Papa ha raccomandato soprattutto alle famiglie “i bambini e i nonni. I bambini e i giovani sono il futuro, sono la forza, quelli che portano vanti. Sono quelli in cui riponiamo la speranza. I nonni sono la memoria della famiglia. Sono quelli che ci hanno dato la fede, o hanno trasmesso la fede. Avere cura dei nonni e avere cura dei bambini è la prova di amore, non so se più grande, ma direi più promettente della famiglia, perché promette il futuro. Un popolo che non sa prendere cura dei bambini e un popolo che non sa prendersi cura dei nonni è un popolo senza futuro, perché non ha la forza e non ha la memoria per andare avanti”.
Incontrando i vescovi che partecipano all’Incontro mondiale delle famiglie, Papa Francesco è tornato sulla questione dei preti pedofili, confidando di essere “continuamente perseguitato dalla vergogna”. “Dio stesso piange”: “la Chiesa protegge i minori; i responsabili ne renderanno conto”. I preti pedofili hanno rischiato di spezzare l’alleanza fra la Chiesa e le famiglie, che non è un dettaglio ma il centro della missione. “Sena la famiglia, ha affermato il Papa, anche la Chiesa non esisterebbe”. Oggi affermare questa verità è difficile, di fronte “a una cultura che sembra stimolare le persone a entrare nella dinamica di non legarsi a niente e a nessuno”, stimola i consumi e crea nuove solitudini, inseguendo “un mi piace o l’aumento degli ‘amici’ sui social network le persone seguono la proposta della società contemporanea, in una solitudine e in una ricerca sfrenata di sentirsi riconosciuti”.
La cose vanno male? E’ vero. Ma i vescovi non possono limitarsi al lamento. Occorre andare a cercare i giovani, annunciando loro il Vangelo della famiglia, e qualche volta ponendo loro la domanda scomoda: “Perché non ti sposi?”. “A Buenos Aires – ha raccontato il Papa – quante madri si lamentavano: mio figlio di trent’anni non si sposa, non so cosa fare. Signora – era la risposta – smetta di stirargli la camicia…”. Il vescovo, come il sacerdote “rinuncia agli affetti familiari per destinare tutte le sue forze alla benedizione evangelica degli affetti di un uomo e di una donna che danno vita al disegno della creazione di Dio”. Dunque “la Chiesa ha bisogno della famiglia e la famiglia della Chiesa”, senza dimenticare le “situazioni ferite, perdute, abbandonate, devastate, private della loro dignità”, di cui i vescovi devono chinarsi con particolare amore. Ai detenuti il Papa ha ricordato l’episodio evangelico della lavanda dei piedi. Lì vediamo come Gesù “ci cerca, vuole guarire le nostre ferite, curare i nostri piedi dalle piaghe di un cammino carico di solitudine, pulirci dalla polvere che si è attaccata per le strade che ciascuno ha percorso”. Gesù “non ci chiede dove siamo andati, non ci interroga su che cosa stavamo facendo”: “viene incontro a noi per curarci di nuovo con la dignità dei figli di Dio”. “Vivere comporta “sporcarsi i piedi” per le strade polverose della vita, e della storia. E tutti abbiamo bisogno di essere purificati, di essere lavati”.
Il Pontefice denuncia i “sistemi penitenziari che non cercano di curare le piaghe, guarire le ferite, generare nuove opportunità. E’ doloroso riscontrare come a volte si crede che solo alcuni hanno bisogno di essere lavati, purificati, non considerando che la loro stanchezza, il loro dolore, le loro ferite sono anche la stanchezza, il dolore, e le ferite di tutta una società”. Lo scopo legittimo della pena e della reclusione è “tendere la mano per riprendere il cammino, tendere la mano perché aiuti al reinserimento sociale”. Del resto “ tutti abbiamo qualcosa da cui essere puliti, purificati. Tutti. Che tale consapevolezza ci risvegli alla solidarietà tra tutti, a sostenerci e a cercare il meglio per gli altri”.
Papa Francesco, seguendo il Vangelo e con una grande fede, coinvolgendosi di persona e dando grande importanza ai gesti, ha mostrato di avere una carisma straordinario di coinvolgimento con tutta la realtà.
In questi giorni ho attinto molto dagli interventi di Massino Introvigne su La nuova Bussola Quotidiana.
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