Il Papa in Sudamerica
“Voglio essere testimone della gioia del Vangelo” (Papa Francesco)
Fin dalla partenza del nono viaggio apostolico internazionale, il primo dopo l’enciclica “Laudati sì’, in continuità con l’Esortazione apostolica Evangelii gaudium, all’inizio del viaggio più lungo finora, ha voluto dare l’anima, il perché della sua visita: “Voglio essere testimone del Vangelo…Oggi, anche noi possiamo trovare nel Vangelo le chiavi che ci permettono di affrontare le sfide attuali, apprezzando le differenze, promuovendo il dialogo e la
partecipazione senza esclusioni, affinché i passi avanti in progresso e sviluppo che si stanno ottenendo si consolidino e garantiscano un futuro migliore per tutti, riservando una speciale attenzione ai nostri fratelli più fragili e alle minoranze più vulnerabili, che sono il debito che ancora ha tutta l’America Latina…Amici tutti, comincio con attese e con speranza i giorni che abbiamo davanti. In Ecuador si trova il punto più vicino allo spazio esterno: è il Chimborazo, chiamato per questo il “luogo più vicino al sole”, alla luna e alle stelle. Noi cristiani paragoniamo Gesù Cristo con il sole, e la luna con la Chiesa; e la luna non ha luce propria, e se la luna si nasconde dal sole diventa scura. Il sole è Gesù Cristo, e se la Chiesa si separa o si nasconde da Gesù Cristo diventa oscura e non dà testimonianza. Che in queste giornate si renda più evidente a tutti la vicinanza del “sole che sorge dall’alto” (Lc 1,78), che siano riflesso della sua lice, del suo amore.
“Da qui – sempre Papa Francesco - voglio abbracciare l’intero Ecuador. Dalla cima Chimborazo, fino alla costa del Pacifico; dalla selva amazzonica fino alle isole Galapagos; non perdete mai la capacità di rendere grazie a Dio per quello che ha fatto e fa per voi; la capacità di difendere il piccolo e il semplice, di aver cura dei vostri bambini e dei vostri anziani, che sono la memoria del vostro popolo, di avere fiducia nella gioventù, e di provare meraviglia per la nobiltà del vostro Paese”.
Papa Francesco è stato a Rio de Jeneiro nel 2013 per la Giornata mondiale della gioventù. Passerà dalle Ande alla zona amazzonica, cambiando diverse volte altitudine: dai 2.800 metri di Quito, i 40 di Guayaquil, i 4.000 di El Alto, l’aeroporto internazionale più alto del mondo. Incontrerà popoli di diverse etnie, indigeni, meticci, figli dell’immigrazione europea. Ascolterà diverse lingue, da quelle andine ai guarani che con lo spagnolo è una delle lingue ufficiali del Paraguay. Cambierà tre fusi orari. Perché un viaggio così faticoso per lui? Voglio portare la tenerezza e la carezza di Dio, specialmente “ai suoi figli più bisognosi, agli anziani, ai malati, ai detenuti, ai poveri, a quanti sono vittime di questa cultura dello scarto”.
La scelta di Ecuador, Bolivia e Paraguay in America latina non è casuale: tre Paesi di lingua spagnola, tra i più piccoli, più poveri e meno considerati nelle attenzioni della grande politica: anche in questo il Papa parte dalle periferie, dove però si sperimenta un dinamismo politico e sociale: sono di sinistra per l’attenzione ai poveri ma nella salvaguardia del principi non negoziabili. E’ una parte del mondo in cui fame di terra e di lavoro, danni dell’inquinamento, lotta alla povertà e volontà di riscatto si declinano nelle megalopoli e nelle campagne. Per il primo papa latino americano della storia della Chiesa, in visita a questi Paesi che rappresentano un varietà di natura cioè di creato, di culture, di lingue indigene e di vie di democrazia dopo le dittature del Novecento.
L’America latina, dopo il negativo per la libertà e la responsabilità di ogni persona della politica marxista-leninista e la negazione della politica da parte dell’ideologia liberale oggi imperante in Occidente per cui l’economia diventa succube della crescita del potere tecnologico in modo tale da non avere più controllo, si presenta con nuovi modelli di sviluppo che coniugano tradizione cristiana e progresso civile. Per tutta la Chiesa l’America latina è come un laboratorio di idee e di esperienze in campo politico e sociale, intese oggi, come Callagher Segretario vaticano per il rapporto con gli Stati ha riconosciuto, a individuare nuovi modelli di democrazia e di partecipazione che assicurino una maggiore inclusione sociale a categorie cui era stata negata finora una presenza significativa nella vita pubblica. Di certo, e Papa Francesco in questi giorni ne diviene voce, è un continente sempre meno disposto ad accettare in modo acritico modelli sociali che gli vengono proposti dall’esterno, e desiderano trovare percorsi propri per uno sviluppo rispettoso della sua identità e della sua storia.
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