Preghiera 60

Nel corpo glorificato di Gesù, che riconosciamo dalle cinque piaghe, diviene presente la vittoria di Dio sul peccato, sulla morte e sul diavolo, e Cristo risorto diventa, per noi uomini, la speranza nella liberazione da ogni male, la speranza nel compimento di Dio
Pensieri pasquali di un esorcista
Ma cosa significa che nel corpo glorificato di Cristo, che riconosciamo dalle cinque piaghe, si fa presente in tutti i luoghi e in tutti i tempi, attraverso la Chiesa con i suoi ministri, la vittoria di Dio sul diavolo? Anche prima di morire e  risorgere Cristo ha assunto il confronto con le potenze del male come punto di riferimento per portare a compimento il
piano di salvezza del Padre (Mt 4,1): “Fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo”; Mc 3,14-15: “Ne scelse dodici perché stessero con Lui e per mandarli a predicare con il potere di scacciare i demoni”; Gv 17,15: “Non prego che tu li tolga dal mondo, ma che tu li custodisca dal maligno”, Ef 6,11-12: “Indossate l’armatura di Dio per poter resistere alle insidie del diavolo. La nostra battaglia infatti – ci ricorda san Paolo – non è contro la carne e il sangue, ma contro i Principati e le Potenze, contro i dominatori di questo mondo tenebroso, contro gli spiriti del male che abitano le regioni celesti”.
E se Gesù non fosse risorto facendo partecipe della vita divina fuori dello spazio e del tempo anche il suo corpo, che rientra in continuità sempre e dovunque nella spazio e  nel tempo attraverso i ministri della Chiesa con la sua Parola, la sua presenza nell’Eucarestia, la sua azione nei Sacramenti e nei Sacramentali, per non abbandonarci nella tentazione e liberarci dal Maligno, tutto resterebbe oscuro, perché Satana avrebbe mantenuto la sua supremazia, il peccato degli uomini il sopravvento. Gesù avrebbe fatto tutto il possibile per salvarci, per liberarci dal Maligno, ma alla fine la malizia umana, soccombendo all’azione di Satana, avrebbe prevalso con la crocefissione e morte e la terra sarebbe rimasta nell’ombra terribile della morte e del Maligno. Non per nulla insegnandoci a pregare, due delle sette domande riguardano questa necessità: “Non abbandonarci alla tentazione, liberaci dal Male cioè dal Maligno” (Mt 6,13). Vengono in mente le parole di san Pietro: “Sia benedetto Dio e Padre del Signore nostro Gesù Cristo; nella sua grande misericordia egli ci ha  rigenerati come figli nel Figlio mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti” (1 Pt 1,3). La consapevolezza del farsi sacramentalmente presente del Risorto, del darsi della Sua Parola, del dono, attraverso il suo Spirito, di se stesso e della sua azione nei sacramenti manifesta la misericordia infinita del Padre verso l’umanità nel suo insieme anche in questo momento storico drammatico e di ogni persona in particolare. La presenza ecclesiale del Risorto colta e accolta ci dà la certezza che Satana non ha più potere su di Lui e su chi si affida a Lui, pur continuando a insidiare l’azione del Risorto fino al compimento della storia. La presenza eucaristica e l’azione del Risorto nel sacramento della riconciliazione ricrea ciò che il peccato mortale distrugge, il peccato veniale ferisce. E il Padre non ricorda più i peccati perdonati nella confessione e per il penitente è tentazione ricordarli dopo il perdono sacramentale. Nell’omelia dell’11 aprile 2014 Papa Francesco ha offerto uno dei tanti richiami sull’esistenza personale del demonio per poterne fronteggiare l’effetto devastante che produce sulle anime sonnolenti, ingenue. “La vita di Gesù – riporto – è stata una lotta. Lui è venuto per vincere il male, per  vincere il principe di questo mondo, per vincere il demonio che ha tentato Gesù tante volte, e Gesù ha sentito nella sua vita le tentazioni, come anche le persecuzioni: i cristiani che vogliono seguire Gesù devono conoscere questa verità. Come fa il demonio per allontanarci dalla strada di Gesù? La tentazione incomincia lievemente, ma cresce: sempre cresce. Poi contagia un altro, si trasmette a un altro, cerca di essere comunitaria. E alla fine, per tranquillizzare l’anima, si giustifica. Cresce, contagia e si giustifica”. Papa Francesco ci ricorda che tutta la storia umana è pervasa da una lotta cominciata fin dall’origine del mondo e che durerà fino all’ultimo giorno, certi, però, che il futuro di Dio sarà di chi crede alla verità, all’amore con la sola forza della verità che è Cristo, con la sola forza dell’amore del Padre, ricco di misericordia, amore più grande di ogni peccato.
Preoccupa, proprio in un momento storico drammatico più di quanto ce se ne renda conto,  che il tema delle potenze infernali, quindi della lotta necessaria primaria e secondaria si trovi talvolta piuttosto marginalizzato nella predicazione, nella catechesi, nella preghiera perfino banalizzando o addirittura escludendo il ministero dell’esorcismo per l’azione secondaria che fa soffrire. Può essere questo una conseguenza di quella secolarizzazione della Chiesa cui punta una minaccia occulta satanica anziché la cristianizzazione del mondo, anche per vincere l’azione del Maligno e vincere la paura di lui che oggi cresce proprio in quelli che negano l’esistenza. Da quanto affermano la Scrittura e il magistero della Chiesa, l’argomento è invece di fondamentale importanza per capire pienamente il senso dell’Incarnazione, Passione, Morte, Risurrezione, Ascensione e dono dello Spirito, ed evitare che pastoralmente si riduca Gesù Cristo a personaggio storico di allora da imitare, ridotto moralisticamente ad un “mero buon esempio” e non soprattutto a ad una continua presenza ecclesiale e azione sacramentale che libera dall’azione primaria e secondaria ordinaria e straordinaria del Maligno, e quindi non parlando del demonio e delle tentazioni pur pregando con il Padre nostro che ce le ricorda. Centrale, quindi, e nient’affatto marginale, è il tema della lotta tra il Figlio di Dio che ha assunto un volto umano e il “Principe di questo mondo” (Gv 12,31). Ce lo richiama Lui stesso, rispondendo a coloro che lo accusano di operare in virtù del “capo dei demoni” come se fosse un indemoniato, attraverso la parabola dell’uomo forte vinto da un altro più forte di lui (Lc 11,14s). Ovviamente, ciò non riduce alla lotta il motivo primario dell’Incarnazione di farci figli nel Figlio assumendo un volto umano del Figlio di Dio nel grembo verginale di Maria, espresso nel Credo, “per noi uomini e per la nostra salvezza”: i due temi (farci figli nel Figlio e liberarci dal dominio del Maligno) sono inseparabili. A causa del peccato, l’uomo singolo e l’umanità collettivamente anche oggi si trova sotto la schiavitù della passioni, ma anche in una condizione di estrema vulnerabilità verso le creature demoniache. Adamo, con la sua disobbedienza, ha estromesso l’uomo dalla comunione naturale con Dio e lo ha reso ipso facto schiavo del peccato e di coloro che dell’uomo sono per natura più forti e per odio di Dio ne desiderano la rovina fino al compimento della storia. Di conseguenza, la vittoria e la liberazione operata dal Crocefisso risorto e da chi si unisce  alla sua continua presenza ecclesiale e azione sacramentale non poteva non coincidere anche con l’annientamento delle potenze infernali. Da qui si capisce bene perché la storia  personale del Dio che possiede un volto umano nell’azione pubblica, nella passione e oggi risorto nella Chiesa per tutti, costellata di azioni prodigiose, è storia di guarigione dal peccato, ma anche del suo continuo confronto – scontro con il potere delle tenebre (Lc 22,53), dei suoi continui esorcismi tramite di chi agisce in persona di Lui risorto.
I fenomeni straordinari di attività demoniaca – di cui noi esorcisti siamo talora testimoni perché scopo specifico del  ministero datoci dal Vescovo per l’azione straordinaria del Maligno – sono, pur nella loro drammatica serietà, la punta emergente ma secondaria di un immenso iceberg cioè un piano più ampio e nefasto di opposizione al Regno di Dio nel suo già del non ancora da risorti, piano che si dispiega lungo l’intero corso della storia umana il cui futuro oggi si presenta quasi impossibile senza un intervento divino straordinario fino a invocare, come ai tempi di Leone XIII, che si reintroduca al termine della Messa l’esorcismo per l’azione primaria, la preghiera a san Miche arcangelo; il corso della storia umana è già Regno di Dio quando accade il suo amore ed evolve verso il suo compimento, preludio della vittoria finale di Cristo, culminante nell’apparizione dell’anticristo che, come afferma Giovanni, “viene, anzi è già nel mondo (1 Gv 4,3). L’esorcismo più grande e necessario –e che fa da sfondo agli esorcismi particolari propriamente detti di noi esorcisti –è perciò quello di colui che lotta nel quotidiano, affinché nulla si anteponga a Dio nel cuore di ogni uomo: è l’adorazione che fonda la libertà. In questa ottica, il ministero ecclesiale dell’esorcismo è veramente un aspetto particolare, necessario della pastorale, della preghiera liturgica cioè della più grande missione di collaborazione alla redenzione, aspetto che ha nel sacerdozio ministeriale la sua punta di diamante. E qui vorrei far rilevare la critica a chi parla troppo dell’azione secondaria come se in essa il demonio si scatenasse “mentre lo scatenamento ha ben altre aree: le guerre, le ingiustizie, gli egoismi, l’induzione  alla prostituzione, la pedofilia, la pornografia, la disgregazione della famiglia, le bestemmie conclamate, la cultura dell’indifferenza, dell’ateismo pratico, dell’arrivismo, della sensualità sfrenata” (Mons. Giuseppe Zenti, Lettera rivolta al direttore di Radio Maria, 11 dicembre 2005). E ora parliamo anche dell’azione primaria, anche se la finalità di noi esorcisti è la liberazione dalla sofferenza dell’azione secondaria pur nell’attenzione di non farla credere primaria.
Una certa cultura atea, relativistica ed edonistica contemporanea nel demone della secolarizzazione, sul fondamento di una equivoca esaltazione della libertà individuale di autoriferimento, intende convincere l’uomo che la liberazione dal male passa attraverso la comodità, la facilità, la piacevolezza, l’irrisione di ciò di cui, però, si ha paura, in primo luogo della morte e anche degli spiriti. Un vero e proprio culto dell’orrido e del demoniaco è presentato, cantato, come benefica pratica psicologica per “esorcizzare” – è proprio questo il termine usato distogliendolo dall’essere preghiera ecclesiale, sacramentale di liberazione – il male. Non di rado alcuni spettacoli, taluni generi di festività, sono occasione per abituare l’uomo allo “schock” di ciò che è malvagio, per insegnargli a non avere più paura. Si ritiene che una riproposizione in chiave “simpatica” di ciò verso cui istintivamente si prova repulsione sia la via giusta per liberare l’uomo dalle  paure che gli impediscono di vivere appieno la percezione del male, e dall’assenza di percezione all’assenza di coscienza del Maligno il passo è breve. Una così coltivata familiarità con ciò che è detestabile non può che condurre a diventare insensibili e repulsivi di ciò che ci rivela il volto buono e misericordioso del Padre che ci invita a lasciarci perdonare. Ma per lasciarci perdonare occorre la coscienza del male, del peccato. Oggi si arriva a spacciare il paganesimo come la condizione ideale per vivere in maniera pacifica e tranquilla. Ma la condizione pre-cristiana non è mai stata e non si presenta oggi caratterizzata da un cielo sereno che avvolge l’umanità; è stata segnata ed  è segnata dall’incombenza di un fato inesorabile su un mondo dominato da demoni e oscure forze della natura. L’esperienza terrificante di tante vittime di sette, esoterismo e magia ne è sempre nuova. Affermava l’allora cardinale Ratzinger: “E’ Cristo il ‘Dio vicino”  possedendo un volto umano che ha forza e volontà di liberarci: per questo il Vangelo è davvero ‘buona notizia’. E per questo dobbiamo continuare ad annunciarlo a quei regimi di terrore che sono spesso le religioni non cristiane. Dirò di più: la cultura atea dell’Occidente moderno vive ancora grazie alla libertà dalla paura dei demoni portata dal cristianesimo. Ma se questa luce redentrice del Cristo dovesse spegnersi, pur con tutta la sua sapienza e con tutta la sua tecnologia il mondo ricadrebbe nel terrore e nella disperazione. Ci sono già i segni di questo ritorno di forze oscure, mentre crescono nel mondo secolarizzato i culti satanici”. Però non cadiamo in una visione negativa che ci impedisce di scorgere la luce del farsi presente del Risorto con i doni del Suo Spirito. La visione pessimistica dell’esistenza in cui il male trionfa e l’evoluzione porta solo sciagure non è una visione cristiana ma il frutto dell’azione primaria, della tentazione del demonio.
Noi sacerdoti, noi esorcisti siamo consapevoli della necessità di portare al mondo attuale la bellezza del volto di misericordia di Cristo e quindi del Padre ricco di misericordia, attraverso la nostra persona, il nostro ministero di liberazione, di guarigione, di consolazione. Il Codice di Diritto canonico, al canone 1172&2 ricorda quattro qualità che devono ornare colui a cui è affidato il ministero di esorcista: pietà, scienza, prudenza, integrità di vita. L’uso del verbo “ornare” non è casuale. Un ornamento è qualcosa di non strettamente essenziale per l’efficacia, ma è comunque importante per sottolineare la dignità. Allo stesso modo, l’efficacia del servizio di ogni sacerdote, di ogni esorcista dipende dalla potenza dell’azione sacramentale del Risorto; tuttavia le virtù che risplendono nel sacerdote servono a considerare con rispetto, con amore ogni atto sacramentale, com’è l’esorcismo invocativo e imperativo, atto sacramentale cioè del Crocefisso risorto; a ricordare la grandezza del ministero ordinato; ad agire, non pe vanità e ricerca di consenso, ma, come Cristo, per compassione e soprattutto misericordia verso chi soffre nel corpo e nell’anima; infine, a far innamorare di Lui attraverso  l’agire della nostra persona.
Pregare, impegnarci per questi sentimenti, per queste virtù, a servizio dei fratelli, per la cui liberazione, guarigione, consolazione,  salvezza siamo stati consacrati ministri della grazia, del dono divino. Ogni esorcista che appartiene all’AIE si è consacrato al Cuore Immacolato di Maria, di Colei che schiaccia il capo del Nemico, non con la violenza né con discorsi persuasivi, bensì con la sua santità, con il suo essere tutta – di – Dio. Per l’efficacia del nostro ministero quanto è importante il noi sacramentale, fraterno, vissuto in totale comunione con il Risorto che agisce attraverso di noi, sempre in comunione affettiva ed effettiva con la Chiesa, con il Papa, con il Vescovo. “Il Dio della pace schiaccerà ben presto Satana sotto i vostri piedi” (Rm 16,20)


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