Domenica V di Pasqua
Io sono la vite vera e il Padre mio l’agricoltore
Il Vangelo di oggi, la parola del Risorto a noi qui
convenuti, si apre con l’immagine del nostro rapporto con Lui, la vigna e noi i
tralci. Gesù disse ai suoi discepoli: Io, risorto che vi parlo, che mi faccio
presente nell’eucarestia, agisco nei sacramenti, sono come la vite e il Padre
mio, che mi ha fatto risorgere per farmi presente in continuità e dovunque per
la salvezza di tutti e di tutto, è come l’agricoltore (Gv 15,1). Spesso, nella
Bibbia, Israele viene paragonata alla vigna feconda quando è fedele a Dio; ma
se si dimentica, si
allontana da Lui, diventa sterile, incapace di produrre
quel “vino che allieta il cuore dell’uomo”, come canta il Salmo 104 (v.15). La vera vigna di Dio, la
vite vera, è Gesù, il Dio che attraverso il grembo verginale di Maria per opera
dello Spirito santo ha assunto un volto umano unendosi in qualche modo ad ogni
uomo e con il suo sacrificio d’amore, che attualizza in ogni Messa soprattutto
della Domenica, ci dona il suo modo di amare, ci apre il cammino per essere
parte nella fraternità di questa vigna. Quello che venerdì abbiamo visto a Milano non è certo
fraternità. E come il Dio che possiede un volto umano rimane, è veicolo
dell’amore di Dio Padre, così i discepoli, noi se uniti in modo profondo a Lui
con la Messa almeno della Domenica, la preghiera di ogni giorno, diventando
sempre di più tralci fecondi di amore, di fraternità, di solidarietà, di
giustizia sociale, possiamo constatare di essere tralci fecondi per un raccolto
abbondante nella famiglia e nella società. Scrive san Francesco di Sales,
grande formatore di santità laicale: “Il ramo unito e congiunto al tronco porta
frutto non per propria virtù, ma per virtù del ceppo: ora, noi siamo uniti
dalla carità cioè dal modo divino di amare, al redentore, come le membra al
capo; ecco perché…le buone opere, traendo il loro valore da Lui, meritano la
vita veramente vita, la vita eterna”.
Nel giorno del nostro Battesimo la Chiesa, incorporandoci a
Lui Risorto presente in lei, ci innesta come tralci al Mistero Pasquale di
Gesù, nella sua Persona stessa, dando un futuro oltre la morte anche al corpo e
non solo all’anima che non muore. Da questa radice riceviamo la preziosa linfa
dell’amore divino per partecipare alla stessa vita divina. Come discepoli,
anche noi, con l’aiuto dei Pastori della Chiesa, cresciamo nella vigna del
Signore vincolati dal suo amore. Se il frutto che necessitiamo di portare è l’amore,
il modo divino di amare fino al perdono, il suo presupposto è proprio questo
“rimanere” che profondamente ha a che fare con quella fede che non lascia mai
il Signore, non antepone nulla e nessuno al partecipare alla Messa della
Domenica. E’ indispensabile rimanere sempre uniti a Gesù magari leggendo una
pagina di Vangelo ogni girono come preghiera, meditando i suoi misteri nel
Rosario in questo mese di maggio, dipendenti da Lui, convinti che senza di Lui,
anche lavorando tanto, non possiamo far nulla di bene. In una lettera scritta a
Giovanni il profeta, vissuto nel deserto di Gaza nel V secolo, deserto oggi
fonte di violenza internazionale, un fedele pone la seguente domanda: come è
possibile tenere insieme la libertà di ogni uomo e il non poter far nulla senza
Dio? E il monaco risponde: Se l’uomo inclina il suo cuore verso il bene e chiede a Dio l’aiuto con la preghiera, ne
riceve la forza necessaria per compiere la propria opera. Perciò la libertà
dell’uomo e la potenza di Dio procedono insieme. Questo è possibile perché ogni
bene viene dal Signore, ma esso arriva grazie alla libera accoglienza dei
fedeli. Il vero “rimanere” in Cristo non mancando mai alla Messa della Domenica
garantisce l’efficacia di ogni lavoro, come ci dice il beato cistercense
Guerrino d’Igny: “O Signore Gesù… senza di te non possiamo far nulla. Tu infatti
sei il vero giardiniere, creatore, coltivatore e custode del tuo giardino, che
pianti con la tua parola, irrighi con il tuo spirito, fai crescere con la tua
potenza”.
Carissimi, ognuno di noi è come un tralcio, che vive, ama,
socialmente solidarizza, solo se fa crescere ogni giorno nella preghiera, nella
partecipazione ai Sacramenti, nella carità, la sua unione con il Signore
permettendo a Lui di intervenire. E chi risponde all’amore di Gesù, produce
frutti di fede per un abbondante raccolto spirituale. All’inizio del mese di
maggio, il mese della Madonna del Rosario, di Fatima, invochiamola perché
rimaniamo innestati in Gesù come tralci alla vite e ogni nostra azione abbia in
Lui il suo inizio e in Lui il suo compimento.
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