Non esiste alcun peccato che Dio non possa perdonare!
Non dimentichiamolo
mai, sia come penitenti sia come confessori: non esiste alcun peccato che Dio
non possa perdonare! Nessuno! Solo ciò è sottratto alla divina misericordia non
può essere perdonato, come chi si sottrae al sole non può essere illuminato ne
riscaldato.
Cari fratelli,
sono particolarmente lieto, in questo tempo di Quaresima, di
incontrarvi in occasione dell’annuale Corso sul Foro Interno organizzato dalla Penitenzieria
Apostolica. Rivolgo un cordiale saluto al Cardinale Mauro Piacenza,
Penitenziere Maggiore, e lo ringrazio per le sue cortesi espressioni. Lo
ringrazio per gli auguri che mi ha fatto, ma vorrei anche condividere un’altra
ricorrenza: oltre a quella di domani, dei
due anni di pontificato, oggi ricorre
il 57.mo della mia entrata nella vita religiosa. Pregate per me! Saluto il
Reggente, Mons. Krzysztof Nykiel, i Prelati, gli Officiali e il Personale della
Penitenzieria, i Collegi dei Penitenzieri ordinari e straordinari delle
Basiliche Papali in Urbe, e tutti voi partecipanti al Corso, che ha come fine
pastorale quello di aiutare i novelli sacerdoti e i candidati all’Ordine sacro
ad amministrare rettamente il Sacramento della Riconciliazione. I Sacramenti,
come sappiamo, sono il luogo della prossimità e della tenerezza di Dio per gli
uomini; essi sono il modo concreto che Dio ha pensato, ha voluto per venirci
incontro, per abbracciarci, senza vergognarsi di noi e del nostro limite.
Tra i Sacramenti, certamente quello della Riconciliazione rende presente con speciale efficacia il volto
misericordioso di Dio: lo concretizza e lo manifesta continuamente, senza
sosta. Non dimentichiamolo mai, sia come penitenti che come confessori: non
esiste alcun peccato che Dio non possa perdonare! Nessuno! Solo ciò che è
sottratto alla divina misericordia non può essere perdonato, come chi si
sottrae al sole non può essere illuminato né riscaldato.
Alla luce di questo meraviglioso dono di Dio, vorrei
sottolineare tre esigenze: vivere il Sacramento come mezzo per educare alla
misericordia; lasciarsi educare da quanto celebriamo; custodire lo sguardo
soprannaturale.
1. Vivere il Sacramento come mezzo per educare alla misericordia, significa aiutare i
nostri fratelli a fare esperienza di pace e di comprensione, umana e cristiana.
La Confessione non deve essere una “tortura”, ma tutti dovrebbero uscire dal
confessionale con la felicità nel cuore, con il volto raggiante di speranza,
anche se talvolta – lo sappiamo – bagnato dalle lacrime della conversione e
della gioia che ne deriva (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 44). Il
Sacramento, con tutti gli atti del penitente, non implica che esso diventi un
pesante interrogatorio, fastidioso ed invadente. Al contrario, dev’essere un
incontro liberante e ricco di umanità, attraverso il quale poter educare alla
misericordia, che non esclude, anzi comprende anche il giusto impegno di
riparare, per quanto possibile, il male commesso. Così il fedele si sentirà
invitato a confessarsi frequentemente, e imparerà a farlo nel migliore dei
modi, con quella delicatezza d’animo che fa tanto bene al cuore – anche al
cuore del confessore! In questo modo noi sacerdoti facciamo crescere la
relazione personale con Dio, così che si dilati nei cuori il suo Regno di amore
e di pace.
Tante volte si confonde la misericordia con l’essere
confessore “di manica larga”. Ma pensate questo: né un confessore di manica
larga, né un confessore rigido è misericordioso. Nessuno dei due. Il primo,
perché dice: “Vai avanti, questo non è peccato, vai, vai!”. L’altro, perché dice:
“No, la legge dice…”. Ma nessuno dei due tratta il penitente come fratello, lo
prende per mano e lo accompagna nel suo percorso di conversione! L’uno dice:
“Vai tranquillo, Dio perdona tutto. Vai, vai!”. L’altro dice: “No, la legge
dice no”. Invece, il misericordioso lo ascolta, lo perdona, ma se ne fa carico
e lo accompagna, perché la conversione sì, incomincia – forse – oggi, ma deve
continuare con la perseveranza… Lo prende su di sé, come il Buon Pastore che va
a cercare la pecora smarrita e la prende su di sé. Ma non bisogna confondere:
questo è molto importante. Misericordia significa prendersi carico del fratello
o della sorella e aiutarli a camminare. Non dire “ah, no, vai, vai!”, o la
rigidità. Questo è molto importante. E chi può fare questo? Il confessore che
prega, il confessore che piange, il confessore che sa che è più peccatore del
penitente, e se non ha fatto quella cosa brutta che dice il penitente, è per
semplice grazia di Dio. Misericordioso è essere vicino e accompagnare il
processo della conversione.
2. Ed è proprio a voi confessori che dico: lasciatevi educare dal Sacramento della
Riconciliazione! Secondo punto. Quante volte
ci capita di ascoltare confessioni che ci edificano! Fratelli e sorelle che
vivono un’autentica comunione personale ed ecclesiale con il Signore e un amore
sincero per i fratelli. Anime semplici, anime di poveri in spirito, che si
abbandonano totalmente al Signore, che si fidano della Chiesa e, perciò, anche
del confessore. Ci è dato anche, spesso, di assistere a veri e propri miracoli
di conversione. Persone che da mesi, a volte da anni sono sotto il dominio del
peccato e che, come il figliol prodigo, ritornano in sé stesse e decidono di
rialzarsi e ritornare alla casa del Padre (cfr Lc15,17), per implorarne il perdono. Ma com’è
bello accogliere questi fratelli e sorelle pentiti con l’abbraccio benedicente
del Padre misericordioso, che ci ama tanto e fa festa per ogni figlio che
ritorna a Lui con tutto il cuore!
Quanto possiamo imparare dalla conversione e dal pentimento
dei nostri fratelli! Essi ci spingono a fare anche noi un esame di coscienza:
io, sacerdote, amo così il Signore, come questa vecchietta? Io sacerdote, che
sono stato fatto ministro della sua misericordia, sono capace di avere la
misericordia che c’è nel cuore di questo penitente? Io, confessore, sono
disponibile al cambiamento, alla conversione, come questo penitente, del quale
sono stato posto al servizio? Tante volte ci edificano queste persone, ci
edificano.
3. Quando si ascoltano le confessioni sacramentali dei
fedeli, occorre tenere sempre lo
sguardo interiore rivolto al Cielo, al soprannaturale. Dobbiamo anzitutto
ravvivare in noi la consapevolezza che nessuno è posto in tale ministero per
proprio merito; né per le proprie competenze teologiche o giuridiche, né per il
proprio tratto umano o psicologico. Tutti siamo stati costituiti ministri della
riconciliazione per pura grazia di Dio, gratuitamente e per amore, anzi,
proprio per misericordia. Io che ho fatto questo e questo e questo, adesso devo
perdonare… Mi viene in mente quel brano finale di Ezechiele 16, quando il
Signore rimprovera con termini molto forti l’infedeltà del suo popolo. Ma alla
fine dice: “Ma io ti perdonerò e ti porrò sopra le tue sorelle – gli altri
popoli – per giudicarli, e tu sarai più importante di loro, e questo lo
farò per la tua vergogna, perché ti vergogni di quello che hai fatto”.
L’esperienza della vergogna: io, nel sentire questo peccato, quest’anima che si
pente con tanto dolore o con tanta delicatezza d’animo, sono capace di
vergognarmi dei miei peccati? E questa è una grazia. Siamo ministri della
misericordia grazie alla misericordia di Dio; non dobbiamo mai perdere questo
sguardo soprannaturale, che ci rende davvero umili, accoglienti
e misericordiosi verso ogni fratello e sorella che chiede di confessarsi.
E se io non ho fatto questo, non sono caduto in quel brutto peccato o non sono
in carcere, è per pura grazia di Dio, soltanto per questo! Non per merito
proprio. E questo dobbiamo sentirlo nel momento dell’amministrazione del
Sacramento. Anche il modo di ascoltare l’accusa dei peccati dev’essere
soprannaturale: ascoltare in modo soprannaturale, in modo divino; rispettoso
della dignità e delle storia personale di ciascuno, così che possa comprendere
che cosa Dio vuole da lui o da lei. Per questo la Chiesa è chiamata ad
«iniziare i suoi membri – sacerdoti, religiosi e laici – all’“arte
dell’accompagnamento”, perché tutti imparino sempre a togliersi i sandali
davanti alla terra sacra dell’altro» (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium,169). Anche
il più grande peccatore che viene davanti a Dio a chiedere perdono è “terra
sacra”, e anch’io che devo perdonarlo in nome di Dio posso fare cose più brutte
di quelle che ha fatto lui. Ogni fedele penitente che si accosta al
confessionale è “terra sacra”, terra sacra da “coltivare” con dedizione, cura e
attenzione pastorale.
Vi auguro, cari fratelli, di approfittare del tempo
quaresimale per la conversione personale e per dedicarvi generosamente
all’ascolto delle Confessioni, così che il popolo di Dio possa giungere
purificato alla festa di Pasqua, che rappresenta la vittoria definitiva della
Divina Misericordia su tutto il male del mondo. Affidiamoci all’intercessione
di Maria, Madre della Misericordia e Rifugio dei peccatori. Lei sa come
aiutarci, noi peccatori. A me piace tanto leggere le Storie di sant’Alfonso
Maria de’ Liguori, e i diversi capitoli del suo libro “Le glorie di Maria”.
Queste storie della Madonna, che sempre è il rifugio dei peccatori e cerca la
strada perché il Signore perdoni tutto. Che Lei ci insegni questa arte. Vi
benedico di cuore e, per favore, vi chiedo di pregare per me. Grazie” (Papa
Francesco, Ai partecipanti al Corso
promosso dal Tribunale della Penitenzieria Apostolica).
Penso utile riportare da Vatican Insider un articolo di
Andrea Tornielli:
Il Papa annuncia un Anno Santo straordinario, dall'8
dicembre 2015 al 26 novembre 2016, dedicato alla misericordia, nel corso del
rito penitenziale nella Basilica di San Pietro. L'annuncio era contenuto, con
embargo, nella documentazione fornita nel primo pomeriggio dalla Sala Stampa
Vaticana. "La Chiesa troverà la gioia di riscoprirla". L'8 dicembre
prossimo, a 50 anni dalla fine del Concilio Vaticano II, sarà dunque riaperta
la Porta Santa in San Pietro. La bolla di indizione sarà pubblica il 12 aprile,
domenica della Divina Misericordia. Festa, quest'ultima, istituita da Giovanni
Paolo II, celebrata la domenica dopo Pasqua. La scelta di Bergoglio è dunque in
continuità con il precedente Giubileo straordinario, voluto da Wojtyla nel 1983
per ricordare i 1950 anni della Redenzione, e con il Grande Giubileo del 2000,
ugualmente guidato dal Papa polacco che Jorge Mario Bergoglio ha
proclamato santo il 27 aprile scorso. Prevedibilmente, il Giubileo
straordinario farà aumentare in modo esponenziale il numero dei fedeli che da
tutto il mondo giungeranno in Vaticano nel corso dell'Anno Santo. Il sindaco di
Roma, Ignazio Marino: "Siamo pronti". Mentre il presidente del
Consiglio Matteo Renzi saluta "l'annuncio del Giubileo" come
"una buona notizia che il governo italiano accoglie con i migliori
auspici. L'Italia, che quest'anno ospita l'Expo, saprà fare la sua parte anche
in questa occasione". Gli fa eco il ministro dei Beni Culturali e del
Turismo, Dario Franceschini: "L'Italia saprà accogliere al meglio I fedeli
che si recheranno a Roma per l'Anno Santo. Il ministero è pronto, sin da
subito, a collaborare per la migliore riuscita di questo Giubileo che sarà per
milioni di persone di tutto il mondo un'occasione per un percorso di fede e
insieme per uno straordinario viaggio in Italia". Già, milioni di persone,
su cui sarà necessario vegliare. Perché l'Is da mesi ripete di voler arrivare a
Roma, intesa come cuore della Cristianità. Un evento come l'Anno Santo
straordinario meriterà, evidentemente, particolare attenzione. "L'annuncio
del nostro Papa arriva in un momento storico complesso e difficile per il Paese
e a livello internazionale. Per questo confidiamo che contribuirà ad alimentare
un clima di pacificazione e noi ci impegneremo perché ciò possa avvenire in una
cornice di sicurezza" conferma il ministro dell'Interno, Angelino Alfano,
interpellato dall'Ansa. Intanto, il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della
Conferenza Episcopale Italiana, ringrazia il Papa ai microfoni del Tg2000.
"Francesco ha fatto una grande sorpresa e una grande dono alla Chiesa
universale con l'indizione di questo nuovo Anno Santo e di questo Giubileo
della Misericordia. La Chiesa Italiana ringrazia molto il Santo Padre ed
esprime tutta la sua gioia e tutta la sua gratitudine".
L'annuncio di Papa Francesco.
"Cari fratelli e sorelle - ha detto Bergoglio -, ho pensato spesso a come
la Chiesa possa rendere più evidente la sua missione di essere testimone della
Misericordia. È un cammino che inizia con una conversione spirituale. Per
questo ho deciso di indire un Giubileo straordinario che abbia al suo centro la
misericordia di Dio. Questo Anno Santo inizierà nella prossima solennità
dell'Immacolata Concezione e si concluderà il 20 novembre del 2016, domenica di
Nostro Signore Gesù Cristo, re dell'universo e volto vivo della misericordia
del Padre. Affido l'organizzazione di questo Giubileo al Pontificio consiglio
per la promozione della nuova evangelizzazione, perché possa animarlo come una
nuova tappa del cammino della Chiesa nella sua missione di portare a ogni
persona il vangelo della Misericordia".
Perché "nessuno può essere escluso dalla
Misericordia di Dio - ha proseguito il Pontefice nel corso dell'omelia - tutti
conoscono la strada per accedervi e la Chiesa è la casa che tutti accoglie e nessuno
rifiuta. Le sue porte permangono spalancate, perché quanti sono toccati dalla
grazia possano trovare la certezza del perdono. Più è grande il peccato e
maggiore - ha scandito Bergoglio - dev'essere l'amore che la Chiesa esprime
verso coloro che si convertono".
"Sono convinto - ha detto ancora il Papa - che tutta la
Chiesa potrà trovare in questo Giubileo la gioia per riscoprire e rendere
feconda la misericordia di Dio, con la quale tutti siamo chiamati a dare
consolazione a ogni uomo e ogni donna del nostro tempo. Lo affidiamo fin d'ora
alla Madre della Misericordia, perché rivolga a noi il suo sguardo e vegli sul
nostro cammino".
La Chiesa Cattolica ha iniziato la tradizione dell'Anno
Santo con Papa Bonifacio VIII nel 1300. Bonifacio aveva previsto un Giubileo
ogni secolo. Dal 1475 - per permettere a ogni generazione di vivere almeno un
Anno Santo - il Giubileo ordinario fu cadenzato con il ritmo dei 25 anni. Un
Giubileo Straordinario, consuetudine che risale al XVI secolo, viene indetto in
occasione di un avvenimento di particolare importanza. Gli Anni Santi ordinari
celebrati fino ad oggi sono 26. L'ultimo è stato il Giubileo del 2000. Gli
ultimi Anni Santi straordinari, del secolo scorso, sono stati quelli del 1933,
indetto da Pio XI per il XIX centenario della Redenzione, e quello del 1983,
indetto da Giovanni Paolo II per i 1950 anni della Redenzione.
Intervista col Pontefice. Il
Papa festeggia il secondo anniversario del Conclave con un'intervista.
Francesco parla con la giornalista Valentina Alazraki dell'emittente messicana Televisa
e pronuncia parole anche molto critiche nei confronti di una parte della
Chiesa. Fa riferimento all'incapacità del clero di coinvolgere i laici,
definisce la Curia "l'ultima corte d'Europa". Il pontefice
venuto dall`altra parte del mondo tocca tutti i temi che hanno caratterizzato i
suoi due anni di pontificato, comprese le riforme: "Ogni cambiamento
inizia dal cuore - spiega - e comporta una conversione nel modo di
vivere".
Pontificato breve. Francesco
ammette che gli manca di poter girare liberamente, magari per poter andare in
pizzeria senza essere riconosciuto. Ma il tempo a disposizione non gli sembra
essere molto. Dice di di avere la sensazione che il suo sarà un pontificato
breve. "Quattro o cinque anni. Non lo so, o due, tre. Ben due sono
passati da allora. È come un piccolo vago sentimento". Poi precisa:
"È una sensazione", facendo intendere che potrebbe sbagliarsi.
All`intervistatrice che accenna all`eventualità di un ritiro per limiti di età,
come avviene per i vescovi, il Papa risponde che non pensa alle dimissioni.
Definisce il papato una grazia speciale anche se dice anche di apprezzare la
strada aperta da Benedetto XVI riguardo alla figura del papa emerito. Una
scelta coraggiosa la definisce, come coraggiosa fu la decisione di avere reso
pubblica la gravità degli abusi commessi da alcuni membri della chiesa contro i
bambini e la necessità di prendersi cura delle vittime.
Gli imperativi della Chiesa.
"Tutelare, proteggere, accompagnare" sono gli imperativi che
Francesco attribuisce alla Chiesa, e li ripete quando parla del Sinodo sulla
famiglia che si riunirà a ottobre per la sua seconda tappa. Su questo, però,
definisce "smisurate" le aspettative su temi complessi e delicati
come quello della Comunione ai divorziati risposati o in materia di omosessualità.
"Quello che è certo per Francesco - riassume la Radio Vaticana che
ha trasmesso un'ampia sintesi dell'intervista - è che la famiglia attraversa
una crisi mai vista prima e che bisogna ripartire da una pastorale che si
rivolga innanzitutto ai giovani e ai nuovi sposi ".
Viaggiare, che penitenza. Le
prossime tappe? Francesco guarda all'appuntamento di Philadelphia, del prossimo
settembre, per la Giornata mondiale della famiglia, all'Africa che visiterà
presto e all'America Latina che lo attende. "Non mi piace
viaggiare". Tra gli aspetti del pontificato "penso che sia la
penitenza più grande", dice Francesco. "Sono molto legato
all'habitat, è una nevrosi" ma "le nevrosi - scherza Bergoglio con
l'intervistatrice - bisogna trattarle bene". "Non mi piace viaggiare
oggi" come "prima non mi piaceva venire a Roma", ammette il
Papa.
Italia generosa con immigrati.
Bergoglio, poi, ha lodato la generosità italiana nei confronti degli immigrati:
"Sono contento che l'Europa stia rivedendo le politiche di immigrazione.
L'Italia è stata molto generosa. Dobbiamo dirlo, no?. Il sindaco di Lampedusa -
dice ancora il Papa - si è giocata tutto, a costo di trasformare l'isola da
terra di turismo a terra di ospitalità" e questo suppone che "si
fanno meno soldi" e "questo è un gesto eroico". Parole che hanno
commosso il sindaco dell'isola: "Sono emozionata e commossa per le
parole del Papa", ha detto Giusy Nicolini, che l'8 luglio 2013 ha ricevuto
il pontefice nel'isola, al suo primo viaggio pastorale. "È capitato in
passato - ha aggiunto - che Papa Francesco mi mandasse i suoi saluti attraverso
il cardinale Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento. 'Saluta Giusy'
diceva al suo interlocutore. 'Giusy chi?' disse la prima volta Montenegro. 'Il
sindaco', rispose il Papa".
Commenti
Posta un commento