Preghiera 57

10 febbraio 2015
Preghiera di guarigione
di liberazione, di consolazione
XXIII Giornata Mondiale del malato. Sapienza cordis
“Io ero gli occhi per il cieco, ero i piedi per lo zoppo”  (Gb 29,15)
Liturgia della Beata Vergine Maria di Lourdes
(149) E’ l’ora che pia
(251) Mira il tuo popolo
(354) per l’esposizione, più strofe Venite fedeli

Omelia
Celebriamo domani, memoria liturgica della  Beata Vergine Maria di Lourdes, la XXIII Giornata Mondiale del Malato.  L’Immacolata è apparsa l’11 febbraio 1858 a Santa Bernardette anche per richiamare che il potere, dato da Gesù alla Chiesa, di scacciare gli spiriti immondi è congiunto con il potere di guarire ogni sorta di malattie e infermità. “Gesù
convocò i Dodici e diede loro forza e potere su tutti i demoni e di guarire le infermità”. Nelle apparizioni, riconosciute di origine soprannaturale, l’Immacolata non dice niente di nuovo di quello che evangelicamente è stato rivelato e viene trasmesso dalla Chiesa in continuità ma richiama punti pastoralmente non presenti come la cura delle infermità tanto che nel 1992 San Giovanni Paolo II istituì l’11 febbraio a Lourdes la Giornata Mondiale dell’Ammalato e io fui incaricato di guidare un pellegrinaggio. Perciò  è normale che la cura pastorale esorcistica sia anche per i disagi dell’anima e del corpo. compresi quelli che necessitano della terapia esorcistica e si attuino nel contesto più ampio del ministero di guarigione e di consolazione. Questo è anche più convincente, tenendo presente che la guarigione riguarda l’intera persona e non le singole parti sottoposte a terapia: è tutto l’io, spirito, psiche, corpo cioè la persona che viene guarita, consolata e liberata. Perciò è sempre necessario l’incontro sia con il Risorto nella preghiera liturgica, nel ministro che agisce in persona di Lui,  come pure nella cura naturale del medico, della medicina: un connubio che non va mai disgiunto.
Inoltre non si può dimenticare che la fede cristiana suggerisce di tenere presente l’intera esistenza di una persona cioè il già e il non ancora cioè il dono di quella speranza affidabile, in virtù della quale noi possiamo affrontare il nostro presente, il già, l’adesso della nostra esistenza: il presente, anche un presente faticoso, di malattia, di emarginazione, di solitudine, può essere vissuto ed accettato se conduce verso il non ancora di una meta e se di questa meta noi possiamo essere sicuri, se questa meta è così grande da giustificare la fatica del cammino: è tanto il bene che mi aspetto… che non si può escludere che il Signore, nella sua imperscrutabile provvidenza, possa chiedere a qualcuno un cammino di santità cioè di crescita nell’amore, che contempli anche la presenza della sofferenza: per questo è giustificato parlare di due tipi di guarigione: dalla malattia con la guarigione e nella malattia con la consolazione. Si è guariti dalla malattia, quando questa scompare o diviene sopportabile, si è guariti nella malattia, quando si giunge a comprendere nella interiorità di fede del proprio cuore che anche questa ha un senso particolare nella propria esistenza in vista della grande speranza del non ancora. Il segno di questo tipo di guarigione è la serenità nuova che vivifica l’intera vita del malato al punto di divenire felice del suo stato di vita, del suo già così provato. Non mancano esempi di tale guarigione, di tale atteggiamento come in san Paolo: scoppio di gioia in tutte le mie gravi tribolazioni e fallimenti.
Gesù liberamente, per amore ha voluto assorbire su di sé tutta la sofferenza, la cattiveria umana, rivelando così l’amore del Padre, che freme di compassione per ogni uomo ferito dal peccato e dalle malattie: anche trascurato il Padre con Gesù nello Spirito Santo non trascura mai nessuno, anche dimenticato non dimentica, perfino tradito fino al termine della vita per ogni persona rivela la sua onnipotenza nel perdono ricreando continuamente ciò che il peccato mortale distrugge, il peccato veniale ferisce. Per questo uniti sacramentalmente al Risorto con il dono del suo Spirito, l’accettazione anche della malattia, del fallimento e della morte, con abbandono filiale al Padre come Gesù in Croce, nella consapevolezza che l’onnipotenza divina sa trarre il bene anche dal male per cui “tutto concorre al bene, per quelli che si lasciano amare e amano Dio e che sono stati chiamati secondo il suo disegno” (Rm 8,28) realizza una particolare conformazione a Cristo crocefisso. Alcuni cristiani, come san Pio, hanno vissuto questa conformazione in modo estremamente lucido e gioioso anche per altri, pur disturbati dalla tentazione ordinaria  del Maligno e in quella straordinaria della vessazione, ossessione, possessione, infestazione.
Una mia cugina sposata, ammalata di tumore ha atteso la mia ordinazione nel 1960 per confessarsi attraverso me prima di morire. Vederla preparata, soffrire con il sorriso dicendomi di sentirsi amata come non mai e di poter nel non ancora del Paradiso aiutare la sua bambina e suo marito ho colto che la vocazione delle vocazioni è poter morire beati nel Signore. Persone come lei le ho viste veramente guarite da una malattia, più profonda di ogni malattia fisica, cioè guarire dal rigetto della malattia, dalla paura di soffrire e di morire: questo è pure il dono della preghiera di consolazione.
Ciò premesso, rimane sempre attuale la necessità di tenere viva la fede nella presenza del Risorto: la vittoria sul Maligno, sul peccato e sulla morte è vittoria definitiva, da parte di Gesù, e diventa definitiva, anche nella nostra esistenza, se perseveriamo nel dimorare in Lui: perseveranza che richiede costante vigilanza e resistenza contro le insidie ordinarie e straordinarie del Maligno, che punta a danneggiare l’opera di Dio in noi. Il sacramento della Confermazione, della Cresima ci abilita continuamente, memorizzandolo con l’invocazione allo Spirito, a questo combattimento difensivo, che ognuno è chiamato a condurre tutta la vita seguendo una strategia personalizzata, verificata con il proprio padre spirituale, il proprio confessore e che punti a lasciarsi continuamente ad assimilarsi a Cristo. Invochiamo con il canto lo Spirito santo:
(220) 1. Lo Spirito di Dio dal cielo scenda, e si rinnovi il mondo nell’amore: il soffio della grazia ci trasformi, e regnerà la pace in mezzo a noi. La guerra non tormenti più la terra, e l’odio non divida i nostri cuori. R) Uniti nell’amore, formiamo un solo corpo nel Signore.
2. La carità di Dio in noi dimori e canteremo, o Padre, la tua lode; Celebreremo unanimi il tuo nome, daremo voce all’armonia die mondi. Viviamo in comunione vera e santa; fratelli: nella fede è la speranza. Rit) Uniti…
3. Lo Spirito di Dio è fuoco vivo, è carità che accende l’universo. S’incontreranno i popoli del mondo nell’unico linguaggio dell’amore. I poveri saranno consolati, giustizia e pace in lui si abbracceranno. Rit) Uniti…

Preghiera e catechesi
Sapientia cordis. “Io ero gli occhi per il cieco, ero i piedi per lo zoppo” (Gb 29,16).
E’ questo il tema della XXIII Giornata Mondiale del Malato per chiedere la guarigione di chi sta portando il peso della malattia, uniti alla carne di Cristo sofferente.
Il tema di quest’anno dato da Papa Francesco, tratto dal Libro di Giobbe, ci invita a meditare un’espressione del Libro di Giobbe “Io ero gli occhi per il cieco, ero i piedi per lo zoppo” nella prospettiva di quella sapienza del cuore che libera, unita alla preghiera, dal rischio di soccombere nella tentazione o azione ordinaria o dall’essere  colpiti dall’azione straordinaria del Maligno.
E’ un atteggiamento infuso dallo Spirito santo nella mente e nel cuore di chi sa aprirsi alla sofferenza dei fratelli e vogliamo aver dinnanzi come nel Vangelo emerge la figura della Beata Vergine Maria, che segue il Figlio sofferente fino al supremo sacrificio del Golgota. Ella non perde mai la speranza nella vittoria di Dio sul male, sul dolore e sulla morte, e sa accogliere con lo stesso abbraccio di fede e di amore il Figlio di Dio nato nella grotta di Betlemme e morto sulla croce. La sua ferma fiducia nella presenza divina viene illuminata dalla Risurrezione di Cristo, che dona speranza a chi si trova nella sofferenza e rinnova la certezza della vicinanza e della consolazione del Signore.
La Giornata Mondiale è per i Malati, per gli operatori sanitari, per tutti i fedeli, per noi qui convenuti per un momento forte di preghiera di guarigione, personalmente di offerta della sofferenza per il bene della Chiesa e di richiamo per tutti a riconoscere nel volto del fratello infermo il Santo Volto di Cristo che, soffrendo, morendo e risorgendo ha operato la salvezza dell’umanità. Agendo in persona di Lui, eucaristicamente qui dinnanzi noi, non posso non essere particolarmente vicino a ciascuno di voi, che al termine sarò con il diacono lo strumento  con l’olio benedetto del suo tocco sacramentale su ciascuno, nel difficile momento di prova a causa dell’infermità e della sofferenza per cui siete qui convenuti e a nome suo vi dico: non siete mai né abbandonati, né inutili, come il Maligno cerca continuamente  di insinuare. Lui, che adoriamo qui dinnanzi a noi, vuole farvi sentire e comprendere tutto l’amore profondo di Dio verso ogni essere umano, specialmente quando si trova nella malattia, nel dolore continuo. Sapienza del cuore è il coraggio di servire il fratello, il familiare, chi incontriamo ferito nel corpo e nello spirito, di chi chiede aiuto, anche se sconosciuto e privo di risorse. Non è scansando la sofferenza, la fuga davanti al dolore, che guarisce l’uomo, che lo rende vincitore nella tentazione, liberato dal Maligno, ma la capacità di accettare la tribolazione e in essa di maturare, di trovare senso mediante l’unione con Cristo che ha sofferto con infinito amore.
(192) In te la nostra gloria, o croce del Signore. Per te salvezza e vita nel sangue redentor. R)La Croce di Cristo è nostra gloria, salvezza è risurrezione.
1. Dio ci sia propizio e ci benedica e per noi illumini il suo volto. Sulla terra si conosca la tua via, la tua salvezza in tutte le nazioni. R) La Croce…
2. Si rallegrino, esultino le genti: nella giustizia tu giudichi il mondo. Nella rettitudine tu giudichi i popoli, sulla terra governi le genti. R) Uniti…
Io ho avuto la gioia a Torri di avere ospite la beata  Teresa di Calcutta, capace di valorizzare  la sofferenza sul piano umano. Iniziava sempre la sua giornata incontrando Gesù nell’Eucarestia, per uscire poi nelle strade e con la corona del Rosario in mano ad incontrare e servire il Signore presente e toccandolo nei sofferenti,  specialmente in coloro che sono “non voluti, non amati, non curati”. E diceva: quando mi sento amata da Lui  e amo Lui nei fratelli, lui che non può più che odiare, non mi può colpire.
Vorrei ricordare il venerabile Luigi Novarese nell’esercizio del suo ministero avvertì in modo particolare l’importanza della preghiera per e con gli ammalati e i sofferenti, che accompagnava spesso nei Santuari mariani, in special modo alla grotta di Lourdes.
Mosso dalla carità, Raul Follereau ha dedicato la propria vita alla cura di persone affette dal morbo di Hansen sin nelle aree più remote, promuovendo fra l’altro la Giornata Mondiale contro la Lebbra.
Papa Francesco ricorda quanti oggi testimoniano, non con parole, ma con la loro vita radicata in una fede genuina, di essere “occhi per il cieco” e “piedi per lo zoppo”, toccare la carne di Cristo negli ammalati! Persone che stanno vicino ai malati che hanno bisogno di un’assistenza continua, di un aiuto per lavarsi, per vestirsi, per nutrirsi. Questo servizio, specialmente quando si prolunga nel tempo, può diventare faticoso e pesante. E relativamente facile servire per qualche giorno, ma è difficile accudire una persona per mesi o addirittura per anni, anche quando essa non è più in grado di ringraziare. E tuttavia, che grande cammino di liberazione, di consolazione è questo! In quei momenti si può contare in modo particolare sulla vicinanza del Signore, e si è anche di speciale sostegno alla missione evangelizzatrice della Chiesa: occorre esserne consapevoli!
Sapienza del cuore, sicurezza contro gli assalti del Maligno, è stare con il fratello. Il tempo passato accanto al malato è un tempo santo anche di liberazione. E’ lode a Dio, che ci conforma all’immagine del suo Figlio, il quale non è venuto e non viene sacramentalmente per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto, in liberazione per molti (Mt 20,28). Gesù stesso ha detto: “Io sto in mezzo a voi come colui che serve” (Lc 22,27).
Chiediamo con viva fede allo Spirito santo che ci doni la grazia di comprendere, anche per essere sostenuti di fronte all’azione ordinaria della tentazione, la più terribile, e straordinaria del Maligno, il valore dell’accompagnamento, tante volte silenzioso, che ci porta a dedicare tempo a queste sorelle e a questi fratelli, i quali, grazie alla nostra vicinanza e al nostro affetto, si sentono più amati e confortati sacramentalmente da Lui. Quale grande menzogna invece si nasconde dietro certe espressioni che insistono tanto sulla “qualità della vita”, per indurre a credere che le vite gravemente affette da malattia non sarebbero degne di essere vissute”! E’ diabolico prospettare una cultura cioè un modo comune di pensare e di agire così!
Sapienza del cuore è uscire da sé verso il fratello. Il nostro mondo dimentica a volte il valore speciale del tempo speso accanto al letto del malato, perché si è assillati dalla fretta, dalla frenesia del fare, del produrre, e si dimentica la dimensione della gratuità del donare, del prendersi cura, del farsi carico dell’altro con cui ci realizziamo nella verità del proprio e altrui essere dono del Donatore divino. In fondo, dietro questo atteggiamento c’è spesso un non ragionare o una fede tiepida, che ha dimenticato quella parola del Signore: “L’avete fatto a me” (Mt 25,40) con frutti di vita veramente vita nel non ancora che maturiamo nel già di adesso.
Per questo – Papa Francesco – vorrei ricordare ancora una volta “l’assoluta priorità dell’uscita da sé verso il fratello” come uno dei due comandamenti principali che fondano ogni norma morale e come il segno più chiaro per fare discernimento sul cammino di crescita spirituale in risposta alla donazione assolutamente gratuita di Dio (Evangelii gaudium, 179). Dalla stessa natura missionaria della Chiesa sgorgano “la carità effettiva per il prossimo, la compassione che comprende, assiste e promuove” (ibid.) e quindi libera, guarisce, consola.
Sapienza del cuore è essere solidali col fratello senza giudicarlo. La carità ha bisogno di tempo. Tempo per curare i malati e tempo per visitarli. Tempo per stare accanto a loro come fecero gli amici di Giobbe: “Poi sedettero accanto a lui in terra, per sette giorni e sette notti. Nessuno gli rivolgeva la parola, perché vedevano che molto grande era il suo dolore” (Gb 2,13). Ma gli amici di Giobbe nascondevano dentro di sé un giudizio negativo su di lui: pensavano che la sua sventura fosse la punizione di Dio per una sua colpa. Invece la vera carità è condivisione che non giudica, che non pretende  di convertire l’altro; è libera da quella falsa umiltà che sotto sotto cerca approvazione e si compiace del bene fatto.
L’esperienza di Giobbe trova la sua autentica risposta solo nella Croce di Gesù, atto supremo di solidarietà di Dio con noi peccatori, atto totalmente gratuito, totalmente misericordioso. E questa risposta d’amore al dramma del dolore umano, specialmente del dolore innocente, rimane per sempre impressa nel corpo di Cristo risorto, in quelle sue piaghe gloriose, che sono scandalo per la fede ma sono anche verifica della fede.
Anche quando la malattia, la solitudine e l’inabilità hanno il sopravvento sulla nostra vita di donazione, l’esperienza del dolore può diventare luogo privilegiato di liberazione e di consolazione. Si comprende perciò come Giobbe, alla fine della sua esperienza, rivolgendosi a Dio possa affermare: “Io ti conoscevo solo per sentito dire, ma ora, (nella sofferenza innocente), i miei occhi ti hanno veduto” (42,5). Anche le persone immerse nel mistero della sofferenza e del dolore, accolto nella fede e nella speranza, possono diventare testimoni viventi della presenza tra noi di Dio.
O Maria, Sede della Sapienza, intercedi quale nostra Madre per tutti i malati e per coloro che se ne prendono cura. Fa che, nel servizio al prossimo sofferente e attraverso la stessa esperienza del dolore, possiamo accogliere e far crescere in noi la vera sapienza del cuore e non aver  mai paura dell’azione del Maligno.
(239) 1.Madre santa, il Creatore da ogni macchia ti serbò. Sei tutta bella nel tuo splendore: Immacolata, noi ti acclamiam! R) Ave, ave, ave, Maria!
2. Tanto pura, Vergine, sei che il Signor discese in te. Formasti il cuore al re dei re: Madre di Dio, noi ti acclamiam!  R) Ave…
3. Gran prodigio Dio creò quando tu dicesti “Sì”. Il divin Verbo donasti a noi: Vergine e Madre, noi ti acclamiam! R) Ave…
4. Hai vissuto con il Signore in amore e umiltà. Presso la croce fu il tuo dolore: o Mediatrice, noi ti acclamiam! R) Ave…
5. Nella gloria Assunta sei, dopo tanto tuo patir. Serto di stelle splende per te: nostra Regina, noi ti acclamiam!
6. Nelle lotte, nei timori, in continue avversità, della Chiesa Madre sei tu: Ausiliatrice, noi t’invochiam! R) Ave…

Venite processionalmente, incominciando da quelli in fondo alla Chiesa, per il tocco dell’Unzione con l’olio benedetto ed esorcizzato: è il sacramentale cioè l’essere anche questa sera raggiunti, attraverso il segno sacramentale, dalla presenza invisibile del Risorto e dalla sua azione ecclesiale mentre, con questa fede, abbiamo presenti quelle speranze di guarigione, di liberazione, di consolazione per cui siamo qui convenuti come Chiesa con sempre all’orizzonte la grande speranza, il non ancora, la grande e sicura meta ultraterrena che giustifica anche i momenti di fatica del vivere.
(67) O Gesù ti adoro, ostia candida, sotto un vel di pane, nutri l’anima, solo in te il mio cuore si abbandonerà. Perché tutto è vano se contemplo Te.
Ora guardo l’Ostia, che si cela a me, ardo dalla sete di vedere Te: quando questa carne si dissolverà, il tuo viso luce, si disvelerà. Amen
Preghiamo. Infondi nel nostro spirito la tua grazia, o Padre. Tu, che nell’annuncio dell’angelo ci hai rivelato l’incarnazione del tuo Figlio nel cuore immacolato di Maria, per la sua passione e la sua croce guidaci all’amore del Risorto  che, in questo momento, ci benedice. Per Cristo nostro Signore.
Amen
Dio sia benedetto…
Ed ora il sacramentale dell’acqua benedetta ed esorcizzata
Preghiamo. Signore Dio onnipotente, fonte e origine dell’anima e del corpo, benedici + quest’acqua e fa che ce ne serviamo con fede per implorare il perdono dei nostri peccati e la grazia di essere sorretti in ogni infermità e difesi da ogni insidia del nemico. La tua misericordia, o Padre, faccia scaturire per noi l’acqua viva della salvezza, perché possiamo accostarci a Te, con cuore puro e fuggire ogni pericolo dell’anima e del corpo. Per Cristo nostro Signore.
Amen
Prossimo incontro martedì 10 marzo 2015
(238) 1. C’è una terra silenziosa dove ognuno vuol tornare …. Una terra e un dolce volto con due segni di violenza, sguardo intenso e premuroso, che ti chiede di affidare la tua vita e il tuo mondo in ,mano a lei. R) Madonna, Madonna Nera, è dolce esser tuo figlio! … Oh, lascia, madonna Nera, ch’io viva vicino a te!
2. Lei ti calma e rasserena, lei ti libera dal male, perché sempre ha un cuore grande per ciascuno dei suoi figli; lei ti illumina il cammino se le offri un po’ d’amore, se ogni giorno parlerai a Lei così. R) Madonna…

3. Questo mondo in subbuglio cosa all’uomo potrà offrire? Solo il volto di una Madre pace vera può donare. Nel tuo sguardo noi cerchiamo quel sorriso del Signore che ridesta un po’ di bene in fondo al cuor. R) Madonna…

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