Incontro interreligioso ed ecumenico
Onesti nel presentare le nostre convinzioni di cattolici siamo in grado di vedere quanto abbiamo in comune di verità.
“Cari Amici,
sono grato per
l’opportunità di partecipare a questo incontro, che riunisce insieme, tra gli
altri, le quattro comunità religiose più grandi, parte integrante della vita
dello Sri Lanka: Buddhismo, Induismo, Islam e Cristianesimo. Vi ringrazio per
la vostra presenza e per il caloroso benvenuto. Ringrazio anche quanti hanno
offerto preghiere e benedizioni, e in modo particolare esprimo la mia
gratitudine al Vescovo Cletus Chandrasiri Perera e al Venerabile Vigithasiri
Niyangoda Thero per le loro cortesi parole.
Sono giunto in Sri
Lanka sulle orme dei miei predecessori, i Papi Paolo
VI e Giovanni
Paolo II, per dimostrare il grande amore e la sollecitudine della
Chiesa Cattolica per lo Sri Lanka. E’ una grazia particolare per me visitare la
comunità cattolica locale, confermarla nella fede in Cristo, pregare con essa e
condividerne le gioie e le sofferenze. Ed è ugualmente una grazia l’essere con
tutti voi, uomini e donne di queste grandi tradizioni religiose, che
condividete con noi un desiderio di sapienza, di verità e di santità.
Nel Concilio
Vaticano II la Chiesa Cattolica ha dichiarato il proprio rispetto profondo e
duraturo per le altre religioni. Ha dichiarato che «nulla rigetta di quanto è
vero e santo in queste religioni. Essa considera con sincero rispetto [quei]
modi di agire e di vivere, [quei] precetti e [quelle] dottrine» (Nostra
aetate, 2). Da parte mia, desidero
riaffermare il sincero rispetto della Chiesa per voi, le vostre tradizioni e le
vostre credenze.
E’ in questo
spirito di rispetto che la Chiesa Cattolica desidera collaborare con voi e con
tutte le persone di buona volontà, nel ricercare la prosperità di tutti gli
srilankesi. Spero che la mia visita aiuterà ad incoraggiare ed approfondire le
varie forme di collaborazione interreligiosa ed ecumenica, che sono state
intraprese negli anni recenti.
Queste lodevoli
iniziative hanno offerto opportunità di dialogo, essenziale se vogliamo
conoscerci, capirci e rispettarci l’un l’altro. Ma, come insegna l’esperienza,
perché tale dialogo ed incontro sia efficace, deve fondarsi su una
presentazione piena e schietta delle nostre rispettive convinzioni. Certamente
tale dialogo farà risaltare quanto siano diverse le nostre credenze, tradizioni
e pratiche. E tuttavia, se siamo onesti nel presentare le nostre convinzioni,
saremo in grado di vedere più chiaramente quanto abbiamo in comune. Nuove
strade si apriranno per la mutua stima, cooperazione e anche amicizia.
Tali sviluppi
positivi nelle relazioni interreligiose ed ecumeniche assumono un significato
particolare ed urgente nello Sri Lanka. Per troppi anni gli uomini e le donne
di questo Paese sono stati vittime di lotta civile e di violenza. Ciò di cui
ora c’è bisogno è il risanamento e l’unità, non ulteriori conflitti o
divisioni. Certamente la promozione del risanamento e dell’unità è un impegno
nobile che incombe su tutti coloro che hanno a cuore il bene della Nazione e
dell’intera famiglia umana. Spero che la collaborazione interreligiosa ed
ecumenica dimostrerà che, per vivere in armonia con i loro fratelli e sorelle,
gli uomini e le donne non devono dimenticare la propria identità, sia essa
etnica o religiosa.
Quanti modi ci sono
per i seguaci delle diverse religioni per realizzare questo servizio! Quanti
sono i bisogni a cui provvedere con il balsamo della solidarietà fraterna!
Penso in particolare alle necessità materiali e spirituali dei poveri, degli
indigenti, di quanti ansiosamente attendono una parola di consolazione e di
speranza. Penso qui anche alle molte famiglie che continuano a piangere la
perdita dei loro cari.
Soprattutto, in
questo momento della storia della vostra Nazione, quante persone di buona
volontà cercano di ricostruire le fondamenta morali dell’intera società! Possa
il crescente spirito di cooperazione tra i dirigenti delle diverse comunità
religiose trovare espressione in un impegno a porre la riconciliazione fra
tutti gli srilankesi al cuore di ogni sforzo per rinnovare la società e le sue
istituzioni. Per il bene della pace, non si deve permettere che le credenze
religiose vengano abusate per la causa della violenza o della guerra. Dobbiamo
essere chiari e non equivoci nell’invitare le nostre comunità a vivere
pienamente i precetti di pace e convivenza presenti in ciascuna religione e
denunciare gli atti di violenza quando vengono commessi.
Cari amici, vi
ringrazio ancora per la generosa accoglienza e per la vostra attenzione. Che
questo fraterno incontro confermi noi tutti negli sforzi per vivere in armonia
e diffondere le benedizioni della pace” (Papa Francesco, Incontro interreligioso ed ecumenico, 13 gennaio 2015) .
Il 13 gennaio Papa Francesco ha iniziato la sua visita
apostolica nello Sri Lanka: una visita per “incontrare i cattolici di quest’isola
e per testimoniare il messaggio di riconciliazione della Chiesa Cattolica
annunciandolo in un Paese dove comunità religiose sono state “in guerra tra di
loro” per molti anni. Per ben ventisei anni, dal 1983 al 2009, il Paese è stato
teatro di “orrori dello scontro civile”, dovuti a “tensioni etniche e
religiose” e una persistente “incapacità di riconciliare le diversità e le
discordie”. Lo Sri Lanka, in effetti, è un esempio quasi da manuale del
conflitto religioso. Certo, non esistono guerre religiose “pure” e occorre
sempre tenere conto di fattori etnici, economici e politici. Ma resta da
manuale il conflitto religioso, che smentisce facili buonismi dell’Oriente. Si
tratta di non nascondere le persecuzioni e le atrocità: “uscire dalla guerra
civile implica il perseguimento della verità, non con lo scopo di aprire
vecchie ferite, ma piuttosto quale mezzo necessario per promuovere la loro
guarigione”. La Chiesa, come in tanti altri conflitti, non si limita a
celebrare i suoi martiri e a rivendicare la libertà religiosa per i cattolici:
la chiede, ha spiegato il Papa, per tutti, e a tutti chiede dopo la fine della
guerra civile “di consolidare la pace e di curare le ferite di quegli anni. Non
è un compito facile quello di superare l’amara eredità di ingiustizie, ostilità
e diffidenze lasciata dal conflitto. Si può realizzare soltanto superando il
male con il bene”.
La tragedia del Sri Lanka mostra che il dialogo
interreligioso è l’unica strada per la pace. I seguaci delle varie religioni
“devono essere pronti ad accettarsi l’un l’altro, a rispettare le legittime
diversità ed imparare a vivere come in un’unica famiglia”. Al centro Congressi
Bandaranaike Memorial, Papa Francesco ha riunito i rappresentanti delle quattro
religioni dell’isola: buddisti, induisti, cristiani e musulmani, in un incontro
dal significato storico considerando il
tormento passato del Sri Lanka.
“Nel Concilio Vaticano II – ha ricordato Papa Francesco – la
Chiesa Cattolica ha dichiarato il proprio rispetto profondo e duraturo per tutti i membri della altre
religioni. Ha dichiarato che “nulla rigetta di quanto è vero e santo in queste
religioni. Essa considera con sincero rispetto (quei) modi di agire e di vivere,
(quei) precetti e (quelle) dottrine” (Nostra Aetate, 2).La parola “rispetto” ha
insistito il Papa, è fondamentale per capire il vero atteggiamento della Chiesa
nei confronti del dialogo con le altre religioni. Sarebbe sbagliato pensare che
il rispetto implichi una sorte di
confusione fra le diverse posizioni di confessioni e di religioni. Al
contrario, perché il “dialogo ed incontro sia efficace, deve fondarsi su una
presentazione piena e schietta delle nostre rispettive convinzioni. Certamente
tale dialogo farà risaltare quanto siano diverse le nostre credenze”. Proprio e
solo “se siamo onesti nel presentare le nostre convinzioni, saremo in grado di
vedere più chiaramente quanto abbiamo in comune” e liberamente accoglierlo.
Papa Francesco con questo giudizio non confina la religione
nel regno mutevole della “esperienza personale”. Purtroppo l’accettazione
distruttiva di questa erronea linea di pensiero ecumenico porterebbe tutti Cattolici
a concludere che nella presentazione della fede cattolica non sarebbe
necessario sottolineare la verità oggettiva, perché non si deve che seguire la
propria coscienza e scegliere quella comunità che meglio incontra i propri
gusti personali. Il risultato è riscontrabile nella continua proliferazione di
comunità che sovente evitano strutture istituzionali e minimizzano l’importanza
per la vita cristiana di ogni contenuto dottrinale, annullando così anche ogni
problema ecumenico perché si dissolvono tutte le confessioni e le religioni.
In questo generale contesto culturale anche all’interno del
movimento ecumenico i Cattolici possono mostrarsi riluttanti ad asserire il
ruolo della dottrina, del Catechismo della Chiesa Cattolica per timore che esso
possa soltanto esacerbare piuttosto che curare le ferite della divisione.
Malgrado ciò, una chiara e convincente testimonianza resa alla salvezza operata
per noi in Cristo Gesù non può non basarsi che sulla nozione di un insegnamento
apostolico normativo – un insegnamento che davvero sottolinei la parola
ispirata di Dio e sostenga la vita sacramentale dei Cattolici di oggi. Soltanto
“restando saldi” all’insegnamento sicuro (2 Ts 2,15) possiamo riuscire a
rispondere alle sfide con cui siamo chiamati a confrontarci in un mondo che
cambia. Questo è il messaggio che anche il mondo globale si aspetta da noi.
Così come i primi cristiani, come i grandi missionari, il padre oratoriano
Joseph Vaz (1651 – 1711) che ricostruì la Chiesa Cattolica nel Paese resistendo
alle persecuzioni degli olandesi calvinisti e che verrà beatificato, abbiamo la
responsabilità di dare una testimonianza trasparente delle “ragioni della
nostra speranza”, così che gli occhi di tutti gli uomini di buona volontà
possano aprirsi per vedere che Dio ha manifestato il suo vero volto di amore
per tutti (2 Cor 3,12-18) e ci ha permesso di accedere alla sua vita divina attraverso
Gesù Cristo. Lui solo è la nostra speranza: lo testimoniamo fino al martirio
senza mai imporlo! Dio ha rivelato il suo amore per tutti i popoli attraverso
il mistero della passione e morte del suo Figlio, e ci ha chiamati a proclamare
che è veramente risorto, si è seduto alla destra del Padre e di “nuovo verrà”,
nella gloria, per giudicare i vivi e i morti.
Ecumenicamente un approccio relativistico della dottrina
cattolica simile a quello che troviamo nelle ideologie secolarizzate e che
impediscono il dialogo in Oriente, che, con il sostenere che solo la scienza è
“oggettiva”, relegano completamente ogni confessione religiosa nella sfera
soggettiva del sentimento dell’individuo dissolvendo completamente il cammino
ecumenico. Certo le scoperte scientifiche e le loro realizzazioni attraverso l’ingegno
umano offrono senza dubbio anche all’umanità dell’Asia nuove possibilità di
miglioramento, ma non certo il loro secolarismo.
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