Due tentazioni del diavolo
“E incontrano una tentazione, messa lì dal diavolo: è l’inganno di
Erode…Dopo quella di Gerusalemme, questa (di Betlemme) per loro fu la seconda,
grande tentazione: rifiutare questa piccolezza. E invece: ”si prostrarono
e lo adorarono” (Papa Francesco, Omelia dell’Epifania 2015)
Quel Bambino, nato
a Betlemme dalla Vergine Maria, è venuto non soltanto per il popolo d’Israele,
rappresentato dai pastori di Betlemme, ma anche per l’intera umanità,
rappresentata oggi dai Magi, provenienti dall’Oriente. Ed è proprio sui Magi e
sul loro cammino alla ricerca del Messia che la Chiesa ci invita oggi a
meditare e pregare.
Questi Magi venuti
dall’Oriente sono i primi di quella grande processione di cui ci ha parlato il
profeta Isaia nella prima Lettura (cfr 60,1-6): una processione che da allora
non si interrompe più, e che attraverso tutte le epoche riconosce il messaggio
della stella e trova il Bambino che ci indica la tenerezza di Dio. Ci sono
sempre nuove persone che vengono illuminate dalla luce della stella, che
trovano la strada e giungono fino a Lui.
I Magi, secondo la
tradizione, erano uomini sapienti: studiosi degli astri, scrutatori del cielo,
in un contesto culturale e di credenze che attribuiva alle stelle significati e
influssi sulle vicende umane. I Magi rappresentano gli uomini e le donne in ricerca di Dio nelle religioni e
nelle filosofie del mondo intero: una ricerca che non ha mai fine. Uomini e
donne in ricerca.
I Magi ci indicano
la strada sulla quale camminare nella nostra vita. Essi cercavano la vera Luce:
«Lumen requirunt lumine», dice un inno liturgico dell’Epifania,
riferendosi proprio all’esperienza dei Magi; «Lumen requirunt lumine».
Seguendo una luce essi ricercanola luce. Andavano alla ricerca di Dio.
Visto il segno della stella, lo hanno interpretato e si sono messi in cammino,
hanno fatto un lungo viaggio.
È lo Spirito Santo che li ha chiamati e li ha spinti a
mettersi in cammino; e in questo cammino avverrà anche il loro personale incontro con il vero Dio.
Nel loro cammino i
Magi incontrano tante
difficoltà. Quando arrivano a Gerusalemme loro vanno al palazzo del re,
perché considerano ovvio che il nuovo re sarebbe nato nel palazzo reale. Là
perdono la vista della stella. Quante volte si perde la vista della stella! E
incontrano una tentazione,
messa lì dal diavolo: è l’inganno di Erode. Il re Erode si mostra interessato
al bambino, ma non per adorarlo, bensì per eliminarlo. Erode è l’uomo di
potere, che nell’altro riesce a vedere soltanto il rivale. E in fondo egli
considera anche Dio come un rivale, anzi come il rivale più pericoloso. Nel
palazzo i Magi attraversano un momento di oscurità, di desolazione, che
riescono a superare grazie ai suggerimenti dello Spirito Santo, che parla
mediante le profezie della Sacra Scrittura. Queste indicano che il Messia
nascerà a Betlemme, la città di Davide.
A quel punto
riprendono il cammino e rivedono la stella: l’evangelista annota che provarono
«una gioia grandissima» (Mt 2,10),
una vera consolazione. Giunti a Betlemme, trovarono «il bambino con Maria sua
madre» (Mt 2,11). Dopo
quella di Gerusalemme, questa per loro fu la
seconda, grande tentazione: rifiutare questa piccolezza. E invece: «si
prostrarono e lo adorarono», offrendogli i loro doni preziosi e simbolici. È
sempre la grazia dello Spirito
Santo che li aiuta: quella
grazia che, mediante la stella, li aveva chiamati e guidati lungo il cammino,
ora li fa entrare nel mistero.
Quella stella che ha accompagnato il camino li fa entrare nel mistero. Guidati
dallo Spirito, arrivano a riconoscere che i criteri di Dio sono molto diversi
da quelli degli uomini, che Dio non si manifesta nella potenza di questo mondo,
ma si rivolge a noi nell’umiltà del suo amore. L’amore di Dio è grande, sì.
L’amore di Dio è potente, sì. Ma l’amore di Dio è umile, tanto umile! I Magi
sono così modelli di conversione alla vera fede perché hanno creduto più nella
bontà di Dio che non nell’apparente splendore del potere.
E allora ci
possiamo chiedere: qual è il
mistero in cui Dio si nasconde? Dove posso incontrarlo? Vediamo attorno a
noi guerre, sfruttamento di bambini, torture, traffici di armi, tratta di
persone… In tutte queste realtà, in tutti questi fratelli e sorelle più piccoli
che soffrono per tali situazioni, c’è Gesù (cfr Mt 25,40.45). Il presepe ci prospetta
una strada diversa da quella vagheggiata dalla mentalità mondana: è la strada
dell’abbassamento di Dio, quell’umiltà dell’amore di Dio si abbassa, si
annienta, la sua gloria nascosta nella mangiatoia di Betlemme, nella croce sul
calvario, nel fratello e nella sorella che soffre.
I Magi sono entrati nel mistero. Sono
passati dai calcoli umani al mistero: e questa è stata la loro conversione. E
la nostra? Chiediamo al Signore che ci conceda di vivere lo stesso cammino di
conversione vissuto dai Magi. Che ci difenda e ci liberi dalle tentazioni che
nascondono la stella. Che abbiamo sempre l’inquietudine di domandarci: dov’è la
stella?, quando – in mezzo agli inganni mondani – l’abbiamo persa di vista. Che
impariamo a conoscere in modo sempre nuovo il mistero di Dio, che non ci
scandalizziamo del “segno”, dell’indicazione, quel segno detto dagli Angeli:
«un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia» (Lc 2,12), e che abbiamo l’umiltà di
chiedere alla Madre, alla nostra Madre, che ce lo mostri. Che troviamo il coraggio
di liberarci dalle nostre illusioni, dalle nostre presunzioni, dalle nostre
“luci”, e che cerchiamo questo coraggio nell’umiltà della fede e possiamo
incontrare la Luce, Lumen,
come hanno fatto i santi Magi. Che possiamo entrare nel mistero. Così sia (Papa
Francesco, Omelia nella solennità
dell’epifania, 6 gennaio 2015).
I Magi non erano né maghi intenzionati a impossessarsi di
Dio e del mondo, né astronomi nel significato che oggi la scienza dà a questo
termine, né astrologi desiderosi di sondare i misteri del futuro e di vendere
la conoscenza che ne avrebbero potuto trarne. Erano persone, come noi, che ogni
giorno andavano in cerca di qualcosa di più, andavano in cerca della vera luce
cioè di quei tocchi di verità e di amore, di quella strada, di quella stella
sulla quale camminare con fiducia e speranza nella vita. Culturalmente, per
influsso nell’Oriente del popolo di Israele, erano sulle tracce del cammino di
Abramo, che aveva, storicamente per la prima volta, udito Dio rivolgergli la
parola rivelando che Dio, Il Donatore divino di ogni essere dono è persona, è il Dio vivente, col quale si può mettersi in
dialogo. I Magi erano persone dal cuore inquieto, alle quali non bastava la
carta geografica e il puro e semplice sapere erudito. Cercavano l’autentica
saggezza che facesse esperimentare nel contatto con Dio nel tempo e nello
spazio come vivere. Per comprendere meglio quello che di particolare e di
caratteristico avevano quegli uomini misteriosi è il modo, opposto a loro, di
concepire la vita che trovarono a Gerusalemme, prima di tutto con Erode. Si
mostra anche lui interessato al nato Dio-re, al Messia, ma non per adorarlo.
Erode è l’uomo di potere, che nell’altro anche in Dio vede soltanto il rivale
con gli eruditi al suo servizio, specialisti della Sacra Scrittura. Sanno tutto
su di essa, conoscono ogni possibile interpretazione, sono in grado di citarne
a memoria ogni passo e pertanto sono davvero di aiuto a chi è in ricerca del
Dio vivente ma, come osserva Agostino, non si mettono in cammino. Quegli uomini
nel soccombere alla tentazione del serpente antico che oscura la coscienza
consideravano ovvio che il nuovo Dio-re sarebbe nato nel palazzo reale. Consideravano
ovvio che il nuovo Dio-re, che è la saggezza e la fonte di ogni conoscenza vera,
si sarebbe dovuto trovare là dove si trovavano gli eruditi. Ma i Magi dovettero
constatare che nei luoghi del potere e
della cultura il neonato Dio - re non era rintracciabile, anche se lì venivano
fornite loro utili informazioni su di lui. Dovettero rendersi conto che il Dio
vivente è molto diverso da come se l’erano immaginato, filosoficamente ragionato,
che è una tentazione del diavolo pensare di trovarlo dove c’è l’idolatria del
potere e del sapere di questo mondo cioè in cuori impuri che non possono vedere
e ascoltare il Dio vivente e che neppure si fa rintracciare nella sola scienza anche biblico - teologica. Dovettero anzi
riconoscere che il potere, anche il potere della conoscenza, spesso gli sbarra
la strada. Dovettero cambiare mentalità cioè convertirsi per rivedere la
stella, cambiare il loro modo di pensare e di vedere le cose, essere umili cioè
puri di cuore per vedere Dio, la stella di ogni vita.
Si recarono a Betlemme, indicata dai conoscitori della
Bibbia per vedere nello spazio e nel tempo il Dio vivente incarnato, la piccola
città che anticamente era una delle meno importanti in Israele, ma che da
allora in poi non lo sarebbe più stata, divenendo il centro della storia e dle
mondo. Ma anche i Magi dovettero andare a far visita agli immigrati, ai più
poveri, per incontrare il vero Dio-re del mondo, superando la seconda
tentazione del diavolo: non rifiutare questa piccolezza con cui si fa presente
e opera. Dovettero convincersi di fronte alla realtà di un Dio bambino che i
suoi criteri sono molto diversi da quelli degli uomini, che Dio non si
manifesta nella potenza di questo mondo per costringere, ma si rivolge a noi,
ad ogni persona per rendere possibile una risposta libera cioè di amore: si fa
presente nell’umiltà di un Dio-bambino rendendo possibile una relazione , che
sola può puntare e chiedere alla nostra libertà di accoglierlo per amore, trasformandoci
e facendoci diventare capaci di arrivare a Lui e così poterono rivedere di
nuovo la stella per la loro vita. Ma neppure per noi che come Betlemme abbiamo
l’Eucarestia e tutti i sacramenti della sua presenza e della sua azione ecclesiale
le cose sono diverse da come lo erano per i Magi. Se dovessimo – Joseph
Ratzinger Papa Benedetto XVI Sul Natale pp. 96-97 – esprimere la nostra
opinione sul modo in cui Dio avrebbe dovuto redimere il mondo, diremmo, come
hanno proposto, fallendo, nella modernità le ideologie del capitalismo borghese
e del collettivismo proletario, diremmo che avrebbe dovuto eliminare con il suo
potere le cose come sono adesso divenute e instaurare con precisione
scientifica una sistema economico - politico mondiale più giusto, in modo che
tutti, da uguali, liberi e fratelli, possano avere tutto ciò che desiderano
senza il rischio di una libertà e di un amore. Questo storicamente è stato
anche il modo di pensare greco romano portando Roma al potere mondiale, alla ricchezza
ma senza più amore e misericordia e quindi disumani, come annota san Paolo. Si
tratterebbe di una violenza operata sull’uomo e di una alienazione. Perché in
questo modo nell’uomo verrebbero meno proprio le caratteristiche più autentiche
della sua natura creata. Infatti né la nostra libertà, la nostra responsabilità
e quindi il nostro amore sarebbero chiamati in causa continuamente: costringere
ad essere buoni è la più grande cattiveria. L’onnipotenza di Dio si manifesta
nel perdono sapendo trarre il bene anche dal male cioè ricreando ciò che il
male distrugge e rovina. Ma storicamente la onnipotenza di Dio per suscitare
libertà, uguaglianza, fraternità si manifesta in modo differente: a Betlemme,
sul Calvario, nell’incontro eucaristico ecclesiale della sua continua
incarnazione si manifesta nell’umile
impotenza del suo amore. Là la fede ci conduce, là è veramente la stella cioè
conoscere in modo sempre nuovo quest’altro Dio-re e trovare il coraggio di
liberarci dal rischio continuo di soccombere nella tentazione delle nostre
fantasie e dai nostri sogni e con gioia, con parresia, con coraggio cercarlo
continuamente nell’umiltà di fede –ragione- amore - misreicordia.
Appare così evidente dai fatti accaduti a Gerusalemme e a
Betlemme e memorizzati, resi continuamente presenti nella preghiera liturgica
dell’Epifania: il linguaggio del creato, di Lui nell’incanto delle creature,
accessibile ad ogni uomo dal cuore puro, non idolatra e i simboli delle
religioni permettono a tutti di percorrere un buon tratto di strada come i Magi,
ma non danno la illuminazione definitiva per cogliere Dio che è fuori dello
spazio e del tempo di vederlo incarnato nello spazio e nel tempo. Alla fine i
Magi hanno avuto bisogno della voce della Sacra Scrittura. In fondo soltanto
essa Poteva e può in continuità nella chiesa indicare il Dio vivente
dell’incarnazione con noi, vicino ad ogni uomo della sua benevolenza. Allora il Dio vivente che dona la sua Parola
in continuità come ad Abramo, testimoniata dalla Scrittura e che, per opera
dello Spirito santo, risuona in continuità nel noi della Santa Madre Chiesa
gerarchica è la vera stella ieri, oggi e sempre. la parola di Dio che porta
all’incontro sacramentale è la grande nova in cui all’improvviso,
dall’incertezza e dal limite del sentire e ragionare degli uomini, erompe l’infinita luminosità
della verità e dell’amore divino che ci guidano. Seguiamo la stella della Parola
di Dio. Se viviamo con essa pregando nella Chiesa soprattutto liturgicamente,
dove la parola ha piantato la sua tenda, siamo sulla retta via per la
libertà, l’uguaglianza, la fraternità
cioè la stella della verità e dell’amore. E qui troviamo quella chiarezza che
tutti gli altri segni, pur utili perché mettono in moto, in ricerca, non possono
da soli dare. Nel corso dei secoli, come profeticamente ha annunciato Isaia e
Matteo ha memorizzato l’inizio a Betlemme con i Magi venuti dall’Oriente sono
essi stessi diventati stella che ci guida, ci libera dalla schiavitù del
Maligno, e ci mostra quando e dove Cristo si fa presente ed opera. Tuti i santi
sono come stelle nove, sono persone che grazie ad un’esplosione di luce, per
virtù della parola di Dio e della presenza e azione sacramentale con il dono
dello Spirito, irradiano lo splendore della verità e dell’amore divino facendo
crescere anche a livello sociale libertà uguaglianza, fraternità.
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