La roccia della fede è l'incontro oggi col Risorto
La risurrezione di Cristo è un fatto avvenuto nella storia, di cui gli Apostoli sono stati testimoni e non certo creatori
“Questa celebrazione, grazie alla Parola di Dio, è tutta illuminata dalla fede nella Risurrezione. Una verità che si è fatta strada a fatica nell’Antico Testamento, e che emerge in maniera esplicita proprio nell’episodio che abbiamo ascoltato, la colletta per il sacrificio espiatorio in favore dei defunti (2 Mac 12,43-46).
Tutta la divina Rivelazione è frutto del dialogo tra Dio e il suo popolo, e anche la fede nella Risurrezione è legata a questo
dialogo, che accompagna il cammino del popolo di Dio nella storia. Non stupisce che un mistero così grande, così decisivo, così sovrumano come quello della Risurrezione abbia richiesto tutto il percorso, tutto il tempo necessario, fino a Gesù Cristo. Lui può dire: «Io sono la risurrezione e la vita» (Gv 11,25), perché in Lui questo mistero non solo si rivela pienamente, ma si attua, avviene, diventa per la prima volta e definitivamente realtà. Il Vangelo che abbiamo ascoltato, che unisce – secondo la redazione di Marco – il racconto della morte di Gesù e quello della tomba vuota, rappresenta il culmine di tutto quel cammino: è l’avvenimento della Risurrezione, che risponde alla lunga ricerca del popolo di Dio, alla ricerca di ogni uomo e dell’intera umanità.
Ognuno di noi è invitato ad entrare in questo avvenimento. Siamo chiamati a stare prima davanti alla croce di Gesù, come Maria, come le donne, come il centurione; ad ascoltare il grido di Gesù, e il suo ultimo respiro, e infine il silenzio; quel silenzio che si prolunga per tutto il sabato santo. E poi siamo chiamati ad andare alla tomba, per vedere che il grande masso è stato ribaltato; per ascoltare l’annuncio: «E’ risorto, non è qui» (Mc 16,6). Lì c’è la risposta. Lì c’è il fondamento, la roccia. Non in “discorsi persuasivi di sapienza”, ma nella parola vivente della croce e della risurrezione di Gesù.
Questo è ciò che predica l’apostolo Paolo: Gesù Cristo crocifisso e risorto. Se Lui non è risorto, la nostra fede è vuota e inconsistente. Ma poiché Egli è risorto, anzi, Egli è la Risurrezione, allora la nostra fede è piena di verità e di vita eterna.
Rinnovando la tradizione, noi oggi offriamo il Sacrificio eucaristico in suffragio dei nostri Fratelli Cardinali e Vescovi defunti negli ultimi dodici mesi. E la nostra preghiera si arricchisce di sentimenti, di ricordi, di gratitudine per la testimonianza di persone che abbiamo conosciuto, con cui abbiamo condiviso il servizio nella Chiesa. Molti dei loro volti sono a noi presenti; ma tutti, ciascuno di essi è guardato dal Padre con il suo amore misericordioso. E insieme allo sguardo del Padre celeste c’è anche quello della Madre, che intercede per questi suoi figli tanto amati. Insieme con i fedeli che hanno servito qui in terra possano godere la gioia della nuova Gerusalemme” (Papa Francesco, Omelia, 2 novembre 2014).
Papa Francesco ha sottolineato che “non in disquisizioni di sapienza”, ma nella parola vivente della Croce e della Risurrezione. Cosa significa? Il cristianesimo non è una nuova filosofia (pur invitando l’intelligenza ad entrare nella sua luce) o una nuova morale ( pur fondando il tentare e ritentare di assimilarci a Lui, certi che lui porterà a compimento, non noi). I cristiani sono coloro che hanno “incontrato sacramentalmente cioè realmente dopo l’annuncio attraverso la parola, la testimonianza ”, Gesù Cristo morto e risorto, presente e operante nel Suo Corpo che è la Chiesa, unito a lei come la vite e i tralci, con un amore sponsale. E Cristo, il Risorto fuori dello spazio e del tempo, vuole farsi continuamente presente nella storia per incontrarci, per parlarci, per perdonarci, per nutrire la nostra fede, speranza e carità. Lo ascoltiamo attraverso la testimonianza della Sacra Scrittura, lo incontriamo nell’azione liturgica eucaristica almeno della Domenica e nella sua azione nei suoi sacramenti e nei sacramentali della Chiesa, nel volto di tutti con preferenza nell’amicizia e a cominciare dai poveri, nelle circostanze storiche facili o difficili. Occorre quello sguardo non idolatra cioè puro, libero, cuore a cuore, verso il Vivente che dà vita, amore e purificazione anche quella ultraterrena del purgatorio, che accompagna l’umanità e sta vicino a ciascuno e ci ascolta; in una parola toccare il suo cuore e sentire che lui tocca il nostro cuore: questa è la fede che salva, libera, la fede del cuore per cui tutto il finito rimanda a Lui. Ci si rende conto della disumanizzazione provocata dalla secolarizzazione provocata in Europa, in Occidente dalla nuova ondata di illuminismo e di laicismo, per la quale sarebbe razionalmente valido soltanto cioè che è sperimentabile e calcolabile senza cogliere la realtà del rapporto di tutto e di tutti con la loro origine (senso religioso), mentre sul piano della prassi la libertà individuale che mortifica l’originaria apertura di ogni io al Tu divino viene eretta a valore fondamentale al quale tutti gli altri dovrebbero sottostare. Così Dio rimane escluso dalla cultura e dalla vita pubblica, e la fede in Lui diventa più difficile, anche perché viviamo in un mondo che si presenta quasi sempre come opera nostra, nel quale per così dire la vera realtà del rapporto tra finito e infinito non compare più direttamente, verità e bontà sembrano divenute superfluo ed estraneo per l’idolatria dell’utile che schiavizza. Oramai è tempo di una rivoluzione in Europa verso questa cultura secolarizzata perché mostra una profonda carenza ma anche un grande e inutilmente nascosto bisogno di speranza.
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