L'evangelizzazione nel sociale

La Caritas in veritate e la Evangelium gaudium sono, oggi, documenti fondamentali per l’Evangelizzazione nel sociale. Si tratta di indicazioni magisteriali  per la presenza dei cattolici nella società, nelle istituzioni, nell’economia, nella finanza e nella politica.

Vi saluto tutti con affetto e ringrazio il Cardinale Peter Turkson per le parole con cui ha introdotto questo incontro. La vostra Plenaria coincide con il quinto anniversario della promulgazione dell’Enciclica Caritas in veritate. Un documento fondamentale per l’evangelizzazione del sociale, che offre preziose indicazioni per la presenza dei cattolici
nella società, nelle istituzioni, nell’economia, nella finanza e nella politica. La Caritas in veritate ha attirato l’attenzione sui benefici ma anche sui pericoli della globalizzazione, quando essa non sia orientata al bene dei popoli. Se la globalizzazione ha accresciuto notevolmente la ricchezza aggregata dell’insieme e di parecchi singoli Stati, essa ha anche inasprito i divari tra i vari gruppi sociali, creando diseguaglianze e nuove povertà negli stessi Paesi considerati più ricchi. 
Uno degli aspetti dell’odierno sistema economico è lo sfruttamento dello squilibrio internazionale nei costi del lavoro, che fa leva su miliardi di persone che vivono con meno di due dollari al giorno. Un tale squilibrio non solo non rispetta la dignità di coloro che alimentano la manodopera a basso prezzo, ma distrugge fonti di lavoro in quelle regioni in cui esso è maggiormente tutelato. Si pone qui il problema di creare meccanismi di tutela dei diritti del lavoro, nonché dell’ambiente, in presenza di una crescente ideologia consumistica, che non mostra responsabilità nei confronti delle città e del creato. 
La crescita delle diseguaglianze e delle povertà mettono a rischio la democrazia inclusiva e partecipativa, la quale presuppone sempre un’economia e un mercato che non escludono e che siano equi. Si tratta, allora, di vincere le cause strutturali delle diseguaglianze e della povertà. Nell’Esortazione apostolica Evangelii gaudium ho voluto segnalare tre strumenti fondamentali per l’inclusione sociale dei più bisognosi, quali l’istruzione, l’accesso all’assistenza sanitaria e il lavoro per tutti (cfr n. 192). 
In altre parole, lo Stato di diritto sociale non va smantellato ed in particolare il diritto fondamentale al lavoro. Questo non può essere considerato una variabile dipendente dai mercati finanziari e monetari. Esso è un bene fondamentale rispetto alla dignità (cfr Ibid.), alla formazione di una famiglia, alla realizzazione del bene comune e della pace. L’istruzione e il lavoro, l’accesso al welfare per tutti (cfr Ibid, 205), sono elementi chiave sia per lo sviluppo e la giusta distribuzione dei beni, sia per il raggiungimento della giustizia sociale, sia per appartenere alla società (cfr Ibid, 53) e partecipare liberamente e responsabilmente alla vita politica, intesa come gestione della res publica. Visioni che pretendono di aumentare la redditività, a costo della restrizione del mercato del lavoro che crea nuovi esclusi, non sono conformi ad una economia a servizio dell’uomo e del bene comune, ad una democrazia inclusiva e partecipativa. 
Un altro problema sorge dai perduranti squilibri tra settori economici, tra remunerazioni, tra banche commerciali e banche di speculazione, tra istituzioni e problemi globali: è necessario tenere viva la preoccupazione per i poveri e la giustizia sociale (cfr Evangelii gaudium, 201). Essa esige, da una parte profonde riforme che prevedano la ridistribuzione della ricchezza prodotta e l’universalizzazione di mercati liberi a servizio delle famiglie, dall’altra la ridistribuzione della sovranità, sia sul piano nazionale sia sul piano sovranazionale.
La Caritas in veritate ci ha anche sollecitati a guardare all’attuale questione sociale come questione ambientale. In particolare, ha rimarcato il legame tra ecologia ambientale ed ecologia umana, tra la prima e l’etica della vita. 
Il principio  della Caritas in veritate è di estrema attualità. Un amore pieno di verità è infatti la base su cui costruire quella pace che oggi è particolarmente desiderata e necessaria per il bene di tutti. Consente di superare fanatismi pericolosi, conflitti per il possesso delle risorse, migrazioni dalle dimensioni bibliche, le piaghe perduranti della fame e della povertà, la tratta di persone, ingiustizie e disparità sociali ed economiche, squilibri nell’accesso dei beni collettivi.
Cari fratelli e sorelle, la Chiesa è sempre in cammino, alla ricerca di nuove vie per l’annuncio del Vangelo anche nel campo del sociale. Vi ringrazio per il vostro impegno in questo ambito e, nell’affidarvi alla materna intercessione della Beata Vergine Maria, vi chiedo di pregare per me e di cuore vi benedico” (Papa Francesco, Ai partecipanti alla plenaria del Pontificio Consiglio  della giustizia e della pace, 2 ottobre 2014).

Il lavoro è un “diritto fondamentale” che “non può essere considerato una variabile dipendente dai mercati finanziari e monetari” e “la crescita delle disuguaglianze e delle povertà mettono a rischio la democrazia inclusiva e partecipata”. Così Papa Francesco  ha detto in un discorso rivolto alla Plenaria del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace. Gli è stata offerta l’occasione, nel quinto anniversario della pubblicazione dell’enciclica “Caritas in veritate”, di far propria la lettera di Benedetto XVI (2009), documento definito “fondamentale” per “l’evangelizzazione sociale”, elemento costitutivo della Nuova Evangelizzazione..
“Uno degli aspetti dell’odierno sistema economico è lo sfruttamento dello squilibrio internazionale nei costi del lavoro, che fa leva su miliardi di persone che vivono con meno di 2 dollari al giorno”, ha detto Papa Francesco leggendo il testo preparato per l’occasione. “Un tale squilibrio non solo non rispetta la dignità di coloro che alimentano la manodopera a basso prezzo, ma distrugge fonti di lavoro, in quelle regioni in cui esso è maggiormente tutelato. Si pone qui il problema di creare meccanismi di tutela dei diritti del lavoro, nonché dell’ambiente,, in presenza di una crescente ideologia consumistica, che non mostra responsabilità nei confronti delle città e del creato. La crescita delle disuguaglianze e delle povertà mettono a rischio la democrazia inclusiva e partecipata, la quale presuppone sempre un’economia e un mercato che non escludono e che siano equi. Si tratta, allora di vincere le cause strutturali delle disuguaglianze e delle povertà. Nell’Esortazione apostolica Evangelii gaudium – ha proseguito il Papa – ho voluto segnalare tre strumenti fondamentali per l’inclusione sociale dei più bisognosi, quali l’istruzione, l’accesso all’assistenza sanitaria e il lavoro per tutti. In altre  parole, lo Stato di diritto sociale non va smantellato e in particolare il diritto fondamentale al lavoro. Questo non può essere considerato una variabile dipendente dai mercati finanziari e monetari. Esso è un bene fondamentale rispetto alla dignità, alla formazione di una famiglia, alla realizzazione del bene comune e della pace. L’istruzione e il lavoro, l’accesso al welfare per tutti, sono elementi chiave sia per lo sviluppo e la giusta distribuzione dei beni, sia per il raggiungimento della giustizia sociale, sia per appartenere alla società e partecipare liberamente e responsabilmente alla vita politica, intesa come gestione della res pubblica. Visioni che pretendono di aumentare la redditività, a costo della restrizione del mercato del lavoro che crea nuovi esclusi, non sono conformi a una economia a servizio dell’uomo e del bene comune, a una democrazia inclusiva e partecipata”.
 Il Papa ha anche sottolineato il problema che sorge dai “perduranti squilibri tra settori economici, tra remunerazioni, tra banche commerciali e banche di speculazione, tra istituzioni e problemi globali: è necessario tenere viva la preoccupazione per i poveri e la giustizia sociale”; essa “esige, da una parte profonde riforme che prevedano la ridistribuzione della ricchezza prodotta e l’universalizzazione di mercati liberi a servizio delle famiglia, dall’altra la ridistribuzione della sovranità, sia sul piano nazionale sia sul piano sopranazionale”.
“Il principio della Caritas in veritate è di estrema attualità. Un amore pieno di verità (cioè di bene, di Dio, del Dio che possiede un volto umano e che ci ha amato sino alla fine) è infatti la base sui cui costruire quella pace che oggi è particolarmente desiderata e necessaria per il bene di tutti. Consente di superare fanatismi pericolosi, conflitti per il possesso delle risorse, migrazioni dalle dimensioni bibliche, le piaghe perduranti della fame e della povertà, la tratta di persone, ingiustizie e disparità sociali ed economiche, squilibrio nell’accesso dei beni collettivi”.
La cultura che predomina in Occidente e che vorrebbe porsi come universale e autosufficiente escludendo Dio dalla cultura e dalla vita pubblica da luogo a una radicale riduzione dell’uomo, considerato un semplice prodotto della natura, come tale non realmente libero e di per sé suscettibile di essere trattato come ogni altro animale. L’etica, di conseguenza, viene condotta entro in confini del relativismo, dell’utilitarismo, dell’individualismo, con l’esclusione di ogni principio morale che sia valido e vincolante per se stesso non solo a livello personale ma collettivo.. Questo tipo di cultura rappresenta un taglio radicale e profondo non solo con il cristianesimo, ma più in generale con le tradizioni religiose e morali dell’umanità: non sia in grado di instaurare un vero dialogo con le altre culture, nelle quali la dimensione religiosa è fortemente presente oggi soprattutto con l’Islam. La Dottrina sociale della Chiesa crede possibile con testimonianze concrete  una convivenza pacifica e fraterna tra persone appartenenti a differenti etnie e a diverse confessioni religiose aperte all’amore rispettoso ed efficace verso il prossimo per la bontà non è debolezza, ma vera forza, capace anche di rinunciare alla vendetta. Tendere socialmente al bene comune avvicina a Dio, Sommo Bene. Il bene paga infinitamente di più del denaro, che invece delude, del posse, del divertimento fine a se stesso.

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