In preparazione della beatificazione di Paolo VI

“Chiudo gli occhi su questa terra dolorosa, DRAMMATICA E MAGNIFICA…Quanta speranza ho io ricevuto in questo mondo! Ora che la giornata tramonta, e tutto finisce  e si scioglie di questa stupenda e drammatica scena temporale e terrena…  Sul mondo: non si creda di giovargli  assumendone i pensieri, i costumi, i gusti, ma studiandolo, amandolo, servendolo…” (Testamento di Paolo VI)
In preparazione della prossima beatificazione, nel mese di ottobre, penso utile proporre la parole Ateismo tratta dalla raccolta di parole da parte di Leonardo Sapienza PAOLO VI Maestro della Parola, Gabriele Corbo Editore, 20003.
“L’ateismo si afferma come la forma religiosa, cioè assoluta, se così si può dire, del laicismo” (22 maggio 1968).
“Una morale senza Dio, un cristianesimo senza Cristo e
la sua Chiesa, un umanesimo senza l’autentico concetto dell’uomo, non ci conducono a buone fine” (10 luglio 1968).
“L’indifferenza religiosa è di moda. La secolarizzazione è ammessa da molti. La metafisica, si dice, è finita. L’ateismo si fa scudo della scienza per affermare come una liberazione, come una conquista. La conoscenza di Dio, si sostiene è impossibile; per di più è inutile; anzi nociva. L’uomo moderno non sembra più capace di pensare a Dio” ( 15 novembre 1968).
“Il senso religioso oggi si è come affievolito, spento, svanito. Almeno così pare” (27 agosto 1969).
“Oggi si vuole da molti un Cristo senza Dio; anzi un uomo senza Cristo, se pure a questo uomo si vogliono conservare certi superlativi caratteri, che Cristo gli conferì” ( 25 dicembre 1969).
“E’ inutile occuparsi di Dio. E’ la tentazione che diventa facilmente operante. Si vive lo stesso; non c’è più bisogno di porsi un problema così difficile e praticamente superfluo” 29 luglio 1970).
“Proclamata l’inutilità di Dio si vive meglio; si guadagna tempo, si concentra l’attenzione e l’attività su cose delle quali si misura la realtà, si risolvono problemi che sembrano i soli veri e interessanti, quelli economici innanzi tutto, poi quelli sociali, quelli politici, e così via” (29 luglio 1970).
“Le tentazioni dell’uomo moderno nei confronti di Dio e della religione sono molte e sono gravi. Fra queste tentazioni eccone una formidabile: Dio e la religione sono concetti superati. Appartengono ad altri tempi. Il nostro tempo è diventato adulto. Il pensiero moderno è progredito in misura tale da ESCLUDERE OGNI AFFERMAZIONE, CHE TRASCENDA LA RAZIONALITA’ SCIENTIFICA. Dio, si dice, è trascendente; dunque fuori della sfera degli interessi dell'uomo nel nostro tempo. Appartiene al passato, non al presente, tanto meno al futuro” (5 agosto 1970).
“La vita a-religiosa diventa facilmente insoddisfacente e insignificante. L’uomo intelligente si accorge di camminare all’oscuro; la sua personalità si fa mediocre. Sente il bisogno di qualche idealità superiore, davanti a e sopra di lui” (19 agosto 1970).
“Perché Dio è assente? Perché la fede subisce un’eclissi?” (26 agosto 1970).
“L’uomo adulto, si dice, non ha più bisogno di Dio. La religione sarebbe un fenomeno infantile” ( 26 agosto 1970).
“Dio cerca la sua gloria esterna, la sua irradiazione luminosa nell’unico universo, nella vita dell’uomo. Chi nega Dio spegne la luce sulla faccia umana; nega cioè l’uomo nelle sue supreme prerogative” ( 28 luglio 1971).
“Siamo nell’epoca del secolarismo e dell’ateismo, antireligioso e anticristiano, ed anticlericale: oggi più che mai, e proprio in funzione del suo progresso, l’uomo, lo sappia o no, ha fame di Cristo” ( 18 ottobre 1972).
“Senza Dio, ormai, quale vita può reggere? (22 novembre 1972).
“Dio è ignorato, Dio è dimenticato, Dio è negato” (6 dicembre 1972).
“Tutto tende a escludere Dio dal pensiero e dal costume. La vita diventa sempre più profana, laica, secolarizzata” 13 dicembre 1972).
“L’ateismo sembra trionfare. La religione non ha più ragion d’essere? Il peccato non esiste? ….Oh! Siamo saturi di queste ideologie. Ma noi siamo sempre convinti, per grazia stessa di Dio, che Dio esiste, come il sole” ( 31 0ttobre 1973).
“Il mondo comincia ad accorgersi che la velleitaria negazione di Dio si ritorce in una reale negazione dell’uomo” (22 ottobre 1975).
“L’ateismo, da rifiuto passivo della credenza  in Dio, è diventato attivo e pugnace fautore di irreligiosità” (3 dicembre 1975).
“L’ateismo invece di spaventarci, o di paralizzare con una pseudo – sicurezza il nostro pensiero, lo stimola” ( 9 febbraio 1977).
Tutti i discorsi di Paolo VI per le Udienze generali e per l’Angelus domenicale erano scritti personalmente con passione e precisione. Ed è profetico l’intervento del  22 ottobre 1975 “Il mondo comincia ad accorgersi che la velleitaria negazione di Dio si ritorce in una reale negazione dell’uomo”. Lo ha constatato Benedetto XVI il 19 ottobre 2006 a Verona: “Dio rimane escluso dalla cultura e dalla vita pubblica…sembra divenire superfluo ed estraneo. In stretto rapporto con tutto questo, ha luogo una radicale riduzione dell’uomo, considerato un semplice prodotto della natura, come tale non realmente libero e di per sé suscettibile di essere trattato come ogni altro animale…l’etica viene ricondotta entro i confini del relativismo e dell’utilitarismo, con l’esclusione di ogni principio morale che sia valido per se stesso…Perciò questa cultura è contrassegnata da una profonda carenza, ma anche da un grande e inutilmente nascosto bisogno di speranza”. Per Paolo VI “…Oggi più che mai, e proprio in funzione del suo progresso, l’uomo, lo sappia o no, ha fame di Cristo”. E Benedetto XVI nella Spe salvi: “noi abbiamo bisogno delle speranze – più piccole o più grandi – che, giorno per giorno, ci mantengono in cammino. Ma senza la grande speranza, che deve superare tutto il resto, esse non bastano. Questa grande speranza può essere solo Dio, che abbraccia l’universo e che può proporci e donarci ciò che, da soli, non possiamo raggiungere. Proprio l’essere gratificato di un dono fa parte della speranza. Dio è il fondamento della speranza – non un qualsiasi dio (quanto è attuale oggi di fronte all’uso ideologico, violento della religione!), ma quel Dio che possiede un volto umano e che ci ha amati sino alla fine: ogni singolo e l’umanità nel suo insieme. Il suo regno non è un al di là immaginario, posto in futuro che non arriva mai; il suo regno è presente là dove Egli  è amato e dove il suo amore è presente là dove Egli è amato e dove il suo amore ci raggiunge. Solo il suo amore ci dà la possibilità di perseverare con ogni sobrietà giorno per giorno, senza perdere lo slancio della speranza, in un mondo che, per sua natura, è imperfetto. E il suo amore, allo stesso tempo, è per noi la garanzia che esiste ciò che solo vagamente aspettiamo: la vita che è “veramente” vita”. E Papa Francesco, il 266 cui ci riferiamo collettivamente come successore di Pietro e Vicario di Cristo per tutta la Chiesa, ce ne dà la testimonianza e la direttiva con la Lumen fidei e l’Evangelii nuntiandi.

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