Misericordia e pentimento autentico
“Noi non
giudichiamo ma il Signore sa e giudica. La sua misericordia è infinita ma non
cadrà mai in trappola. Se il pentimento
non è autentico la misericordia non
può esercitare il suo ruolo di redenzione” (Papa Francesco)
Il 10
luglio per la terza volta è avvenuto un colloquio tra Scalfari e Papa
Francesco, colloquio pubblicato su Repubblica
del 13 luglio con una valutazione
critica di Padre Lombardi circa la pedofilia anche in cardinali e
sull’atteggiamento verso il celibato. Secondo l’opinione di Scalfari “al Papa
non interessa il suo ruolo di giornalista e
potrebbe essere ingegnere, maestro
elementare, operaio. Gli interessa parlare anche con chi non crede ma vorrebbe
che l’amore del prossimo professato due mila anni fa dal figlio di Maria e di
Giuseppe fosse il principale contenuto della nostra specie, mentre purtroppo
ciò accade molto di rado, soverchiato dagli egoismi, da quelle che Francesco
chiama ‘cupidigia di potere e desiderio di possesso’. L’ha definito in una nostra
precedente conversazione ‘il vero peccato del mondo del quale tutti siamo
affetti’ e rappresenta l’altra forma della nostra umanità ed è la dinamica tra
questi due sentimenti a costruire nel bene e nel male la storia del mondo. E’
presente in tutti e del resto, nella tradizione cristiana, Lucifero era
l’angelo prediletto da Dio, portatore di luce fino a quando non si ribellò al
suo Signore tentato di prenderne il posto e il suo Dio lo precipitò nelle
tenebre e nel fuoco dei dannati…Questi nostri incontri li ha voluti Papa
Francesco perché, tra le tante persone di ogni condizione sociale, di ogni
fede, d’ogni età che incontra nel suo quotidiano apostolato, desiderava anche
scambiare idee e sentimenti con un non credente. Ed io tale sono, un non
credente che ama la figura umana di Gesù, la sua predicazione, la sua leggenda,
il mito che egli rappresenta agli occhi di chi gli riconosce un’umanità di eccezionale spessore, ma nessuna divinità”.
Con
questa cultura illuminista antropocentrica che riduce la religione, la fede cattolica nei puri limiti di una ragione
senza una metafisica divina ponendo al centro i valori cristiani di ogni
persona democraticamente sempre fine e
mai riduttivamente mezzo per altri o peraltro, quindi la libertà, la
fraternità, l’uguaglianza, negando che ogni uomo per il peccato fin dalle
origini nasca con la tendenza al male, male che viene dalle strutture,
rivoluzionando le quali tutto si risolverebbe, il Concilio Vaticano II ha
dialogato. Ma escludendo Dio dalla cultura e dalla vita pubblica, ritenendolo
superfluo ed estraneo è avvenuta una radicale riduzione dell’uomo, considerato
dalla cultura che predomina in Occidente, ben diversa da quella dell’America
Latina. cultura che vorrebbe porsi come universale e autosufficiente, generando
un nuovo costume di vita, un semplice prodotto della natura che esclude la
creazione, la redenzione. Come tale non realmente libero e di per sé suscettibile di essere trattato come
ogni altro animale. E’ un capovolgimento del punto dipartenza della cultura
moderna illuministica propria anche di Scalfari, che era una rivendicazione
della centralità di ogni uomo, considerato originariamente buono senza alcuna
tendenza al male per la quale aveva bisogno non solo di rifarsi al personaggio
storico umanista di Gesù di Nazareth ma del Dio sempre con npoi che ha assunto
un volto umano che ci ha amato sino alla fine, ogni singolo e l’umanità e
risorto, presente nel suo corpo cioè il noi della Chiesa ci libera e ci salva,
rendendo possibile non solo di vedere e approvare il bene ma di evitare il
male. In questo post-moderno l’etica viene ricondotta entro i confini del
relativismo e dell’utilitarismo, con l’esclusione di ogni principio morale che
sia valido e vincolante per se stesso. Non è difficile vedere come questo tipo
di cultura post-moderna che il Concilio non poteva aver presente , con
l’esplosione del problema antropologico, rappresenta un taglio radicale e profondo
non solo con il cristianesimo ma più in generale con le tradizioni religiose e
morali dell’umanità, anzi con la cultura moderna illuminista propria anche di
Scalfari, non sia quindi in grado di instaurare un vero dialogo con le altre
culture, nelle quali la dimensione religiosa è fortemente presente, ma nemmeno
con la cultura umanistica moderna senza divinità, oltre a non poter rispondere
alle domande fondamentali sul senso e
sulla direzione della nostra vita, finendo nel pessimismo di Scalfari:
“cupidigia e desiderio di possesso il vero peccato del mondo del quale tutti
siamo affetti e rappresenta l’altra forma della nostra umanità ed è la dinamica
tra questi due sentimenti a costruire nel bene e nel male la storia del mondo.
E’ presente in tutti”. Ma questa cultura post-moderna è contrassegnata da una profonda carenza, ma anche da un grande
e inutilmente nascosto bisogno di fede, di speranza, di amore, di Dio cioè di
nuova evangelizzazione.
Sempre
rifacendosi al personaggio solo storico del Gesù di allora che miticamente i
cristiani hanno rivestito di divinità, Scalfari lo ricordava “come esempio
della dolcezza e della mitezza ma a volte prendeva il bastone per calarlo sulle
spalle dei manigoldi che insozzavano moralmente il Tempio”. Papa Francesco:
“Vedo che ricorda molto bene le mie parole. Citavo i passi dei Vangeli di Marco
e di Matteo. Gesù amava tutti, perfino i peccatori che voleva redimere
dispensando il perdono e la misericordia, ma quando usava il bastone lo
impugnava per scacciare il demonio che si
era impadronito di quell’anima”. Scalfari: “Le anime – anche questo lei me
l’ha detto nel nostro precedente incontro –possono pentirsi dopo una vita di
peccato anche nell’ultimo momento della loro esistenza e la misericordia sarà con
loro”. Papa Francesco: “E’ vero, questa è la nostra dottrina e questa è la via che “Cristo (risorto presente e
operante nella e attraverso la sua Chiesa) ci ha indicato. Ma può darsi il caso
che qualche pentimento dell’ultimo minuto di vita sia interessato. Magari
inconsapevolmente, ma interessato a garantirsi un possibile aldilà. In quel
caso la misericordia è infinita ma non cadrà mai in trappola. Se il pentimento non è autentico la misericordia non può esercitare il suo
ruolo di redenzione”.
Ma
quando il pentimento è autentico, quando la misericordia può esercitare il suo
ruolo di redenzione?
Per
approfondire questo giudizio mi rifaccio a un’intervista al cardinale
arcivescovo di Bologna Carlo Caffarra pubblicata sul Foglio del 15 marzo 2014 a riguardo del dibattito molto appassionato attorno al senso della misericordia:
“Prendiamo la pagine di Gesù e dell’adultera. Per la
donna trovata in fragrante adulterio, la legge mosaica era chiara: doveva
essere lapidata. I farisei infatti chiedono a Gesù cosa ne pensasse, con
l’obiettivo di attirarlo dentro la loro prospettiva. Se avesse detto
‘lapidatela’, subito avrebbero detto ‘ecco, lui che predica misericordia, che
va a mangiare con i peccatori, quando è il momento dice anche lui di
lapidarla’. Se avesse detto ‘ non dovete lapidarla’, avrebbero detto ‘ecco a
cosa porta la misericordia, a distruggere la legge e ogni vincolo giuridico e
morale’. Questa è la tipica prospettiva della morale casuistica, che ti porta
inevitabilmente in un vincolo alla fine del quale c’è il dilemma tra la persona
e la legge.. I farisei tentavano di portare in questo vicolo Gesù. Ma lui esce
totalmente da questa prospettiva, e dice che l’adulterio è un grande male che
distrugge la verità della persona umana che tradisce. E proprio perché è un
grande male, Gesù per toglierlo, non distrugge la persona che lo ha commesso,
ma la guarisce da questo male,( la ricrea in modo divino) e raccomanda di non
incorrere in questo grande male che è l’adulterio, ‘Neanch’io ti condanno, va e
non peccare più’. Questa è la misericordia che la Chiesa, di generazione in
generazione , annuncia in continuità. La Chiesa deve dire che cosa è male. Ha
ricevuto da Gesù il potere di guarire, di ricreare ciò che il peccato ha
rovinato ma alla stessa condizione. E’ verissimo che il perdono è sempre
possibile: lo è per l’assassino, lo è per l’adultero. Non è un accomodamento,
sarebbe indegno del Signore una cosa del genere. Per fare accomodamenti bastano
gli uomini. Qui si tratta di rigenerare, ricreare una persona umana, e di questo
è capace solo Dio e in suo nome la Chiesa. San Tommaso dice che la
giustificazione di un peccatore è un’opera più grande della creazione
dell’universo. Quando viene giustificato un peccatore, accade qualcosa che è
più grande di tutto l’universo. Un atto che magari avviene in un confessionale,
attraverso un sacerdote umile, povero. Ma lì si compie un atto più grande della
creazione del mondo cioè la redenzione. Non dobbiamo ridurre la misericordia ad
accomodamenti, o confonderla con la tolleranza. Questo è ingiusto verso l’opera
del Signore…La tradizione della Chiesa ha sempre distinto – distinto, non
separato – il suo compito magisteriale dal ministero del confessore. Usando
un’immagine, potremmo dire che ha sempre distinto il pulpito dal confessionale.
Una distinzione che non vuol significare una doppiezza, bensì che la Chiesa dal
pulpito testimonia una verità che non è prima una norma, un ideale verso cui
tendere. A questo momento entra con amorevolezza il confessore, che dice al
penitente vero: ‘Quanto hai sentito dal pulpito, è la tua verità, la quale ha a
che fare con la tua libertà, ferita e fragile (per cui puoi arrivare a vedere,
approvare il bene finendo con le sole tue forze per fare quel male che non vuoi
e non il bene che vuoi: chi ti libererà? L’incontro ecclesiale, sacramentale
con Cristo). Il confessore conduce il penitente in cammino verso la pienezza
del suo bene. Non è che il rapporto tra il pulpito e il confessionale sia il
rapporto tra l’universale e il particolare. Questo lo pensano i casuisti
soprattutto nel Seicento. Davanti al dramma di ogni uomo con la tendenza
originale al male, il compito del confessore non è di far ricorso alla logica
che sa passare dall’universale al singolare. Il dramma dell’uomo non dimora nel
passaggio dall’universale al singolare. Dimora nel rapporto tra la verità della
sua persona e la sua libertà. Questo è il cuore del dramma umano, perché io con
la mia libertà posso negare ciò che ho appena affermato con la mia ragione.
Vedo il bene e lo approvo, e poi faccio il male. Il dramma è questo. Il
confessore si pone dentro questo dramma, non al meccanismo universale –
particolare. Se lo facesse inevitabilmente cadrebbe nell’ipocrisia e sarebbe
portato a dire ‘va bene, questa è la legge universale, però siccome tu ti trovi
in queste circostanze, non sei obbligato’. Inevitabilmente, si elaborerebbe una
fattispecie ricorrendo la quale, la legge diventa eccepibile. Ipocritamente,
dunque, il confessore avrebbe già promulgato un’altra legge accanto a quella
predicata dal pulpito. Questa è ipocrisia! Guai se il confessore non ricordasse
mai alla persona che si trova davanti che siamo in cammino. Si rischierebbe, in
nome del Vangelo della misericordia, di vanificare il Vangelo della
misericordia. Su questo punto Pascal ha visto giusto nelle sue Provinciali, per
altri versi profondamente ingiuste. Alla fine l’uomo potrebbe convincersi che
non è ammalato, (che ce la può fare con le sole sue forze), e quindi non
bisognoso di Gesù Cristo. Uno dei miei maestri, il servo di Dio padre Cappello,
grande professore di diritto canonico, diceva che quando si entra in
confessionale non bisogna seguire la dottrina dei teologi, ma l’esempio dei
santi”. Padre Cappello era gesuita come Papa Francesco
e nell’orizzonte del carisma di sant’Ignazio per assimilarci a Cristo occorre che il pastore, l’educatore alla fede
e alla morale cristiana, abbia davanti l’essenziale, il Dogma cioè la
verità su di Lui che la Chiesa propone
con il Catechismo ma con il discernimento in rapporto alla persona che si ha
davanti e con quelle circostanze, come metterla in cammino verso la pienezza
della sua assimilazione con il discernimento delle possibilità che in quel
momento ha: questa è la pastorale. E’ il rapporto tra Dogma e pastorale. Non
separazione tra Dogma e annuncio, tra Dogma e Liturgia, tra Dogma e morale,
etica, ma distinzione: questa è la pastorale che il Concilio ha voluto
richiamare e che Papa Francesco ha presentato nella Evangelii gaudium. Nella Pedofilia, nella mafia, però, non c’è o ci
può essere soltanto il peccato, che ha tutte le possibilità del pentimento
vero, della misericordia di redenzione, rigenerazione, di ricreazione, ma anche
il delitto che richiede giustizia severa a livello pubblico, come ricorda Papa
Francesco.
E’
interessante come Scalfari ha ricordato, ha pubblicato questo tema del
colloquio non rivisto dal papa e con la sua convinzione non teocentrica ma
antropocentrica cioè ogni coscienza è ultimo tribunale nel giudizio sul bene e
il male: “Lei Santo Padre, ha tuttavia ricordato più volte che Dio ci ha dotato
di libero arbitrio. Sa bene che se scegliamo il male la nostra religione non
esercita misericordia nei nostri confronti. Ma c’è un punto che mi preme
sottolineare: la nostra coscienza è libera e autonoma. Può in perfetta buona
fede fare del male convinta però che da quel male nascerà un bene. Qual è, di
fronte a casi del genere, che sono molto frequenti, l’atteggiamento dei
cristiani? Papa Francesco: “La coscienza è libera. Se sceglie il male
perché è sicura che da esso deriverà un bene dall’alto dei cieli queste
intenzioni e le loro conseguenze saranno valutate. Non possiamo dire di più
perché non sappiamo di più. La legge
del Signore è il Signore a stabilirla e non le creature : (la coscienza la
coglie non è lei a crearla). Noi
sappiamo soltanto perché è Cristo ad avercelo detto che il Padre conosce le
creature che ha creato e nulla per lui è misterioso. Del resto il libro di
Giobbe esamina a fondo questo tema. Si ricorda che ne parlammo? Bisognerebbe
esaminare a fondo i libri sapienziali della Bibbia e il Vangelo quando parla di
Giuda iscariota. Sono temi di fondo
della nostra teologia’. Aggiunge Scalfari: e anche della cultura moderna
che voi volete comprendere a fondo e con le quali volete confrontarvi. Papa
Francesco richiamando lo scopo del Concilio Vaticano II: “E’ vero è un punto capitale del Vaticano II e dovremo al più presto
affrontarlo”. E di fronte, però, all’attuale problema antropologico che
riduce l’uomo a semplice prodotto della natura non creata, come tale non
realmente libero e di per sé suscettibile di essere trattato come ogni altro
animale, occorre un dialogo tra tutti, umanisti secolarizzati alla Scalfari, di
tutte le religioni, di tutte le fedi cristiane, di fronte a un autentico
capovolgimento del punto di partenza di questa cultura moderna che predomina in
Occidente e che vorrebbe porsi, con i suoi potenti mezzi di comunicazione, come
universale e autosufficiente, generando con la globalizzazione un nuovo costume
di vita senza più possibilità di democrazia.
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