Chi guarda il Signore vede gli altri
Chi guarda il Signore, vede gli altri. Il mondo, le religioni, le fedi soffocano senza dialogo. Ma il dialogo è possibile soltanto a partire dalla propria identità. Io non posso fare finta di avere un’altra identità per dialogare. No, non si può dialogare così. Io sono con questa identità cattolica, ma dialogo, perché sono persona, perché sono uomo, sono
donna e l’uomo e la donna hanno questa possibilità di dialogare senza negare la propria identità. Occorre promuovere l’amicizia tra le religioni, le fedi per offrire pace e speranza in una profonda e drammatica carenza storica dell’attuale secolarizzazione (Papa Francesco)
“Vengo a visitare la Comunità di Sant’Egidio qui a Trastevere, dove è nata. Grazie della vostra calorosa accoglienza.
Siamo raccolti qui attorno a Cristo, che dall’alto del mosaico, ci guarda con occhi teneri e profondi, insieme con la Vergine Maria, che cinge con il suo braccio. Questa antica basilica è diventata luogo di preghiera quotidiana per tanti romani e pellegrini. Pregare nel centro della città non vuol dire dimenticare le periferie umane e urbane. Significa ascoltare e accogliere qui il Vangelo dell’amore per andare incontro ai fratelli e alle sorelle nelle periferie della città e del mondo.
Ogni chiesa, ogni comunità è chiamata a questo nella vita convulsa e a volte confusa della città. Tutto comincia con la preghiera. La preghiera preserva l’uomo anonimo della città da tentazioni che possono essere anche le nostre: il protagonismo per cui tutto gira attorno a sé, l’indifferenza, il vittimismo. La preghiera è la prima opera della vostra Comunità, e consiste nell’ascoltare la Parola di Dio – questo pane. Il pane che ci dà forza. Che ci fa andare avanti – ma anche nel volgere gli occhi a Lui, come in questa basilica: “Guardate a lui e sarete raggianti, i vostri volti non dovranno arrossire”, dice il Salmo (34,6).
Chi guarda il Signore, vede gli altri. Anche voi avete imparato a vedere imparato a vedere gli altri, in particolare i più poveri, e vi auguro di vivere quello che ha detto il Prof. Riccardi, che tra voi si confonde chi aiuta e chi è aiutato. Un’attenzione che lentamente cessa di essere attenzione per diventare incontro, abbraccio: si confonde chi aiuta e chi è aiutato. Chi è il protagonista? Tutti e due, o, per meglio dire, l’abbraccio.
Nei poveri è presente Gesù, il quale si identifica con loro. San Giovanni Crisostomo scrive: “Il Signore si accosta a te in atteggiamento da indigente (In Matthaeum Homil. LXVI, 3: PG 58, 629). Siete e rimanete una Comunità con i poveri. Vedo tra voi molti anziani. Sono contento che siate loro amici e vicini. Il trattamento degli anziani, come quello dei bambini, è un indicatore per vedere la qualità di una società. Quando gli anziani sono scartati, quando gli anziani sono isolati e a volte si spengono senza affetto, è brutto segno! Quant’è buona invece quell’alleanza che qui vedo tra giovani e anziani in cui tutti ricevono e donano! Gli anziani e la loro preghiera sono una ricchezza per Sant’Egidio. Un popolo che custodisce i suoi anziani, che non si prende cura dei suoi giovani, è un popolo senza futuro, un popolo senza speranza. Perché i giovani – i bambini, i giovani – e gli anziani portano avanti la storia. I bambini, i giovani con la loro forza biologica, è giusto. Gli anziani, dando loro la memoria. Ma quando una società perde la memoria, è finita, è finita. E’ brutto vedere una società, un popolo, una cultura che ha perso la memoria. La nonna novantenne che ha parlato – brava! – ci ha detto che c’era questo ricorso allo scarto, questa cultura dello scarto. Per mantenere un equilibrio così, dove al centro dell’economia mondiale non ci sono l’uomo e la donna, ma c’è l’idolo denaro, è necessario scartare cose. Si scartano i bambini: niente bambini. Pensiamo soltanto alla quota di crescita dei bambini in Europa: in Italia, Spagna, Francia … E si scartano gli anziani, con atteggiamenti dietro ai quali c’è un’eutanasia nascosta, una forma di eutanasia. Non servono, e quello che non serve si scarta. Quello che non produce si scarta. E oggi la crisi è tanto grande che si scartano i giovani: quando pensiamo a questi 75 milioni di giovani dai 25 anni in giù, che sono “né – né”: né lavoro, né studio. Sono senza. Succede oggi, in questa Europa stanca, come ha detto lei. Un mio amico mi faceva una domanda, tempo fa: perché io non parlo dell’Europa. Io gli ho fatto una trappola, e gli ho detto: “Lei ha sentito quando ho parlato dell’Asia?”. E si è accorto che era una trappola! Oggi parlo dell’Europa. L’Europa è stanca. Dobbiamo aiutarla a ringiovanire, a trovare le sue radici. E’ vero: ha rinnegato le sue radici. E’ vero, Ma dobbiamo aiutarla a ritrovarle.
Dai poveri e dagli anziani si inizia a cambiare la società. Gesù dice di se stesso: “La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d’angolo” (Mt 21,42). Anche i poveri sono in qualche modo “pietra d’angolo” per la costruzione della società. Oggi purtroppo un’economia speculativa li rende sempre più poveri, privandoli dell’essenziale, come la casa e il lavoro. E’inaccettabile! Chi vive la solidarietà non lo accetta e agisce. E questa parola “solidarietà” tanti vogliono toglierla dal dizionario, perché a una certa cultura sembra una parolaccia. No! E’ una parola cristiana, la solidarietà! E per questo siete famiglia dei senza casa, amici delle persone con disabilità, che esprimono – se amati – tanta umanità. Vedo qui inoltre “nuovi europei”, migranti giunti dopo viaggi dolorosi e rischiosi. La Comunità li accoglie con premura e mostra che lo straniero è un nostro fratello da conoscere e aiutare. E questo ci ringiovanisce.
Da qui, da Santa Maria in Trastevere, rivolgo il mio saluto a quanti partecipano alla vostra comunità in altri Paesi del mondo. Incoraggio anche loro ad essere amici di Dio, dei poveri e della pace: chi vive così troverà benedizione nella vita e sarà benedizione per gli altri.
In alcuni Paesi che soffrono per la guerra, voi cercate di tenere viva la speranza della pace. Lavorare per la pace non dà risultati rapidi, ma è un’opera da artigiani pazienti, che cercano quel che unisce e mettono da parte quel che divide, come diceva san Giovanni XXIII.
Occorre più preghiera e più dialogo: questo è necessario. Il mondo soffoca senza dialogo. Ma il dialogo è possibile soltanto a partire dalla propria identità. Io non posso fare finta di avere un’altra identità per dialogare. No, non si può dialogare così. Io sono con questa identità, ma dialogo, perché sono persona, perché sono uomo, sono donna e l’uomo e la donna hanno questa possibilità di dialogare senza negoziare la propria identità. Il mondo soffoca senza dialogo: per questo anche voi date il vostro contributo per promuovere l’amicizia tra le religioni.
Andate avanti su questa strada: preghiera, poveri e pace. E camminando così aiutate a far crescere la compassione nel cuore della società – che è la vera rivoluzione, quella della compassione e della tenerezza -, a far crescere l’amicizia al posto dei fantasmi dell’inimicizia e dell’indifferenza” (Papa Francesco, Discorso ai Poveri Assistiti dalla Comunità di Sant’Egidio, 15 giugno 2014).
Guardando la storia del cristianesimo la strada maestra per l’evangelizzazione, anche per l’attuale nuova evangelizzazione, è stata la forte unità che si è realizzata nella Chiesa fin dai primis secoli tra una fede amica dell’intelligenza e una prassi di vita caratterizzata dall’amore reciproco e dall’attenzione premurosa ai poveri e ai sofferenti. Questo ha reso possibile la prima grande espansione nel mondo ellenistico – romano e così è avvenuto in altri contesti culturali e situazioni storiche, in Europa dopo la Rivoluzione francese. Certo sappiamo bene che questa scelta di fede di vedere la presenza del Signore, vedendo gli altri alla sequela di Cristo non è mai stata facile: è sempre, invece, contrastata e controversa. La Chiesa rimane quindi in continuità “segno di contraddizione”, sulle orme del suo Maestro (Lc 2,34), anche nel nostro tempo, soprattutto nel nostro con il pensiero unico delle potenze finanziarie con lo strumento mediatico, con una cultura post-moderna che ritiene di trattare l’uomo come un animale: è l’attuale questione antropologica. Ma non per questo, sull’esempio dallo straordinario carisma pastorale di Papa Francesco, non c’è motivo di perdersi d’animo. Al contrario, dobbiamo essere pronti a dare risposta (apo – logia) a chiunque ci domandi ragione (logos) della nostra speranza, come ci invita a fare la Prima Lettera di San Pietro (3,15). Dobbiamo rispondere – ricordava anche Benedetto XVI a Verona il 19 ottobre del 2006 – “con dolcezza e rispetto, con una retta coscienza (3,16), con quella forza mite che viene dall’unione con Cristo, che fa accadere un’amicizia soprattutto nelle relazioni con religioni e fedi diverse di fronte al secolarismo occidentale del pensiero unico che vorrebbe porsi come universale e autosufficiente, generando un nuovo costume di vita in cui Dio rimane escluso dalla cultura e dalla vita pubblica: ogni rapporto religioso con Lui, ogni fede di fronte alla sua rivelazione diventa per tutti più difficile, anche perché viviamo in un mondo che si presenta quasi sempre come opera nostra, nel quale, per così dire, Dio non compare più direttamente, sembra divenuto superfluo ed estraneo. In rapporto con tutto questo, ha luogo una radicale riduzione dell’uomo, considerato un semplice prodotto della natura, come tale non realmente libero e di per sé suscettibile di essere trattato come ogni altro animale. Si ha così un autentico capovolgimento del punto di partenza di quella cultura moderna che puntava ai valori cristiani dell’uguaglianza, della persona, della libertà, cera un rivendicazioni della centralità di ogni uomo anche senza riferimento a Dio, in un momento di guerra tra religioni e fedi. In questa cultura post- moderna, l’etica viene ricondotta entro i confini del relativismo e dell’utilitarismo dell’ideologia del dio denaro, con l’escursione di ogni principio morale che sia valido e vincolante per se stesso. Non è difficile vedere come questo tipo di cultura rappresenta un taglio radicale e profondo non solo con il cristianesimo ma più in generale con le tradizioni religiose e morali dell’umanità: non sia quindi in grado di instaurare un vero dialogo con le altre culture, sell quali alla dimensione religiosa è fortemente presente, oltre a non poter rispondere alea domande fondamentali sul senso e la direzione della nostra vita. Perciò questo pensiero unico, questa cultura, egemone attraverso la potenza mediatica, è contrassegnata da una profonda carenza, ma anche da un grande e inutilmente nascosto bisogno di speranza e di pace che l’amicizia tra religioni e fedi diverse possono offrire.
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