Il cuore del Vangelo è dei poveri di spirito

“L’amore per i poveri e per le persone ferite è il cuore del Vangelo. Io (papa Francesco) sono credente, credo in Dio, credo in Gesù Cristo e nel suo Vangelo, e il cuore del Vangelo è l’annuncio ai poveri. Quando tu leggi le Beatitudini, per esempio, o tu leggi Matteo 25, tu vedi lì come Gesù è chiaro, in questo. Il cuore del Vangelo è questo. E Gesù dice di se stesso:”Sono venuto per annunciare ai poveri la liberazione, la salute, la grazia di Dio…”. Ai poveri. Quelli che hanno bisogno di salvezza, che hanno bisogno di essere accolti nella società. Poi, se tu leggi il Vangelo, vedi che
Gesù aveva una certa preferenza per gli emarginati: i lebbrosi, le vedove, i bambini orfani, i ciechi…le persone emarginate. E anche i grandi peccatori… e questa è la mia consolazione! Sì, perché Lui non si spaventa neppure del peccato! Quando trovò persone come Zaccheo, che era un ladro, o come Matteo, che era un traditore della patria per i soldi, Lui non si è spaventato! Li ha guardati e li ha scelti. Anche questa è una povertà: la povertà del peccato. Per me, il cuore del Vangelo è dei poveri.
Ho sentito, due mesi fa, che una persona ha detto, per questo parlare dei poveri, per questa preferenza: “Questo Papa è comunista”. No! Questa è una bandiera del Vangelo, non del comunismo: del Vangelo! Ma la povertà senza ideologia, la povertà…E per questo io credo che i poveri sono al centro dell’annuncio di Gesù. Basta leggerlo. IL problema è che poi questo atteggiamento verso i poveri alcune volte, nella storia, è stato ideologizzato. No, non è così: l’ideologia è un’altra cosa. E’ così nel Vangelo, è semplice, molto semplice. Anche nell’Antico Testamento si vede questo. E per questo io li metto al centro, sempre” (Papa Francesco intervista del 31 marzo 2014)

Accompagnati dal Vescovo di Gent, S.E. Mons. Lucas Van Looy un gruppo di 12 giovani, nato durante la GMG di Rio e che vogliono comunicare anche agli altri cosa hanno fatto lì, sono venuti da Papa Francesco per salutarlo. Hanno manifestato il desiderio di porgli delle domande, partendo dalla loro ispirazione cristiana. Sono in quattro credenti e una non credente perché vivendo in una società molto laica, nelle Fiandre, possono fare un messaggio per tutti.

R. – (Papa Francesco) Ah, mi piace! Tutti siamo fratelli!

D. – (I giovani) Veramente, sì. La prima domanda è: grazie per avere accettato la nostra richiesta; ma perché l’ha accolta?

R. – Quando io sento che un giovane o una giovane ha un’inquietudine, io sento come mio dovere di servire questi giovani, di dare un servizio a questa inquietudine, perché questa inquietudine è come un seme, e poi andrà avanti e darà frutti. E io  in questo momento sento che con voi sto facendo un servizio a quello che è più prezioso, in questo momento, che è la vostra inquietudine.

D. – (un ragazzo)  Ognuno, in questo mondo, cerca di essere felice. Ma noi ci siamo chiesti: Lei è felice?, e perché?

R: - Assolutamente, assolutamente, sono felice. E sono felice perché….non so perché… forse perché ho un lavoro, non sono disoccupato, ho un lavoro, un lavoro da pastore! Sono felice perché ho trovato la mia storia nella vita e fare questa storia mi fa felice. Ed è anche una felicità tranquilla, perché a questa età non è la stessa felicità di un giovane, c’è una differenza. Una certa pace interiore, una pace grande, una felicità che viene anche con l’età. E anche con un cammino che ha avuto sempre problemi: anche adesso ci sono i problemi; anche adesso ci sono i problemi, ma questa felicità non va via con i problemi, no: vede i problemi, li soffre e poi va avanti; fa qualcosa per risolverli e va avanti. Ma nel profondo del cuore c’è questa pace e questa felicità. E’ una grazia di Dio, per me, davvero. E’ una grazia. Non è merito proprio.

D. – (un ragazzo) In molti modi Lei ci manifesta il suo grande amore per i poveri e per le persone ferite. Perché questo è così importante per Lei?

R. – La risposta di Papa Francesco l’abbiamo riportata nel titolo.

D. – (una ragazza) Io non credo in Dio, ma i suoi gesti e i suoi ideali mi ispirano. Forse Lei ha un messaggio per tutti noi, per i giovani cristiani, per le persone che non credono o hanno un altro credo o credono in modo diverso?

R. – Per me si deve cercare, nel modo di parlare, l’autenticità. E per me l’autenticità è questa: io sto parlando con dei fratelli. Tutti siamo fratelli. Credenti, non credenti, o di questa confessione religiosa o dell’altra, ebrei, mussulmani… tutti siamo fratelli. L’uomo è al centro della storia, e questo per me è molto importante: l’uomo, (ogni uomo), è al centro. In questo momento della storia, l’uomo è stato buttato via dal centro, è scivolato verso la periferia, e al centro – almeno in questo momento – è il potere, il denaro. E noi dobbiamo lavorare per le persone, per l’uomo e la donna, che sono l’immagine di Dio. Perché i giovani? Perché i giovani – riprendo quello che ho detto all’inizio – sono come il seme che darà frutto lungo il cammino. Ma anche in rapporto con quello che dicevo adesso: in questo mondo, dove al centro è il potere, il denaro, i giovani sono cacciati via. Sono cacciati via i bambini – non vogliamo bambini, ne vogliamo di meno, famiglie piccole: non si vogliono i bambini- Sono cacciati via gli anziani: tanti anziani muoiono per una eutanasia nascosta, perché non si ha cura di loro e muoiono. E adesso sono cacciati via i giovani. Pensate che in Italia, per esempio, la disoccupazione giovanile dai 25 anni in giù è quasi del 50 per cento; in Spagna è del 60 per cento, e in Andalusia, nel sud della Spagna, è del 70 per cento quasi…. Non so la percentuale di disoccupazione in Belgio quale sia…

D. - …un po’ meno: 5-10 per cento…

R. – E’ poco. E’ poco, grazie a Dio. Ma pensate voi cosa significa una generazione di giovani che non hanno lavoro! Tu puoi dirmi: “Ma possono mangiare, perché la società dà loro da mangiare”. Sì, ma questo non è sufficiente, perché non hanno l’esperienza della dignità di portare il pane a casa. E questo è il momento della “passione dei giovani”. Noi siamo entrati in una cultura dello scarto: quello che non serve a questa globalizzazione, si scarta. Gli anziani, i bambini, i giovani. Ma così si scarta il futuro di un popolo, perché nei bambini e giovani e negli anziani è il futuro di un popolo. I bambini e i giovani, perché porteranno avanti la storia, e gli anziani sono quelli che devono darci la memoria di un popolo come è andato il cammino di un popolo. E se si scartano, avremo un gruppo di gente senza forza, perché non avrà tanti giovani e bambini, e senza memoria. E questo è gravissimo! E per questo io credo che dobbiamo aiutare i giovani perché possano avere il ruolo nella società che in questo moneto storico difficile ci vuole.

D. – Ma lei ha un messaggio specifico, molto concreto per noi, affinché noi – magari – possiamo ispirare altre persone, come fa lei? Anche persone che non credono?

Ha detto una parola molto importante: “concreto”. E’ una parola importantissima, perché nella concretezza della vita tu vai avanti; con le idee solo, non vai avanti! Questo è molto importante. E credo che voi giovani dobbiate andare avanti con questa concretezza della vita. Tante volte anche con azioni legate alle situazioni, perché si deve prendere questo, questo….ma anche con le strategie…Io ti dirò una cosa. Ho parlato, per il mio lavoro, anche a Buenos Aires, con tanti giovani politici, che passavano a salutarmi. E sono contento perché loro, siano di sinistra, siano di destra, loro parlano una nuova musica. E questo a me dà speranza. E io credo che la gioventù, in questo momento, deve prendere il largo e andare avanti. Che siano coraggiosi! Questo a me dà speranza. Non so se ho risposto: concretezza nelle azioni.

D. – (ragazzo) Quando leggo i giornali, quando mi guardo intorno, mi chiedo se la razza umana sia veramente capace di prendersi cura di questo mondo e della stessa razza umana. Lei condivide questo mio dubbio? …Scartiamo, come Lei diceva. Anche Lei sente questo dubbio qualche volta, di dubitare e di dirsi: ma Dio, dov’è in tutto questo?

R. Io mi faccio due domande su questa questione: dove è Dio e dove è l’uomo? E’ la prima domanda che, nel racconto della Bibbia, Dio fa all’uomo: “Adamo, dove sei?”. E’ la prima domanda all’uomo. E anch’io mi domando, adesso: “Tu, uomo di questo secolo XXI, dove stai?” E questo mi fa pensare anche un’altra domanda: “Tu, Dio, dove sei?”. Quando l’uomo trova se stesso, cerca Dio. Forse non riesce a trovarlo, ma va su una strada di onestà, cercando verità, per una strada di bontà e una strada di bellezza. Per me, una persona giovane che ama la verità e la cerca, ama la bontà ed è buona, è una buona persona, e cerca e ama la bellezza, è su una buona strada e troverà Dio di sicuro! Prima o poi lo troverà! Ma la strada è lunga e alcune persone non la trovano, nella vita. Non la trovano in maniera cosciente. Ma sono tanto veri e onesti con se stessi, tanto buoni e tanto  amanti della bellezza, che alla fine hanno una personalità molto matura, capace di un incontro con Dio, che è sempre una grazia. Perché l’incontro con Dio è una grazia. Noi possiamo fare la strada…Alcuni lo incontrano nelle altre persone…E’ una strada da fare…Ognuno deve incontrarlo personalmente. Dio non si incontra per sentito dire, né si paga per incontrare Dio. E’ una strada personale, dobbiamo incontrarlo così. Non so se ho risposto alla tua domanda.

D. – Siamo tutti umani e facciamo degli errori. Cosa hanno insegnato a Lei i suoi errori?

R. – Ho sbagliato, sbaglio…Nella Bibbia si dice, nel Libro della Sapienza, che l’uomo più giusto sbaglia sette volte al giorno!....Per dire che tutti sbagliano…Si dice che l’uomo sia l’unico animale che cade due volte nello stesso punto, perché non impara subito dai suoi sbagli. Uno può dire: “Io non ho sbagliato”, ma non migliora; questo ti porta alla vanità, alla superbia, all’orgoglio…Io penso che gli sbagli anche nella mia vita sono stati e sono grandi maestri di vita. Grandi maestri: ti insegnano tanto. Ti umiliano anche, perché uno può sentirsi un superuomo, una superdonna, e poi sbagli, e questo ti umilia e ti mette al tuo posto. Io non direi che da tutti i miei sbagli ho imparato: no, credo che da alcuni non ho imparato perché sono testardo, e non è facile imparare. Ma da tanti sbagli ho imparato, e questo mi ha fatto bene, mi ha fatto bene. E anche riconoscere gli sbagli è importante: ho sbagliato qui, ho sbagliato là, sbaglio là…E anche essere attento per non tornare allo stesso sbaglio, allo stesso pozzo…E’ una cosa buona, il dialogo con i proprio sbagli, perché loro ti insegnano; e la cosa importante è che ti aiutano a diventare un po’ più umile, e l’umiltà fa tanto bene, tanto bene alla gente, e a noi, ci fa tanto bene. Non so se questa era la risposta.

D. – (traduttrice) Ha un esempio concreto, di come ha imparato da uno sbaglio? Lei (la ragazza che ha fatto la domanda) osa…

R. – No, io lo suo, l’ho scritto in un libro, è pubblico. Per esempio, nella conduzione della vita della Chiesa. Io sono stato nominato superiore molto giovane, e ho fatto tanti sbagli con l’autoritarismo, per esempio. Io ero troppo autoritario, a 36 anni…E poi ho imparato che si deve dialogare, si deve sentire cosa pensano gli altri…Ma non si impara una volta per sempre, no. E’ lunga la strada. Questo è un esempio concreto. E io ho imparato dal mio atteggiamento un po’ autoritario, come superiore religioso, a trovare una strada per non esserlo tanto, o essere di più…ma ancora sbaglio! E’ contenta?....Vuole osare un’altra cosa?

D. – (ragazza) Io vedo Dio negli altri. Lei dove vede Dio?

R. – Io cerco – cerco! –di incontrarlo in tutte le circostanze della vita. Cerco… Lo trovo nella lettura della Bibbia, lo trovo nella celebrazione dei Sacramenti, nella preghiera e anche nel mio lavoro cerco di trovarlo, nelle persone, nelle diverse persone… Soprattutto lo trovo nei malati: i malati mi fanno bene, perché io mi domando, quando sto con un malato, perché questo sì e io no? E con i carcerati lo trovo: perché questo carcerato e io no? E parlo con Dio? “Fai sempre un’ingiustizia: perché a questo e a me no?”. E io trovo Dio, in questo,ma sempre nel dialogo. A me fa bene cercare di trovarlo durante tutta la giornata. Non riesco a farlo, ma cerco di fare questo, di essere in dialogo. Io non riesco a farlo proprio così: i santi lo facevano bene, io ancora no…Ma questa è la strada.

D. – (una ragazza) Siccome io non credo in Dio, non riesco a comprendere come Lei preghi o perché Lei preghi. Mi può spiegare come prega Lei, nella sua veste di Pontefice, e perché prega? Il più concretamente possibile.

R. – Come prego…Tante volte prendo la Bibbia, leggo un po’, poi la lascio e mi lascio guardare dal Signore: quella è l’idea più comune della mia preghiera. Mi lascio guardare da lui. E io sento – ma non è sentimentalismo – sento profondamente le cose che il Signore mi dice. Alcune volte non parla…niente, vuoto, vuoto…ma pazientemente sto lì, e così prego…Sono seduto, prego seduto, perché mi fa male inginocchiarmi, e alcune volte mi addormento nella preghiera…E anche una maniera di pregare, come un figlio con il Padre, e questo è importante: mi sento figlio con il Padre. E perché prego? “Perché” come causa o per quali persone prego?

D. – Tutti e due…

R. – Prego, perché ho bisogno. Questo io sento, che mi spinge, come se Dio mi chiamasse per parlare. La prima cosa. E prego per le persone, quando io trovo persone che mi colpiscono perché sono malate o hanno problemi, o ci sono problemi che…per esempio la guerra…Oggi sono stato con il Nunzio di Siria, e mi ha fatto vedere le fotografie…e sono sicuro che oggi pomeriggio pregherò per questo, per quella gente…Mi hanno fatto vedere fotografie di morti di fame, le ossa erano così…in questo tempo. – io questo non capisco – quando abbiamo il necessario per dare da mangiare a tutto il mondo, che ci sia gente che muore di fame, per me è terribile! E questo mi fa pregare, proprio per questa gente.

D. – Io ho le mie paure: di che cosa ha paura Lei?

R. – Di me stesso! Paura…Guarda, nel Vangelo, Gesù ripete tanto: “Non abbiate paura! Non abbiate paura!. Tante volte lo dice. E perché? Perché Lui sa che la paura è una cosa direi normale. Noi abbiamo paura della vita, abbiamo paura davanti alle sfide, abbiamo paura davanti a Dio…Tutti abbiamo paura, tutti. Tu non devi preoccuparti di avere paura. Devi sentire questo ma non avere paura e poi pensare: “Perché ho paura?”. E davanti a Dio e davanti a te stessa cercare di chiarire la situazione o chiedere aiuto a un altro. La paura non è una buona consigliera, perché ti consiglia male. Ti spinge su una strada che non è quella giusta. Per questo Gesù diceva tanto: “Non abbiate pauraNon avere paura!”. Poi, dobbiamo conoscere noi stessi, tutti: ognuno deve conoscere se stesso e cercare dov’è la zona nella quale noi possiamo sbagliare di più, e di quella zona avere un po’ di paura. Perché c’è la paura cattiva e la paura buona. La paura buona è come la prudenza. E’ un atteggiamento prudente: “Guarda, tu sei debole in questo, questo e questo, sii prudente e non cadere”. La paura cattiva è quella che tu dici che un po’ ti annulla, ti annienta. Ti annienta, non ti lascia fare qualcosa: questa è cattiva e bisogna buttarla fuori.

D. – (traduttrice) Lei (la ragazza) ha posto questa domanda perché qualche volta non è facile in Belgio, per esempio, parlare della propria fede: questo era per lei anche un modo, perché tanti non credono, e lei ha detto: Io voglio porre questa domanda perché voglio avere la forza anche di testimoniare”…

R. – Ecco, adesso capisco la radice della domanda. Testimoniare con semplicità. Perché se tu vai con la tua fede come una bandiera, come le crociate, e vai a fare proselitismo, quello non va. La strada migliore è la testimonianza, ma umile: “Io sono così”, con umiltà, senza trionfalismo. Quello è un altro peccato nostro, un altro atteggiamento cattivo, il trionfalismo. Gesù non è stato trionfalista, e anche la storia ci insegna a non essere trionfalisti, perché i grandi trionfalisti sono stati sconfitti. La testimonianza: questa è una chiave, questa interpella. Io la do con umiltà, senza fare proselitismo. La offro. E’ così. E questo non fa paura. Non vai alle crociate.

D. – (traduttrice) C’è un’ultima domanda

R. – L’ultima? R’ quella terribile, l’ultima, sempre…

D. – La nostra ultima domanda: Lei ha una domanda per noi?

R. – Non è originale la domanda che voglio farvi. La prendo dal Vangelo. Ma credo che dopo aver sentito voi, forse sia quella giusta in questo momento per voi. Dov’è il tuo tesoro? Questa è la domanda. Dove riposa il tuo cuore? Su quale tesoro riposa il tuo cuore? Perché là dov’è il tuo tesoro sarà la tua vita. Il cuore è attaccato al tesoro, a un tesoro che tutti noi abbiamo: il potere, i soldi, l’orgoglio, tanti….O la bontà, la bellezza, la voglia di fare il bene…Tanti tesori ci possono essere….Dov’è il tuo tesoro? Questa è la domanda che io farò, ma dovete dare la risposta a voi stessi, da soli! A casa vostra…

D. Le faranno sapere la risposta con una lettera…

R. – La danno al Vescovo…Grazie! Grazie a voi, grazie. E pregate per me”.

Da risposte semplici, narrative mi pare che emergono parecchi punti fondamentali t fondamentali di fede – cultura cristiana, ma soprattutto due.

1.        Ho sentito due mesi fa, che una persona ha detto, per questo parlare dei poveri, per questa preferenza: “Questo Papa è comunista”. No! Questa è una bandiera del Vangelo….la povertà senza ideologia, ogni povero…”: è la rivoluzione cristiana di fede - cultura Il Papa si rifà al Concilio Vaticano II che, riconoscendo e facendo suo con il Decreto sulla libertà religiosa un principio essenziale dello Stato moderno, ha ripreso con ciò il patrimonio più profondo della Chiesa. Essa può essere consapevole di trovarsi con ciò in piena sintonia con l’insegnamento di Gesù stesso, del Vangelo (Mt 22,21), come anche la Chiesa dei martiri, con i martiri di tutti i tempi. La Chiesa antica e quindi in continuità sempre, con naturalezza, ha pregato per gli imperatori e per i responsabili politici considerando questo un suo dovere (1 Tm 2,2); ma, mentre pregava per gli imperatori, ha invece rifiutato di adorarli, e con ciò ha respinto chiaramente la religione di Stato,di chi pone l’idea universale come la cultura greco - romana, la politica romana quindi al di sopra della realtà di ogni individuo che nella verità del proprio e altrui essere dono del Donatore divino è persona, pone ogni persona in relazione con se stessa, con Dio e fraternamente, liberamente con tutti, cui tutto subordinare per amore. Questa storicamente è la perenne rivoluzione cristiana, l’umanesimo  di Fede e cultura. I martiri della chiesa primitiva sono morti anche per questa rivoluzione cristiana, per questa cultura cattolica cioè per la libertà di coscienza e per la libertà di professione della propria fede- una professione che da nessun Stato, da nessun atteggiamento di crociata può essere imposta, ma invece può essere fatta propria solo con la grazia di Dio, nella libertà di coscienza, da persona a persona attraverso il contagio  di amore e verità che avviene. L’ideologia, ogni ideologia  è frattura tra fede e cultura perché pone al centro ogni essere umano concreto soprattutto il più bisognoso, ogni persona  e non la politica, la nazione, la razza, la classe, oggi il successo, il denaro. Il Da Vittoria ha avviato nel XV secolo la modernità quando alla scoperta dell’America ha fatto riconoscere anche gli indios come persone. Purtroppo con la riforma luterana di Cristo sì e la Chiesa no e quindi la rivoluzione francese, salutata all’inizio da Kant come facilità di passare dalla cultura moderna universale della centralità di ogni uomo, della sua libertà, fraternità, uguaglianza dalla fede ecclesiastica alla religione della sola ragione non capace teoreticamente dell’apertura pubblica al trascendente e quindi Cristo stesso, Dio che possiede un volto umano a solo volto umano da imitare. Qualche anno dopo con la smentita del genocidio dei cattolici della Vandea scrive: “Se il cristianesimo un giorno dovesse arrivare a non essere più degno di amore (…) allora il pensiero dominante degli uomini dovrebbe diventare quello di un rifiuto e di un’opposizione contro di esso; e l’anticristo (…) inaugurerebbe il suo, pur breve, regime (fondato presumibilmente sulla paura e sull’egoismo). In seguito, però, poiché il cristianesimo, pur essendo stato destinato ad essere la religione universale, di fatto non sarebbe stato aiutato dal destino a diventarlo, potrebbe verificarsi, sotto l’aspetto morale, la fine perversa di tutte le cose”. Ma allora, nella Nuova Evangelizzazione, occorre recuperare la Chiesa come Popolo di Dio, come corpo di Cristo, Cristo nella sua realtà divino – umana, e quindi il valore di ogni uomo come figlio nel Figlio e perciò nell’unica Paternità divina la fraternità universale nella libertà, nell’uguaglianza.
2.        Papa Francesco ha posto una domanda: “Su quale tesoro riposa il tuo cuore? Perché là dov’è il tuo tesoro sarà la tua vita. Il cuore è attaccato al tesoro, a un tesoro che tutti noi abbiamo: il potere, i soldi, l’orgoglio, tanti…o la bontà, la bellezza, la voglia di fare il bene…Tanti tesori ci possono essere…Dov’è il tuo tesoro? Questa la domanda che io farò, ma dovrete dare la risposta a voi stessi, da soli! A casa vostra”Qui in Papa Francesco emerge  la conclusione del discorso di Benedetto XVI che avrebbe dovuto fare alla Sapienza il 15 gennaio 2008: “Che cosa ha da fare o da dire il Papa all’università? Sicuramente non deve cercare di imporre ad altri in modo autoritario la fede, che può essere solo donata in libertà. Al di là del ministero di Pastore della Chiesa e in base alla natura intrinseca di questo ministero pastorale è suo compito mantenere desta la sensibilità per la verità; invitare sempre di nuovo la ragione a mettersi alla ricerca del vero, del bene, di Dio e, su questo cammino, sollecitarla a scorgere le utili luci sorte lungo la storia della fede  cristiana e a percepire così Gesù Cristo come la Luce che illumina la storia ed aiuta a trovare la via verso il futuro”. E’ questo il veicolo ecclesiale della verità e dell’amore: la Tradizione viva. Papa Francesco la esprime dicendo di non “scartare gli anziani e i giovani”.

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