Nell'educazione non un vaccino contro la fede
I Magi, saggi compagni della strada perenne per ogni uomo nella ricerca della verità, ci indicano lo sguardo della ragione e delle Scritture per seguire i grandi desideri del nostro cuore, oscurato dall’inganno, dalla sirena, dalla mondanità del Serpente antico, facendoci accontentare di una vita mediocre e ci spingono a lasciarci sempre affascinare da ciò che è buono, vero, bello… da Dio che possiede un volto umano, che ci ha amati sino alla fine, ogni singolo e l’umanità nel suo insieme e su questo cammino scorgere le utili luci
sorte lungo la strada della fede cristiana e a percepire così Gesù Cristo come la Luce che illumina la storia ed aiutare a trovare la via, la speranza verso il futuro. Insistere sui comportamenti morali perenni in chi vive entro i confini del relativismo e dell’utilitarismo, con l’esclusione di ogni principio morale che sia valido e vincolante per se stesso, è somministrare, soprattutto ai ragazzi e ai giovani, un vaccino contro la fede e non la fede fondamento di tutto
“Lumen requirunt lumine”. Questa suggestiva espressione di un inno liturgico dell’Epifania si riferisce all’esperienza dei Magi: seguendo una luce essi cercano la Luce. La stella apparsa in cielo accende nella loro mente e nel loro cuore una luce che li muove alla ricerca della grande Luce di Cristo. I Magi seguono fedelmente quella luce che li pervade interiormente, e incontrano il Signore.
In questo percorso dei Magi d’Oriente è simboleggiato il destino di ogni uomo: la nostra vita è un camminare, illuminati dalle luci che rischiarano la strada, per trovare la pienezza della verità e dell’amore, che noi cristiani riconosciamo in Gesù, Luce del mondo. E ogni uomo, come i Magi, ha a disposizione due grandi “libri” da cui trarre i segni per orientarsi nel pellegrinaggio: il libro della creazione e il libro delle Sacre Scritture. L’importante è essere attenti, vigilare, ascoltare Dio che ci parla, sempre ci parla. Come dice il Salmo, riferendosi alla Legge del Signore: “Lampada per i miei passi la tua parola, / luce sul mio cammino” (Sal/ 119, 105). Specialmente ascoltare il Vangelo, leggerlo, meditarlo e farlo nostro nutrimento spirituale ci consente di incontrare Gesù vivo, di fare esperienza di Lui e del suo amore.
La prima lettura fa risuonare, per bocca del profeta Isaia, l’appello di Dio a Gerusalemme: “Alzati, rivesti di luce” (60,1). Gerusalemme è chiamata ad essere la città della luce, che riflette sul mondo la luce di Dio e aiuta gli uomini a camminare nelle sue vie. Questa è la vocazione e la missione del Popolo di Dio nel mondo. Ma Gerusalemme può venire meno a questa chiamata del Signore. Ci dice il Vangelo che i Magi, quando giunsero a Gerusalemme, persero per un po’ la vista della stella. Non la vedevano più. In particolare, la sua luce è assente nel palazzo del re Erode: quella dimora è tenebrosa, vi regnano il buio, la diffidenza, la paura, l’invidia. Erode, infatti, si mostra sospettoso e preoccupato per la nascita di un fragile Bambino che egli sente come un rivale. In realtà Gesù non è venuto ad abbattere lui, misero fantoccio, ma il Principe di questo mondo! Tuttavia il re e i suoi consiglieri sentono scricchiolare le impalcature del loro potere, temano che vengano capovolte le regole del gioco, smascherate le apparenze. Tutto un mondo edificato sul dominio, sul successo, sull’avere, sulla corruzione è messo in crisi da un Bambino! Ed Erode arriva fino ad uccidere i bambini. “Tu uccidi i bambini nella carne perché la paura ti uccide nel cuore” – scrive san Quodvultdeus (Disc. 2 sul Simbolo: PL 40, 655). E’ così: aveva paura, e per questa paura è impazzito.
I Magi seppero superare quel pericoloso momento di oscurità presso Erode, perché credettero alle Scritture, alla parola dei profeti che indicava in Betlemme il luogo della nascita del Messia. Così sfuggirono al torpore della notte del mondo, ripresero la strada verso Betlemme e là videro nuovamente la stella, e il vangelo dice che provarono “una gioia grandissima” (Mt 2,10). Quella stella che non si vedeva nel buio della mondanità di quel palazzo.
Un aspetto della luce che ci guida nel cammino della fede è anche la santa “furbizia”. E’ anche una virtù questa, la santa “furbizia”. Si tratta di quella scaltrezza spirituale che ci consente di riconoscere i pericoli ed evitarli. I Magi seppero usare questa luce di “furbizia” quando, sulla via del ritorno, decisero di non passare dal palazzo tenebroso di Erode, ma di percorrere un’altra strada. Questi saggi venuti da Oriente ci insegnano come non cadere nelle insidie delle tenebre e come difenderci dall’oscurità che cerca di avvolgere la nostra vita. Loro, con questa santa “furbizia” hanno custodito la fede. E anche noi dobbiamo custodire la fede. Custodirla da quel buio. Ma, anche tante volte, un buio travestito di luce! Perché il demonio, dice san Paolo, si veste da angelo di luce, alcune volte. E qui è necessaria la santa “furbizia”, per custodire la fede, custodirla dai canti delle Sirene, che ti dicono: “Guarda, oggi dobbiamo fare questo, quello…” Ma la fede è una grazia, è un dono. A noi tocca custodirla con questa santa “furbizia”, con la preghiera, con l’amore, con la carità. Occorre accogliere nel nostro cuore la luce di Dio e, nello stesso tempo, coltivare quella furbizia spirituale che sa coniugare semplicità ed astuzia, come chiede Gesù ai discepoli: “Siate prudenti come i serpenti e semplici come le colombe” (Mt 10,16).
Nella festa dell’Epifania, in cui ricordiamo la manifestazione di Gesù all’umanità nel volto di un Bambino, sentiamo accanto a noi i Magi, come saggi compagni di strada. Il loro esempio ci aiuta ad alzare lo sguardo verso la stella e a seguire i grandi desideri del nostro cuore. Ci insegnano a non accontentarci di una vita mediocre, del “piccolo cabotaggio”, ma a lasciarci sempre affascinare da ciò che è buono, vero, bello…da Dio, che tutto questo lo è in modo sempre più grande! E ci insegnano a non lasciarci ingannare dalle apparenze, da ciò che per il mondo è grande, apparente, potente. Non bisogna fermarsi lì. E’ necessario custodire la fede. In questo tempo è tanto importante questo: custodire la fede. Bisogna andare oltre, oltre il buio, oltre il,fascino delle Sirene, oltre la mondanità, oltre tante modernità che oggi ci sono, andare verso Betlemme, là dove, nella semplicità di una casa di periferia, tra una mamma e un papà pieni di amore e di fede, risplende il Sole sorto dall’alto, il re dell’universo. Sull’esempio dei Magi, con le nostre piccole luci, cerchiamo la Luce e custodiamo la fede. Così Sia” (Papa Francesco, Omelia dell’Epifania, 6 gennaio 2014).
Nella nuova ondata di illuminismo e di laicismo, in quella cultura che predomina in Occidente e che vorrebbe porsi come universale e autosufficiente, generando un nuovo costume di vita in cui l’etica viene ricondotta entro i confini del relativismo e dell’utilitarismo, con l’esclusione di ogni principio morale che sia valido e vincolante per se stesso come evangelizzare, come non essere attenti a non somministrare a ragazzi e giovani che vivono situazioni di disagio in famiglia un vaccino contro la fede? La sfida è grande perché questo tipo di cultura, oggi egemone, rappresenta un taglio radicale e profondo non solo con il cristianesimo ma più in generale con le tradizioni religiose e morali dell’umanità. E’ una cultura contrassegnata da una profonda carenza, ma anche da un grande e inutilmente nascosto bisogno di speranza. Senza legittimare nulla contro i contenuti di fede e di morale, lasciando spazio a chi li richiama continuamente, chi, come successore di Pietro deve confermare e promuovere la fede, pastoralmente deve puntare all’essenziale cioè mantenere desta la sensibilità dei Magi cioè un cammino di ricerca della verità; invitare sempre tutti di nuovo a mettersi alla ricerca del vero, del bene, di Dio e, su questo cammino aiutare a scorgere le utili luci sorte lungo la storia della fede cristiana e percepire così Gesù Cristo come la Luce che illumina la storia ed aiuta a trovare la via verso il futuro.
Papa Francesco, richiamando l’essenziale, si rifà spesso, con testimonianze di amore, alla Lettera agli Efesini, 1, 4-5. In Cristo il Padre che non guarda quante volte cadiamo, ma quante volte, con la sua grazia ci rialziamo; che ci ama non perché siamo buoni ma per farci diventare suoi amici “ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità, predestinandoci ad essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo”. Siamo condotti da queste divine parole all’origine del nostro esserci, al da dove veniamo: alla sua radice eterna. “Ci ha scelti”: ogni uomo comunque ridotto, ognuno di noi è stato pensato e voluto fra tante possibili persone umane. Lo sguardo del Padre si è posato su di te, a preferenza di tanti altri: sei stato scelto nel tuo e altrui essere dono del Donatore divino cioè sei persona, libera e non puoi essere trattato come ogni altro animale. Quando è accaduto questo?“…prima della creazione del mondo”: il mondo, questo universo immenso entro cui ti senti come un granello di polvere, non esisteva ancora e il Padre ti ha pensato e voluto liberamente, cioè amato, ha scelto te. Se dunque esisti, non è per caso, senza una ragione. Ma ci ha scelti, pensati e voluti in Cristo. Cioè: quando il Padre ha pensato e voluto il Cristo, il Figlio di Dio che possiede un volto umano rivelando contemporaneamente chi è Dio e chi è ogni uomo, ha pensato e voluto anche ciascuno di noi. Con lo stesso atto di pensiero e colla stessa decisione di volontà con cui ha pensato e voluto l’Incarnazione, ha pensato e voluto ciascuno di noi predestinandoci ad essere suoi figli adottivi e quindi fratelli Ecco perché ogni persona umana, spesso infedele al proprio e altrui essere dono del Donatore divino, realizza, ricrea se stessa solamente in Cristo e in relazione fraterna con ogni persona uguale in dignità. Se siamo stati pensati e voluti nel Verbo incarnato, risorto, questi è la nostra intelligibilità, la nostra verità, il significato, la speranza affidabile del nostro esserci, il tutto in rapporto al quale valutare e scegliere ogni azione o moralità fondata su ragione e fede.
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