Possibilità di unità ecclesiale tornando tutti all'essenziale
Possibilità di una nuova unità ecclesiale per la nuova evangelizzazione ritornando tutti, nella conciliare “gerarchia delle verità”, all’essenziale, al cuore originario del messaggio di Gesù Cristo, come chiede Papa Francesco invitando tutti i cattolici ad uscire dai tentativi, più o meno legittimi, di interpretare in senso conservatore o progressista il Concilio
Il cristianesimo si trova, proprio nel luogo della sua originaria diffusione, in Europa, in Occidente in una crisi di fede profonda: al suo ritorno ci sarà ancora qualcuno che lo attende? E Papa Francesco, convinto che suo primo compito è confermare nella fede e la fede si recupera, si rafforza
donandola puntando sull’essenziale, sul vangelo, su “ciò che fa ardere il cuore, come ai discepoli di Emmaus” di fronte alla possibilità ecclesiale anche di pochi di incontrare sacramentalmente oggi il Risorto che fa accadere la fede per molti con un nuovo orizzonte in un contesto che fa accogliere anche la dottrina, i precetti morali della Chiesa ma nell’incontro con Cristo e quindi nel suo orizzonte. Quando il messaggio che la Chiesa annuncia si identifica con questi aspetti conseguenti non manifesta immediatamente la fedeltà di Dio, il suo amore sconfinato per il nostro niente che neppure il nostro tradimento ha bloccato perché Lui non guarda quante volte cadiamo, ma la possibilità con la sua grazia di lasciarsi perdonare, di rialzarci fino al momento terminale della vita, non ci ama solo quando siamo buoni o perché siamo buoni ma per farci diventare tutti suoi amici. E chi si sente così abbracciato dall’amore misericordioso di Dio attraverso un volto che lo testimonia, e lo comprende perché la fede è anche sapere, non può mai disperare esperimentando e sapendo che in Cristo, crocefisso e risorto, nessun uomo è definito dal male che fa: fino al momento terminale della vita gli resta la possibilità di rendersi conto del proprio limite, del proprio tradimento ma soprattutto della possibilità di lasciarsi perdonare, ricreare, ricominciare. Di fronte al rischio mortale della fede Papa Francesco punta a far uscire dai tentativi, anche legittimi, di interpretare in senso conservatore o progressista il Concilio. Il cardinale Philippe Brbarin, arcivescovo di Lione, in unaintervista a Paolo Rodari del 1 novembre, ha raccontato quello che ha colpito i cardinali in un intervento breve di Bergoglioprima del Conclave:” Ho l’impressione che Gesù è stato rinchiuso all’interno della Chiesa e che bussa perché vuole uscire”. E i piccoli, i semplici lo accolgono con entusiasmo. Con il suo personale modo di fare diverso da altri papi, si sta rivolgendo a tutti nella Chiesa perché si annunci nelle periferie a tutti gli uomini che, comunque ridotti, sono amati dal Padre in Cristo con il dono dello Spirito e quindi meritano di essere raggiunti dal tocco testimoniale della bellezza e della tenerezza di Dio, soprattutto si lascino perdonare, ricreare. E il Papa lo testimonia in ogni modo, nella modalità con cui guarda a ciascuno quando è circondato da decine di miglia di persone. In quelli che desiderano avvicinarsi a lui c’è qualcosa, nella sua modalità di vivere la fede, che la gente sta riconoscendo come adeguata al bisogno che ha.
Chi personalmente si sente conquistato da questa attrattiva dell’incontro con Gesù Cristo nel suo corpo che è la Chiesa , nella Sua Parola e nei suoi gesti di oggi cioè i Sacramenti, nel volto dei suoi, chi tentata e ritenta, senza perdere fiducia e speranza quando non riesce, di lasciarsi trascinare per assimilarsi a Lui non squalifica l’attuale entusiasmo per Papa Francesco dicendo che” finisce per sostituire il concetto di conversione con quello di successo, l’unico che il mondo sia in grado di capire e di promuovere”. La pretesa dottrinale e pastorale della Chiesa non è altro che la pretesa del Crocefisso risorto in lei, cioè che questa bellezza sia rilevante per la totalità dell’esistenza e non solo per alcuni aspetti che pur importanti tuttavia non manifestano per intero il cuore del Suo messaggio che può illuminare, rendere intenso e profondo perfino l’istante più banale della vita convertendo al Crocifisso per amare con il suo amore fino al sacrificio. “Che tutto – Julian Carron in una intervista a l’Eco di Bergamo del 31 ottobre 2013 – diventi pieno di senso, traboccante di bellezza e di gusto, come in una storia d’amore. Don Giussani ci ha sempre ripetuto una famosa frase di Romano Guardini: ‘Nell’esperienza di un grande amore, tutto ciò che accade diventa un avvenimento nel suo ambito’. Quale uomo non desidera questo”.
La globalizzazione fa apparire il Cristianesimo come una religione un po’ vecchia, superata perché i mezzi della comunicazione sociale ne presentano di più appetibili come il buddismo, la Neuw age. E qui scatta l’urgenza della personalizzazione della fede non più portata dall’ambiente data la drammatica frattura tra fede e cultura.. Ogni uomo deve fare il proprio cammino, andare fino in fondo a quella che è la propria strada convinto che una fede pienamente accolta, vissuta e pensata diventa sempre anche cultura. Solo così potrà verificare fino in fondo la capacità che essa ha di rispondere a tutte le sue esigenze. Oggi, e anche i genitori, i sacerdoti, gli educatori se ne stanno rendendo conto, il cristianesimo entra nell’agone mondiale di questa diversità religiosa presente in tutti gli ambienti. Questo, in fondo, oltre al rischio relativizzante è anche – sempre Carron - il fascino del nostro tempo: il cristianesimo è spinto a mostrare, in mezzo a questa pluralità di forme in cui viviamo, la sua ragionevolezza cioè la sua verità che libera dalla schiavitù dell’ignoranza sul da dove veniamo e a che cosa siamo destinati e rende sicuri di fronte a tutte le obiezioni, a tutti gli attacchi. Così gli uomini possono fare il paragone tra l’esperienza che hanno scelto loro, personalmente , e quello che vedono testimoniato da cristiani.
Sempre il lasciasi assimilare a Cristo provoca anche reazioni ma il “non abbiate paura” del beato Giovanni Paolo II è diventato in Papa Francesco “non abbiate paura” in un mondo in cui siete, ormai in minoranza. “Certo – Carron -. Per questo è importantissimo per il cristiano che possa vivere un’esperienza, come ci ha insegnato sempre don Giussani. Che la fede sia un’esperienza presente, dove io trovi la conferma della sua rilevanza. Altrimenti non potrà esistere in un mondo in cui tutto dice il contrario. La sfida e la bellezza drammatica di questo momento storico è questa: che noi cristiani non abbiamo nessun altro sostegno, nessun altro vantaggio e punto di appoggio che l’esperienza di bellezza che facciamo nella fede insieme ai nostri fratelli”. C’è chi si chiede se questo afflato anche mediatico positivo per Papa Francesco sia un’enfasi, una moda contingente e non una conversione a Cristo. “Mi sembra – Carron – che più che una moda sia s un segno del bisogno che noi, credenti e non credenti, - come dimostra ad esempio il dialogo tra Papa Bergoglio ed Eugenio Scalfari – abbiamo di essere raggiunti dalla misericordia e dalla tenerezza di Dio attraverso un volto, uno sguardo umano, che ti renda Dio talmente vicino che sia facile riconoscerlo. In questo senso c’entra con la fede, che non è altro che il riconoscimento di una presenza che risponde all’attesa dell’uomo. Che cos’è il Cristianesimo se non il Verbo che è diventato carne, è diventato palpabile, e attraverso questa carnalità (storica) rende vicine agli uomini la tenerezza e la misericordia di Dio? Gli uomini di oggi, anche quelli apparentemente più lontani dal punto di vista culturale o anche religioso, mi sembra che lo avvertono in questo Papa”.
Si tratta evidentemente di una fiducia, di una speranza perché il futuro non è mai totalmente prevedibile, teorizzabile neanche per un Papa. Una fiducia che a monte è sacramentale perché Cristo agisce in lui per tutta la Chiesa in un contesto sociale di minoranza, che pure può essere una purificazione positiva. “Prima di tutto – Carron – dovrebbe accorgersi che questa strategia dell’egemonia, se mai abbiamo pensato che fosse quella giusta, si è dimostrata completamente fallimentare. Anche se si fossero raggiunti tanti posti e tanti luoghi di potere. Il cristiano ha solo una chance, perché la sua potenza non è tenere in mano nessun tipo di potere ma essere testimoni della novità di Cristo che è entrata nella storia proprio per affascinare e conquistare il cuore degli uomini. Non perché siamo di meno la luce brilla meno: la luce brilla nel buio. La gente rimane stupita quando incontra persone, oggi, che rendono trasparente questa vita che per loro è sconosciuta. Non c’è – e speriamo di averlo imparato per sempre noi cristiani – un’altra modalità che non sia la testimonianza, cioè il trasparire della bellezza di Cristo. Non c’è altro metodo”.
Certo presentare la morale cristiana senza l’orizzonte che emerge dall’incontro con Cristo rischia di ridurre il cristianesimo a etica. Se invece, come Papa – e anche Benedetto XVI e Giovanni Paolo II – si testimonia che è una bellezza che attira, pur richiedendo sacrifici nell’orizzonte, però, di grande amore: basta lasciarsi conquistare. “Perfino – Carron – Scalfari è contento che il papa gli scriva e lo incontri. Questo non toglie il dramma di ciascuno di assecondare o non assecondare quello che gli è capitato. Ma di per sé è facilissimo”.
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