In Papa Francesco l'evangelizzazione prima ma non al posto della dottrina

In Papa Francesco l’evangelizzazione cioè l’essenziale della fede prima ma non al posto della dottrinala fede è anche conoscenza  e quindi azione di amore, di tenerezza ecclesiale cioè pastorale sotto l’azione dello Spirito del Risorto presente, contemporaneo sacramentalmente

L’emergenza  della pastorale come aspetto primario e punto di vista da cui considerare tutto il resto è divenuta nel post Concilio quotidianità. Ma il Concilio non ha compiutamente teorizzato questo primato della pastorale ma lo ha vissuto, e come vissuto è transitato nella vita quotidiana della base ecclesiale: la pastorale prima della dottrina, se non al posto della dottrina. Man mano che la dottrina ha perso di importanza si è indebolita nel sentire comune dei fedeli l’importanza dottrinale, catechistica del magistero del Papa e dei Vescovi mentre è aumentata quella dei teologi. I teologi
hanno avuto un ruolo di peso nel Vaticano II (al Vaticano I non era presente nessun teologo) e nella scena postconciliare fino ai nostri giorni. Anche le grandi assise periodiche a carattere sinodale che sono state tenute dopo il Vaticano II e che continuano a tenersi, di fatto sono ispirate e guidate spesso da teologi, mentre i pastori sono chiamati ad aprire o chiudere i lavori oppure a presiedere la concelebrazione iniziaòe e finale. Papa Francesco, in preparazione del prossimo Sinodo sulla Pastorale familiare nell’ottobre del 2014, sta coinvolgendo tutti i Vescovi del mondo per mettere in mano alla comunione gerarchica della Chiesa per l’esercizio dell’autorità attraverso il catechismo della Chiesa Cattolica e il suo Compendio. Lui stesso nell’Udienza Generale del mercoledì fa catechesi. L’ordinazione episcopale non abilita all’insegnamento della teologia scientifica ma con il suo il suo ministero sacramentale è abilitata all’annuncio e il ministero dell’annuncio si impone anche per la teologia.
Ministero dell’annuncio prioritario nella pastorale per operare nell’orizzonte della fede. Un elemento visibile è che nel post Concilio i fedeli hanno largamente perduto il senso dell’importanza dell’ annuncio cioè dell’evangelizzazione e della sua comprensione ecclesiale per cui non sembrano più esserci tesi o comportamenti da condannare né nell’ambito della dottrina né in quello della morale, ma solo situazioni da ascoltare, accompagnare, condividere, comprendere.
Papa Francesco non identifica pastorale con l’importanza del fare ma con l’importanza dell’annuncio, di ciò che è essenziale, prioritario anche per la dottrina e non certo per propugnare un Cristo senza dottrina né verità. Anche per lui vale che non tutto è magistero. Le omelie di Santa Marta non sono considerate dal papa stesso parte del suo insegnamento ufficiale, ma solo riflessioni collaterali come Benedetto XVI ha considerato il Gesù di Nazareth. Alla grande efficacia di questi interventi e dei mezzi della comunicazione sociale che li fanno conoscere c’è chi vi attribuisce un significato del tutto diverso. Per esempio chi ha detto che il bersaglio polemico di Papa Francesco, parlando di cristiani ideologici, siano i cristiani che credono nell’inscindibilità della fede con la ragione, che credono nella legge naturale, nelle verità di fede e di morale del Catechismo, nei dogmi della Chiesa, nei valori non negoziabili e via dicendo. A questo riguardo Papa Francesco è intervenuto pubblicamente ed energicamente alla Marcia per la vita del maggio scorso. Nel discorso ai medici ginecologici ha pronunciato il 20 settembre un discorso tutto centrato sull’opposizione all’aborto in nome della fede e della ragione. Certo non può continuare su questi temi davanti a una situazione di non fede e ragione e pastoralmente vede l’urgenza dell’annuncio del cuore del Vangelo.
Dopo la Lumen fidei, le udienze generali sulla chiesa, con tutta l’architettura dogmatica del Catechismo unita alla loro forza pedagogica non si può ritenere che questo Pontefice punti a una fede solokerigmatica, senza dottrina e senza verità. Con grande forza ha richiamato che Cristo è veramente e fisicamente risorto ( Benedetto XVI a Verona nel 2006: “La risurrezione di Cristo è un fatto avvenuto nella storia, di cui gli Apostoli sono stati testimoni e non certo creatori”), che è presente realmente, corporalmente, sostanzialmente presente nell’Eucaristia e parla nella testimonianza biblica e agisce nei sacramenti della Chiesa, che san Francesco ha fatto tutto per Cristo incontrato e non per un inesistente ecologismo ante litteram, che non si può separare Cristo dalla Chiesa e la Chiesa dalla presenza sacramentale di Cristo, che la Chiesa vive tutta la presenza contemporanea di Cristo e non può essere ridotta a una realtà sociologica (“Non è un Ong”), che la verità esiste ed è conoscibile ed è il bene per ogni uomo, che Satana è una persona che spinge al male, che il santo Rosario va recitato ogni Giorno in famiglia, che la veglia della pace deve essere in adorazione davanti all’Eucarestia (anche per i musulmani!), che i suoi maestri sono Teresina di Lisieux, i mistici, don Giussani, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI…”chi non vede – don Matteo Graziola in Il Foglio del 1 novembre 2013 – il contrasto durissimo di tutte queste affermazioni con la mentalità relativistica, antidottrinale, politicamente corretta, intimistica e dualista che domina anche dentro tanta parte  del mondo cattolico?  Anche le affermazioni sul primato della coscienza (nell’agire senza fare di essa il criterio ultimo, soggettivistico nella formazione) sono pura e semplice dottrina tomistica, ribadita dallo stesso papa Benedetto. E che dire infine del suo rapporto con la gente, del suo spendersi senza difese per abbracciare ogni uomo? Come si fa a non commuoversi vedendo il suo rapporto con la gente in piazza San Pietro quando passa con la Jeep e si ferma a ogni bambino, a ogni malato, a ogni persona che tende le mani verso di lui? Non per affermare una propria bravura, ma la vicinanza di Cristo, l’amore di Cristo, la misericordia ecclesiale di Cristo…l’ipocrisia questo è il vero obiettivo polemico di questo Papa. L’ipocrisia di chi abbraccia la vocazione al sacerdozio per poi votarsi alla carriera  e alla ricerca del potere, l’ipocrisia di chi ha qualche incarico di responsabilità nella chiesa e usa questa posizione per coltivare i propri interessi invece di quelli delle persone a lui affidate, l’ipocrisia di comunità cristiane sempre meglio organizzate e sempre meno missionarie nella realtà in cui vivono, l’ipocrisia di chi riduce il vangelo a una dottrina sociologica, l’ipocrisia di chi sottomette la verità alla mentalità mondana dominante, l’ipocrisia di chi sottoscrive tutta la morale cristiana ma non condivide poi unabricciola della passione di Cristo per la salvezza dell’uomo, l’ipocrisia di intere comunità ricche che fanno finta di non sapere che ci sono altre comunità nella miseria, l’ipocrisia di chi usa la verità per condannare le persone invece che i peccati…insomma l’ipocrisia di chi non ama né Dio né gli uomini e usa la verità per affermare che va tutto bene così. In questa lotta difficilissima contro l’ipocrisia è ben possibile qualche affermazione sia stata sproporzionata o poco felice, ma nel complesso la gente ha sentito subito ‘a pelle’ che questo papa sta cogliendo nel segno e sta spingendo tutti (tutti!) a un cambiamento salutare. Perché riconosciamolo, abbiamo bisogno tutti di cambiare, anche quelli che non avevano sbagliato niente o almeno pensavano che fosse così”.

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