Il contributo coraggioso, profondo e oggi profetico alla libertà religiosa di Benedetto XVI


Il contributo coraggioso, profondo  e oggi profetico alla libertà religiosa di Benedetto XVI, riassunta da Papa Francesco: “Il Vangelo non autorizza affatto l’uso della forza per diffondere la fede. E’ proprio il contrario: la vera forza del cristiano è la forza della verità e dell’amore, che comporta rinunciare ad ogni violenza. Fede e violenza sono incompatibili” 
Dio che possiede un volto umano come via umana alla Verità e alla Vita ci ha rivelato che Dio è l’Amore e quindi non può costringere creature create libere che per il si libero, d’amore, necessariamente hanno anche il rischio di poter dire no anche a Dio cioè il peccato. C’è un rapporto tra Dio e ogni individualità intelligente e libera, angelica e umana, da
Persona divina a persona umana, senza nessuna coercizione. Quindi angeli e uomini con piena, libera responsabilità morale. Moralmente obbligati al sì, ma non da robot ma da persone che intendono e vogliono liberamente a somiglianza di Dio.
Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e oggi Papa Francesco alla luce del Concilio sono coraggiosi.
Come ricorda Sandro Magister  in www.chiesa “Mai nessun papa è stato così chiaro e coraggioso nello svelare le radici della violenza nell’islam, prima di Benedetto XVI…Due riletture d’obbligo per decifrare la crisi egiziana. In pochi giorni molte decine di chiese, conventi, abitazioni di cristiani in Egitto sono stati presi d’assalto o incendiati. Una tragedia nella tragedia, dopo il colpo di Stato che ha precipitato la nazione del Nilo in una guerra civile con centinaia se non migliaia di vittime. Nel dare notizia dei numerosi appelli per la cessazione delle violenze, “L’Osservatore Romano” del 18 agosto non è però riuscito a elencare tra queste invocazioni nemmeno una che provenisse dal mondo musulmano. Questo silenzio pubblico delle guide spirituali islamiche non sorprende. Accompagna quasi ogni atto di violenza politica che veda in azione dei mussulmani, nell’una e nell’altra religione del globo”.
“E’ un silenzio – osserva sempre Sandro Magister –che non si spiega con soli calcoli di opportunità, o col timore di ritorsioni. Né per il solo fatto che oggi in Egitto lo scontro maggiore è tra opposte fazioni musulmane entrambe convinte di inverare con la forza i precetti dell’islam: perché non solo i Fratelli Musulmani del deposto presidente Mohamed Morsi hanno una concezione della lotta politica come jihad, come guerra santa, ma la ha anche il loro avversario Abdel Fattat Al Sisi , il generale messo a capo delle forze armate dallo stesso Morsi perché ritenuto il più fedele islamista di tutti”.
Benedetto XVI aveva ricordato a Ratisbona che nella storia quando anche nel mondo musulmano non era fragile il legame tra fede e ragione, come ai tempi di Averroè, di Avicenna, non c’era questa aggressività che invece esplode quando si associa la violenza alla fede, inevitabile prodotto del fragile legame tra fede e ragione nella dottrina musulmana e nella stessa comprensione di Dio. E Benedetto XVI l’ha fatto per far rivivere oggi quella stagione felice nei rapporti tra cattolici e musulmani, quella forte collaborazione da rivivere oggi di fronte al comune nemico del secolarismo, perché oggi anche tra cattolici il legame tra fede e ragione nel clima culturale contemporaneo di secolarizzazione rischia di essere debole con tutte le conseguenze di fideismo o di secolarizzazione. Tutto il suo impegno particolare è la “Verità salvifica di Gesù Cristo alla ragione del nostro tempo”.  Egli parte dalla convinzione che “al termine del secondo millennio, il cristianesimo si trova, proprio nel luogo della sua originaria diffusione, in Europa, in una crisi profonda, basata sulla crisi della sua pretesa di verità” E questa crisi, con effetti su tutto il mondo occidentale e quindi nei rapporti anche con il mondo islamico ha una duplice dimensione:
-         la sfiducia riguardo alla possibilità, per l’uomo, di conoscere la verità su Dio e sulle cose divine
-         e i dubbi che le scienze moderne, naturali e storiche, hanno sollevato riguardo ai contenuti e alle origini del cristianesimo diffuse dai potenti masmedia.
Ecco qui di seguito che cosa Benedetto XVI disse nella lezione di Ratisbona del 12 settembre e come commentò – una volta  tornato a Roma – il suo viaggio in Turchia in quello stesso autunno.

Ratisbona
(…) Recentemente lessi la parte del professore Theodore Khoury (Munster) del dialogo  tra il dotto imperatore bizantino Manuele II Paleologo , forse durante i quartieri d’inverno del 1391 presso Ankara, ebbe con un persiano colto su cristianesimo e islam e sulla verità di ambedue. (…)
Nel settimo colloquio (“dialefi”, controversia) edito dal prof. Khouryl’imperatore tocca il tema della jihad, della guerra santa. Sicuramente l’imperatore sapeva che nella sura 2,256 si legge: “Nessuna costrizione nelle cose di fede”. E’ probabilmente una delle sure del periodo iniziale, dice una parte degli esperti, in cui Maometto stesso era ancora senza potere e minacciato. Ma naturalmente, l’imperatore conosceva anche le disposizioni sviluppate successivamente e fissate nel Corano, circa la guerra santa.
Senza soffermarsi sui particolari, come la differenza di trattamento tra coloro che possiedono il “Libro” e gli “increduli”, egli, in modo sorprendentemente brusco, brusco al punto da essere per noi incettabile, si rivolse al suo interlocutore semplicemente con la domanda centrale sul rapporto tra religione e violenza in genere, dicendo “Mostrami pure ciò che Maometto ha portato di nuovo, e vi troverai soltanto delle cose cattive e disumane, come la sua direttiva di diffondere per mezzo della spada la fede che egli predicava”. L’imperatore, dopo essersi pronunciato in modo così pesante, spiega poi minuziosamente le ragioni per cui la diffusione della fede mediante la violenza è cosa irragionevole. La violenza è in contrasto con la natura di Dio e la natura dell’anima. “Dio non si compiace del sangue – egli dice -, non agire secondo ragione, ‘sun logo’, è contrario alla natura di Dio. La fede è frutto dell’anima, non del corpo. Chi quindi vuole condurre qualcuno alla fede ha bisogno della capacità di parlare bene e di ragionare correttamente, non invece della violenza e della minaccia…Per convincere un’anima ragionevole non è necessario disporre né del proprio braccio, né degli strumenti per colpire né di qualunque altro mezzo con cui si possa minacciare una persona di morte…”.
L’affermazione decisiva in questa argomentazione contro la conversione mediante la violenza è: non agire secondo ragione è contrario alla natura di Dio.  L’editore, Theodore Khoury, commenta: per l’imperatore, come bizantino  cresciuto nella filosofia greca, quest’affermazione è evidente. Per la dottrina musulmana, invece, Dio è assolutamente trascendente. La sua volontà non è legata a nessuna delle nostre categorie, fosse anche quella della ragionevolezza. In questo contesto Khoury cita un’opera del noto islamista francese R. Arnaldez, il quale rileva che Ibn Hazm si spinge fino a dichiarare che Dio non sarebbe legato neanche alla sua stessa parola e che niente lo obbligherebbe a rivelare a noi la verità. Se fosse sua volontà, l’uomo dovrebbe praticare anche l’idolatria.
A questo punto si apre, nella comprensione di Dio e quindi nella realizzazione concreta della religione, un dilemma che oggi ci sfida in modo diretto. La convinzione che agire contro la ragione sia in contraddizione con la natura di Dio, è soltanto un pensiero greco o vale sempre e per se stesso? Io penso che in questo punto si manifesti la profonda concordanza tra ciò che è greco nel senso migliore e ciò che è fede in Dio sul fondamento della Bibbia.
Modificando il primo versetto del libro della Genesi, il primo versetto dell’intera Sacra Scrittura, Giovanni ha iniziato il prologo del suo Vangelo con le parole: “In principio era il logos”. E’ questa proprio la stessa parola che usa l’imperatore: Dio agisce “sun logo”, con logos. Logos significa insieme ragione e parola – una ragione che è creatrice e capace di comunicarsi ma, appunto, con ragione. Giovanni con ciò ci ha donato la parola conclusiva sul concetto biblico di Dio, la parola in cui tutte le vie spesso faticose e tortuose della fede biblica raggiungono  la loro meta, trovano la loro sintesi. In principio era il logos, e il logos è Dio…

Di ritorno dalla Turchia
“In un dialogo da intensificare con l’Islam dovremo tener presente il fatto che il mondo musulmano si trova oggi con grande urgenza davanti a un compito molto simile a quello che ai cristiani fu imposto a partire dai tempi dell’illuminismo e che il Concilio Vaticano II, come frutto di una lunga ricerca faticosa, ha portato a soluzioni concrete per la Chiesa cattolica…
Da una parte, ci si deve contrapporre a una dittatura della ragione positivista che esclude Dio dalla vita della comunità e dagli ordinamenti pubblici, privando così l’uomo di suoi specifici criteri di misura.
D’altra parte, è necessario accogliere le vere conquiste dell’illuminismo, i diritti di ogni uomo e specialmente la libertà della fede e del suo esercizio, riconoscendo in essi elementi essenziali anche per l’autenticità della religione. Come nella comunità cristiana c’è stata una lunga ricerca circa la giusta posizione della fede di fronte a quelle convinzioni – una ricerca che certamente non sarà mai conclusa definitivamente . così anche il mondo islamico con la propria tradizione sta davanti al grande compito di trovare a questo riguardo le soluzioni adatte.
Il contenuto del dialogo tra cristiani e musulmani sarà in questo momento soprattutto quello di incontrarsi in questo impegno per trovare le soluzioni giuste. Noi cristiani ci sentiamo solidali con tutti coloro che, proprio in base alla loro convinzione religiosa di musulmani s’impegneranno contro la violenza e per la sinergia tra fede e ragione, tra religione e libertà”.

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