Ratzinger Schönborn
“Dalla crisi odierna emergerà una Chiesa che avrà perso molto. Diverrà piccola e dovrà ripartire più o meno dagli inizi.
Non sarà più in grado di abitare gli edifici che ha costruito in tempi di prosperità. Con il diminuire dei suoi fedeli, perderà anche gran parte dei privilegi sociali.
Ripartirà da piccoli gruppi, da movimenti e da una minoranza che rimetterà la fede al centro dell’esperienza.
Sarà una Chiesa più spirituale, che non si arrogherà un mandato politico flirtando ora con la sinistra e ora con la destra.
Sarà povera e diventerà la Chiesa degli indigenti”
(Joseph Ratzinger 1969, lezione, letta il giorno di Natale, ai microfoni della “Hessian Rundfrunk”, assume oggi toni di una profezia portati avanti dall’Arcivescovo di Vienna, cardinale Schonborn: “La Chiesa saprà rigenerarsi come ai tempi di San Francesco”)
Alla vigilia del Conclave viene presentato giovedì 7 marzo a Milano in piazza san Fedele il libro
del card.Schonborn Cristo in Europa, una feconda estraneità. Gian Guido Vecchi ha anticipato alcuni tratti sul Corriere della sera di mercoledì 6 marzo (p. 15).
Com’è oggi li cristianesimo in Europa? “Sotto diversi aspetti, è un corpo estraneo…Per molti versi sembra di essere tornati indietro, agli albori del cristianesimo. Sembra di essere capitati in un mondo che è religiosamente e culturalmente pluralistico, in un mondo maggioritariamente “pagano”, nel quale lo stile di vita cristiano praticato per secoli è stato dimenticato, dove dominano l’astrologia, l’aborto, la superstizione e la bramosia. Nonostante i cristiani siano la sostanziale maggioranza in Europa, quelli praticanti sono in minoranza…”.
Dopo una simile analisi, di solito seguirebbe una geremiade sulla “secolarizzazione” dilagante. Ma il cardinaleChristoph Schonborn, 68 anni, studi di psicologia, filosofia e teologia, finissimo teologo allievo di Joseph Ratzinger, del suo motto di fede “i pochi per i molti” afferma: “La situazione del cristianesimo in Europa è alquanto stimolante e piena di opportunità, dal mio punto di vista”.
E citando il teologo luterano Dietrich Bonhoeffer e il contadino Franz Jagerstatter, martiri del nazismo, così diversi e tuttavia da “cristiani professanti”, avevano in comune l’essenziale: “Nella libertà della loro fede hanno sfidato la stretta totalitaria dello Stato”. Ecco il punto: la libertà. Che assieme alla “dignità” di ogni uomo, “creato ad immagine di Dio” all’”unità della famiglia umana” è alla base della nostra cultura: la ragione per cui il cristianesimo, “corpo estraneo in Europa e in Occidente” ne “è anche una radice”.
Schonborn ripercorre la vicenda dei cristiani dalle origini dell’età contemporanea, mostrando come la situazione “paradossale” della fede come “corpo estraneo” ne rappresenti, al fondo, l’essenza. San Paolo ammonisce: “Non conformatevi a questo mondo”. La storia della Chiesa, del resto, insegna che “è un errore pensare di poter rafforzare una religione attraverso l’unione con lo Stato e il potere politico”. Il cristianesimo “è sempre fiorito nel migliore dei modi quando non aspirava allo stesso obiettivo dello stato, ma piuttosto quando dimostrava il potere ispiratore e formativo del credo”. Qui c’è piena identità con il magistero del Papa emerito.
Quindi niente panico “L’Europa è spesso critica nei confronti del cristianesimo e ciò è da ritenersi positivo. L’Europa potrebbe avere bisogno della sana inquietudine della voce profetica della Parola, ma anche il cristianesimo ha bisogno che la voce dell’Europa ponga questioni critiche in risposta. E’ uno scambio che fa bene al cristianesimo. Lo sveglia e lo sfida. Mette in discussione la sua credibilità. E perché? Perché credo che nel profondo l’Europa aneli a un cristianesimo autentico”. Il cardinale Schonborn ricorda l’allarme del rabbino Jonathan Sacks, “L’Europa sta morendo”, e spiega: “Quest’Europa, e il mondo occidentale intero, non sopravvivrà senza quell’estraneità portata dal cristianesimo”. Schonborn in continuità con Papa Ratzinger invita al “rinnovamento”: “nei nostri cuori, noi europei, “laici “ o credenti, sappiamo che le radici che sosterranno l’Europa nel futuro sono queste: un cristianesimo credibile, fedele alle sue radici, per quanto singolare ed estraneo possa sembrare a volte ai nostri occhi”.
Nell’incontro con i rappresentanti del Consiglio della “Chiesa evangelica in Germania” ha richiamato uno degli elementi di Martin Lutero: “Come posso avere un Dio misericordioso?”. Che questa domanda sia stata la forza motrice di tutto il suo cammino mi colpisce sempre nuovamente nel cuore. Chi, infatti, oggi si preoccupa ancora di questo, tra i cristiani? Che cosa significa la questione su Dio nella nostra vita? Nel nostro annuncio? La maggior parte della gente, anche dei cristiani, oggi dà per scontato che Dio, in ultima analisi, non si interessa dei nostri peccati e delle nostre virtù. Egli sa, appunto, che tutti siamo soltanto carne. Se si crede ancora in un al di là e in un giudizio di Dio, allora quasi tutti presupponiamo in pratica che Dio debba essere generoso e, alla fine, nella sua misericordia, ignorerà le nostre piccole mancanze. La questione non ci preoccupa più. Ma sono veramente così piccole le nostre mancanze? Non viene forse devastato il mondo a causa della corruzione dei grandi, ma anche dei piccoli, che pensano soltanto al proprio tornaconto? Non viene forse devastato a causa del potere della droga, che vive, da una parte, della brama di vita e di denaro e, dall’altra, dell’avidità di piacere delle persone dedite ad essa? Non è forze minacciato dalla crescente disposizione alla violenza che, non di rado, si maschera con l’apparenza della religiosità? La fame e la povertà potrebbero devastare a tal punto intere parti del mondo se in noi l’amore di Dio e, a partire da Lui, l’amore per il prossimo, per le creature di Dio, gli uomini, fosse più vivo? E le domande in questo senso potrebbero continuare. No, il male non è un’inezia. Esso potrebbe essere così potente se noi mettessimo Dio veramente al centro della nostra vita. La domanda: Qual è la posizione di Dio nei miei confronti, come mi trovo io davanti a Dio? – questa scottante domanda di Lutero deve diventare di nuovo, e certamente in forma nuova, anche alnostra domanda, non accademica, ma concreta. Penso che questo sia il primo appello che dovremmo sentire nell’incontro con Martin Lutero”.
Il cardinale Schönborn è al Conclave e penso al suo contributo perché l’eredità di Benedetto XVI abbia una continuità: ripartire da piccoli gruppi, da una minoranza che mette la fede al centro dell’esperienza e questi pochi per i molti.
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