Benedetto XVI e il Concilio Vaticano II
Benedetto XVI e il Concilio Vaticano II
(Presentazione di Lucio Cocco a Pensieri sul Concilio Vaticano II di Benedetto XVI, LEV 2012)
“Anch’io, pertanto, nell’accingermi al servizio che è proprio del Successore di Pietro, voglio affermare con forza la decisa volontà di proseguire nell’impegno di attuazione del Concilio Vaticano II, sulla scia dei miei Predecessori e in fedele continuità con la bi millenaria tradizione della Chiesa”, sono queste le prime parole di papa Benedetto XVI all’indomani della sua elezione a Pontefice, pronunciate al termine della concelebrazione eucaristica con i cardinali elettori (Primo messaggio, 20.IV.05). E in quella circostanza, aggiungeva: “Ricorrerà proprio quest’anno il 40°
anniversario della conclusione dell’Assise conciliare (8 dicembre 1965). Col passare degli anni, i Documenti conciliari non hanno perso di attualità; i loro insegnamenti si rivelano anzi particolarmente pertinenti alle nuove istanze della Chiesa e della presente società globalizzata” (ibidem).
Il pontificato di Benedetto XVI è attraversato, quasi provvidenzialmente, da questi due anniversari: il quarantesimo della conclusione del Concilio Vaticano II (8 dicembre 1965) che coincide con l’elezione al soglio di Pietro e il cinquantesimo dell’inizio del Concilio, occasione questa che il Santo Padre ha voluto ricordare indicendo un Anno della fede con inizio l’11 ottobre, data di apertura, nel 1962, dell’assise conciliare. Così egli ricorda questo evento nella lettera apostolica Porta fidei in coincidenza ne illustra lo scopo e il significato: “Ho ritenuto che far iniziare l’Anno della fede in coincidenza con il ci9nquantesimo anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II possa essere un’occasione propizia per comprendere che i testi lasciati in eredità dai Padri conciliari, secondo le parole del beato Giovanni Paolo II, “non perdono il loro valore né il loro smalto” (Novo millennio ineunte, 57) (Porta fidei,5).
Benedetto XVI stesso è pienamente convinto della portata e della rilevanza di questo evento ecclesiale, tanto che a pochi mesi dalla sua elezione può sicuramente affermare che “il Concilio può essere e diventare sempre di più una grande forza per il sempre necessario rinnovamento della Chiesa” (Benedetto XVI, Discorso, 22.XII.05). Il compito che il Vaticano II si era dato era quello di esprimere in modo nuovo una determinata verità, quella di Cristo, quella della Chiesa e comunicarla all’uomo d’oggi. Tutto il Concilio era animato dalla volontà di annunciare e portare all’uomo contemporaneo Cristo, luce del mondo (cfr. Paolo VI, Discorso,29.IX.63). Nel cuore della Chiesa, commenta Benedetto XVI, lanciando uno sguardo retrospettivo su quel periodo, era emerso “impellente, suscitato dallo Spirito Santo, il desiderio di una nuova epifania di Cristo al mondo” (Benedetto, Omelia, 6.I.07). Si trattava di un mondo che l’epoca moderna aveva radicalmente cambiato e che non rientrava più nelle coordinate acquisite e ormai anguste dell’eurocentrismo e nemmeno in quelle che si indicano con il termine di Occidente. L’esigenza era quella di elaborare una nuova visione non solo economica e politica ma anche culturale e spirituale capace di interpretare le nuove dinamiche che il moderno poneva di fronte.
Il Vaticano II doveva descrivere una Chiesa in cammino che si confrontava con se stessa, con le componenti che la costituivano al suo interno, riflettendo sulla sua gerarchia, sulla liturgia, sulla centralità della Sacra Scrittura, ed estendendo questo suo sforzo di comprensione al mondo circostante nel quale essa è immersa e al quale essa ha il compito di portare il fermento vivo di Cristo. In questa prospettiva a ognuno dei suoi predecessori Benedetto XVI riconosce la grande saggezza pastorale con cui hanno “guidato la barca di Pietro sulla rotta dell’autentico rinnovamento conciliare, lavorando incessantemente per la fedele interpretazione e attuazione del Concilio Vaticano II” (Benedetto XVI, Angelus, 8.XII.05). E anche del suo operato si può dire indubbiamente lo stesso. Egli infatti ha accolto durante tutto il Pontificato le fondamentali istanze conciliari, facendosi infaticabile sostenitore di una Chiesa missionaria, che porta Cristo agli uomini e si impegna a rendere accessibile all’uomo di oggi la salvezza divina.
La lettura che Benedetto XVI propone del Concilio è sempre quella della continuità. NelDiscorso alla Curia romana del 22.XII.05, quindi fin dagli esordi del suo magistero, il Papa insiste proprio su questa necessità, di rinunciare a qualsiasi logica di discontinuità nell’accostarsi ai temi del Concilio e preferire “l’ermeneutica della riforma”, della “novità nella continuità”, l’unica che può permettere al seme buono della fede, seminato allora, di crescere e di svilupparsi ancora. Un ampio stralcio di questo importante discorso sul modo di interpretare il Concilio è stato inserito come introduzione alla presente raccolta. Nondimeno tutti i testi che si propongono nel libro rappresentano una evidente testimonianza dello sforzo del Santo Padre di indicare una linea di continuità tra la Chiesa conciliare e quella di sempre. “La Chiesa è”, ha avuto modo di affermare in quella occasione Benedetto XVI, “tanto prima quanto dopo il Concilio, la stessa Chiesa una,santa, cattolica ed apostolica in cammino attraverso i tempi; essa prosegue “il suo pellegrinaggio fra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio” (Sant’Agostino, Decivitate Dei, XVIII,51,2;PL 41,614), annunziando la morte del Signore fino a che Egli venga” (cfr. Lumen gentium, 8)”.
In questa prospettiva papa Benedetto continuamente richiama i documenti conciliari per dare testimonianza alla Chiesa quel respiro universale e profetico che il Vaticano II aveva pensato per essa riflettendo proprio sulla sua natura e costituzione, quella di essere “Corpo mistico di Cristo” (Lumen gentium, 7). E’ Cristo infatti che rende attuale anche il concilio, senza il suo innervamentoessenziale tutti i suoi atti, tutti i suoi documenti come potrebbero parlarci ancora oggi? E’Cristo che deve venire ad animare la lettera, diversamente essa sarebbe solo una scrittura indecifrabile per le necessità e le urgenze che la vita presenta a noi uomini di oggi. Ricordando ancora gli anni del Vaticano II così il Santo Padre si pronuncia con un pensiero che può rappresentare il suggello e la sintesi di quell’esperienza nella storia della Chiesa: “(In questi cinquant’anni) quasi tutto è cambiato, ma è rimasta la fedeltà del Signore. Lui è lo stesso ieri, oggi e sempre: e questa è la nostra certezza, che ci dà la strada al futuro. Il momento della memoria, il momento della gratitudine è anche il momento della speranza: In te Domine speravi, non confundar inaeternum (In te, Signore, ho sperato, che io non sia confuso in eterno) (Sl 30,2)” (Benedetto XVI, Discorso, 1.VII.11).
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