Dal Vaticano I per comprendere il Vaticano II
Occorre
ripartire dal Vaticano I per comprendere il Vaticano II: Dei Verbum e Gaudium et spes hanno il loro fondamento nella
Dei Filius
“La crisi della teologia
postconciliare è in larga misura la crisi dei suoi fondamenti filosofici…Ma
quando i fondamenti filosofici non vengono chiariti, alla teologia viene a
mancare il terreno sotto i piedi. Perché allora non è più chiaro fino a che punto
l’uomo conosce davvero la realtà, e quali sono le basi a partire da cui egli
possa
pensare e parlare… Giacché la crisi dell’orientamento filosofico si
manifesta dal punto di vista teologico soprattutto come crisi della norma teologico – morale. Qui si trova il
collegamento tra filosofia e teologia, il ponte fra la ricerca razionale
sull’uomo e il compito teologico, ed è così evidente, che non è possibile sottrarvisi. Dove
crolla l’antica metafisica, anche i comandamenti perdono il loro nesso
interiore: allora diventa la tentazione di ridurli al piano unicamente storico –
culturale..”(J. Ratzinger, 1 maggio
2011).
“Alla tesi che il patrimonio
greco, criticamente purificato, sia una parte integrante della fede cristiana,
si oppone la richiesta della disellenizzazione del
cristianesimo – una richiesta che dall’inizio dell’età moderna domina in modo
crescente la ricerca teologica. Visto più da
vicino, si possono osservare tre onde nel programma della disellenizzazione: pur collegate tra di loro, esse
tuttavia nelle loro motivazioni e nei loro obiettivi sono chiaramente distinte
l’una dall’altra.
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La disellenizzazione emerge dapprima in connessione con i postulati della Riforma del XVI
secolo. Considerando la tradizione delle scuole teologiche, i
riformatori si vedevano di fronte ad una sistematizzazione della fede
condizionata totalmente dalla filosofia, di fronte cioè ad una determinazione
della fede dall’esterno in forza di un modo di pensare che non derivava da essa.
Così la fede non appariva più come vivente parola storica, ma come elemento
inserito nella struttura di un sistema filosofico. Il sola Scriptura invece
cerca la pura forma primordiale della fede, come essa è presente originariamente
nella Parola biblica. La metafisica appare come un presupposto derivante da
altra fonte, da cui occorre liberare la fede per farla tornare ad essere
totalmente se stessa. Con la sua affermazione di aver dovuto accantonare il
pensare per far spazio alla fede, Kant ha agito in
base a questo programma con una radicalità imprevedibile per i riformatori. Con
ciò egli ha ancorato la fede esclusivamente alla ragione pratica, negandole
l’accesso al tutto della realtà.
-
La teologia liberale del XIX e del
XX secolo apportò una seconda ondata nel programma della disellenizzazione…Come punto di partenza era
utilizzata la distinzione di Pascal tra il Dio dei filosofi e il Dio di Abramo,
Isacco e Giacobbe…Vorrei tentare di mettere in luce almeno brevemente la novità
che caratterizzava questa seconda onda di disellenizzazione rispetto alla prima. Come pensiero
centrale appare, in Harnack, il ritorno al semplice uomo Gesù e al suo messaggio semplice, che
verrebbe prima di tutte le teologizzazioni e,
appunto, anche prima delle ellenizzazioni: sarebbe questo messaggio semplice che
costituirebbe il vero culmine dello sviluppo religioso dell’umanità. Gesù
avrebbe dato un addio al culto in favore della morale. In definitiva, Egli viene
rappresentato come padre di un messaggio morale umanitario. Lo scopo di ciò è in
fondo di riportare il cristianesimo in armonia con la ragione moderna,
liberandolo, appunto, da elementi apparentemente filosofici e teologici, come
per esempio la fede nella divinità di Cristo e nella trinità di
Dio…
-
Prima di
giungere alle conclusioni alle quali mira tutto questo ragionamento, devo
accennare ancora brevemente alla terza disellenizzazione che si diffonde attualmente. In
considerazione dell’incontro con la molteplicità delle culture si ama dire oggi
che la sintesi con l’ellenismo, compiutasi nella Chiesa antica, sarebbe stata
una prima inculturazione, che non dovrebbe vincolare le altre culture. Queste
dovrebbero avere il diritto di tornare indietro fino al punto che precedeva
quella inculturazione per scoprire il semplice messaggio del Nuovo testamento ed
inculturarlo poi di nuovo nei loro rispettivi
ambienti. Questa tesi non è semplicemente sbagliata; è tuttavia grossolana ed
imprecisa. Il Nuovo Testamento, infatti, è stato scritto in lingua greca e porta
in se stesso il contatto con lo spirito greco – un contatto che era maturato
nello sviluppo dell’Antico testamento. Certamente ci sono elementi nel processo
formativo della Chiesa antica che non devono essere integrati in tutte le
culture. Ma le decisioni di fondo che, appunto, riguardano il rapporto della
fede con la ricerca della ragione umana, queste decisioni di fondo fanno parte
della fede stessa e ne sono gli sviluppi, conformi alla sua natura” (Benedetto
XVI, Lectio magistralis all’Università di Regensburg, 12 settembre 2006).
Dopo le esplicite
dichiarazioni dei Papi del Concilio, Giovanni XXIII e Paolo VI, sembra essersi oscurato nella Chiesa il riferimento
al Concilio Ecumenico Vaticano I. Nel postconcilio
venne visto come espressione superata, legata a una
Ecclesiologia del passato.
Si passò così da una precedente visione in cui prevaleva
l’accentuazione del primato pontificio a livello di governo e dell’infallibilità
a livello di magistero, intesi quasi come superamento della stessa modalità
conciliare,a una visione opposta, così accentuata da
tendere quasi al conciliarismo
per controbilanciare l’eccesso del magistero e del primato
papale.
Per quanto riguarda il
contenuto, il Vaticano I sta al Vaticano II, come le fondamenta stanno alla
costruzione. Infatti nella Costituzione Dei Filius si
stabilisce il fondamento dell’uomo e del mondo sul piano della natura creata,
mentre nella Costituzione
Pastor aeternus
il fondamento soprannaturale della Chiesa, germe e inizio (LG 5) della nuova
creazione nel Regno di Dio. Le due Costituzioni, dunque, mettono al sicuro con
definizioni dogmatiche il duplice fondamento, quello dell’organismo naturale che
deriva dalla Creazione e quello dell’organismo soprannaturale offerto dalla
divina Rivelazione. L’esperienza umana, nella quale ci troviamo di fatto a far parte, poggia infatti, su due pilastri che
sostengono l’intera vicenda cosmica: l’ordine ontologico naturale, e l’ordine
ontologico soprannaturale. Il duplice orizzonte, quello della natura e quello della Grazia derivano dalla medesima
sorgente - Dio creatore e Dio redentore – e conducono
al medesimo fine la gloria di Dio e la
salvezza eterna dell’uomo. Così Benedetto XVI
all’Assemblea nazionale della Cei il 20 maggio 2010: “La radice dell’emergenza educativa io la vedo nello
scetticismo e nel relativismo o, con parole più semplici e chiare,
nell’esclusione delle fonti che orientano il cammino
umano. La prima fonte
dovrebbe essere la natura, seconda la Rivelazione. Ma la natura oggi viene
considerata come una cosa puramente meccanica, quindi che non contiene in sé
alcun imperativo morale, alcun orientamento valoriale; è una cosa puramente
meccanica, e quindi non viene alcun orientamento dell’essere stesso. La
Rivelazione viene considerata o come un momento dello sviluppo storico, quindi
relativo come tutto lo sviluppo storico e culturale, o – si dice – forse c’è
rivelazione, ma non comprende contenuti, solo motivazioni. E se tacciono queste
due fonti, la natura e la Rivelazione, anche la terza fonte, la storia non parla
più, perché anche la storia diventa solo un agglomerato di decisioni culturali,
occasionali, arbitrarie, che non valgono per il presente e per il futuro.
Fondamentale è quindi trovare un concetto vero della natura come creazione di
Dio che parla a noi; il creatore,
tramite il libro della creazione, parla a noi e ci mostra i valori veri. E poi
così anche trovare la Rivelazione: conoscere che il libro della creazione, nel
quale Dio ci dà gli orientamenti fondamentali, è decifrato nella Rivelazione, è
applicato e fatto proprio nella storia culturale e religiosa, non senza errori,
ma in una maniera sostanzialmente valida, sempre di nuovo da sviluppare e
purificare. Così, in questo ‘concerto’ – per così dire –tra creazione decifrata
nella Rivelazione, concretizzata nella storia culturale che sempre va avanti e
nella quale noi ritroviamo sempre più il linguaggio di Dio, si aprono anche le
indicazioni per un’educazione che non è imposizione, ma realmente apertura
dell’’io’ al ‘tu’, al ‘noi’ e al ‘Tu’ di Dio”.
In sintesi c’è tutta la Dei
Filius, la Dei Verbum, la
Gaudium et spes.
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