Azione missionaria e rinnovamento della fede‏

In un tempo nel quale Dio è diventato per molti il grande sconosciuto e Gesù semplicemente un grande personaggio del passato, non ci sarà rilancio dell’azione missionaria senza il rinnovamento della qualità della nostra fede e della nostra preghiera:il Catechismo della Chiesa Cattolica è sussidio prezioso per una conoscenza organica e completa dei contenuti della fede e per guidare all’incontro con Cristo

“In questo contesto (di mancata apertura al Trascendente e quindi di crisi spirituale e morale), come possiamo corrispondere alla responsabilità che ci è stata affidata dal Signore? Come possiamo seminare con fiducia la Parola di Dio, perché ognuno possa trovare la verità di se stesso, la propria autenticità e speranza? Siamo consapevoli che non bastano nuovi metodi di annuncio evangelico o di azione pastorale a far sì
che la proposta cristiana possa incontrare maggiore accoglienza e condivisione. Nella preparazione al Vaticano II, l’interrogativo prevalente e a cui l’Assise conciliare intendeva dare risposta era: “Chiesa, che dici di te stessa?”. Approfondendo tale domanda, i Padri conciliari furono, per così dire, ricondotti al cuore della risposta: si trattava di ripartire da Dio, celebrato, professato e testimoniato. Esteriormente a caso, ma fondamentalmente non a caso, infatti, la prima Costituzione approvata fu quella sulla Sacra Liturgia: il culto divino orienta l’uomo verso la Città futura e restituisce a Dio il suo primato, plasma la Chiesa, incessantemente convocata dalla Parola, e mostra al mondo la fecondità dell’incontro con Dio. A nostra volta, mentre dobbiamo coltivare uno sguardo riconoscente per la crescita del grano buono anche in un terreno che si presenta spesso arido, avvertiamo che la nostra situazione richiede un tempo nel quale Dio è diventato per molti il grande sconosciuto e Gesù semplicemente un grande personaggio del passato, non ci sarà rilancio dell’azione missionaria senza il rinnovamento della qualità della nostra fede e della nostra preghiera; non saremo in grado di offrire risposte adeguate senza una nuova accoglienza del dono della Grazia; non sapremo conquistare gli uomini al Vangelo se non tornando noi stessi per primi ad una profonda esperienza di Dio.
Cari Fratelli, il nostro primo, vero ed unico compito rimane quello di impegnare la vita per ciò che vale e permane, per ciò che è realmente affidabile, necessario e ultimo. Gli uomini vivono di Dio, di Colui che spesso inconsapevolmente o solo a tentoni ricercano per dare pieno significato all’esistenza: noi abbiamo il compito di annunciarlo, di mostrarlo, di guidare all’incontro con Lui. Ma è sempre importante ricordarci che la prima condizione per parlare di Dio è parlare con Dio, diventare sempre più uomini di Dio, nutriti da un’intensa vita di preghiera e plasmati dalla sua Grazia. Sant’Agostino, dopo un cammino di affannosa, ma sincera ricerca della Verità era finalmente giunto a trovarla in Dio. Allora si rese conto di un aspetto singolare che riempì di stupore e di gioia il suo cuore: capì che lungo tutto il suo cammino era la Verità che lo stava cercando e che l’aveva trovato. Vorrei dire a ciascuno: lasciamoci trovare e afferrare da Dio, per aiutare ogni persona che incontriamo ad essere raggiunta dalla Verità. E’ dalla relazione con Lui che nasce la nostra comunione e viene generata la comunità ecclesiale, che abbraccia tutti i tempi e tutti i luoghi per costituire l’unico Popolo di Dio.
Per questo ho voluto indire un Anno della Fede, che inizierà l’11 ottobre prossimo, per riscoprire e raccogliere questo dono prezioso che è la fede, per conoscere in modo più profondo le verità che sono la linfa della nostra vita, per ricondurre l’uomo d’oggi, spesso distratto, ad un rinnovato incontro con Gesù Cristo, “via, vita e verità”.
In mezzo a trasformazioni che interessavano ampi strati dell’umanità, il Servo di Dio Paolo VI indicava chiaramente quale compito della Chiesa quello di “raggiungere e quasi sconvolgere mediante la forza del Vangelo i criteri di giudizio, i valori determinanti, i pntidi interesse, le linee di pensiero, le fonti ispiratrici e i modelli di vita dell’umanità, che sono in contrasto con la Parola di Dio e col disegno della salvezza” (Evangelii nuntiandi 19)…
Cari Confratelli, la missione antica e nuova che ci sta innanzi è quella di introdurre gli uomini e le donne del nostro tempo alla relazione con Dio, aiutarli ad aprire la mente e il cuore a quel Dio che li cerca e vuole farsi loro vicino, guidarli a comprendere che compiere la sua volontà non è un limite alla libertà, ma è essere veramente liberi, realizzare il vero bene della vita. Dio è il garante, non il concorrente, della nostra felicità, e dove entra il Vangelo – e quidni l’amicizia di Cristo – l’uomo esperimenta di essere oggetto di un amore che purifica, riscalda e rinnova, e rende capaci di amare e servire l’uomo con amore divino”.
Come evidenzia opportunamente il tema principale di questa vostra Assemblea, la nuova evangelizzazione necessita di adulti che siano “maturi nella fede e testimoni di umanità”. L’attenzione al mondo degli adulti manifesta la vostra consapevolezza del ruolo decisivo di quanti sono chiamati, nei diversi ambiti di vita, ad assumere una responsabilità educativa nei confronti delle nuove generazioni. Vegliate e operate perché la comunità cristiana sappia formare persone adulte nella fede perché hanno incontrato Gesù Cristo, che è diventato il riferimento fondamentale della loro vita; persone che lo conoscono perché lo amano e lo amano perché lo hanno conosciuto; persone capaci di offrire ragioni solide e credibili di vita. In questo cammino formativo è particolarmente importante – a vent’anni dalla sua pubblicazione – il Catechismo della Chiesa Cattolica, sussidio prezioso per una conoscenza organica e completa dei contenuti della fede e per guidare all’incontro con Cristo. Anche grazie a questo strumento possa l’assenso di fede diventare criterio di intelligenza e di azione che coinvolge tutta l’esistenza”Benedetto XVI, All’Assemblea della Conferenza Episcopale italiana, 24 maggio 2012).

Quando per la prima volta il beato Giovanni Paolo II parlò di “nuova evangelizzazione”? IN occasione della prima visita da Pontefice nella sua terra natale visitò un quartiere industriale di Cracovia concepito come una sorta esemplare di “città senza Dio”. Solo l’ostinazione degli operai aveva portato ad erigervi prima una croce, poi una chiesa. In quei segni e in quale coraggio il Papa riconobbe l’inizio di quella che egli, per la prima volta, definì “nuova evangelizzazione”, spiegando che “l’evangelizzazione del nuovo millennio deve riferirsi alla dottrina del Concilio Vaticano II. Deve essere, come insegna questo Concilio, opera comune dei Vescovi, dei sacerdoti, dei religiosi e dei laici, opera dei genitori e dei giovani”. E concluse: “Avete costruito la chiesa: edificate la vostra vita col Vangelo!” (Omelia nel Santuario della Santa Croce, Mogila, 9 giugno 1979).

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