Santa Toscana
L’antica e l’attuale tradizione liturgica a Santa Toscana
Con il Motu Proprio Summorum Pontificum Papa Benedetto XVI ha riconosciuto “il diritto dei fedeli”, che lo richiedono, di poter partecipare alla Messa oltre che nella forma ordinaria anche in quella straordinaria che non è mai stata proibita e ogni volta che è stata proibita lo si è fatto, forse inconsapevolmente, a dispetto della legge, come ha richiamato Benedetto XVI.
Le Chiese particolari, locali sono chiamate a vivere in comunione affettiva ed effettiva con la Madre Chiesa di Roma, e tale comunione si esprime e si manifesta visibilmente in modo eccellente attraverso la liturgia. Senza alcun dubbio il Vescovo, in ogni diocesi, è il supremo responsabile della liturgia, un ufficio che compie in perfetta comunione con la Sede Apostolica. Questo è precisamente il motivo per cui il Motu Proprio in nessun modo diminuisce l’autorità episcopale. E il Vescovo di Verona mi ha mandato Rettore di Santa Toscana, oltre che per il ministero della consolazione, anche per la
celebrazione della Messa domenicale nella forma ordinaria (ore 9,30) e straordinaria ( ore 11). Un mandato che ogni Domenica avviene alle 12 anche nella Chiesa dei Filippini e ogni mese a Desenzano e c’è da augurarsi che il “diritto dei fedeli” che lo richiedono trovi altri luoghi e sacerdoti disponibili.Queste differenti forme liturgiche, secondo il Motu Proprio, non mettono a repentaglio la comunione ecclesiale. Basta considerare la ricchezza dei diversi riti latini e orientali, che in Seminario celebravamo solennemente nella Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. Chi può seriamente sostenere che queste diversità mettano a rischio l’unità della Chiesa? Al contrario, l’unità della Chiesa è sotto attacco quando non si accoglie nel prossimo Anno della fede un momento propizio per riproporre a tutti il dono della fede in ogni avvenimento dell’incontro con il Cristo risorto che parla attraverso le Scritture e si dona in persona nella materialità dei sette sacramenti (l’Eucaristia in particolare) da Lui istituiti e nei sacramentali della Chiesa; è sotto attacco l’unità della Chiesa quando non si accoglie il luminoso insegnamento del Concilio Vaticano II e la preziosa sintesi dottrinale offerta dal Catechismo della Chiesa Cattolica e dal suo Compendio,quando si contesta il Magistero della Chiesa tradizionale,quando si disobbedisce al magistero vivente del Vicario di Cristo e di ogni Vescovo unito al Papa o quando qualcuno con la sua creatività si appropria della liturgia come se fosse cosa sua, “costruendola” per sé al di fuori delle leggi ecclesiastiche. Certo la forma straordinaria, che si rifà a san Pio V, è molto, forse troppo dato il momento storico, rigida. E io che l’ho celebrata dal 1960 al 1970 non ero molto fedele e mi concedevo una certa creatività, come mi rendo conto adesso celebrandola di nuovo e guardando attentamente le rubriche. Occorrerebbe superare e la troppa rigidità e la troppa creatività per essere in continuità dinamica, riformatrice con la Tradizione apostolica. Ma la maggioranza dei fedeli non sa ancora nulla del Motu Proprio e coloro che ne sanno qualcosa, compresi noi preti, non ne conoscono il contenuto. Se ne parla e se ne scrive pochissimo al riguardo per paura di essere criticati. E l’idea prevalente, totalmente distorta, è che il Papa ha autorizzato la Messa in latino per i seguaci del vescovo Lefebvre. Quelli che diffondono questo equivoco minimizzano l’insegnamento del Papa e ridimensionano l’importanza del Motu Proprio che, tra l’altro, ha forza di legge per la Chiesa universale e, come tale, detta autentici diritti e doveri che tutti devono rispettare. Purtroppo molti stanno ai titoli e a comportamenti che offrono certi mass media che stravolgono la realtà e la realtà della notizia riportata. La massima autorità liturgica è il Papa e ogni Vescovo unito a Lui. E Benedetto XVI ha promulgato il Motu Proprio e ha colto l’occasione per richiamare che la Messa tradizionale non è stata mai proibita. Ciò fa pensare che ogniqualvolta, anche in documenti, è stata proibita, lo si è fatto, consapevolmente o inconsapevolmente, a dispetto della legge. Il motivare che non c’è un numero sufficiente di fedeli che la richiedono non tiene conto che non si può richiedere ciò che non si conosce. Ora, sono in molti oggi che ignorano perfino che esista una forma straordinaria, e non possono quindi esprimere liberamente un’opinione.
Tra quelli che convengono qui a Santa Toscana alle 11 della Domenica nella forma straordinaria – con me dopo quaranta due anni - sono pieni di stupore e non capiscono come mai almeno ogni mese non siano molti a farlo secondo l’esperienza di quel padre di cui parla il Vangelo “che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche” (Mt 13,52), Quel Padre, oggi, è Sua Santità Benedetto XVI che ha aperto quel meraviglioso tesoro, antico e in continuità sempre rinnovato fino all’attuale forma ordinaria, che è la liturgia bimillenaria della Chiesa, un autentico monumento di fede e di pietà e anche di arte. Qui a Santa Toscana mi rendo conto dell’importanza del Ministrante e mi sorprendono come i chierichetti svolgano la loro parte. E non mancano giovani particolarmente sensibili e disponibili alla bellezza, al senso del mistero, all’adorazione e al silenzio contemplativo.
La celebrazione della liturgia tradizionale costringe il sacerdote a dare maggiore attenzione pastorale ai fedeli, nel senso di dedicare molto più tempo ed energia per la loro formazione dottrinale e spirituale. La formazione permanente si basa sul vero significato, richiamato dal Concilio Vaticano II, della “actuosa partecipatio”, sulla attiva partecipazione con la prece eucaristica celebrata solo dal Sacerdote: la disposizione interiore, aiutati anche dal suono dell’organo, ad unirsi a Cristo Vittima attraverso la mediazione sacramentale del sacerdote che, quale ministro di Cristo e della Chiesa, rinnova e offre il Divino Sacrificio sull’Altare in vista della Comunione in ginocchio sulla mensa delle balaustre. La disposizione interiore che la Sacrosanctum Concilium richiede si fonda pure sulla particolare cura con cui i fedeli si formano liturgicamente e mistagogicamente. Non si può sottovalutare la capacità che anche i fedeli laici di oggi hanno di partecipare degnamente e fruttuosamente alla liturgia bimillenaria della Chiesa. Pur non avendo messo piede in una scuola di teologia, pur importante, conoscono, anche con il Catechismo di san Pio X, la certezza della fede completa della Chiesa, vivono il mistero eucaristico in modo incredibilmente intenso e in profonda adorazione, unione con Cristo Sacerdote. Quelli che partecipano al Divin Sacrificio almeno della Domenica nella forma straordinaria del Rito romano senza alcuna ideologia radicale o estetica, attingono al forza e l’ispirazione per offrire in cambio se stessi nella loro vita quotidiana, nell’ambito educativo dei figli, come ostie sante e gradite a Dio.
A Santa Toscana i fedeli leggono e seguono i testi della Santa Messa in italiano, associandosi così in modo perfetto alle Preghiere universali della Santa Liturgia in latino. Ciò esige e rende possibile una concentrazione e un’attenzione ben più grandi di quelli che si accontentano di ascoltare. Ma tutto questo è possibile, in modo diverso, anche nella forma ordinaria del Rito romano.
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