Benedetto XVI dopo il Concistoro

Ai Cardinali Benedetto XVI ha mostrato la passione pastorale, la ragione d’essere della Chiesa  oggi con una accentuazione: mostrare la verità salvifica di Gesù Cristo alla ragione allargata del nostro tempo

“La Chiesa – il Papa ai Cardinali – non esiste per se stessa, non è il punto di arrivo, ma deve rinviare oltre se stesso, verso l’alto, al disopra di noi. La Chiesa è veramente se stessa nella misura in cui lascia trasparire l’Altro – con la “A” maiuscola – da cui proviene e a cui conduce. La Chiesa è il luogo dove Dio “arriva” a noi, e dove noi “partiamo” verso di Lui; essa ha il compito di aprire oltre se stesso quel mondo che tende a chiudersi in se stesso e portargli la luce che viene dall’alto, senza la quale diventerebbe inabitabile… Il dono totale di sé offerto da Cristo sulla croce sia per voi principio, stimolo e forza per una fede che opera nella carità. La vostra missione nella Chiesa e nel mondo sia sempre e solo “in Cristo”, risponda alla sua logica e non a quella del mondo, sia illuminata dalla fede e animata dalla carità che provengono a noi dalla Croce gloriosa del Signore”.
Il Papa, durante il suo viaggio in Germania, ha ricordato la risposta che diede Madre Teresa di Calcutta a un giornalista che le chiedeva quale fosse la prima cosa da cambiare nella Chiesa: “Lei e
io”. Oggi, come due mila anni fa, per i Cardinali e per ogni fedele, la vera questione è la verifica da parte della Chiesa cioè di ciascuno di noi se il nuovo orizzonte dell’incontro personale e comunitario con il Risorto è l’unico criterio di vita, di cultura. E questa verifica comincia mettendosi in gioco personalmente, sfidando l’attuale sfiducia riguardo alla possibilità della ragione di conoscere la verità sul bene, su Dio, sulle cose divine, su quanto la fede ha prodotto nei secoli, su Cristo di fronte ai dubbi che le scienze moderne, naturali e storiche hanno sollevato riguardo ai contenuti e alle origini del cristianesimo. Nessun limite, mio o di altri, può essere un alibi per non verificare, nella carne della vita quotidiana, la ragionevolezza dell’esperienza cristiana, ossia verificare se il cristianesimo risponde alle esigenze di cui siamo fatti, se la fede rende la vita più umana e ci permette di entrare in ogni circostanza affrontando ogni sfida che la realtà pone. Ci sono amici che testimoniano la ragionevolezza di quello che vivono di fronte alla drammaticità della crisi economica, della malattia. Si tratta di uno sguardo e di un abbraccio alla mia umanità e all’umanità in compagnia di un Dio che possiede un volto umano, che ci ha amato sino alla fine, personalmente e collettivamente e continua a farlo attraverso la Sua presenza nella Chiesa. E oggi non mancano testimoni di questa fioritura dell’umano, a cominciare da Benedetto XVI.
Il pontificato di Benedetto XVI sfida tutti, cristiani progressisti compresi, ad “allargare la ragione” rimettendoci di fronte alla “questione delle questioni” cioè destando la sensibilità per la verità: invitare sempre di nuovo la ragione a mettersi alla ricerca del vero, del bene, di Dio e, su questo cammino, sollecitarla a scorgere le utili luci sorte lungo la storia della fede cristiana e a percepire così Gesù Cristo come la luce che illumina la storia e aiuta a trovare la via verso il futuro. Constatiamo che nessuno oggi come Benedetto XVI ha una lucidità di giudizio che gli permette di andare al cuore di ogni vicenda umana, incontrando tutti, dai cristiani non cattolici agli esponenti di altre religioni fino al dialogo con i non credenti. La sua grande battaglia sulla ragione ossia sull’io umano aperto orginariamente alla realtà in tutti gli ambiti cioè alla verità, al senso religioso naturale che libera dalla schiavitù dell’ignoranza di sapere da dove veniamo e a che cosa siamo destinati,  provoca tutti, dentro e fuori la Chiesa, “a ricominciare da Dio”, come ha detto di recente di fronte a “una mentalità che è andata diffondendosi nel nostro tempo, rinunciando a ogni riferimento al trascendente, si è dimostrata incapace di comprendere e preservare l’umano. La diffusione di questa mentalità ha generato la crisi che viviamo oggi, che è crisi di significato e di valori, prima che crisi economica e sociale. L’uomo che cerca di esistere solo positivisticamente, nel calcolabile e nel misurabile, alla fine rimane soffocato. In questo quadro, la questione di Dio ci riporta alle domande di fondo dell’uomo, alle aspirazioni di verità, di felicità e di libertà insite nel suo cuore, che cercano una realizzazione”. La ragione aperta originariamente al senso religioso di tutto, fondamento della libertà di ogni io umano, che si riscopre pienamente nell’avvenimento dell’incontro con Cristo nella sua Chiesa, è il grande nemico di ogni potere che costringe e un cristianesimo così non è riducibile ad alcuno schema ideologico strumentalizzabile, per questo scatena la persecuzione, ed al tempo stesso interpella realmente il nostro e altrui cuore di uomini.
C’è un modo razionalista di guardare solo, come esempio, esegeticamente al Cristo di allora, prima di morire e risorgere, di guardare alla Chiesa riducendola alle sue strutture senza la realtà profonda, sacramentale della presenza contemporanea del Risorto cui rimanda sacramentalmente: in questa concezione, kantianamente non sacramentale, per cui si può conoscere e fare esperienza solo di ciò che si può possedere e misurare, si considera astratto incitare alla ricerca del bene, di Dio e concreto invece mettere a tema l’organizzazione ecclesiale, la sua continua riforma. Ma la Chiesa non esiste per se stessa e, di fronte alle grandi domande che ci pone drammaticamente la realtà di ogni giorno, i dibattiti sulle riforme delle strutture ecclesiastiche non tengono: preghiamo perché si parli non di tante cose, ma della fede della Chiesa di Roma”.. Al desiderio infinito del nostro cuore non può mai rispondere una organizzazione. Il cristianesimo non è per “cristiani alla routine” ma è per uomini che non si accontentano, che ascoltano il loro cuore inquieto. Il cuore di Dio è – ha detto il Papa – inquieto verso di noi, è in ricerca di persone che si lasciano contagiare dalla sua inquietudine, dalla sua passione per noi. Persone che portano in sé la ricerca che è nel loro cuore e, al contempo, si lasciano toccare nel cuore dalla ricerca di Dio verso di noi”.  Mettere a tema questo è immensamente più concreto e incidente nella storia di tutte le disquisizioni intra - ecclesiali. Benedetto XVI, come Paolo VI nel 1968, ha indetto l’Anno della fede, nel 50° anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II. Ma perché l’Anno della fede?
Alcuni anni fa l’allora card. Ratzinger sottolineò che “il Concilio Vaticano II non fu solo un concilio ecclesiologico, ma prima e soprattutto esso ha parlato di Dio e questo non solo all’interno della cristianità, ma rivolto al mondo – di quel Dio, che è il Dio di tutti, che tutti salva e a tutti è accessibile. Il Vaticano II voleva chiaramente inserire e subordinare il discorso della Chiesa al discorso di Dio. Una Chiesa che esiste solo per se stessa è superflua. E la gente lo nota subito. La crisi della Chiesa è crisi di Dio;essa risulta dall’abbandono di Dio; essa risulta dall’abbandono dell’essenziale. Ciò che resta, è ormai solo una lotta per il potere: Di questa ve ne è abbastanza altrove nel mondo, per questa non c’è bisogno della Chiesa”. Il Vaticano II, a partire dalla Costituzione Dei Verbum e Lumen gentium ha riproposto il cristianesimo come avvenimento dell’incontro con il Risorto contemporaneo che ci fa rivivere soprattutto liturgicamente, per assimilarci a Lui e farci amare con il suo amore, tutto il vissuto prima di morire e risorgere memorizzato nei Vangeli e proprio su questo Benedetto XVI ha fondato il suo magistero a partire dall’affermazione iniziale della sua prima enciclica: “All’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona”. Questa sfida è rivolta al cuore di ogni uomo.
“La creazione  dei nuovi cardinali – ha ricordato il Papa –è occasione per riflettere sulla universale missione della Chiesa nella storia degli uomini: nelle vicende umane, spesso così convulse e contrastanti, la Chiesa è sempre viva e presente, portando Cristo, luce e speranza”.

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