La dimensione relazionale
La fede ci dice che ogni uomo è un essere chiamato a vivere in relazione e che l’”io” può trovare se stesso a partire da un “tu” che lo accetti e lo ami. E questo “Tu” è anzitutto Dio, l’unico capace di dare all’uomo un’accoglienza incondizionata e un amore infinito, e sono gli altri, a iniziare dai più vicini. Riscoprire questa relazionalità come elemento costitutivo della propria esistenza è il primo passo per dare vita a una società più umana.
“La crisi economica e finanziaria che ha colpito varie aree del mondo e che, come ho avuto modo di ricordare, ha le sue radici più profonde in una crisi etica. L’etimologia della parola “crisi” richiama la dimensione del “separare” e, in senso lato, del “valutare”. La crisi attuale allora, può essere anche un’occasione per l’intera comunità civile di verificare se i valori posti a fondamento
del vivere sociale abbiano generato una società più giusta, equa e solidale, e se non sia, invece, necessario un profondo ripensamento per recuperare valori che sono alla base di un vero rinnovamento della società e che favoriscano una ripresa non solo economica, ma anche attenta a promuovere il bene integrale della persona umana.In questo contesto la comunità cristiana è impegnata in una costante opera educativa, in particolare verso le nuove generazioni, affinché i valori che per secoli hanno fatto di Roma e del territorio circostante una luce per il mondo possano essere assunti, in modo rinnovato, a fondamento di un migliore futuro per tutti.
E’ importante che maturi un rinnovato umanesimo nel quale l’identità dell’essere umano sia compresa con la categoria di persona. La crisi attuale, infatti, ha nelle sue radici anche l’individualismo, che oscura la dimensione relazionale dell’uomo e lo conduce a chiudersi nel proprio piccolo mondo, ad essere attento a soddisfare innanzitutto i propri bisogni e desideri, preoccupandosi poco degli altri. La speculazione nelle locazioni, l’inserimento sempre più faticoso nel mondo del lavoro per i giovani, la solitudine di tanti anziani, l’anonimato che caratterizza spesso la vita nei quartieri delle città e lo sguardo a volte superficiale sulle situazioni di emarginazione e di povertà, non sono forse conseguenza di questa mentalità? La fede ci dice che l’uomo è un essere chiamato a vivere in relazione e che l’”io” può trovare se stesso proprio a partire da un “tu” che lo accetti e lo ami. E questo “Tu” è anzitutto Dio, l’unico capace di dare all’uomo un’accoglienza incondizionata e un amore infinito, e sono gli altri, a iniziare dai più vicini. Riscoprire questa relazionalità come elemento costitutivo della propria esistenza è il primo passo per dare vita a una società più umana. Ed è compito delle Istituzioni favorire la crescita della coscienza di essere parte di un’unica realtà, in cui ognuno, a somiglianza del corpo umano, è importante per il tutto, come ricordò Menenio Agrippa nel celebre apologo riportato da Tito Livio nella sua Storia di Roma. La coscienza di essere un “corpo” potrà crescere se si consoliderà il valore dell’accoglienza...
La Caritas diocesana e le comunità cristiane non si risparmiano in quest’opera di accoglienza, in particolare verso coloro che, provenendo da Paesi in cui la povertà è spesso causa di morte, o fuggendo da essi per tutelare la propria incolumità, giungono nelle nostre città e bussano alle porte delle parrocchie. E’ necessario tuttavia alimentare percorsi di piena integrazione, che consentano l’inserimento nel tessuto sociale, affinché essi possano offrire a tutti la ricchezza di cui sono portatori. In tal modo ciascuno imparerà a sentire il luogo dove risiede la “casa comune” in cui abitare e della quale prendersi cura, nell’attento e necessario rispetto delle leggi che regolano il vivere collettivo.
Insieme con l’accoglienza deve rafforzarsi il valore della solidarietà. E’ un’esigenza di carità e giustizia che nei momenti difficili coloro che hanno maggiori disponibilità si prendano cura di chi vive in situazioni disagiate. Alle Istituzioni, poi, spetta il compito di mostrare sempre attenzione e appoggio a quelle realtà da cui dipende il bene della società. Tale riguardo, uno speciale sostegno deve essere assicurato alle famiglie, in particolare a quelle numerose, che spesso si trovano a dover affrontare difficoltà, rese talvolta più acute dalla mancanza o dalla insufficienza del lavoro. Vi incoraggio a difendere la famiglia fondata sul matrimonio come essenziale cellula della società, e anche attraverso aiuti e agevolazioni fiscali che favoriscano la natalità. Vi incoraggio, inoltre, a fare ogni sforzo perché a tutti i nuclei familiari siano garantite le condizioni necessarie per un vivere dignitoso. La solidarietà deve poi indirizzarsi verso i giovani, i più penalizzati dalla mancanza di lavoro. Una società solidale deve sempre avere a cuore il futuro delle nuove generazioni, predisponendo adeguate politiche che garantiscano un alloggio a costi equi e che facciano tutto il possibile per assicurare un’attività lavorativa. Tutto ciò è importante per evitare il rischio che i giovani cadano vittime di organizzazioni illegali, che offrono facili guadagni e non rispettano il valore della vita umana.
Allo stesso tempo – terzo punto – è necessario promuovere una cultura della legalità, aiutando i cittadini a comprendere che le leggi servono per incanalare le tante energie positive presenti nella società e così permettere la promozione del bene comune…Alle Istituzioni è affidato il compito, oltre che di essere esemplari nel rispetto delle leggi, di emanare provvedimenti giusti ed equi, che tengano conto anche di quella legge che Dio ha iscritto nel cuore dell’uomo e che può essere conosciuta da tutti mediante la ragione” (Benedetto XVI, Agli Amministratori della Regione Lazio e del Comune e della Provincia di Roma, 12 gennaio 2012).
Le sfide sono molteplici e complesse. E sarà possibile vincerle solo nella misura in cui si rafforzerà la consapevolezza che il destino di ognuno è legato a quello di tutti in Cristo. Accoglienza, solidarietà, legalità sono valori fondamentali.
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