Il prete
Nel vivere la “carità pastorale” sul modello di Cristo e con Cristo, in qualsiasi posto il Signore chiama, ogni sacerdote può realizzare pienamente se stesso e la propria vocazione
“La vocazione apostolica vive grazie al rapporto personale con Cristo, alimentato dalla preghiera assidua e animato dalla passione di comunicare il messaggio ricevuto e la stessa esperienza di fede degli Apostoli. Gesù chiamò i Dodici perché stessero con Lui e per inviarli a predicare il suo messaggio (Mc 3,14). Vi sono alcune condizioni perché vi sia una crescente consonanza a Cristo nella vita del sacerdote. Vorrei sottolinearne tre..:
l’aspirazione a collaborare con Gesù alla diffusione del Regno di Dio, la gratuità dell’impegno pastorale e l’atteggiamento del servizio.Innanzitutto, nella chiamata al ministero sacerdotale c’è l’incontro con Gesù e l’essere affascinati, colpiti dalle sue parole, dai suoi gesti, dalla sua stessa persona. E’ l’avere distinto, in mezzo a tante voci, la sua voce, rispondendo come Pietro “Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio” (Gv 6,68-69). E’ come essere stati raggiunti dall’irradiazione di Bene e di Amore che promana da Lui, sentirsene avvolti e partecipi al punto da desiderare di rimanere con Lui come i due discepoli di Emmaus – “resta con noi perché si fa sera” (Gv 24,29) e di portare al mondo l’annuncio del Vangelo. Dio Padre ha inviato il Figlio eterno nel mondo per realizzare il suo piano di salvezza. Cristo Gesù ha costituito la Chiesa perché si estendessero nel tempo gli effetti benefici della redenzione. La vocazione dei sacerdoti ha la sua radice in questa azione del Padre realizzata in Cristo, attraverso lo Spirito Santo. Il ministro del Vangelo allora è colui che si lascia afferrare da Cristo, che sa “rimanere” con Lui, che entra in sintonia, in intima amicizia, con Lui, affinché tutto si compia “come piace a Dio” (1 Pt 5,2), secondo la sua volontà di amore, con grande libertà interiore e con profonda gioia del cuore.
In secondo luogo, si è chiamati ad essere amministratori dei Misteri di Dio “non per vergognoso interesse, ma con animo generoso”, dice san Pietro. Non bisogna mai dimenticare che si entra nel sacerdozio attraverso il sacramento, l’Ordinazione, e questo significa appunto aprirsi all’azione di Dio scegliendo quotidianamente di donare se stessi a Lui e per i fratelli, secondo il detto evangelico: “Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date” (Mt 10,8). La chiamata del Signore al ministero non è frutto di meriti particolari, ma è dono da accogliere e a cui corrispondere dedicandosi non a un proprio progetto, ma a quello di Dio, in modo generoso e disinteressato, perché Egli disponga di noi secondo la sua volontà, anche se questa potrebbe non corrispondere ai nostri desideri di autorealizzazione. Amare insieme a Colui che ci ha amati per primo e ha dato tutto se stesso. E l’essere disponibili a lasciarsi coinvolgere nel suo atto di amore pieno e totale al Padre e ad ogni uomo consumato sul Calvario. Mai dobbiamo dimenticare – come sacerdoti – che l’unica ascesa legittima verso il ministero di Pastore non è quella del successo, ma quella della Croce.
In questa logica essere sacerdoti vuol dire essere servi anche con l’esemplarità della vita. “Fatevi modelli del gregge” è l’invito dell’apostolo Pietro (1 Pt 5,3). I presbiteri sono dispensatori dei mezzi di salvezza, dei sacramenti, specialmente dell’Eucaristia e della Penitenza, non ne dispongono a proprio arbitrio, ma ne sono umili servitori per il bene del Popolo di Dio. E’ una vita, allora, segnata profondamente da questo servizio: dalla cura attenta del gregge, dalla celebrazione fedele della liturgia, e dalla pronta sollecitudine verso tutti i fratelli, specie i più poveri e bisognosi. Nel vivere questa “carità pastorale” sul modello di Cristo e con Cristo, in qualsiasi posto il Signore chiama, ogni sacerdote potrà realizzare pienamente se stesso e la propria vocazione.
Cari fratelli e sorelle, ho offerto qualche riflessione sul ministero sacerdotale. Ma anche le persone consacrate e i laici, penso particolarmente alle numerose religiose e laiche che studiano nelle Università Ecclesiastiche di Roma, come pure coloro che prestano il loro servizio come docenti o come personale in detti Atenei, potranno trovare elementi utili per vivere più intensamente il periodo che trascorrono nella Città Eterna. E’ importante per tutti, infatti, imparare sempre di più a “rimanere” con il Signore, quotidianamente, nell’incontro personale con Lui per lasciarsi affascinare e afferrare dal suo amore ed essere annunciatori del suo Vangelo; è importante cercare di seguire nella vita, con generosità, non un proprio progetto, ma quello che Dio ha suscitato su ciascuno, conformando la propria volontà a quella del Signore; è importante prepararsi, anche attraverso uno studio serio e impegnato, a servire il Popolo di Dio nei compiti che verranno affidati” (Benedetto XVI, Celebrazione dei Vesperi per l’inizio dell’Anno Accademico delle Pontificie Università, 4 novembre 2011).
Uno dei compiti prioritari e urgenti è oggi promuovere le vocazioni presbiterali, diffondere la conoscenza della dignità e della necessità del ministero ordinato e incoraggiare la preghiera dei fedeli per ottenere dal Signore numerosi e degni sacerdoti. Occorre meditare sulla missione dei Pastori nella comunità cristiana. Fin dagli albori della Chiesa è stato evidente il rilievo conferito alle guide delle prime comunità, stabilite dagli Apostoli per l’annuncio della Parola di Dio attraverso la predicazione e per celebrare il sacrificio di Cristo, l’Eucaristia. I presbiteri sono dispensatori dei mezzi di salvezza, dei sacramenti, specialmente dell’Eucaristia e della Penitenza, non ne dispongono a proprio arbitrio, ma ne sono umili servitori per il bene del Popolo di Dio. Si tratta di una vita segnata profondamente da questo servizio: dalla cura attenta del gregge, dalla celebrazione fedele della liturgia, e dalla pronta sollecitudine verso tutti i fratelli, specie i più poveri e bisognosi.
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