Anno della fede
2012 Anno della fede nel 50° anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II per cogliere quello sguardo che il Concilio Vaticano II ha trasmesso nei suoi documenti, illustrati con il loro magistero dal servo di Dio Paolo VI e dal Beato Giovanni Paolo II
Spunti dall’Omelia di Benedetto XVI nella Santa Messa per la Nuova evangelizzazione (16 ottobre 2011):
“Oggi il Signore ci parla…Dal Libro di Isaia, ci dice che Dio è uno, è unico; non ci sono altri dei all’infuori del Signore, e anche il potente Ciro, imperatore dei persiani, fa parte di un disegno più grande, che solo Dio conosce e porta avanti. Questa lettura ci dà il senso della storia: i
rivolgimenti epocali, il succedersi delle grandi potenze stanno sotto il supremo dominio di Dio; nessun potere terreno può mettersi al suo posto. La teologia della storia è un aspetto importante, essenziale della nuova evangelizzazione, perché gli uomini del nostro tempo, dopo la nefasta stagione degli imperi totalitari del XX secolo, hanno bisogno di ritrovare uno sguardo complessivo sul mondo e sul tempo, uno sguardo veramente libero, pacifico, quello sguardo che il concilio Vaticano II ha trasmesso nei suoi Documenti, e che i miei Predecessori, il Servo di Dio Paolo VI e il Beato Giovanni Paolo II, hanno illustrato con il loro Magistero…Ogni missionario del Vangelo deve sempre tenere presente questa verità: è il Signore che tocca i cuori con la sua Parola e il suo Spirito, chiamando le persone alla fede e alla comunione nella Chiesa. Paolo ci lascia (I Ts 1,1) un insegnamento molto prezioso, tratto dalla sua esperienza. Egli scrive: “Il nostro vangelo infatti, non si è diffuso tra voi soltanto per mezzo della parola, ma anche con la potenza dello Spirito santo e con piena certezza” (v. 5). L’evangelizzazione, per essere efficace, ha bisogno della forza dello Spirito, che animi l’annuncio e infonda in chi lo porta quella “piena certezza” di cui parla l’Apostolo. Questo termine “certezza”, “piena certezza”, nell’originale greco, è pleroforia: un vocabolo che non esprime tanto l’aspetto soggettivo, psicologico, quanto piuttosto la pienezza, la fedeltà, la completezza – in questo caso dell’annuncio di Cristo. Annuncio che, per essere compiuto e fedele, chiede di venire accompagnato da segni, da gesti, come la predicazione di Gesù. Parola, Spirito e certezza – così intesa – sono dunque inseparabili e concorrono a far sì che il messaggio evangelico si diffonda con efficacia.
Ci soffermiamo ora sul brano del Vangelo. Si tratta del testo sulla legittimità del tributo da pagare a Cesare, che contiene la celebre risposta di Gesù: “Rendete a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio” (Mt 22,21). Ma, prima di giungere a questo punto, c’è un passaggio che si può riferire a quanti hanno la missione di evangelizzare. Infatti, gli interlocutori di Gesù – discepoli dei farisei ed erodiani – si rivolgono a Lui con un apprezzamento, dicendo: “Sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità. Tu non hai soggezione di nessuno” (v. 16). E’ proprio questa affermazione, seppure mossa da ipocrisia, che deve attirare la nostra attenzione. I discepoli dei farisei e gli erodiani non credono in ciò che dicono. Lo affermano solo come una captatio benevolentiae per farsi ascoltare, ma il loro cuore è ben lontano da quella verità; anzi, essi vogliono attirare Gesù in una trappola per poterlo accusare. Per noi, invece, quell’espressione è preziosa e vera: Gesù, in effetti, è veritiero e insegna la via di Dio secondo verità, e non ha soggezione di alcuno. Egli stesso è questa “via di Dio”, che noi siamo chiamati a percorrere. Possiamo richiamare qui le parole di Gesù stesso, nel Vangelo di Giovanni: “Io sono la via, la verità e la vita” (14,6). E’ illuminante in proposito il commento di sant’Agostino: “Era necessario che Gesù dicesse: “Io sono la via, la verità e la vita”, perché una volta conosciuta la via, restava da conoscere la meta. La via conduceva alla verità, conduceva alla vita…E noi dove andiamo, se non a Lui? E per quale via camminiamo, se non attraverso di Lui?” )In Ioh 69,2). I nuovi evangelizzatori sono chiamati a camminare per primi in questa Via che Cristo, per far conoscere agli altri la bellezza del Vangelo che dona la vita. E su questa Via non si cammina mai soli, ma in compagnia: un’esperienza di comunione e di fraternità che viene offerta a quanti incontriamo, per partecipare loro la nostra esperienza di Cristo e della sua Chiesa. Così, la testimonianza unita all’annuncio può aprire il cuore di quanti sono in ricerca della verità, affinché possano approdare al senso della propria vita…La missione della Chiesa, come quella di Cristo, è essenzialmente parlare di Dio, fare memoria della sua sovranità, richiamare a tutti, specialmente ai cristiani che hanno smarrito la propria identità, il diritto di Dio su ciò che gli appartiene, cioè la nostra vita.
Proprio per dare rinnovato impulso alla missione di tutta la Chiesa di condurre gli uomini fuori dal deserto in cui spesso si trovano verso il luogo della vita, l’amicizia con Cristo che ci dona la vita in pienezza, vorrei annunciare in questa Celebrazione eucaristica che ho deciso di indire un “Anno della Fede”, che avrò modo di illustrare con una apposita Lettera apostolica. Questo “Anno della Fede” inizierà l’11 ottobre 2012, nel 50° anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II, e terminerà il 24 novembre 2013, Solennità di Cristo Re dell’Universo. Sarà un momento di grazia e di impegno per una sempre più piena conversione a Dio, per rafforzare la nostra fede in Lui e per annunciarlo con gioia all’uomo del nostro tempo”.
La riforma conciliare nella continuità o Tradizione ha puntato a far sì che la dottrina certa ed immutabile venisse approfondita e presentata in modo che corrisponda anche alle esigenze del nostro tempo. Una cosa è infatti il deposito della fede e altra il modo col quale esse sono enunciate, conservando ad esse tuttavia lo stesso senso e la stessa portata. E’ chiaro che questo impegno di esprimere in modo nuovo una determinata verità esige una conoscenza profonda e un nuovo rapporto vitale con essa; è chiaro pure che la nuova parola può maturare soltanto se nasce da una comprensione consapevole della verità espressa e che si viva questa fede. Si tratta della sintesi di fedeltà, continuità dinamica. Ovunque questa interpretazione della recezione del Concilio è stata attuata è cresciuta la fede, una nuova vita e sono maturati frutti nuovi. E’ questa la proposta dell’Anno della fede a cinqnant’anni dall’inizio del Concilio Vaticano II che Benedetto XVI si propone. E noi attendiamo la sua enciclica sulla Fede.
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