Il demonio nella concezione cattolica
Al Convegno degli Esorcisti la relazione condivisa sull’ermeneutica cattolica circa il demonio nella sacra Scrittura è stata quella di don Renzo Lavatori. E’ trascritta da registrazione.
Don Gino Oliosi
Don Renzo Lavatori
Gesù ha dovuto scontrarsi e lottare contro le insidie sataniche e sconfiggere satana, ma ciò si vede sopratutto nel momento culminante della sua passione e morte. Luca in particolare vede in quel momento l'opera di satana, infatti l'evangelista introduce il racconto della passione con queste parole: “Satana entrò in Giuda detto Iscariota, che era nel numero dei discepoli, ed egli andò a discutere con i i capi dei sacerdoti e i magistrati sul modo di consegnarlo nelle loro mani (Luca 22, 2-4). Anche la grande prova subita dai discepoli è interpreta quale intervento di satana, che “li vaglia come il grano”, secondo quanto attestano le parole del Signore. “Simone, Simone ecco satana vi ha cercato per
vagliarvi come il grano, ma io ho pregato per te, affinché la tua fede non venga meno” (Luca 22,31). Nuovamente, al momento dell'arresto nell'orto degli ulivi, Gesù vede l'ora dei nemici “ecco si avvicina l'impero delle tenebre” (Luca, 22,53). Lo stesso Luca aveva preannunciato questa manifestazione eclatante di satana all'inizio, dopo le tentazioni del deserto, quando aggiunge quella frase, rispetto agli altri evangelisti “il diavolo si allontanò da Lui per tornare al tempo fissato” (Luca 4, 13). Sulla croce pertanto si ha di nuovo lo scontro tra Cristo, che testimonia la sua totale disponibilità alla volontà del Padre e all'amore verso gli uomini, e satana dall'altra parte che mostra il suo accanimento contro Lui e contro i discepoli fino ad ottenere la vera e propria morte.Adesso allora ci fermiamo un attimo proprio sulla passione e morte di Gesù sulla Croce. E' facile, quando noi pensiamo a questo mistero grandissimo del crocifisso, di perdere di vista il modo concreto con cui è avvenuta tale morte, secondo il racconto degli evangelisti. Si può scivolare nel parlare della morte in genere e del suo rapporto con il peccato, però estraniandola dalla concretezza. Quindi tale riflessione anche piuttosto razionale e intellettualistica può cadere in una riflessione idealizzata senza cogliere il significato vero di ciò che è accaduto a Gesù di Nazaret nel processo subito a Gerusalemme. Cristo in effetti non ha vissuto una morte qualsiasi, ma è stato messo in croce perché ingiustamente condannato e rifiutato dai capi del popolo ed Egli ha vissuto la realtà tragica di questo evento nella sua consapevolezza umana. E' morto umanamente con tutta l'incertezza, l'angoscia che il fatto porta con sé. E l'agonia del Getzemani, come vedremo, descrive proprio una lotta reale, provocata dalla vicinanza della morte e dal senso doloroso che essa comporta in quanto collegata con il peccato degli uomini, con il rifiuto da parte di Israele della salvezza portata da Dio. Né si può parlare della morte di Gesù come di una categoria filosofica – un modo di morire – o teologica, senza collegarla al fatto storico e singolare, perché questa è una considerazione parziale di questo evento profondissimo che è la morte di Cristo sulla croce. Non è nemmeno una morte per malattia, come sappiamo, né per anzianità, Gesù è nella pienezza della sua vitalità umana. Allora, perché è stato crocifisso? Quali sono le ragioni che hanno mosso i diversi protagonisti di queste azioni a metterlo in croce? Qui l'importanza di risalire ai fatti, raccontati dagli evangelisti per capire le motivazioni che costituiscono la singolarità, l'irripetibilità, il grandissimo significato di questa morte sulla croce. D'altra parte non possiamo pensare alla morte di Cristo come un fatto eroico, un gesto eroico come anche altri personaggi della storia hanno fatto, preferendo la morte piuttosto che tradire la patria, un loro pensiero o altre cose. La morte di Gesù porta con sé dei motivi molto profondi che toccano appunto i personaggi che hanno agito in quel momento, ma dietro di loro tutti gli uomini, di tutti i tempi, di tutti i luoghi. Ecco il valore enorme, immenso che acquista questo evento e dietro questa realtà umana in effetti c'è il principe di questo mondo che agisce. Adesso vediamo alcuni aspetti che ci fanno scoprire l'evento straordinario che si è compiuto con la morte in croce di Cristo. Siamo negli ultimi tempi della sua vita storica, in cui Gesù non può sfuggire alla condanna, le tensioni fra Lui e i suoi avversari si fanno sempre più forti, le dispute, le polemiche diventano sempre più accese e violente, le opposizioni al suo messaggio sono ormai palesi e pubbliche, sono pochi coloro che ancora lo seguono fedelmente; molti si sono distaccati disorientati, sopraffatti dal dubbio e dalle incertezze e dalla forza della parola di Cristo. Pensate al famoso discorso del capitolo 6 di Giovanni in cui alla fine molti si allontanano e a qeui pochi che sono rimasti Gesù dice: “Anche voi volete andarvene?”, e Pietro risponde in quel caso:” Ma perché Signore? Tu hai parole di vita eterna”. Ma gli altri perdono la fiducia in Cristo, in questo personaggio dal quale forse avranno avuto anche dei benefici sia fisici, sia spirituali, di conforto di illuminazione, di luce, ma che ora sono messi in dubbio. Chi è costui che viene anche oltraggiato dai capi spirituali di tutta la struttura religiosa di Israele? Voi sapete che la folla sta sempre dietro a coloro che danno più sicurezza. In questo momento il profeta di Nazaret comincia ad indebolirsi davanti all'opinione pubblica e soprattutto davanti alle accuse e agli attacchi che questi personaggi fanno nei suoi confronti, quindi la folla è un po' smarrita. I borghesi in Gerusalemme hanno paura anche di questa agitazione religiosa, perché possono esserci conseguenze di ordine sociale e politico, ma sopratutto sono i capi religiosi che vogliono mettere fine a questa vicenda e proprio loro fanno in modo che le altre due forze, il popolo da una parte, l'autorità politica dall'altra venissero coinvolte in questa condanna. Abbiamo quindi praticamente, in questo scontro finale, tre forze che si oppongono a Cristo. Innanzi tutto la forza religiosa, poi la forza politica e poi la massa del popolo. Tutte tre si uniscono in questo accanimento contro il Cristo. Ma è innegabile che il contrasto fondamentale, quale filo promotore e conduttore della condanna a morte di Gesù è venuto da parte dei rappresentanti religiosi. Perché? Questo contrasto non deriva dalla pretesa di Gesù di essere il Messia, ma dalle conseguenze disastrose che, se questo fosse vero, provocherebbero in tutta la struttura religiosa ebraica. Se al suo parlare, al suo agire si da un valore profetico e di origine divina e si accetta il suo messianismo, occorre cambiare totalmente e capovolgere la mentalità giudaica, legata più alle forme esteriori del culto della legge e soprattutto legata alla loro sicurezza interiore, alla loro autorità spirituale, al loro prestigio; é impossibile – essi pensano – che Dio approvi e appoggi questo messianismo rivoluzionario che si oppone a tutta la nostra tradizione e va contro la religione. Pretendere che tutto questo venga da Dio,per loro è una bestemmia (Marco 14,64). Perciò Gesù deve morire, ed ecco che le dispute dei capi religiosi, dei Farisei dei Sadducei con Gesù spesse volte si concludono con la prospettiva tremenda di ucciderlo. La gravità appunto delle affermazioni di Cristo non sta tanto in quello che dice, cioè di essere il Figlio di Dio, il Messia, perché anche altre persone si erano autoesaltate in quel modo, ma in tutto quello che fa, perché dimostra con gli atti che compie, con la sua condotta di essere veramente il Messia. Ecco il dramma! Per i Sinedrio non si trattava di una questione dottrinale, su cui si può discutere anni e anni, e non fa niente a nessuno, tutti rimangono come sono, ma di una persona concreta il cui atteggiamento costituiva una sfida per le loro sicurezze. In Gesù il mistero di Dio si fa umanamente presente e si identifica con lui, questo è il mistero che avevano percepito e che costituiva un fatto enorme. Qui si vede il senso profondo di questa morte in croce, cioè Gesù comunica, rivela, agisce come Dio, in Lui Dio si fa umanamente presente e si identifica con Lui. Lui è il messaggio proclamato, ma anche colui che proclama il messaggio ed è lo stesso messaggio. Quindi non viene accettato soltanto perché parla dell'amore che Dio ha verso i peccatori, ma perché ha perdonato ai peccatori, questo è il dramma. E ha confermato la verità del suo gesto proprio con la potenza guaritrice del paralitico, è più facile dire: ti sono rimessi i tuoi peccati o dire: alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina? “Affinché sappiate che il figlio dell'uomo ha il potere divino – perché solo Dio ha il potere di rimettere i peccati – di rimettere i peccati e di dire: alzati e cammina”. Ecco il dramma! Dio si faceva presente in quell'uomo di Nazaret, figlio del carpentiere. Come questo è possibile? Quindi sono arrivati a questo dilemma profondo o accettare che egli sia veramente il Figlio o di Dio fatto uomo, il Messia ma buttare via tutto il loro mondo o farlo fuori. Ha prevalso questa seconda opinione come dice Giovanni al capitolo 18, 14 “E' meglio che un uomo solo muoia per il popolo piuttosto che tutti veniamo coinvolti nella nostra distruzione”. Quindi la decisione di farlo morire è data in mano proprio a queste autorità religiose. Però, attenzione, tuttavia il Sinedrio, il gruppo centrale di tutta l'autorità di Israele, decide di portare Gesù da Pilato, il procuratore romano (Marco 15,1) “Al mattino i sommi sacerdoti, con gli anziani, gli scribi e tutto il sinedrio, dopo aver tenuto consiglio, misero in catene Gesù, lo condussero e lo consegnarono a Pilato”. Perché questo passaggio dall'autorità religiosa a quella politica? Ci sono diverse opinioni. La prima è quella che dice che solo la potenza romana aveva il diritto di eseguire una condanna a mote, ma non è vero perché se Gesù fosse stato riconosciuto come empio, oltreggiatore della legge, soprattutto del sabato, poteva essere processato e dunque secondo il Deuteronomio, condannato a morte, non con la croce, ma con la lapidazione. Anche il motivo che poteva essere pericoloso dal punto di vista politico è molto insostenibile perché Gesù era molto tranquillo, non faceva parte degli Zeloti, di questi movimenti rivoluzionari, non si è mai opposto alle autorità religiose, ma invece l'autorità religiosa fa questo passo di portare questo uomo che volevano condannare a morte a Pilato perché lui decidesse questa sentenza e Pilato, questo non sempre si sottolinea, Pilato lo ha capito. Pilato non è uno stupido (Matteo, 27, 18) “Mentre quindi si trovavano riuniti, Pilato disse loro: chi volte che io vi rilasci? Barabba o Gesù chiamato il Cristo? - ecco il commento dell'evangelista - Sapeva bene infatti che i capi giudei glielo avevano consegnato per gelosia” Che significa gelosia? E' un fatto spirituale la gelosia, la gelosia non è l'invidia, rinunciare a qualcosa che non ho, è un dato profondissimo perché anche Dio è geloso, secondo l'Antico Testamento, ma perché è geloso? Perché lui vuole l'imprimatur giusto che gli compete, essere il padrone del cielo e della terra, e nessun altro può mettersi al suo posto. Ecco la gelosia. Ora il Giudeo aveva il primo posto sia davanti a Di che davanti agli uomini, non volevano che nessun altro, tanto più il profeta di Nazaret prendesse il loro posto. E forte quindi l'espressione di Pilato: per gelosia. Infatti dal punto di vista politico e sociale in Gesù non si trova nessun motivo di condanna. Qui, ed è strano questo processo, Luca per quattro volte dice che Pilato ha affermato che non è reo di essere condannato. Luca, 23, con questi quattro testi versetti 4, 14, 15, 20; ve li leggo: “Pilato disse ai sommi sacerdoti e alla folla: non trovo nessuna colpa in quest'uomo!” poco sotto “Pilato, riuniti i sommi sacerdoti, le autorità e il popolo disse: mi avete portato quest'uomo come sobillatore del popolo, ecco l'ho esaminato davanti a voi, ma non ho trovato in lui nessuna colpa di quelle di cui lo accusate” terza volta: “E neanche Erode, infatti ce lo ha rimandato, ecco egli non ha fatto nulla che meriti la morte”. “Poi di fronte alla folla Pilato parlò di nuovo alla folla perché voleva liberare Gesù, ma tutti urlarono “Crocifiggilo, crocifiggilo. Ed egli - dice l'evangelista – per la terza volta disse loro: ma che male ha fatto costui? Non ho trovato nulla in lui che meriti la morte. Lo castigherò severamente e poi lo rilascerò”. Ma in effetti invece poi lo condanna, lo condanna a morte perché la folla grida quando Pilato presenta Gesù e dice : “Ecco il vostro re” e questi gridano: “Non abbiamo altro re che Cesare”. Pilato ha paura, il nome dell'imperatore lo ha spaventato, perché lui era già in una provincia molto estrema dell'impero, se interveniva Roma con la sua autorità o andava ancora più lontano o veniva richiamato a Roma e dismesso di ogni autorità,. In poche parole ha avuto paura di perdere la poltrona e quindi ha ceduto, pur riconoscendolo innocente lo ha condannato. Ma il potere politico è stato sobillato dalla folla, perché è la folla che grida: crocifiggilo, crocifiggilo, è la folla che dice: non abbiamo altro Dio che Cesare, vogliamo Barabba e non Cristo. La folla dunque si accanisce, ma la folla è strumentalizzata dai capi religiosi, in effetti, come dicevo, la folla sta con i più potenti, i più forti. Voi sapete che ad un certo punto era stato detto che chi seguiva il profeta di Nazaret sarebbe stato scomunicato dalla comunità giudaica e quindi avrebbe perso tutti i benefici e i vantaggi, quindi la folla è stata trascinata. Il potere religioso che strumentalizza il potere popolare e attraverso di questo condiziona il potere politico, le tre forze sono unite e si scaraventano contro Gesù, ma è un atto totalmente ingiusto, viene deciso e dichiarato che è innocente e pure viene condannato. E' il peccato del mondo e l'ingiustizia di tutti i tempi, è la prevaricazione religiosa di tutti i tempi, è la pazzia della folla di tutti i tempi. E' qui che c'è la lotta profondissima tra quest'uomo, ridotto neanche più un essere umano, davanti al quale ci si copre il volto davanti alla sua bruttezza, davanti alla sua realtà umana distrutta, e il male. Ecco la forza della cattiveria che si oppone alla forza del bene. Dietro a Pilato, dietro al Sinedrio, dietro la folla c'è l'effetto di questa forza maggiore, una potenza spirituale, il principe del mondo e Gesù lo sentiva, lo percepiva, era questa la sua sofferenza enorme. Spesse volte nella crocifissione riflettiamo sulla sua sofferenza fisica che certamente è stata fortissima, ma più forte è stata la sua sofferenza spirituale, religiosa, interiore, perché c'è il peccato, Lui che è innocente, Lui che è puro, Lui che è totalmente generoso, si abbandona nelle braccia del Padre per andare incontro alla sua volontà e viene invece considerato un malfattore, un delinquente, un assassino, come Barabba. E' tremenda questa situazione. In questo conflitto se per un attimo solo, faccio questa ipotesi assurda, Gesù avesse dubitato del progetto sapientissimo del Padre, che lo portava a sacrificare se stesso, questo potere del male avrebbe vinto. Ma la fermezza, la totale disponibilità di Cristo che nemmeno per un attimo ha dubitato di questo piano sapientissimo ma dolorosissimo del Padre che ha accettato con amore totale pur essendo innocente, ha costituito lo scontro e ha vinto. Ha vinto il bene sul male perché in effetti, e Gesù lo aveva detto all'inizio, quando ha proclamato: “nessuno può togliermi la vita, io la do ”. E' una frase bellissima, enorme. Perché nessuno può toglierli la vita? Perché lui non era soggetto alla morte, in quanto senza peccato, la morte è la conseguenza del peccato, il regno del peccato in cui il padrone è satana. Invece Lui non doveva morire e allora a questo punto ha accettato di morire solo per amore, obbedendo al Padre e anche per amore nostro. Accettare una situazione di totale annientamento come la morte per amore significa che la morte è più debole dell'amore, l'amore è più forte della morte, a quel punto la morte è stata distrutta. Quindi siccome dietro la morte c'è il principe della morte che è satana, satana è stato disintegrato, totalmente. Qui c'è un testo stupendo di San Leone Magno che riflettendo su questa verità dice delle cose che fanno capire la lotta sulla croce di Gesù contro satana e racconta che satana pur riconoscendo che Gesù era Figlio di Dio però nella sua umanità lo riteneva un uomo come tutti e lo aspettava al varco, perché un uomo può difendersi, può lottare può respingere seduzioni, le tentazioni, le accuse, ma la morte no. La morte nessuna creatura umana può oltrepassarla. Ecco l'illusione, l'inganno satanico. Quindi pensando che con la morte avrebbe vinto contro Cristo, satana è diventato il regista che ha mosso tutte queste tre potenze contro il Cristo per sopraffarlo pensando che con la morte tutto sarebbe finito e lui avrebbe trionfato. Invece è stata, come dice Leone Magno, la trappola, perché nel momento in cui pensava di vincere, di fatto è stato sconfitto. Non sapeva che Gesù affrontava la morte per amore e quindi volendo condurlo alla morte si è tirato una zappa contro se stesso, perché nel momento in cui lo ha portato alla morte, avendola vissuta Cristo solo per amore, l'amore ha sconfitto la morte. Gesù non era costretto, ha vissuto la morte totalmente, pienamente fino in fondo solo perché amava il Padre. Dice Leone questa bellissima frase: “Quei chiodi, che trapassarono le mani e i piedi del Signore trafissero il diavolo, con ferite che non hanno fine e la sofferenza di quelle sante membra fu sterminio delle potenze ostili. La vittoria portata da Cristo a compimento fu tale che in Lui e con Lui tutti quelli che in Esso credono hanno trionfato”. Ho riportato appunto questa immagine della trappola perché Leone dice: “L'ostacolo in cui è incappato satana sta probabilmente nel mistero dell'incarnazione del Verbo, cioè nella realtà umana del Signore, la sua natura divina è stata in qualche modo velata dalla carne umana, e il diavolo non è riuscito a riconoscerla (nella sua potenza umana), in tal modo il menzognero per eccellenza fu preso dall'accecamento e non fu pronto a capire la verità, restando vittima della propria menzogna”. Si vede bene qui il rapporto che lega paradossalmente il mistero cristologico e la realtà demonologica. Per questo il mistero di Cristo costituisce una grossa trappola e satana, che è la malizia personificata, vi è caduto dentro con grande ingenuità. Dunque satana è stato ingannato quando ha voluto essere da sempre l'ingannatore, perché non aveva capito la forza d'amore che portava Cristo alla crocifissione.
Adesso vediamo il parallelismo tra le tre tentazioni iniziali di Cristo con le tre forze, religiosa, politica, popolare che hanno avuto lo stesso regista, che si sono accanite contro di Lui. E' interessante notare il parallelismo che unisce la morte in croce di Gesù alle tentazioni nel deserto come due punti di uno stesso cammino messianico, le tentazioni sono l'inizio e la croce il termine. Nel deserto il tentatore vuole sviare il messianismo del servo sofferente, umiliato in conformità al desiderio divino verso un messianismo terreno e politico, sulla croce il nemico vuole vincere con le forze terrene e politiche e annientare Gesù. In ambedue le volte Cristo resta fedele al disegno del Padre e in ciò attua la vittoria sul peccato e sulla morte. Esiste anche una somiglianza dei tre tipi di tentazioni. Alla croce, Gesù viene condannato dalla folla delusa e superficiale che si aspettava da Lui l'abbondanza di beni materiali in corrispondenza alla prima tentazione del messianismo materialistico. L'autorità religiosa che non accetta l'atteggiamento di Gesù nei confronti della legge, del loro culto a Dio e non vuole convertirsi, corrisponde alla tentazione del messianismo miracolista e spiritualista che cercava i segni esteriori, non già la conversione del cuore, ripetendo sotto la croce quasi le stesse espressioni “se tu sei Figlio di Dio, scendi dalla croce” come nel deserto: “se sei Figlio di Dio, gettati giù”. L'autorità politica che vede in Cristo un possibile concorrente corrisponde al messianismo politico che vuole dominare su tutti i popoli. Vedete che è la stessa logica. E non solo, queste tre forze sono le tentazioni che vengono dal di fuori, dal mondo, ma Gesù ha avuto tre tentazioni fortissime che sono nate dal su animo, dal suo interno, dall'interno della sua comunità, dai suoi carissimi, intimi amici, sono tre tentazioni, uguali. La prima viene espressa nell'orto del Getzemani quando gli apostoli sono addormentati e non si rendono conto dell'ora delle tenebre, ma non è un sonno fisico, è un sonno spirituale che spesse volte viene anche a noi quando non capiamo più niente e siamo come annebbiati e non vediamo più la strada di Dio perché le tenebre ci offuscano la mente, la volontà viene contorta. Gesù sentiva questa pesantezza, ma non si è lasciato condizionare: “non siete stati nemmeno capaci di vegliare neppure un'ora con me. Vegliate e pregate per non cadere in tentazione” Questa è la prima prova fortissima, che corrisponde alla tentazione materialistica. La seconda tentazione è il rinnegamento di Pietro nel cortile del sommo sacerdote, per tre volte: “non so e non capisco di cosa parli, io non ho mai visto quella persona, non so di chi parli”. Tremendo. Pietro, che era stato anche scelto come capo della comunità, l'intimo di Cristo. Questa corrisponde alla la tentazione politica, per non perdere se stesso Pietro ha rinnegato il suo maestro, per tre volte. E poi, il tradimento di Giuda. Che cos'è il tradimento? Il tradimento è un fatto profondo perché tradisci solo chi è intimo, non tradisci l'esterno. L'esterno si affronta, si ammazza, ma chi tradisce è chi sa tutto di te, che tu hai chiamato nel tuo intimo, nella tua vita più nascosta. Dunque è colui che è stato amato, più di tutti, ma non ha avuto la disponibilità di accettare l'amore e mostra questo falsamente con un bacio. Il bacio è il simbolo dell'innocenza e dell'amore, il tradimento è l'anti-amore, il rifiuto dell'amore. La gelosia nasce dal fatto che uno non accetta di essere amato e non vuole che nessuno sia amato al suo posto. Ecco la terrificante situazione di Giuda, quindi davanti a Gesù che era l'amore impersonato Giuda si è sentito sconvolgere la mente. Gesù prova fino all'ultimo, quando lava i piedi, lo fa per Giuda perché riconosca la sua miseria, quando cenano da il boccone a Giuda come segno di comunione estrema. Giuda è stato amato moltissimo da Gesù, ma chiuso nella sua realtà interiore non ha accettato questo amore, lo ha rifiutato. Contemporaneamente però non accettava che gli altri fossero amati da Gesù, forse voleva anche il primo posto e a questo punto si scatena in lui l'odio perché l'amore non accettato rifiuta la persona che te lo manifesta, non accetta che qualcuno ti possa amare in questa totalità, perché tu diffidi di quell'amore. A quel punto non resta che fare fuori la persona che sta sempre lì a testimoniare che ti ama, diventa un tormento pazzesco, un tormento infernale. Quindi decide di consegnarlo per trenta denari, anche questo però è un atteggiamento spiritualista dei Giudei.
Queste tre provocazioni che vengono, ripeto, dal di dentro, erano le persone che Gesù aveva scelto, a cui si era confidato, con chi credeva di avere costruito qualcosa di buono, ma dietro agli apostoli tormentati, dietro a Pietro che lo rinnega, dietro a Giuda che lo tradisce, ci sono i suoi discepoli di tutti i tempi e di tutti i luoghi, ci siamo noi, questo è il dramma. E' questo il fatto spirituale che sconvolge l'animo di Gesù che dice: “Padre, se è possibile, passi da me questo calice”. Il calice era questo: perché tanto dolore? Perché tanta sofferenza? Perché tutta la mia vita, se gli uomini sono questi? Gesù era un profondo conoscitore dell'animo umano, gli uomini sono questi, ingrati, egoisti, traditori, indifferenti, peccatori... Perché tanto sacrificio? Ma sia fatta la tua volontà. Questo superamento di una situazione interiore dolorosissima, io credo sia stata una delle più forti, quella esterna – il processo - è forte, ma viene da fuori, quella fisica, le torture che ha subito sono forti, ma sono fisiche... il cuore è stato toccato da questo comportamento dei suoi amici. Il parallelismo fra queste tre tentazioni interne che corrispondono a quelle esterne e a quelle dell'inizio dimostra che hanno lo stesso regista che è il menzoniero e l'omicida fin dall'inizio.
Concludiamo allora dicendo che Gesù ha vinto veramente satana con il sacrificio della sua vita, però non è un sacrificio obbligato, dobbiamo sottolineare l'amore, ma l'amore che è dolore. Noi cadiamo in due errori: un amore senza dolore che è buonismo e un dolore senza amore è masochismo. Nella storia della mitologia ci sono queste due iterpretazioni, oggi siamo più propensi alla prima, all'amore a tutti i costi, senza dolore, invece c'è un amore di dolore e di sacrificio, un amore di giustizia. Gesù sulla croce ha appunto dimostrato questa ricchezza dell'amore che non possiamo tralasciare, ha dato la sua vita, ma l'ha data per amore, dunque non per forza, non per obbligo, non per formalità, non per cieca obbedienza, ma perché liberamente, spontaneamente ha accettato di sacrificarsi secondo la volontà sapiente del Padre. A questo punto l'amore diventa misericordia perché distrugge il peccato.e diventa un amore che rende giusto anche colui che è peccatore. Non si può prescindere anche da questo fatto della giustizia perché l'amore di Gesù è l'amore che vuole la salvezza della persona umana e la salvezza gli è costato il sacrificio della vita; ecco perché l'amore e il dolore vanno assieme. L'amore da vita, valore, efficacia al dolore, ma il dolore da sostanza, credibilità, forza all'amore. Ecco la legge della pasqua di Cristo che dice: “Se volte essere mie discepoli, anche voi prendete la mia croce e seguitemi allora con voi saremo vincitori di satana”.
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