Il nostro Battesimo
Il nostro immergerci nella morte e risurrezione di Cristo attraverso il Sacramento del Battesimo ci spinge ogni giorno a liberare il nostro cuore dal peso delle cose materiali
“Il nostro immergersi nella morte e risurrezione di Cristo attraverso il Sacramento del Battesimo, ci spinge ogni giorno a liberare il nostro cuore dal peso delle cose materiali, da un legame egoistico con la “terra”, che ci impoverisce e ci impedisce di essere disponibili e aperti a Dio e al prossimo. In Cristo, Dio si è rivelato come Amore (Gv 4,7-10). La Croce di Cristo, la “parola della Croce” manifesta la potenza salvifica di Dio (1 Cor 1,18), che si dona per rialzare l’uomo e portargli la salvezza: amore nella sua forma più radicale (Deus caritas est, 12). Attraverso le pratiche tradizionali del digiuno, dell’elemosina e della preghiera, espressioni dell’impegno di conversione, la Quaresima educa a vivere in modo sempre più radicale l’amore di Cristo. Il digiuno, che può avere diverse motivazioni, acquista per il cristiano un significato profondamente religioso: rendendo più povera la nostra mensa impariamo a superare l’egoismo per vivere nella logica del dono e dell’amore; sopportando la privazione di qualche cosa – e non solo di superfluo – impariamo a distogliere lo sguardo da nostro “io”, per scoprire Qualcuno accanto a noi e riconoscere Dio nel volto di tanti nostri fratelli. Per il cristiano il digiuno non ha nulla di intimistico, ma apre maggiormente a Dio e alle necessità degli uomini, e fa sì che l’amore per Dio sia anche amore per il prossimo (Mc 12,31).
Nel nostro cammino ci troviamo di fronte alla tentazione dell’avere, dell’avidità di denaro,che insidia il primato di Dio nella nostra vita. La bramosia del possesso provoca violenza, prevaricazione e morte; per questo la Chiesa, specialmente nel tempo quaresimale, richiama la pratica dell’elemosina, alla capacità, cioè di condivisione. L’idolatria dei beni, invece, non solo allontana dall’altro, ma spoglia l’uomo, lo rende infelice, lo inganna, lo illude senza realizzare ciò che promette, perché colloca le cose materiali al posto di Dio, unica fonte della vita. Come comprendere la bontà paterna di Dio se il cuore è pieno di sé e dei propri progetti, con i quali ci si illude di potersi assicurare il futuro? La tentazione è quella di pensare, come il ricco della parabola: “Anima mia, hai a disposizione molti beni per molti anni…”: Conosciamo il giudizio del Signore: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita…” (Lc 12,19-20). La pratica dell’elemosina è un richiamo al primato di Dio e all’attenzione verso l’altro, per scoprire il nostro Padre buono e ricevere la sua misericordia.
In tutto il periodo quaresimale, la Chiesa ci offre con particolare abbondanza la Parola di Dio. Meditandola ed interiorizzandola, impariamo una forma preziosa e insostituibile di preghiera, perché l’ascolto attento di Dio, che continua a parlare al nostro cuore, alimenta il cammino di fede che abbiamo iniziato nel giorno del Battesimo. La preghiera ci permette anche di acquisire una nuova concezione del tempo: senza la prospettiva dell’eternità e della trascendenza, infatti, esso scandisce semplicemente i nostri passi verso un orizzonte che non ha futuro. Nella preghiera troviamo, invece, tempo per Dio, per conoscere che “le sue parole non passeranno” (Lc 13,31), per entrare in quell’intima comunione con Lui “che nessuno potrà toglierci (Gv 16,22) e che ci apre alla speranza che non delude, alla vita eterna.
In sintesi, l’itinerario quaresimale, nel quale siamo invitati a contemplare il Mistero della Croce, è “farsi conformi alla morte di Cristo” (Fil 3,10), per attuare una conversione profonda della nostra vita: lasciarci trasformare dall’azione dello Spirito Santo, come san Paolo sulla via di Damasco; orientare con decisione la nostra esistenza secondo la volontà di Dio; liberarci dal nostro egoismo, superando l’istinto di dominio sugli altri e aprendoci alla carità di Cristo. Il periodo quaresimale è un periodo favorevole per riconoscere la nostra debolezza, accogliere, con una sincera revisione di vita, la Grazia rinnovatrice del Sacramento della Penitenza e camminare con decisione verso Cristo.
Cari fratelli e sorelle, mediante l’incontro personale con il nostro Redentore e attraverso il digiuno, l’elemosina e la preghiera, il cammino di conversione verso la Pasqua ci conduce a scoprire il nostro Battesimo. Rinnoviamo in questa Quaresima l’accoglienza della Grazia che Dio ci ha donato in quel momento, perché illumini e guidi tutte le nostre azioni. Quanto il Sacramento significa e realizza, siamo chiamati a viverlo ogni giorno in una sequela di Cristo sempre più generosa e autentica. In questo nostro itinerario, ci affidiamo alla Vergine Maria, che ha generato il Verbo di Dio nella fede e nella carne, per immergerci come Lei nella morte e risurrezione del suo Figlio Gesù ed avere la vita eterna” (Benedetto XVI,Messaggio per la Quaresima 2011).
Nello sviluppo del mondo occidentale, cristiano in maggioranza, si è aperta a tutta l’umanità non solo una misura immensa di sapere e potere; sono cresciuti anche la conoscenza e il riconoscimento democratico dei diritti e della dignità di ogni uomo, e di questo, cui puntano oggi anche i paesi arabi, possiamo solo essere grati. Ma il cammino dell’uomo non può mai dirsi completato e il percolo della caduta nella disumanità non è mai semplicemente scongiurato: come lo vediamo nel panorama secolarizzato della storia attuale! Il pericolo del mondo occidentale –per parlare solo di questo nel suo porsi come universale e autosufficiente, generando un nuovo costume di vita non battesimale – è oggi che l’uomo, proprio in considerazione della grandezza del suo sapere strumentale e del suo potere, si arrenda davanti alla questione del vero , del bene, di Dio e, su questo cammino, non scorga più le utili luci della nuova vita battesimale sorte lungo la sua storia, percependo così Gesù Cristo come la Luce che illumina la storia ed aiuta a trovare la via versa il futuro. Oggi una ragione solo strumentale e non più sapienziale si piega, come ha ricordato il Papa, davanti alla pressione degli interessi e all’attrattiva dell’utilità, costretta a riconoscerla come criterio ultimo riconducendo l’etica entro i confini del relativismo e dell’utilitarismo, con l’esclusione di ogni principio morale che sia valido e vincolante per se stesso. Se la ragione – sollecita ideologicamente della sua presunta purezza – diventa sorda al grande messaggio che le viene dalla fede cristiana della vita battesimale e dalla sua sapienza, inaridisce come un albero le cui radici non raggiungono più, nemmeno in Occidente, le acque che gli danno vita. Perde il coraggio della verità e così non diventa più grande, ma più piccola. Applicato alla nostra cultura europea e quindi a tutto l’Occidente ciò significa: se la ragione vuole solo auto costruirsi in base al cerchio delle proprie argomentazioni e a ciò che al momento la convince e – preoccupata della sua laicità ideologia e non reale – si distacca dalle radici delle quali vive, allora non diventa più ragionevole e più pura, ma si scompone e si frantuma, e volendo porsi come universale e autosufficiente vi trascina attraverso la globalizzazione tutto il mondo.
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