Omelia natalizia alla scuola di Benedetto XVI n. 4
4. Ipotesi di Omelia natalizia alla scuola di Benedetto XVI
Dio è Emanuele
Dio è Emanuele. Dio si nasconde affinché noi siamo la sua immagine, affinché in noi ci possano essere libertà e amore. E che nascondiglio ha trovato! Si nasconde in un bambino, in una stalla. Sembra essere la massima contraddizione immaginabile rispetto all’onnipotenza e al cielo. Ed è per questo che i dotti esegeti della Bibbia non siano riuscita a trovarlo. Sapevano bene che il Messia sarebbe nato a Betlemme, nella città di Davide, pastore nello splendore della grandezza del nome di Dio, e che avrebbe mandato dei pastori, come sta scritto nel libro del profeta Michea in riferimento al mistero della Notte Santa. Sapevano che cosa sta
scritto in quel libro. Conoscevano la letteratura con i suoi problemi, le sue interpretazioni, i suoi messaggi. Ma la letteratura è rimasta tale. I grandi teologi sono rimasti attaccati alla parola e non hanno trovato al di là delle parole la strada che li conducesse alla realtà. Erode non pensava che quel bambino potesse essere Dio. Al massimo poteva immaginare che Dio fosse un sovrano ancora più crudele e potente di lui. In ogni caso quel bambino era un futuro rivale che doveva essere tolto di mezzo. Tutte queste persone non hanno trovato Dio nel suo nascondiglio. E noi oggi risorto riusciamo a trovarlo nel suo Corpo che è la Chiesa, nel suo farsi Parola attraverso le Scritture, nel suo darsi in persona nei sacramenti e nel suo essere unito ad ogni uomo? Con la nostra presunzione, la nostra saccenteria, la nostra erudizione? E, soprattutto, si è oscurato il nostro originario desiderio di vederlo e quindi l’insopprimibile bisogno del cuore di ricercarlo continuamente ? Non abbiamo fatto anche noi come quel ragazzo che giocava a nascondiglio, non abbiamo già da tempo abbandonato il gioco che rappresenta il bisogno continuo, la verità autentica della nostra vita? E qual è la persona libera da pregiudizi che accetterà di piegarsi davanti a quel bambino, l’Emanuele che continua nella e attraverso la Chiesa soprattutto nella celebrazione eucaristica, di adorarlo e di riconoscere che in lui è entrato il Dio eterno, il Dio che possiede un volto umano e che è sempre in mezzo a noi e per assimilarci a Lui per l’eternità? Quella persona troverà mille scuse, mille motivi per non farlo, rimanendo però sempre inquieto, insoddisfatto di tutto e di tutti.
Dio si nasconde perché vuole che gli assomigliamo, vuole che la verità e l’amore nascano in noi liberamente cioè per amore, tuttavia non è soltanto nascondimento. Il Natale è il nascondiglio di Dio, se vogliamo esprimerci in questo modo, ma insieme alla Pasqua è anche la sua più grande manifestazione: dal possedere un volto umano in tutto uguale a noi, tranne il peccato, al rivelare l’altezza, la profondità, la larghezza, la lunghezza del suo amore sulla croce per rialzare ogni uomo e l’umanità nel suo insieme e salvarli: Dio non ci lascia soli in questo gioco che è la via umana alla Verità e alla Vita: con il dono continuo del Suo spirito, facendosi Parola nelle e attraverso le Scritture . Egli ci accompagna sempre. Tramite il creato ci rivolge anche sensibilmente, incessantemente la parola, purhé noi vogliamo udirlo e vederlo, e ci ripete, come l’Albero di Natale simbolicamente ci richiama: “Cercatemi!”. Nella storia di Abramo Dio ci ha dato le regole, ci ha rivelato gli indizi grazie ai quali lo possiamo trovare: fiducia, tempo, la prova del fuoco. Egli stesso ci cerca affinché noi riusciamo a cercarlo. Ha rifatto verso il basso tutta la scala delle distanze esistenti tra lui e noi, fino a farsi uomo congiungendosi in qualche modo con ogni uomo, fino a farsi bambino. Si potrebbe dire che è uscito dal suo nascondiglio e che addirittura ci corre dietro, affinché non smettiamo di cercarlo, affinché diventiamo capaci di trovarlo. Nel bambino egli diventa visibile così com’è, vale a dire come amore che può fare cose straordinarie, che ha tempo di farsi uomo. Egli diventa visibile come onnipotenza, che può seguirci in quel modo, senza costringerci. Noi l’esercizio dell’onnipotenza la immaginiamo completamente diversa. Tutt’al più ammettiamo che un Dio sconosciuto possa rappresentare in qualche modo la statica e la meccanica dell’universo, possa mettere in movimento il tutto. Ma l’onnipotenza grazie alla quale Dio può conoscere e amare fino al perdono ciascuno di noi comunque ridotto, interessarsi dei nostri destini e farsi piccolissimo per noi è qualcosa di troppo audace, fatichiamo a consertiglila, e la nostra saccenteria la rimuove. Nel bambino, però, Dio, il suo modo di amare, il suo modo di essere onnipotente che attira, sono più che mai evidenti. Chi incomincia a capire questo modo divino di relazionarsi, di amare e questo modo di essere onnipotente cade in ginocchio ed è colmato dalla grande gioia di attirare con un di più di umanità come l’Angelo ha annunziato nella Notte Santa.
Andiamo a Betlemme, alla Confessione e Comunione natalizia per una prassi di vita caratterizzata dall’amore reciproco e dall’attenzione premurosa ai poveri: in questa notte la Chiesa vuole far sì che i nostri cuori accolgano questa esortazione. Ci vuole invitare a metterci in cammino, a passare dall’altra parte. E in effetti, per cogliere Dio che ci cerca, è necessario proprio questo: passare dall’altra parte cioè partire sempre da Lui, dalla nostra origine e non da noi, trasformarsi, cambiare orizzonte e mentalità. Perché si è auto rivelato diverso da come siamo noi. Spesso, fatti ad immagine e somiglianza di Lui cioè in Cristo, noi viviamo senza guardare a Lui, l’unico che rivela chi è Lui e chi siamo noi, da dove veniamo e a cosa siamo destinati cioè partecipi della sua vita divina di amore. Con i nostri pensieri e i nostri progetti andiamo in direzione contraria alla sua, a quello che siamo, che dovremmo volere. Per questo Dio si è nascosto a noi. S vogliamo trovarlo, dobbiamo passare dall’altra parte. Per incontrare Dio san Paolo ci dice che non è necessario che tu attraversi l’oceano. E neppure che tu salga fino al cielo cioè alla zona di Dio o che discenda fino agli inferi (Rm 10, 5-8; Dt 30, 11-14). Oggi noi possiamo fare tutte queste cose, e le facciamo, ma non per cercare Dio, il Donatore di tutto, bensì per evitarlo, per illuderci di poter essere auto sufficienti. Dio, invece, è vicinissimo a te singolarmente e l’umanità nel suo insieme. E’ sulla tua bocca e nel tuo cuore. Abbiamo bisogno di interrogarci e aprirci a ciò che siamo, verso ciò che ci è più vicino. Cerca Dio vicino a noi, nel centro del nostro e altrui essere Suo dono come di tutto il mondo che circonda, verso la verità di Dio che si fa parola nelle e attraverso le Scritture, che vuole assimilarci a Lui come figli nel Figlio. Vuole che entriamo in quella semplicità dei cuori, in quella purezza che ce lo fa vedere.
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